La padrona di casa di Corrado Alvaro

La padrona di casa La padrona di casa La signora Piper fìtta le stanze del Suo appartamento, l'appartamento che abita fin da quando era giovane, con un salotto dove riceveva molta gente, e di preferenza personaggi ufficiali. Quel tempo è passato; la signora Piper anch'alia è invecchiata facendo i capelli rossi, ma è rimasta fedele al suo appartamento pur abitandone una sola stanza. Qui vive fra i ricordi della sua vita che ha disposti all'ingiro: un ritratto di quando aveva trentacinque anni, i libri che erano di moda quando ne aveva trenta, la fotografia di qualche amico importante, i ricordi dei suoi viaggi all'estero. Le tiene compagnia un gatto enormemente ingrassato, al punto che si muove con fatica: si chiama Bubi; ad ogni piccolo rumore, quando suona il postino o il mendicante domenicale, si. rifugia spaventato sotto la poltrona. La signora Piper lo considera un essere come lei, e qualche volta gli tiene dei lunghi discorsi senza averne mai risposta. La stanza d'ingresso dell'appartamento ha -le pareti coperte di toste «; di corna di cervo. La vita della città gira intorno alla casa e la scjuote di quando in quando lui dalle fondamenta, la fa sussultare con la corsa dei treni notturni, la percorre come un gran vento alcune volte. La signora Piper esce raramente, e vede che stanno facendo case nuove, tutte in un altro m'odo: ella è quasi contenta perchè le sembra che il mondo vada alla malora, e il suo pensiero si rifugia presso i suoi mobili pesanti, tutti colonnine, fiori intagliati, mostri che spuntano fra questi fiori. Ella fitto la stanza più piccola della casa a un giovane architetto, un giovane timido, che ha paura di traversare il salotto per non disturbare. Sta tutto il giorno nella sua camera, chiuso, e non si sa se dorme o lavora. La signora Piper vorrebbe sapere che cosa fa, e non saperlo la irrita; comincia a concepire una avversione verso questo individuo di cui non sa nulla. Certi giorni non sa se stia in casa o sia uscito; allora bussa timidamente alici,! sua porta; nessuno risponde; entra, guarda le sue carte e le sue cose: egli fa progetti di case di dieci piani, con cinque ascensori e un ristorante a pianterreno; il suo nome è tracciato ai piedi del disegno, con molto compiacimento. Si chiama Lamberto. Una sera ha preparato un dolce per sè e ne ha messo un pezzo sul tavolo di Lamberto. La mattina dopo ha trovato il piatto vuoto, e Lamber to è Uscito per ringraziarla. Ella ha profittato di questo per attaccare di scorso : « Le piace la mostra città ? A me piace tanto. E che ne dice delle nostre ragazze? » — « Non ho ancora veduto quasi nulla — risponde Lamberto. — Devo andare in giro per i miei affari,, ho troppo da lavorare i. — « eppure le ragazze ha veduto?.•. Egli fa un vago cenno di diniego. La signora Piper dice, con una lieve punta di risentimento: « Noi abbiamo le più belle ragazze del mondo, e le più gentili ». — « Tutte le città dicono così delle loro ragazze» replica Lamberto. Questo discorso c bastato per far traboccare l'ira della signora Piper. Ella detesta quest'uomo, detesta il euo paese che non sa d'altra parte quale sia. Prende il suo libretto di spese e segna : « Un dolce per il signor Lamberto, 2,50». Ora che ha preso confidenza, entra qualche volta nella stanza di lui. Non sa dove mettersi, e si vorrebbe sedere sul divano. Egli le vede le mani raccolte insieme come se dentro di sè pregasse, e le dice : » Si metta a sedere, signora ». Sta a testa china, attento come un bambino al giocattolo, soddisfatto del cerchio netto e pulito che ha tracciato col compasso. Ella vorrebbe dire qualche cosa e fruga nella sua mente e nei suoi ricordi, mi non trova nulla. Egli volge la testa e dice: «Dunque?». Ella vorrebbe parlare e si sente presa da uno scoppio improvviso d'ilarità. Tutta la casa in questo momento le pesa addosso come un cumulo d'anni. Sfa si leva di scatto; sul tappeto verde del tavolo c'è una macchia d'inchiostro: vi punta il dito ed esclama: « Chi ha fatto questo? Questo non c'era». Sotto il suo dito la macchia diviene enorme, un buco. Il giovane vi fissa gli occhi e mormora: «Non c'era?». Ella ora guarda intorno gli oggetti della stanza; tutto le sembra avvizzito e sciupato; la prende una gelosia disordinata delle sue cose, le sembra che quell'uomo col solo respiro appanni tutto. Esce sbattendo la porta e scrive sul suo libretto delle spese : « Cambiare il tappeto della scrivania, lire 50». Ora passa alcune ore a esaminare le sue robe, ad aspettare che egli sia uscito per dare liberamente una occhiata a tutta la casa Si ferma davanti ai mobili e li guarda come animali fedeli, e vi ritrova gli aspetti che vi aveva veduto un tempo. Prende il libro delle spese e scrive: « Smacchiatura e lavatura del tappeto persiano della stanza del signor Lamberto». Ora ella prende fra le dita gli oggetti ohe appartengono a lui: la scatola dei compassi, il quaderno degli indirizzi, la giacca di casa buttata su una sedia. Si pulisce le mani come se avesse toccata una cosa sudicia. Poi trascrive diligentemente il conto e lo posa sul tavolo di Lamberto, bene in vista. Aspetta tutta la giornata che egli lo abbia letto. Finalmente egli ha letto ed è irritato, sebbene si tenga dal farlo vedere. Dice: «Abbia pazienza, pagherò». Ah, sì? egli non ha molti denari, a quanto sembra. La signora Piper è felice di questa scoperta; entra cautamente nella stanza di lui, come presso un malato, e dice ipocritamente: «Perchè mettersi a fare di questi disegni che non servono a nulla ? Non sarebbe meglio fare un po' di commercio, guadagnare denari, molti denari?». Egli rimane col compasso in mano, levato come una pinza chirurgica, e dice: «Commercio di che?». Improvvisamente si sente povero, e la carta o ' ohe ha davanti è vuota come un baratro, mentre prima era popolata di teatri e di grattacieli. All'improvviso lo prende lo scoramento sulla sua sorte, ai leva, e dice risolutamente: « Signora, non posso più stare in questa casa. Alla fine del mese me ne vado ». La signora Piper non capisce : « Andarsene? E dove va?» — «In un'altra casa». No, egli non so ne deve andare. La signora Piper si è abituata ad aspettarlo senza volere, a pensare a lui senza accorgersene. La prende un'improvvisa e impotente tenerezza, e nell'alto di appoggiarsi tende le mani intorno all'armadio come se lo abbracciasse. Lamberto è partito, la signora Piper c rimasta sola, e nessuno si presenta a chiedere di abitare in casa sua. La sua casa è nella città come un'arca su un mare tempestoso. Improvvisamente pazzo, il gatto si diverte a farle paura mettendosi a camminare in equilibrio sulla ringhiera del balrone. Ella lo supplica sottovoce di scendere, di scendere. Ora non^sa più a chi pensare; quell'uomo nella sua stanza era tutta la sua occupazione e tutto il suo risentimento. Ha il numero del telefono di lui e gli telefona. Non è in casa. Allora gli scrive una lettera per dirgli che è invitato a passare una serata in casa di lei il sabato seguente : vi saranno degli invitati, i Gl'invitati si sono scusati di non poter partecipare alla serata: due ufficiali a riposo, due vecchie amiche della signora Piper, due ragazze non belle conosciute in casa delle vecchie amiche : otto persone ; tutte hanno telefonato di non poter venire da lei. Ella aspetta che venga Lamberto, e pensa a lui sentendo dentro di sè questo nome, sillaba per sillaba. Nella stanza d'ingresso la luce è accesa; sulle corna dei cervi, da una parete all'altra, sono tese strisele di carta colorata, pendono mascherine che ella aveva in serbo da una festa molto lontana. Ella aveva progettato che più tardi, dopo aver bevuto, si sarebbero provate le maschere e si sarebbero divertiti; avrebbe caricato il grammofono e avrebbero ballato. Nella stanza da pranzo tutto c in ordine, coi calici dello spumante stretti e lunghi, a cono come si usavano un tempo. Su ognuna delle nove salviette c puntato un pupazzo di pelusce, su quella di Lamberto, una farfalla. Ella vedeva già i suoi invitati ognuno, col suo pupazzo puntato al petto, e ridere. Di che cosa? Accanto a ogni salvietta ci sono le stelle filanti: se le sarebbero lanciate da iin capo all'altro della tavola: le stelle filanti si avvolgono al collo e quando si va per tirarle o stringerle si spezzano come vilucchi. La luce è accesa sul grande piatto centrale dove i crostini di pane con diversi antipasti aspettano d'essere manomessi. Ella ha preparato tutte queste cose come una volta da giovane, quando i bicchieri dei conviti facevano rimbalzare le occhiate lucide che si lanciavano da un capo all'altro della tavola. Ora la stanza è vuota, e la luce troppo bianca la rende più vuota in ogni angolo. L'orologio segna le nove, segna le nove e mezza, segna le dieci. La signora Piper è in un angolo della stanza, e guarda intorno quella festa Silenziosa divenuta antica ; la guarda come se ella non vi fosse più e la contemplasse dall'alto dei cieli. Si leva e sente il rumore dei suoi passi ; siede davanti alla tavola, nel mezzo, stappa una bottiglia di spumante. Mai vino le sembrò amaro e disgustoso come questo non bevuto in compagnia: frigge nel bicchiere, petulante, allegro come un bambino che non capisce. Lo beve, tappa con la palma della mano la bocca della bottiglia, ne beve ancora, lo fa tacere attaccando le labbra alla bottiglia. Si sente bruciare le guancie. E' già notte alta, e il cucù dell'orologio si è affacciato una sola volta e ha rinchiuso lo sportellino subito, prima che ella possa guardarlo. La signora Piper sento che la notte è calda come quelle notti interminabili e insonni della gioventù; non vuole star sola, vuole uscire. Si regge appena in equilibrio, si getta addosso il mantello come un travestimento. Fuori vi sono poche stelle sul cielo freddo e chiaro. I marciapiedi delle strade si svolgono da-vanti come tappeti mobili ; tutta la città corre lontano come su un tappeto mobile, gli uomini e le cose traballano, le vetture sembrano andare a ritroso. La signora Piper cammina e non si accorge che brandisce noi pugno una bacchetta coperta di strisele di carta colorata con una testa di pagliaccio infilzata sopra, tra un bavero di carta orlato di campanelli : era la bacchetta che doveva stringere nel bel mezzo dell'allegria dei convitati. La notte si chiude lentamente al disopra delle case alte, gli uomini si diradano. Ella aspetta davanti alla fermata dell'omnibus, vede passare i convogli traballanti, stipati d'uomini e di donne. Tutto corre, corre, e le costellazioni s'inchinano stanche dietro gli edifizi, nel fondo della lunga strada. Bruciano ancora le insegne luminose che vegliano 6ui grandi magazzini. Un'altra insegna luminosa si è spenta di colpo. La strada è lucida ■come un fiume. La signora Piper è sola sul marciapiede che le corre sotto e la porta in contrade sconosciute, nel ventre più oscuro della città. La rasenta un giovane col bavero del pastrano tirato sulla bocca, le fissa addosso due occhi pungenti e freddi: egli viene avanti con l'immagine degli uomini che ha conosciuto nella sua vita trascorsa, con i loro sguardi, coi loro inganni. Ella tende la mano e gli grida : « Tu sei il diavolo, tu sei Satanasso, tu sei il demonio ». L'uomo si mette a correre veloce, è lontano, piccolo e nero, traversa come pozze d'acqua i riflessi dei lampioni, sprofonda nel buio, fra due case. Ella lo vede ancora correre, come un ragno attaccato al suo filo, al disopra della città. Corrado Alvaro.