Carso garganico e studenti di Bologna

Carso garganico e studenti di Bologna Carso garganico e studenti di Bologna San Marco in Lamls, marzo. Da parecchio tempo mi oro impegnato a visitare il Gargano e a venire in San Marco in Lamis per rinnovare ricordi di Bologna con un mio compagno di Università, che è di San Marco, e che in Gargano e in Capitanata è uomo di conto e di facoltà, un o galantuomo s, come si dico qui. E l'altro giorno mi presi la corriera automobile a Foggia, per venire a ritrovare questo mio compagno, addottorato in lettere a Bologna, Giustiniano Serrilli, che da quindici anni non rivedevo. Del paese in cui l'avrei ritrovato non avevo notizia, e intanto guardavo, attraverso la pianura verdissima e un po' strinata dai freddi di questa rigidissima annata, quella parte della Capitanata che si stende, piana fra le piane, da Foggia, capitale delle lane e delle granaglie, al Gargano, che mi cresceva, macchiato di neve in cima e d'oliveti al piede, innanzi agli occhi di miglio in miglio. Al piede del Gargano la pianura ondeggia e si avvalla, dando a dividere scopertamente d'essere stata fondo di mare quando il Gargano era non so se un'isola o un promontorio di quella terra d'Adria, che i geologi ci fan credere affondata fra Italia e Balcania. In certi punti della terra, sia fondo accarezzato e foggiato dalla greve pace sottomarina, o alto scoglio flagellato e roso, si legge il mare nel suolo pigro o nell'ardita roccia. E questo dà un senso strano e remoto dell'esser nostro, del nostro respirare, là dove era stato il mare, e dove sembra che possa tornare, l'innumerevole antico. Ma il carrozzone cigolante da tutte }e giunture nei trabalzi sulla strada sfondata della pianura terrosa e molle, mi impedisce di fermarmi molto su pensieri marini, che si possono non che dire, appena pensare, e fuggevolmente. Comincia il Gargano oltre la fossa marittima, che par salata ancora nella sua verde feracità marzolina. La prima cosa che mi salta agli occhi, è la sua somiglianza colle prime quote del Carso, colle schiere lunghe e dimesse da Sagrado a Monfalcone, col Sei Busi e la piana di Doberdò. Infatti il Gargano è terra carsica, e ben presto s'rnoontrano quei franamenti e quelle valli e quei fossi, inganno dell'occhio e dispetto delle acque, che sono caratteristici delle terre carsiche. Ed ecco pure le doline. Di simili terre noi abbiam fatta in tanti tanta scienza, ch'io so che sotto la grigia scorza della sassaia fratturata e sparsa di magri arbusti, sotto la poca erba avara, so che a spaccar la pietra essa ha vene rosse, e che a levar l'erba si trova una terra rugginosa, cupa coU'umido e scialba nell'asciutto, tenace fango e dissolta polvere. Superate le prime pendici, cominciano gli avvallamenti, le creste e lo spezzature dei dorsali, che fanno di queste terre un corso e ricorso di valli, un labirinto. Ed ecco aprirsi, dopo rigogliosi oliveti, sul bordo inaspettato di una deserta pendice di sassi e di mandorli che paiono stanchi d'aspettar tanto, quest'anno, la primavera, uno sprofondo aprico ed ameno, e il paese di San Marco in (Lamis. Ecco la terra rossa. Sono i campi, i campicelli, i pugni di terra tesoreggiati fra sasso e sasso su per le coste del valloucello. Per dare un'idea, i contadini gargànici hanno un modo di dire : Cavar la terra a còppola, — il quale vuol significare che essi col tivano la terra fin dove fra i sassi ce n'è tanta che la coprirebbe una còppola, cioè un berretto. E, vite d'uomo intiere, sterrano, diradano sassi su queste coste, dove par che i sassi abbiali radice e faccian seme, per ingrandir d'un poco il campo. Così penano, si fan curvi e nodosi schiena e mani pazienti, si le gano alla terra, quasi per un amore ed una gratitudine e un'alleanza del sangue verso la terra, che è fidata, contro l'aria che raduna, a tradir terra e pazienza, due siccità annuali, l'invernale e l'estiva, e le tante insi die, una peggiore dell'altra. Come una rustica Tebaide, ogni campicello ha una casetta, che i contadini abitano solo nel tempo dei lavori. Il paese in fondo al vallone appare, bianco e grigio e rosso, festoso di gente. E' domenica, e i sanmar chesi sono tutti fuori al passeggio. La vista del paese n singolare dall'alto per via dei tetti a due spioventi esattamente spartiti, uguali e in fila, che lo fanno sembrare costrutto a spinapesce, come quel muro che i latini chiamavano opus spicatvm. Allo sbarco dalla cornerà trovo l'amico, e saliamo nella sua casa patriarcale, e festeggiamo ben presto i nostri ricordi. # * Bella cosa era una volta far lo stu dente a Bologna. La fierezza delle tradizioni, e un certo umor dottorale, — Balanzone è la maschera bolo gnese — affezionavano all'Università i cittadini, più di quel che in oggi non consenta la vita odierna. L'oste ria s'apriva allo studente, come il salotto patrizio accoglieva il professore E l'eccellenza delle biblioteche attirava forse nò più nè meno che la premura delle affittacamere ; le ragazze bolognesi non erano troppo più avare di favori, che non lo fossero di dottrina le illustri lezioni. Cosi gli studenti accorrevano da molte parti ma specialmente dal litorale adria tico fin dal Friuli e fin dalla Calabria. Dalla Puglia poi erano moltissimi. Ho detto accorrevano, perchè ora non so se l'Università sia più cosi fiorente: me Io auguro. Essa in allora eccelleva nelle scienze cliniche e sperimentali ed esatte, e nella filologia. Nelle scienze il metodo voleva la finezza, come dalla filologia non s'escludeva il buon gusto. Facoltà linguistica e positivista, produceva scolari letterati e scienziati e giusperiti, assai più che filosofi. L'amico Serrilli mi ricorda i suoi studi in materia- di trattati di vita cortese nel Cinquecento, e di glottologia. Vario e docile ingegno, buon filologo e buon letterato, uomo arguto, non risparmiava, e non risparmia, certe ridicolezze di alcuni accademici d'allora; e già ci facciamo le belle risate. Io gli ricordo l'olio, che si faceva venire da questa sua casa, dove adesso mi ospita. Egli aveva ben ragione di disdegnare quel cosiddetto Chianti e quel sedicente olio d'oliva, che diffamano la Toscana e la Liguria. E ci riunivamo nella sua camera di studente a mangiar le insalatine condite col sapido suo olio casalingo, di quello che sa d'oliva e che non piace a quelli che non s'intendono. La camera era in via Zamboni, via della Università e classica via degli studenti. — Risentirai di quell'olio a tavola stasera — mi dice il compagno facendomi vedere le schede per la bibliografia di un suo lavoro sui dialetti d'Italia. — Anzi, sappi che ho ricostruito ed ampliato per molte centinaia di ceppi oliveti e vigneti di mia proprietà. Egli infatti," rientrato nel suo paese e restituitosi alla terra con passione, non tralascia la lettura ne gli studi, per quanto abbia rinunciato alla carriera, — anzi forse per questo rimane ad essi più affezionato, — ed esercita con passione ereditaria la coltivazione dei campi. Per sano affetto della sua terra, è richiesto e lascia desiderio di sò dove si occupa della cosa pubblica. Io lo ascolto e guardo la sua prospera e lieta e atticciata figura di umanista abbronzato dal sole ; e penso che se maggior numero d'italiani sapesse serbarsi così, alacre negli studi e nelle opere, colto e curioso senza spaesarsi, un certo stampo d'uomo tutto nostrano e di civiltà italiana sarebbe più lontano di quel che non sia da diventare pio ricordo d'una nostra eccellenza e grandezza. Intanto è venuta sera, e Je strade di San Marco sono affollate di abitanti che festeggiano la fine della domenica. E' un bello spettacolo que sta folla di contadini urbani per abitazione e per gentilezza. L'amico Don Giustiniano, primaria notabili tà del paese e della regione, deve rispondere a decine e decine di Buona Sera rispettosi e cordiali. E troviamo anche un giovanotto ohe ha letto il mio a Diavolo al Pontelungo i), e che .alla mia domanda se si sia divertito, risponde: — Abbastanza. Non sorrida il maligno lettore. Abbastanza vuol dire: — A mia soddisfazione, — ed è sinonimo di Assai, non già di Così così. Ed è un modo sobrio e robusto questo che mette nella propria sod.disfazione un criterio di giusta, non modesta nè smodata, esigenza e lode. E io dirò che la rusticale e civile cittadina di Valle, San Marco, mi piace «abbastanza». *** Sulla cresta della collina prossima v'è un passo, un piccolo giogo, dove San Marco da un lato e dall'altro il paese di Rignano appaiono come i due piatti di una bilancia. E quel giogo, che sarebbe sul fulcro, si chiama appunto La Bilancia. Rignano è paese aereo, posto sullo sperone che di più si sporse e più vista di Tavoliere vanta dalla parte di terra del Gargano. Vi andai la mattina seguente, e le vie esigue e scoscese per entro la stipata e salda struttura sorgente dal sasso, mi fecero sbucare sopra l'aperto, nella parte esterna del paese a picco. Sotto di me la Capitanata e il fondo marino, qua e là paludoso, che cinge il Gargano e dove poltrisce il torrente Candelaro, stavan sotto una nebbia lieve ed umida, che pareva la fecondità stessa stesa sui campi e sulle verdi germinazioni. L'aria, che su quella rocca è sempre mossa, e che quest'anno pareva che non volesse più disinveraare, si intorpidiva dolcemente di quell'umido sentore di fecondità pigra e candida. A Rignano c'è anche un bell'organo di chiesa, un quadro interessante d'anime purganti riscattate per intercessione di fedeli del Carmine oranti alla Madonna, e un bel portale del decaduto palazzotto dei marchesi di Rignano. Non intendo di scoprire una seno la gargànica, per carità, ma mi sono accorto che v'è in questa regione, come spesso in regioni appartate un'aria, un fare degli uomini e delle opere loro, che è stile : e Io stile è proprio di ciò che basta a se stesso. a Abbastanza», come diceva il giovanotto di San Marco in Lamis. Riccardo Bacchetti.