La storia narrativa

La storia narrativa La storia narrativa Dopo tanta produzione, soprattutto francese, di biografie romancèes, a cui l'Italia xien, umidamente dietro con qualche collezione e qualche isolato tentativo non sempre del tutto brillanti, c'era da attendersi che qualcuno, almeno in Francia, elevasse un inno di trionfo a questa nuova, e fortunata, ripresa di studi storici in una forma prevalentemente narrativa. Tempo 'a, in un setti-manale letterario (Les Nouvelles Littéraires, del 2 marzo), un critico cui noi italiani dobbiamo rispetto anche per il grande interessamento con cui ha seguita e segue la nostra letteratura, Benjamin Crémieux, saluta il ritorno al « racconto storico » cioè alla 6toria che sa esporro e far capire, senza perdere di vista la ricerca critica e l'analisi documentarla. E, sin qui, si può aderire al saiuto ed alla approvazione. Ma quando poi si guardi meglio all'indirizzo, od anzi, agli indirizzi, di certa letteratura s'.orica che va per la maggiore, in Europa, e si ripensi pacatamente a quelle tradizioni della storiografia accademica1 od « universitaria » contro la quale - tanto facile e quasi elegante (benché di gusto discutibile) il battagliare ed il pronunciare condanne, allora potrà venir la tentazione di riflettere un po' più seriamente sul valore di certe tendenze contemporanee. Sono ormai vent'anni, o forse più, almeno per l'Italia, che a proposito delle discipline storiche ' si deride la « arida filologia » e la « erudizione che è fine a se stessa » : e si può facilmente ammettere che, per la cultura generale, soprattutto, ma anche per gli specialisti, non sia buon metodo quello di trascorrere l'esistenza a .issare delle serie cronologiche o genealogiche, a risolvere problemi araldici od a classificare lormuie di documenti: lavori -utilissimi in sè, e direi anzi indispensabili, tanto che si dovrebbe pure aver maggiore riconoscenza e rispetto per chi vi attende, ma però insufficienti a migliorare ia cultura e la mentalità d'un pubblico più vasto di quello di pochissimi specialisti. Ma su questo ormai tutti sono d'accordo, tanto che, come nelle discipline filologiche non v'ha quasi più modesto grammatico il quale, lettasi l'Estetica crociana, non azzardi il suo < saggio • intessuto di filosofemi e di esclamativi, cosi, nella storia, ogni diiettante di ricerche d'archivio sente 11 bisogno, non 6i sa poi con quale utilità, di compilare, magari su ricerche altrui, un solenne articolo di « valutazione • e di « Inquadramento » di qualche vicenda d'altri tempi. Ma io stesso accordo tanto ampiamente raggiunto su questo orientamento, ed i risultati talvolta quasi meschini che si sono ottenuti, permettono forse oggi, se non di tentare l'impossibile, cioè una difesai della pura Aiolo già, almeno di cercare di chiarire il pericolo abbastanza palese che può essere insito in una comoda, pigra ed affrettata condanna della ricerca paziente e laboriosa a cui hanno atteso tanti, ed assai alti; intelletti di storici. Infatti la ricerca critica, scientifica, non 6olo è necessaria ma, se rettamente intesa, è, già di per sè, il lavoro storico stesso: e non soltanto per il principio abbastanza comune e voi gare che le « fonti • debbono essere il fondamento d'ogni storia, ma anche perchè le fonti non sono qualcosa di immutabile, di eterno, che, una volta valutate, commentate, esattamente analizzate, hanno detto tutto quello che hanno da dire, ma bensì traccie inerti che non dicono nulla se noi non le facciamo parlare, attribuendovi la nostra mentalità. Puariie è quindi il pensare che la fonte, segno di una vita che fu, debba ossere la traccia per !a ricostruzione, il più possibile perfetta, di un passato qualsiasi: quello che è passato è passato, e lo spirito umano non torna due volte nello stesso stato, e le fonti ogni volta diranno qualcosa di nuovo e di diverso, a chi le sappia capire Premesso questo, si potrà ridire — e lo si dovrà forse ridire ancora, certamente, benché a molti paia un iuogo comune — che qualsiasi lavoro storico fatto senza contatto diretto e critico con le fonti, non ha nessun valore scientifico. Naturalmente questo non ha nulla a che vedere con la divulgazione, la quale è negazione di scienza, e quindi dovrà precisamente respingere certe doti necessarie allo scienziato, e ricercarne certe altre di cui, talvolta la scienza crede di poter fare a meno; ma però per divulgare bisogna che ci sia qualcosa che valga la pena d'essere divulgato e, in istoria come in tutte le altre attività umane, quello che si poteva divulgare quindici anni fa oggi non dovrebbe più essere por¬ tato ad alimento della cultura generale. Cosicché la storiografia realmente scientifica, e quella divulgativa, sia pure nella forma di manuali scolastici hanno tra loro dei rapporti di interdi pendenza per cui la prima vive male e si isterilisce senza la seconda, e la seconda non è neppur pensabile 6enza la prima. Crémieux afferma che il nostro se colo ha perduto il senso delia storia, e che gli storici più seri non sanno più separare l'erudizione dalla narrazione storica, lo studio delle fonti dall'esposizione dei « fatti » com'egli dice, o del risultato di quello studio critico, come diremmo noi. La sua affer mazione è puramente gratuita; e tale è anche per la sioriografia francese, la quale, in questi anni appunto, ci sa dare opere divulgative eccellenti, dovute alla penna di quagli ch'egli chiama historiens professionnels, nelle quali è fatta la dovuta parte se non alla ricerca, almeno all'informazione scientifica ; è ingiustissima poi per la storiografia italiana, per quelle anglosassone e americana, e per molti prodotti degli studi, anche universitari!, dei Paesi germanici e nordici, nei quali, pur essendovi il più completo e visibilissimo rigore di indagine critica, si hanno sovente perfetti esempi di storia nar¬rtQtpcscfllspnmUftI z' czvsnndDulvdrnnllsn rativa. E le citazioni saifenno inutili, tanto potrebbero essere abbondami. Quindi il consigLio del Crémieux: «Dateci un racconto chiaro e vivo di cento pagine, e poi corredatelo di cinque cento altre di note, indicazioni e di scussioni, ma non confondete una cosa con l'altra» è, si potrebbe dire, superfluo, tante sono ormai, in ogni Paese le opere fatte appunto cosi. Non è quindi per questi motivi che si doveva esprimere, se si voleva, una parola di elogio a questo flotto inter nazionale di biografie più o meno romanzesche, più o meno moralistiche. Un osservatore superficiale potrebbe forse oggi ancora appagarsi di quan to si diceva qualche tempo fa, all'ini zio di questa voga pseudo storica, cioè che l'assenza di una letteratura roman zesca di gusto del pubblico creava la voga dei romanzi biografici : cosa ine sanissima per tutti gli aspetti, poiché nè manca la letteratura romanzesca, nè è sempre il pubblico che se ne diletta, quello che legge le biografie. D'altra parte nessuna delle biografie uscite finora — neppure quelle più celebrate di Maurois o di Ludwig, e neppure quella Beine Margot di Paul Rivai che ha suscitato il compiacimento del Crémieux — ha insegnato, in fatto di narrazione storica e di mezzi per renderla viva ed interessante, proprio nulla che già non si sapesse e che non fosse già praticato in maniera eletta ed egregia, per esempio, in certi libri inglesi veramente notevoli. Le biografie, per scarso che sia il valore scientifico che hanno generalmente, non foes'àJltro che per il successo che conseguono e per il favore che godono nel pubblico non solo coito, ma anche, talvolta, non digiuno di metodi e di studi critici ed universitari, hanno certamente un'importanza come segno dei tempi, e come indice di un orientamento intellettuale. Ed in questo senso non sarà forse eccessiva audacia esprimere il timore che l'opera degli autori di biografie, 1 quali non solo non sono quasi mai historiens professionnels, ma spesso sono addirittura semplici dilettanti in questi studi, riesca a sorpassare, come capacità di intendere le esigenze culturali del nostro tempo, tutto il vigilante lavoro, e tutta la buona volontà di tenersi al corrente coi progressi dello spirito umano, degli storici veri e propri!. Infatti la storiografia cui abbiamo accennato per difenderla dalla accusa ingiusta e gratuita di essere incapace alla « narrazione », è molto sovente, oggi ancora, profondamente intinta di mentalità po 6itivi6tica, forse di residui di materialismo storico, certamente di quel particolare atteggiamento critico che tende a risolvere il fatto storico nei suoi elementi formali, economici e giuridici. Oggi, in molti dei migliori libri di storia, si leggono ancora, ed assai frequentemente, astrazioni politiche puramente dottrinarie, ricerche affannose di a grandi direttive » politiche ed economiche, di quasi misteriose ed immanenti forze « sociali » che dovrebbero incombere sul corso della umana storia e gravare su di essa come i venti stagionali flagellano i deserti e gli oceani. Non mancano esempi notevolissimi di vigorosi sforzi per uscire dalle strettoie di queste immaginarie forze « trascendenti », e di dare all'elemento «uomo», alla personalità umana, il posito che le spetta, come unica forza operante, eroica, creatrice dei fatto storico: ma non so ricordare che un nome o due per l'Italia, pochissimi, per la Germania, se si resta nel campo della storiografìa scientifica. Ma in generale, anche gli storici più degni di rispetto e di studio e di ammirazione, non hanno ancora saputo intendere, dopo tanto insegnamento ed esempio della più recente filosofia, come tutte le « forme » e tutte le forze operanti, all'infuori dell'unica reale, l'uomo, nella storia civile dei popoli, non siano altro che idoli, a cui è assurdo, ove si voglia guardare alla realtà, dare un qualsiasi aspetto di vita per sè stante. Questa, forse, è la ragione del successo di tanta biografìa non scientifica, e di tanto abbandono in cui sono lasciate perfette opere d'arte di storio grafìa narrativa. La sensibilità e la mentalità moderna oggi sono infine giunte a volere, od a cercare e desi derare, una storiografia fatta secondo le esigenze dello spirito contemporaneo. Ma il rapporto fra storia e biografìa, che merita il più sereno e particolareggiato esame, non è soltanto il problema dì giustificare il gusto per qualche diecina di volumi pseudo-storici, anche se letterariamente assai bel 11, ma è forse il problema centrale e vitale della storiografìa contemporanea. M. A. L, m

Persone citate: Aiolo, Benjamin Crémieux, Maurois, Paul Rivai

Luoghi citati: Europa, Francia, Germania, Italia