La Beffa di Vienna

La Beffa di Vienna Politicai e Sport La Beffa di Vienna Quello che è successo a Vienna Ih occasione del decimo incontro fra le squadre nazionali d'Italia e d'Austria va considerato sotto i due distinti aspetti che presentarono gli avvenimenti: gli incidenti di carattere ambientale ed il fatto sportivo. La separazione va fatta innanziJutto in omaggio alla verità; ed in secondo luogo perchè in quanto riguarda gli incidenti, la responsabilità risale a coloro che ci ospitarono, mentre par il fatto sportivo fummo poi in certo qual modo a peccare. Gli incidenti. E' consuetudine che flata fin dal giorno in cui si giuoco U primo incontro internazionale, fin dall'età della pietra dello sport, che la squadra ospite venga ricevuta con quegli onori di tipo elementare che sono la bandiera issata sul campo e l'inno nazionale suonato al momento dell'ingresso 6ul terreno. E' una formalità ed una cortesia nello stesso tempo. Uno di quegli obblighi di cortesia a cui non si può mancare se non si vuol peccare contro le regole prime dell'educazione e dell'urbanità. E' come il dovere di stringere la mano e di dare il benvenuto a chi si presenta a casa vostra. E chi si presentava in casa d'Austria era questa volta una Federazione che per la prima aveva avuto il coraggio di riallacciar rapporti internazionali coi calciatori viennesi dopo la guerra. Ehi una rappresentanza nazionale che aveva colmato di cortesie i dirigenti ed i giuocatori austriaci in ripetute occasioni, a Milano, a Genova, a Bologna, a Roma. Era* tra parentesi, anche una equadra che portava, colla sua stessa venuta a Vienna e col nome che deriva dal suo passato, la possibilità, che divenne realtà sul'campo, di un incasso di trecentomiia scellini. Ora, fin dal mattino dell'incontro, fin dalle ore undici, si sapeva fra gli Italiani, che la Federazione austriaca aveva l'intenzione di non esporre il Tricolore sul campo della Hohe iWarte. Alle immediate ed energiche rimostranze dei dirigenti nostri, era stato risposto con l'assicurazione che la bandiera italiana sarebbe stata esposta, e che, in difetto, un Tricolore sarebbe stato chiesto in prestito al Fascio. Successe viceversa che, quando le 'due squadre fecero il loro ingresso in campo — le due squadre entrarono sul terreno unite, coi giuocatori frammisti, come si usa in tutto il mondo quando si teme che il pubblico riservi accoglienze ostali alla squadra ospitata — quando le due squadre fecero il loro ingresso in campo, di bandiere esposte non v'era che quella inglese, quella austria ca e quella ungherese. Quest'ultima doveva « essere » quella d'Italia. I colori erano i medesimi. Il resto poco contava.- Non basta. All'entrata dei giuocatori, la banda intona l'Inno Nazionale austriaco. Veramente l'onore toccherebbe per primo agli ospiti. Ma, pazienza. Ci alziamo rispettosi. Ed attendiamo che si suoni subito dopo il nostro inno. Una canzonetta di tipo indefinibile viene invece in tonata dalla banda. Un dirigente austriaco a cui chiediamo spiegazioni ci risponde che quella è la Marcia Beale. In realtà la cosa assume un aspetto tale di beffa che vien fatto di domandarsi — ò un grido che viene dal cuore —, perchè i giuocatori che son lì per difendere i colori nostri non si rifiutino di dar inizio allo spettacolo, se la giusta, la logica, la sacrosanta soddisfazione del rispetto ai colori stessi non vien data. Non per dare spettacolo di sè è scesa a Vienna la squadra nostra. La squadra veste una divisa. Bappresenta l'Italia. Precisamente come una di visa è vestita ed un Paese è rappre sentalo da quella Squadra Austriaca, di fronte alla bandiera delia quale noi Italiani siamo scattati in piedi sull'attenti. Tu, Austriaco, non importa se repubblicano od imperiale, ami il Paese tuo, la madre tua la bandiera tua. Noi Italiani amia mo il Paese nostro, la madre nostra; la bandiera nostra. E la voce trema e la mano freme di fronte all'offesa, Mi si permetta di troncare qui Scuse vennero presentate ai nostri Dirigenti, prima verbali e poi scrii te, prima in tono dimesso e poi più alto. Ma l'offesa rimane. E' la prima volta, in cento e più Incontri internazionali a cui il sottoscritto ha assistito in tutto il mon do, che un fatto simile si sia verificato. Chi scrive queste linee ha, d'accordo col capitano federale au striaco, Meisl, concluso il primo incontro fra squadre di società e squadre nazionali italiane ed austriache Boba di diciassette anni or sono Che il decimo incontro fra le du unità rappresentative dovesse venir macchiato da un atto antisportivo, anticavalleresco ed inurbano come quello successo a Vienna, egli non si sarebbe mai immaginato. Ma lo sp,ort non v'entra. Quello era odio, era livore politico. E dove non era odio e non era livore, era la paura di urtar la suscettibilità di quei cinquantamila spettatori dei posti popolari che i dimostrarono quanto evoluti fossero in fatto di sport fischiando Janni mentre lo si portava via in barèlla. Si sparava sull'alpino ferito. Resta il fatto sportivo. Lì mancammo noi. La nostra squadra che non era impostata a tono con l'av venimento, mancò all'aspettativaEssa fu dall'avversario soverchiata in tecnica, in tattica, in velocità, in brio, in stile pratico. Le mancava un'unità di direttive, un comando unico. L'incidente che mise fuori di combattimento Janni scombussolò l'unità. Per un quarto d'ora essa brancolò allo scuro, cercando il modo di turare la falla, stu diando la vìa per far fronte all'improvvisa disgrazia. Ed in quel quarto d'ora si rimase senza centro dseconda' linea. Ed in quel quarto d'ora l'avversario, freddo, calmo travolgente, segnò tre volte. Certo l'infortunio di Janni» ebbe «n'influenza preponderante sull'an '«lamento del giuoco e sul suo risultato. Basta pensare al fatto sopra accennato, che due dei tre punti austriaci vennero segnati mentre glItaliani giuocavano in dieci, e che iterzo" venne da noi regalato —, ma pure è doveroso riconoscere che, come assieme, come coesione, come unità, la nostra squadra stridevanon itunzionava con regolarità. E' -il vecchio problema della formazione della squadra e del suo ringiovanimento che affiora. Giuocatoranziani da sostituire, giuocatori giovadsatefrddtotpniimfatecdilGmmrtlnftpvuilapsg vani da istruire, reclute e veterani da amalgamare e da ridurre ad uno stile unico di giuoco, da costringere ad usare un linguaggio uniforme, tecnicamente parlando. Questi sòn panni nostri, da lavare fra di noi, quelli del giuoco nostro, della formazione nostra, della squadra nostra. Il problema va accennato qui con franca sincerità, e trattato poi separatamente in sede competente. All'Italiano, che è tornato da Vienna col cuore in tumulto,, rimane per intanto come prima, come sovrana impressione, quella della volgare offesa che s'è voluto recare al nome, alla Bandiera nostra. Lo sport v'entra poco. Alla Hohe Warte, esso non era che un pretesto. Vittorio PozzOi

Persone citate: Boba, Janni, Marcia Beale