Il Duca degli Abruzzi reduce dall'esplorazione dell'Uebi Scebeli di Arnaldo Cipolla

Il Duca degli Abruzzi reduce dall'esplorazione dell'Uebi Scebeli Il Duca degli Abruzzi reduce dall'esplorazione dell'Uebi Scebeli Un cortese colloquio col Principe sul «Francesco Crispi » nel porto di Napoli == Gli scopi della spedizione perfettamente raggiunti == Una carta geografica che era sbagliata == Territori di incomparabile fertilità (Dal nostro inviato ) NAPOLI, 1S notte. Oggi, alle ore 15, il Duca degli Abruzzi è arrivato a Napoli sul piroscafo Francesco Crispi, proveniente direttamente dalla Somalia. Come è noto, ai primi dello scorso febbraio il Principe ultimava la sua esplorazione dell'alto corso del fiume Uebi Scebeli, raggiungendo la sua concessione di Giohar. Era partito in decembre da Diredaua, sulla ferrovia tra la capitale etiopica e Gibuti, con una carovana di muletti e scortato da un presidio etiopico offerto dal Negus Talari Maconnen. Gli scopi della spedizione erano vasti e complessi. I lettori della Stampa ricordano che Luigi di Savoia era ritornato nel novembre scorso ad Addis Abeba, dietro invito dell'imperatrice Zauditù e dei Negus reggente, i quali avevano sollecitato il Principe italiano perchè cercasse di risolvere le ultime incognite geografiche dell'Etiopia poco nota se non sconosciuta affatto. Perchè, se è vero che il medio corso del lunghissimo Uebi Scebeli è press'a poco conosciuto (il basso corso svolgendosi in territorio somalico italiano è notissimo e costituisce, con l'irrigazione, la ragione prima della fertilità della plaga settentrionale benadiriana), il «ventaglio» delle branche originarie era per la massima parte inesplprato. L'invito del Negus Abbiamo già rilevato a suo tempo la portata della nuova impresa del grande Principe esploratore, e il fatto, unico nella storia delle Potenze europee in Africa, di un sovrano etiopico, noto per lo spirito moderno che ne informa la condotta all'interno e all'estero, che manifesta a un Principe europeo, appartenente alla famiglia regnante di un Paese, dell'Italia infine, che ha con l'Etiopia interessi immensi, il desiderio di ottenerne la collaborazione nell'arduo cammino dell'Abissinia verso l'incivilimento. Il fatto dipese unica mente dalle qualità personali del Duca degli Abruzzi, che durante il suo primo soggiorno ad Addis Abeba aveva assolutamente affascinato la Corte, a cominciare dai suoi personaggi più insigni, l'Imperatrice, il Negus e la regina Uizerò Mennen. Da parecchi anni la Corte di Addis Abeba vagheggiava l'esplorazione del bacino dell'Alto Uebi, del paese cosi detto degli Arassi, che per essere situato al sud della grande arteria con giungente la capitale con il mare sta particolarmente a cuore al nuovo Negus. Egli non aveva tralasciato di esternare ai migliori tra i nostri africanisti la speranza di ottenere dagli italiani « le carte dell'Alto Uebi », come i suoi predecessori ebbero quelle di altre regioni di ogni parte dell'Impero da altri italiani gloriosi. Molte difficoltà di ogni sorta si frapponevano alla esplorazione sistematica dell'immenso « ventaglio » e soprattutto era necessario affrontare l'impresa con grandi mezzi, penetrando fra mezzo alle popolazioni meno note di Etiopia (gli Arussi e gli Ogaden). La visione e il piano del Principe La Società Geografica Italiana, conscia dell'importanza di svelare questo ultimo mistero stendentesi al nord della Somalia, meditò pure in varie riprese l'invio di valenti esploratori disposti a seguire le orme di Bottègo e di Sacconi. Questi fu il primo ad avvicinarsi alle sorgenti « est » dello Uebi, mentre il primo che vide le sorgenti < ovest » fu il conte Colli di Felizzano. che nel 1903, reggendo la nostra Legazione presso Menelik, si avventurò con una piccola scorta nel paese dei Sidamo, scoprendole a 2005 metri di altezza. Fino alla odierna spedizione di Luigi di Savoia nessun europeo, se si eccettuano Sacconi e il marchese Dubourg De Boza, che sfiorò nel 1900 11 territorio degli Arussi, ha potuto, se non percorrere, allargare le conoscenze dell'alto bacino dello Uebi. Sacconi cadde vittima del fanatismo degli Arassi e De Boza riconobbe molto imprecisamente una sola bianca del fiume. Altri, cioè il colonnello Citerni, il Candero, il conte Baudi Di Vesme e il conte Gabutti Di Bsstagno ebbero tutti come direttrice del loro cammino l'Uebi ai occidente da non confonder¬ si con l'Uebi Scebeli — cioè visitarono il paese dei Borana (bacino del Giuba). Alla fine della grande guerra la Società Geografica progettava una esplorazione delle branche dell'Alto Uebi, della quale avrebbe dovuto essere capo l'ex-governatove de.H'Eritrea sen. Gasperini; ma per varie ragioni l'impresa fu procrastinata e doveva toccare al Duca degli Abruzzi di realizzarla. Egli considerava il problema della completa conoscenza dello Uebi coinè essenziale per la colonia benadiriana. Come tutti sanno, le piantagioni cotoniere stabilite dal Duca a Giohar prosperano per virtù dello Uebi e delle colonizzazioni che ne derivano. Sono ancora nella memoria dei coloni benadiriani i disastri provocati dalle piene improvvise dello Uebi Scebeli. Era dunque tra l'altro necessario conoscere bene il regime dello Uebi, cosi intimamente legato alla prosperità del Benadir, stabilendo un controllo delle piene. La spedizione quindi, oltre al grande interesse geografico generale evidentissimo, ne aveva un altro che stava particolarmente a cuore al Principe pioniere : la messa in valore del basso corso del fiume. Vi era inoltre nei presumibili desideri del Duca degli Abruzzi di popolarizzare tra le genti d'oltre confine la grande opeTa italiana di valorizzazione del Benadir, cercando di attirarvi mano d'opera indigena, che non abbonda nella nostra Colonia, come è pure scarsa in tutte le colonie del centro africano. Un colloquio cortese Ho voluto interrompere il mio viaggio nel territorio dell'Africa Centrale e precedere il principe Luigi di Savoia al suo arrivo e raccogliere qualche impressione su questa sua impresa e, per tentare di riuscirvi almeno in parte, poiché prevedevo nel Principe un grande riserbo motivato da ragioni politiche delicate, mi sono rivolto alla cortesia del comandante Bertoni che, con quella gentilezza che è dote squisita degli ufficiali della Marina Italiana, mi ha consentito di raggiungere, in un motoscafo della Capitaneria, il Francesco Crispi prima che la bellissima nave attraccasse alla banchina del porto. Ma, giunto presso il Duca — il quale appoggiato alla balaustra della nave, contemplava il magnifico spettacolo del golfo — un ufficiale che lo accompagnava mi comunicava da parte sua la assoluta e inflessibile decisione del Principe di non dire una parola sulla spedizione a chicchessia, almeno fino a che Sua Altezza non avrà comunicato la sua relazione al Capo del Governo. Ebbi il coraggio di insistere, non per ottenere qualsiasi ombra di intervista, ma soltanto per pregare il Principe di permettermi di salutarlo. Luigi di Savoia me lo consentì, di modo che mi è stato possibile presentargli i miei omaggi e accennargli al mio viaggio al Nilo e ai Grandi Laghi. La conversazione scivolò sugli immensi progressi compiuti dagli inglesi con l'irrigazione del Gezira sudanese, e io azzardo : — Non pensa Vostra Altezza che si potrà un giorno fare ima simile cosa anche noi lungo il Gitrtia? — Certamente. Ma bisognerebbe ci cascassero dal cielo quei 1400 milioni necessari a gettare lo sbarramento su quel gran fiume, irrigando la piana che esso attraversa... Osservo intanto che l'aspetto del Principe è assai florido. Egli non mo¬ stra nessuna traccia della malattia che lo colse durante l'esplorazione, malattia durata quasi un mese e che, da notizie apprese durante il mio viaggio dì ritorno, aveva tenuta in ansia la Corte etiopica, che a varie riprese spedì parecchi corrieri per avere notizie. — Vedo con immenso piacere — dico — che Vostra Altezza sta benissimo... — E io vedo — risponde il Duca — che lei è incorreggibble a voler fare il giornalista... Glielo ripeto, sulla spedizione non posso assolutamente dirle nulla! Tutto quello che posso dirle è che l'Africa è per me straordinariamente salutare... La spedizione ha raggiunto tutti ì suoi scopi Ed ecco perchè oggi sono costretto ad offrire ai miei lettori quelle poche e frammentarie notizie che ho raccolto nella mia breve fermata a Mogadiscio, avvenuta mentre Sua Altezza arrivava in colonia. Speravo di integrarle con dei dettagli più precisi, che solo il Duca degli Abruzzi avrebbe potuto indicarmi; ma debbo candidamente confessare che non vi sono riuscito Anche la speranza di ottenere qualche ragguaglio dalle persone che hanno accompagnato Sua Altezza alla spedizione è andata delusa. Il Principe è arrivato a Napoli solo. I suoi compagni, vale a dire il dottor Basile, il dottor Ticlier, il topografo Palazzoìo, il radiotelegrafista Angeli e il professor Cernili, specialista nelle lingue « galla », sono già ritornati in Italia un mese fa e, benché si trovassero sulla banchina ad accogliere il loro illustre Capo, si sono mostrati in materia ancorapiù muti di lui. Posso dunque innanzi tutto affermare—e questo farà piacere a tutti gli italiani — che la spedizione ha raggiunto tutti gli scopi che si era proposti. Sua Altezza ha non solamente riconosciuto « interamente » il corso del Giuba, ma ha potuto constatare che le carte del corso del ramo principale del Giuba (quello che ha origine a est, detto Harrar) attualmente esistenti e basate su pretesi itinerari del francese De Boza. erano completamente errate. Uno fra gli episodi più significativi della esplorazione è statò lo spontaneo omaggio reso al Principe dalle popolazioni Ogaden e Somale, che abitano in territorio etiopico, a cavallo e a oriente dello Uebi. Gli Ogaden sono mussulmani. Essi hanno veduto con immensa gioia l'arrivo tra essi del principe italiano. Malgrado il riserbo mantenuto dai componenti della spedizione sugli episodi più salienti che .'hanno caratterizzata1, si è sparsa in tutto il Benadir la notizia che S. A. R. e i suoi compagni hanno varcato il confine letteralmente entusiasti della bellezza, della fertilità e ricchezza del bacino dello Uebi Scebeli. Si sapeva che le regioni della Etiopia Meridionale gareggiano in splendore di aspetti, bontà e mitezza di clima, varietà e ricchezza di prodotti, con il Kenia, ma la conoscenza diretta del territorio ha superato ogni previsione. Una nuova esplorazione? Circa gli studi della spedizione intorno al regime del fiume, essi sono stati definitivi. E' stato cioè rissato il punto che converrebbe controllare e del quale naturalmente bisognerà tener conto in una eventuale delimitazione della frontiera, per non correre il rischio chs altri se lo accaparrino. Come si sa, in questi ultimi tempi all'azione ad Addis Abeba delle Potenze, che han no colonie confinanti con l'Etiopia, è venuta ad aggiungersi quella del Nord America, che pare intenzionata a prò fondere con i suoi dollari il dinamismo delle iniziative « yankee », le quali, co me tutti sanno, sono irresistibili. Po che parole. Risulta fin da ora che l'operai del Duca in questa spedizione è stata capitale sotto tutti gli aspetti, e basta avere una nozione anche sommaria degli eventi che si vanno preparando sul vasto scacchiere dell'Africa Orientale, per comprenderlo. Infatti non è mancato un tentativo da parte di uno dei nostri rivali, per cercare di attenuare i risultati superlativi della spedizione italiana, ma tale tentativo è miseramente fallito. k Come conseguenza di tutte le constafazioni della spedizione, correva voce al Benadir che il Principe, appena arrivato a Giohar, avesse manifestato il proposito di intraprendere entro un breve spazio di tempo, una novella esploraaione, che avrebbe come direttrice principale il corso dello Uebi, e in generale le branche che formano il Giuba (il Giuba è formato dallo Uebi, dal Gana'.è Doria e dal Daua, che scorrono tutti nel territorio dei Borana a oriente del paese degli Arussd e degli Ogaden). Episodi Un atto di generosità di Sua Altezza, connesso alla presente spedizione, e che ha avuto larghissima eco in tutti i paesi dell'Oceano Indiano e del Mar Rosso, è stato il sontuoso regalo da lui elargito alla scorta abissina che l'accompagnò durante l'esplorazione. Tale scorta era comandata da un capo etiopico, specialmente caro al Negus Taf-ari, e composta di 150 uomini. Ciascuno di questi ricevette mille talleri di argento e il capo ebbe lo sple-ndiido dono di un fucile principesco. Un altro episodio di dominio pubblico al Benadir, fu una specie di trafugamento del materiale geografico della spedizione (itinerari, scarpe, libri, rilievi fotografici, notizie di indole biologica, ecc.) avvenuto prima che la carovana del Principe toccasse il confine della Somalia. Pare che cotesto materiale, evidentemente prezioso, o, meglio, che una cassetta che lo conteneva, sia sparita di sotto la tenda medesima del Principe; ma poche ore dopo, la cassetta fu ritrovata intatta. E' superfluo accennare che Sua Altezza ha riportato dalla spedizione un materiale completo non solo di conoscenze geografiche, ma anche campionari della fauna e della flora del bacino dell'Alto Uebi. Infatti la preoccupazione principale del Principe, appena arrivalo, fu di provvedere allo sbarco del materiale portato da lui sulla Francesco Crispi. Una signora inglese proveniente dal Kenia, che ha fatto il viaggio su questa nave, pretende di avere raccolto parola per parola tutto quello che il Duca degli Abruzzi avrebbe detto della sua spedizione durante la non brev..navigazione da Mogadiscio (quindici giorni); ma tutti i passeggeri sono d'accordo nel dichiarare che questa volta Luigi di Savoia ha battuto il «record» del silenzio. Egli è rimasto, per la massima parte del viaggio, nel suo appartamento assorto nel lavoro. Tra le autorità convenute allo sbarco ad ossequiarlo, ho notato il marchese Negrotto Cambiaso, consigliere delegato della S.A.I.S., cioè della società cotoniera benadiriana, l'ammiraglio Nicastro comandante del Basso Tirreno, S. E. l'ammiraglio Solari regio commissario del porto, il direttore generale della Compagnia Transatlantica ing. Barenghi, e il notissimo africanista generale medico Anarratone, che è sulle mosse per ripartire per l'ennesima volta per l'Etiopia. Il generale Anarratone mi ha suggerito una osservazione: « L'avvenire è là — ha detto il gagliardo generale che vanta treniacinque anni di vita africana, — il domani nostro è là, in Africal E" per questo che S. A. Luigi di Savoia è oggi l'interprete e il rappresentante in Africa dell'istinto della nostra razza che l'ha guidato, sorrctio e fatto trionfare ». Arnaldo Cipolla, ^LHarhr SOMALIA • APPISABEBMfV^^BRJ|TANNICA ! e» t. vMm^K '^..,.~a