La prima seduta reale a Montecitorio

La prima seduta reale a Montecitorio UNA PAGINA DI STORIA La prima seduta reale a Montecitorio ROMA, aprile. (D. A.). - Subito dopo aperta la breccia di Porta Pia e occupata la città, le autorità militari Italiane pensarono di stabilirsi nei < punti strategici » per poter mantenere l'ordine e — se ce ne fosse bisogno — prevenire qualsiasi velleità di resistenza dei vari corpi stranieri che ancora occupavano le caserme dei vecchi rioni. Fu cosi che una parte del 12.o e del 34. o battaglione dei Bersaglieri si recò direttamente a Montecitorio, dove era stabilito il Segretariato della polizia pontificia retto dal marchese Capranica, e il governatorato di Roma, alla cui testa si trovava monsignor Randi, prelato assai noto nella mondanità romana di quegli anni. L'uno e l'altro — bisogna pure confessarlo — si erano ritirati nel palazzo innocenziano, atterriti non tanto da quello che era accaduto, quanto da quello che poteva accadere in quei primi momenti in cui le rappresaglie sembravano loro facilissime. Monsignor Randi, soprattutto, era sicuro di essere giunto all'ultimo giorno della ua vita. Fortunatamente le cose non passarono come egli temeva, che hi uo salvataggio si prestarono due parizi — il principe Baldassarre Odescalchi, ben noto per il suo atteggiamento garibaldino — e il marchese Maurigì, i quali a richiesta della conessa Cellere — figlia del marchese Capranica — accompagnarono personalmente nella loro carrozza i due funionari pontifici, e 11 condussero a salvamento nei palazzi vaticani. Il giorno dopo, essendo rimasto abbandonao il palazzo di cui 1 bersaglieri ocupavano solo una parte, Luigi Beresi, primo questore di Roma, lo occupò per conto suo e si installò negli uffici abbandonati dal suo papale predecessore. La scelia del palazzo Intanto i nuovi arrivati si davano attorno per trovare I locali dove, almeno provvisoriamente, potevano stabilirsi gli uffici della nuova Capitale, e primo fra tutti il Parlamento. In quelle prime ricerche frettolose si fee il nome del palazzo Colonna, spe ando che il principe non si sarebbe ifiutato di venderlo al Governo itaiano. Poi si parlò anche del palazzo Venezia, dimenticato o tralasciato nel rattato di pace del 1866 e per l'acquisto del quale si sarebbero Intavo ate trattative col Governo austriaco. Ma più che altro furono dicerie^ tano è vero che 11 l.o gennaio del 1871 una Commissione parlamentare con a capo l'on. Biancheri, fin da allora presidente della Camera, venne a Ro ma per risolvere il problema della ede parlamentare e visitato prima di ogni altro il palazzo di Montecitorio, si può dire che Un da allora ne stabilisse la scelta. A questa prima visita, una seconda fu fatta il 19 del uccessivo febbraio, e questa volta fu deciso di richiedere senz'altro la Cu ria Innocenziana incaricando al tempo stesso l'ingegnere Conrotto di ap prestare e gno. Ma le cose non andarono cosi iscie come si sarebbe potuto sperae, perchè don Emanuele Ruspoli. alora amministratore dell'Ospizio di San Michele — che sul palazzo di Montecitorio aveva diritti secolari, si oppose per vie legali e fu necessario 'intervento del Governo per farlo deistere da queste sue pretese. E si capisce che il Governo avesse fretta di tabilirsi a Roma e di sanzionare con a sua presenza .effettiva il fatto compiuto. Ma con tutto ciò le cose andarono ancora per le lunghe: mancanza di parola da parte dell'impresa assuntrice, ostacoli d'ogni sorta più o meno impreveduti, ritardavano, 1 lavori oltre misura, tanto che si arrivò al l.o luglio, epoca in cui una Commissione parlamentare composta dal presidente Biancheri, dal vice-presidente Mordini, dai due questori, onorevoli Clemente Corte e Vincenzo Maenchini, dal segretario Cesare' Bertea e dai direttori degli uffici di segrete ria e di questura, venne a Roma per prendere possesso ufficialmente del nuovo palazzo, dove o bene o male il Conrotto era riuscito a creare la grande aula che per tant'anni fece l'uffiio suo meno peggio di quello che poi u detto. La presa di possesso Il verbale di questa presa di posseso è oggi un curioso documento stoico e dice cosi: « S. E. il presidente Giuseppe Bianheri, accompagnato dal vice-presidente Antonio Mordini » (e qui seuono i nomi degli altri già citati) ha preso come prende possesso del alazzo di Montecitorio assegnato ala rappresentanza nazionale. « Di questa presa di possesso avveuta alla presenza del sottoscritti deutati e dei direttori degli uffici di egreteria e di questura, si è steso l presente verbale che sarà conserato negli archivi della Camera. « Fatto in Roma, nel Palazzo di Monecitorio oggi 10 luglio milleottocemoettantuno ». Questo' « atto d'imperio » costrinse ingegnere Conrotto a sollecitare 1 laori tanto che la seduta reale, per la naugurazione della nuova legislatura, el nuovo palazzo e della nuova capiale fu stabilita per il 27 del mese di ovembre. Fu in questa circostanza e er dare maggiore solennità a tutte uelle inaugurazioni che venne rotta a consuetudine per là quale le sedute eali dovevano aver luogo nei locali el Senato. Fu detto che l'aula di Monecitorio era molto più vasta, il che era ero: ma in verità si volle dare una iù grande importanza alla Rappreentanza elettiva, salvo poi a ritornae all'antico in una prossima occasione. Il che non fu più fatto. Del resto a quella prima seduta si olle dare una solennità grandissima. l Re Vittorio Emanuele in berlina di ala e fiancheggiato dalla Guardia Naionale a cavallo, che faceva scorta di nore, avendo accanto il vecchio prinipe di Savoia-Carignano e di fronte principe Umberto erede del Trono, i recò in gran pompa sulla piazza di Montecitorio ove erano a riceverlo l'oorevole Mordini, che funzionava da residente e dal presidente del Senato col suo seguito entrò nell'aula dove iù ad attenderlo, nella tribuna di orte era la principessa Margherita, on tutte le signore romane, nominate olo da pochi giorni al loro ufficio di ame di palazzo e di dame d'onore. Alapparire del Re, il pubblico che affolava le tribune scatto in piedi tribuandogli una indescrivibile ovazione. on passo fermo Vittorio Emanuele si vanzò presso il trono che era stato retto al posto della presidenza ed ivi i fermò avendo a lato 1 Principi, 1 uoi AMan,t. tìi Gassa t-ii ciìbsu» !Stare senza indugio l'aula che aves-potuto accogliere i deputati del Re-11 don Giannetto Doria creato in quel giorni Maestro delle Cerimonie. U discorso di V. E. D Il discorso che il Gran Re pronunci* in quell'occasione è oramai una pagina della nostra storia. Molte volte gli applausi sottolinearono taluni passaggi di esso, fin dal principio quando disse : « L'opera a cui consacrammo la nostra vita è compiuta ». Furono queste le prime parole che risuonarono nel rinnovato palazzo di Montecitorio, parole di fede, parole di un re vera» mente « galantuomo », cine senza retorica e con quella semplicità che crii fa propria, testimoniavano una promessa tenuta e un giuramento compiuto. Un altro passo, molto applaudito fu quello in cui si alludeva al rispetto che si sarebbe avuto « per molte delle istituzioni religiose appartenenti alla Chiesa Universale ». Un'acclamazione frenetica si ebbe quando si annunciarono i provvedimenti per l'Esercito. E finalmente alla chiusa quando domando agli onorevoli presentt di « metter tregua alle lotte del partiti e dirigere tutte le forze allo sviluppo della Nazione ». Terminata la cerimonia il Re, sempre accompagnato dal due presidenti della. Camera e del Senato, ritornò al Quirinale ma al ritorno oltre al Principe Eugenio e al Principe Umberto fece salire nella sua berlina 11 generale De Sonnaz. Immediatamente poi, in onesto corteo del ritorno, seguiva la car» rozza della Principessa Margherita. Presagio celeste ' Fu per Roma una giornata memorabile allietata da uno di quel bel soli autunnali che sono uno del suol maggiori incanti. Nè mancò il presagio celeste, che di pieno giorno si potè vedere splendere in cielo l'astro di Venere o Espero il quale è la stella d'Italia. Il popolo notò il fenomeno e Io salutò come un augurio. Sono oramai passati cinquantotto anni da quel giorno e un altro Vittorio Emanuele con un altro Principe Umberto, inaugurano una nuova legislatura, che è anche qùfe'sta all'inizio di un'epoca nuova nella storia del mondo: quella della Conciliazione fra il Papato e la Monarchia italiana, quella in cui si riconosce dal pontefice che è un Pio anche lui e l'undecimo del suo nome, la nuova Italia mirabilmente compiuta nei suoi confini del monti e dei mari. Ah che veramente Roma è la cittàeterna, dove nulla muore e dove tutto si ripete nei secoli, negli uomini e negli avvenimenti!...