Visita a Goethe

Visita a Goethe Visita a Goethe a i e e l l r a e o e , a l a a o r a a o l i l ò o o i a e o l s o e iu a f. di e a n in rn ne oi a o o rnei umo nte sre mo o e si ti e iueo troo e oi, io va ce Non c'è da sbagliare, a Weimar tutte le strade conducono a casa di Goethe. Forse il solo che oggi stenterebbe a raccapezzarsi sarebbe il nostro Poeta: proprio lui si sentirebbe spaesato, in questa città dai connotati generici, dove le strade rhe al tempo suo erano fango l'inverno e polvere l'estate sono ora liscie come i pavimenti delle chiese, e di quella meschinità dei tetti di paglia, ricordata da lui con tanto disgusto tra i palagi dell'Urbe, nemmeno dirlo, non c'è più pur l'ombra di un ricordo. Cioè, il ricordo è rimasto nella linea angolosa, cha rileva a dismisura il tetto di ciascuna casa dandole un aspetto coma di moderna capanna. Ma è questione di gusto: i tetti che da noi si fa di tutto per togliere dalla vista come la parte meno nobile della casa, diyentano spettacolosi e si finisce a pensare che son messi qua per belluria. Subito che ci si allontana qualche passo dal centro, dalla piazza del mercato, la vecchia Weimar non tarda però a mostrarsi quale l'abbiamo sempre pensata; anzi in una giornata come questa, tra questa nebbia, sembra venirci incontro, coi suoi silenzi e la sua aria freddolosa, dal nostro stesso ricordo : non più città ma semplicemente un castello, con vicino un gran parco, e il fiume Ilm che lo taglia da un lato, e nel fondo il viale del Belvedere, coi suoi tigli in doppia fila, lungo e diritto a perdita d'occhio. Da questa parte la ricognizione è più agevole, se Dio vuole, poiché tutto par fatto apposta per ricordarci che ci troviamo, senza inganno possibile, nella mecca dei romantici: un tempietto gotico,- non si sa a chi dedicato e lasciato a metà, sta qiìl al.suo posto, perfettamente, come in una ballata o in un lied d'altri tempi: e le rovine artificiali di non so che palazzo o maniero, disposte in sapiente disordine, danno al quadro l'ultimo tocco, mentre la statua di Shakespeare, seduto bravamente con tra le gambe un enorme spadone che non si direbbe, appunto, un distintivo cavalleresco, adempie la sua parte di genio del luogo. Peccato la guida non stabilisca un orario, per la visita di questo parco: da mezzanotte in poi, per esempio, quando c'è chiaro di luna. Giacchè è evidente che questo non è un parco come tutti gli altri, e somiglia piuttosto un museo. Per arrivare a un tale stato di natura si vede bene che bisogna attraversare prima un lungo e non indifferente stato di cultura. Da mezzanotte in poi, col bel tempo, si capirebbe meglio che adesso, dai visi delle persone che s'incontrano,- perchè il ma le qui è tanto disinteressato, e perchè il diavolo vada tuttora, in questo pae se, a far visita alle belle ragazze. Ci vuole un certo sforzo d'immaginazione a persuadersi che questa dove sono entrato è la casa del Goethe e non un museo nazionale. Tischlcln deck dich eln! — 11 nostro « Sèsamo apriti • : ecco Goethe, il favoloso della sua poesia. Ma temo che ho sbagliato uscio e rischio di non capirlo più, Goethe, a casa sua. La solennità ufficiale di una simile casa s'addice infatti pienamente a un Ministro di Stato e Consigliere Segreto del granduca di Sassonia-Wei mar discepolo del gran Fritz, ma non già semplicemente a un poeta. Ed è tale che disarma anche i meglio intenzionati. Si rimane dubbiosi, si è 11 per credere che il Goethe non fosse se non l'autore del Faust, del poema più gotico, di più cattivo gusto direbbe la signora di Staèi, che il mondo conosca; e nasce il sospetto che la sua famosa andata In Italia non fosse altro che un bluff, e che insomma egli non se1 ne sarebbe preso l'incomodo se avesse trovato il suo materiale di studio, dentro un museo, raccolto e bene ordinato E d'altronde sta il fatto che nel suo « Viaggio in Italia » egli non mostra mai di fare gran caso della vita italiana nè di ciò che si produceva a quei giorni. Gli stessi tratti di cronaca che si ricorrono son tali da giusti flearsi e parere inevitabili finanche in un mondo archeologico. E certo a nes sun Italiano verrebbe in mente che quella di cui ci parla è pure, per fare un nome, l'Italia d'Alfieri, e s'inclinerebbe se mai a credere che siamo ancora nella stessa lontanissima Italia percorsa dai barbari, ingombra dalle rovine del formidabile crollo, se non s'incontrassero, strana meraviglia, nomi di Filippo Neri e di Vincenzo Monti, e non vi si trovasse prodotto In esteso il diploma di Pastore Arcade che gli fu offerto, con tanto di sigillo, flauto di Pan e corona metà tra di pino e d'alloro. Il Goethe guarda all'arie nel modo che guarderebbe al paesaggio, crealo da Dio: nuda obiettività che non sottintende l'opera dell'uomo, di una particolare umanità specificata nello spazio e nel tempo. E per questa parte non manca di ricordarci ia parentela e prossimità di sangue che lo lega a coloro, 1 quali nella sua patria, forse perchè è una cosa poco seria il non essere antichi, il non possedere di proprio un'antichità nella storia del mondo (e ancor oggi I tedeschi son costretti a fabbricarsi 11 mito dell'ur-oer- - manisch e rimettersi alla preistoria) han trovato modo con la scienza archeologica di rendere res nullius quel ch'è patrimonio di una data cultura e di un dato popolo. Benché, senza cercarla tanto lontana, la cagione si palesa da sè nella sua persona, nella sua natura nordica e nel protestantesimo essenziale che gli fa volgere ciascuna cosa al teoretico e al puramente formale, e ricercare un concetto e un criterio della verità dove a noi basta viverne il pathos: cosa strana per noi, giacchè se valga 11 paragone, come il Vangelo non bisogna di spiegatorl e discettatori per quelli che già lo por tano in se stessi, e se mai bisogna di chi ne approfondisca le verità già sentite fissandole in termini di dogma, cosi parimenti il classicismo per chi ne vive e come noi l'ha dalla nascita; tanto che per noi quasi è inconcepibile quest'eterno andar dietro al classicismo e presumere d'arrivarlo per via di dottrina, quando si sa, appunto, che non egualmente s'arriverebbe a esser cattolici pel solo fatto d'intendere il cattolicismo. E che a ogni modo tra cose d'arte e di religione, tra classicismo e cattolicismo corra più d'un legame e siano l'uno e l'altro sotto specie diversa la stessa cosa e traducano naturalmente in un linguaggio diverso 10 stesso spìrito e la stessa maniera d'essere e di sentire, si può recarne in prova giusto 11 caso del Goethe. Del quale, infatti, sarebbe un po' difficile affermare che si formasse al classicismo per questo solo, che ne intendeva le forme. Dal Werther al Tasso se n'è fatta, della strada ; e chi direbbe il contrario ? Pure a considerarlo bene, quest'ultimo e l'« Ifigenia in Tauri de » specialmente, si scopre subito che quel che compare di nuovo è la maniera, e hient'altro: una maniera tutta calma e riposata e ostentatamente povera d'estro, tale da far dire a qualcuno, molto a proposito, che se l'esagerazione è sempre artificio, un certo genere di compostezza voluta è artificio esso pure, ed è proprio dei monumenti che si costruiscono in prossimità delle tombe. Chissà non fosse più vero e sincero allorchè meditava la faustiana scena delle streghe, com'è noto, in piena villa Borghese, o quando tracciava quel bozzetto pittorico, modesto quanto significativo, dove si vede una lunare tomba di Cestio, piramide e luna piena su in cima, orrida di spiriti settentrionali da mortificarne il più sconsolato romantico. Il problema del Goethe, come supe rare il romanticismo, è problema squisitamente italiano. La cultura europea noi l'abbiam portata ogni volta a modellarsi sulle forine degli antichi, per un istinto d'arte che ci avvicinava ad essi ed era qualche cosa di più che un'affinità d'elezione. Una pari soluzione difficilmente poteva esser data da uno spirito nordico, grande che fosse: il quale non capiva il cattolico Dante, primo a concepire la col tura europea secondo uno stile classico, sulla scorta di Virgilio, hè capiva 11 Rinascimento in quanto il Rinascimento ripete dagli antichi il suo cat tolicismo. San Francesco e l'arte francescana, Giotto e non pure Dante, Firenze e In genere il primo Rinascimento rimangono lettera morta, per Goethe, un'incognita a cui egM, per altro, non cercò nemmeno di dar9 una equivalenza. La naturale mancanza di spirito cattolico fa ch'egli risolva in sede mo rale e pratica il suo problema d'arte e che il classicismo operi su di lui in senso pedagogico e come paradigma di vita intellettuale. Quanto al resto, siccome non si dà un Faust senza Lutero, cosi similmente il classicismo gli viene per via diretta assai più da un Opitz da un Fleming da un Gryphius, che di Grecia e Roma e d'Italia. Molto c'è in lui del neoclassico, specie nel maggior poema. Tornano a mente le parole irriverenti di Heine, cosi vere: « Anch'io sto scrivendo un poema; s'intitola Faust, Eccellenza! ».Il buon tempo antico si ravviva qua dentro, in ogni cosa, e tutto sa d'autobiografico. La stessa medaglia di Napoleone, mon Empereur come lo chiamava il buon europeo Volfango Goethe, la medaglia qua appesa sullo scrittoio, andata a pezzi il giorno della battaglia di Lipsia e subito ricomposta dal Goethe, religiosamente, conferisce una semplicità casalinga a queste cose, qua dentro, cosi straordinarie e lontane. Si pensa ai tempi in cui la moglie di Francesco primo assisteva, da sopra un balcone di una casa qualunque, all'incoronazione del marito, e vedendolo vestito da Carlo Magno alzar le mani di lontano verso di lei e mostrarle il pomo imperiale, lo scettro e i gran guanti ingioiellati, scoppiò in una risata interminabile, che riconfortò il suo popolo per la prova che gli dava di un esemplare e perfetto accordo coniugale. Quel ch'è leggendario qua diventa credibile e naturale : si sente bene, qua dentro, che siamo nella vecchia patria tedesca d'Ermanno e Dorotea. Ercole Reggio