Il canzoniere dell'Italia settentrionale

Il canzoniere dell'Italia settentrionaleIl canzoniere dell'Italia settentrionale i e a a n e a Si discute, ancor oggi, se il'nostro popolo canta e a quale -epoca si riattaccano i suoi canti, i quali, espressione purissima dell'anima che li crea, non segnano, come generalmente si crede, una manifestazione d'arte regionale ma nazionale, tanto S vero che la varietà di essi ci porta, invariabilmente, all'unità. Elemento, chiamiamolo pure così, in un continuo ed inevitabile divenire, di canto popolare può ben esser considerato come 1 ispirazione individuale di un'anima collettiva; che se ogni canto ha un poeta, il canto, percnè tale, passando da poeta a poeta, plasmato e riplasmato, perde quasi il suo poeta per averne dieci, cento, mille: il popolo. Qui, del resto, è l'intimità stessa dei canti popolari, le cui recenti raccolte smentiscono a pieno la famosa teoria, secondo la quale il popolo non crea ma riproduce. Crea: e nel canto bisogna, però, considerare il testo musicale come il completamento necessario di fronte al testo poetico. Dove non arriva .l'indagine filologica arriva lo studio, la conoscenza magari del motivo popolare, la cui genesi e il cui sviluppo si unificano colla genesi e collo sviluppo del canto, considerato come testo poetico. E' la musica, insomma, che ci dà il valore del canto, la cui genesi si confonde colla stessa genesi del popolo. »*# L'indagine, cosi, è stata completamente spostata: e sebbene essa fosse stata lungamente e pazientemente preparata, a spostarla han contribuito, più di tutti, pei' i loro studi originali e conclusivi, F. Balilla Pretella e Giulio Fara. Dopo mezzo secolo di studi, durante il quale i canti popolari sono stati raccolti colle sole parole, ci si accorge, finalmente, che la parola e la frase sono una parte dei canto ma non il canto. Prima non erano mancati voci e ammonimenti: e se la musica popolare veniva presa come fonte rigeneratricc molti musicologi raccolsero, appunto per questo, i motivi più caratteristici delle regioni d'Italia. Fin dal 177-i, ed è bene fissare queste date, Antonio Eximeno in un suo libro Dell'opera e delle regole della musica s'era, infatti, rivolto alla musica popolaresca: ed è, però, un merito della Casa Ricordi l'avere iniziato una collezione, nella quale sono stati raccolti i motivi popolari di quasi tutte le regioni italiane — della Sardegna dal Fara, della Sicilia dal Favara, di Napoli dal De Meglio, dell'Abruzzo dal Tosti e dal Montanaro, di Roma da Filippo Marchetti, della Toscana dal Gordigiani, dell'Istria dal Bernardi. Certo ad esaminarle scrupolosamente son raccolte queste, nelle quali se si escludono quelle del Fara, del Favara e del Montanaro, si riscontrano dei gravi difetti, poiché, forse, nessun'altra cosa è tanto dilticile quanto quella di raccogliere, cosi come vivono, le melodie popolari. Son voci, spesso, imbellettate; e, comunque, ben degne di essere ascoltate, seppure, qualche volta, l'accompagnamento non si intona coll'ambientu. Nè da queste riserve io escludo il recentissimo Canzoniere popolare dell'Italia settentrionale, dovuto alla nobile operosità di Elisabetta Oddone ed edito pure dal Ricordi. 11 difetto va ricercato nell'origine, poiché solo il grammofono potrebbe ridarai la voce del popolo. Sarebbe bene. In caso contrario, limitarsi alla trascrizione del motivo: ma dato lo scopo, al quale mirano queste raccolte, bisogna essere indulgenti con un difetto che è inevitabile. Scrive la Oddone che « sulle grazie deJla canzone popolare molto s'è detto e molto s'è scritto i ma che « troppo poco ancora si è fatto per riviverla e diffonderla nel nostro paese ». Ora, il Governo Fascista è stato il primo a comprendere . pienamente il valore del canto popolare e a introdurre nelle scuole primarie il canto corale; senonehè, come ben aggiunge la Oddone, «in questo periodo di rivendicazioni la canzone popolare italiana deve prendere il suo posto di onore e divenire il simbolo della nostra genialità, la voce dell'anima nostra, il vessillo delle energie nazionali e dilagare per tutta Italia e per le terre lontane e vicine come una luce purissima, rivelatrice di verità ». *** Ascoltiamo. La Oddone nel suo Canzoniere ci presenta il Piemonte, la Lombardia e il Veneto. Suggestivi l'andante desolato e l'allegretto moderato della Valle d'Aosta: e quanta semplicità e quanta malinconia non v'è, poi, nelle melodie popolari piemontesi? No: Gianduia non è allegro. Nella parola vi sarà, magari, vivezza ritmica e nel verso lepidezza, ma la melodia smentisce la parola, cosi come una lagrima ribelle che scende malgrado un riso imprestato, SI canta: Novara. Novara, la beila sita SI mangia, si beve e allegri si sta e poi: Chi paga na pinta, chi paga un nocal Le He d' Novara s'angàglo '1 faud.il. Si beve, si mangia e allegri si sta: ed ecco che dopo si pensa ad Impegnare il grem'biale. Non mancano melodie, nelle quali si riscontrano rltimi di danza. E semplo: Tu sei bianca ed lo son bruno Tutti e due slam da sposar Con licenza del parenti Un be'-gruppo dobblam far Chi sarà più di noi gioiosi Sposo e. sposa a trionfar Tu la botta ed lo 11 lilorliler Sempre allegri doviv-m star. La spigliatezza del verso ci concilia colla malinconia della musica, anche quand'essa ha un andante apparente¬ mente allegro. Raramente, però. Il piemontese, ciuasi sempre, nel suo canto è grave, sostenuto, direi narrativo. E i dialoghi son serrati : Madama CaroUn la vólo marlde. Lo duca de Sassonia al-volo tè spuzè. — O s'à ni "è blen pi car un pover palzan Che '1 duca de Sassonia ch'a l'è tan fluntan. — Un pover palzan l'è pa del vost onur Lo duca de Sassonia ch'a l'è un gran fslgnur. — O sa m'è bln pi car un cavajer dia rcurt Che '1 duca de Sassonia ch'a l'è un Tgran slgnur. — Cn cavajer dia curt l'è pa del vost fonurLo duca de Sassonia ch'a l'è un gran Tsignur. Ecco 11 piemontese: e come si vede siamo nel Piemonte di Costantino Nigra, nella cui raccolta, del resto, si trovano del canti che vivono ancor oggi. Il carattere piemontese, in un certo senso, lo riscontriamo anche nella campagna lombarda, dove il linguaggio, se è privo di grazia, è sempre pittoresco ed espressivo. Leggero il verso : La morettina La va alla roggia La se Ingenoneggla A resentà. e al verso s'intesse la musica con bonomia e con sobrietà. Alquanto mossi sono 1 dialoghi, come quello della figlia chiamata dalla madre e che cosi conclude : Oh l Terestna, la mamma ti chiama. La mamma mi chiama? Che vuole da me»Vorrebbe sposarti a un giovane cocchiere.Un giovane cocchiere? SI che lo voglio MI condurrà In carrozza tutto ti giorno Che vita beata sarà la mia I o quell'altro dell'innamorato che chiede all'amata chi le ha fatto gli occhietti, il nasino, il bocchino, le braccine, le manine: — Chi t'ha fà quel bel manlnnl • Me 1 ha fà la mia marna, Coll'aluto del sclor papà Lantln, lanton. Toltemela là ». Originalissima la musica popolare delle Tre Venezie,'i cui tempi brevi prolungati costituiscono come una pennellata di colore ambientale. La voce, sollevandosi, par che venga cullata dalla laguna: — Se tu fossi una regina TI vorrei Incoronare Ma tu sei una contadina Va nel campi a lavorare. — Sia sul campi, mi no che vago Perchè ai sol devento mora Mi go il moro che me adora Che me adora e voi ben. C'è semplicità, spigliatezza, armonia. Recano le impronte di una tonalità piuttosto moderna il canto di Nina: Nlna, te parlo candido, Mo bisogna un tantln Quelo ocladlne tenere Che ti ghe dà a Tonln o quello della barchetta: La barchetta xe la riva Via, destrighlte, Catlna Che la luna xe vicina Dar de volta a tramontar. Xe tranquilla la laguna Xe de smalto el firmamento L'isolete xe d'arzento ,Più natura no poi dar 0 Venezia benedeta No te voglo più lassar. Canto bellissimo: e, forse, solo quello del battello gli si può mettere accanto. Dice: A navigar ghe voi 'na bela barca E a far l'amor glie voi maestà e creanza A navegar ghe voi un bel batolo E a far l'amor glio voi un viso belo. Me vogio marldar co un barcnrlolo Do la so vela voi farne un nlzlolo De la so barca voi farne una cuna L'amor del barcarol el me consuma. E il canto continua, mentre l'immagine calda s'unisce al tono che s'infiora di qualche melismo. Malinconici, infine, i canti del Friuli; e son canti, però, che si armonizzano fra di loro, attraverso una sonorità ricca. Voci: voci di popolo e canti di poetiMa al tempo stesso voci che concludono una sinfonia. Le melodie raccolte dalla Oddone, delle quali noi abbiamo dato qualche esempio, costituiscono un monito e sono un richiamo. Speriamo che la Oddone al canzoniere dell'Italia settentrionale aggiunga quello dell'Italia centrale e meridionale. Ma, nell'attesa, utilissima può riuscire la ristampa di un volume che da noi, ingiustamente, è passato quasi inosservato: quello di Grace Warrack: Out of the heart of Haiti ■ folk son'is from Yencila lo Sardinia (Basii Blackwel - Oxford). L'Autrice, assai nota per una raccolta d! canti popolari toscani, ha voluto dare al suoi connazionali una fiorita dei canti de! popolo nostro, dei quali pubblica l'originale, la traduzione e spesso le melodie. In Inghilterra non mancava qualche altra raccolta: notevole, anzi, quella dovuta a R. S. Buseh; ma, da un po' di tempo, qui, la nostra canzone s'era imbellettata e vestita a festa. Non dirò, certo, che la Warrack ci offre un largo materiale, soprattutto per l'Italia settentrionale e sebbene largamente presentata sia la Venezia. Comunque è un materiale scolto con gusto e con finezza. Il quale dovrebbe, una buona volta, insegnare che il nostro canto popolare è una qualche cosa di ben diverso di quelle melodlette che nei salotti inglesi fan la delizia delle pallide miss e che rievocano una Italletta dove il cielo non manca di avere qualche tinta prussiana. Il nostro canto popolare, Indice di unità e di nazionalità, è rude e forte com'è forte e rude il popolo che. con esso, fatica senza fatica. Questo popolo, intanto, oggi ha ripreso il suo canto: e co» suo canto la sua via. 0. c.