Freddo - Microbi - Inventori - Matti

Freddo - Microbi - Inventori - Matti Freddo - Microbi - Inventori - Matti Il gran freddo, — quello di questi cagiornil o di questi mesi, quello che non|nosi ardisce proclamare tuttavia lini-j aeto, perchè da un momento all'auro, non si sa mai, sarebbe anche capace dii riprest'iit-a.rsi con piogge, furori e uragani, — questo freddo, in una parola per Intenderei: fu vero freddo? Agli àvoli l'ardua sentenza. La quale lo dichiara effettivamente uno scherzo, se i fatti non mentono, alla prova coi veri campioni dei maltempo, trionfali a gloriosi, di cui è piena la storia. Intanlo se ne ricordano tre o quattro impunemente famosi. Quello del 1749, che mietè vàttime a oltranza in Toscana e in Lombardia, e per cui furono ordinati tridui a riparo, dal Pontefice Benedetto XIV, In Roma. Quello del 1821, che può dirsi coevo all'infame processo contro i Carbonari lombardi; — 11 quale intieri su tutto M Continente, — talché Ferdinando VII d'i Spagna fu per (soccombergli e Giorgio IV d'Inghilterra ne ricevè il poco gradito omaggio di una polmonite bilaterale, con complicazioni renali. E poi l'altro, del 1848, die fu così testardo, bizzarro, pericoloso e precoce da protrarsi fino oltre il marzo (gli Eroi delle Cinque giornate lo patirono ancora sulle gloriose barricate), essendo apparso a onsolazione dei nostri padri alla in tà di ottobre, con venti da segare !a faccia e con diluvili da sommergere la terra: ciò da cui, come è noto, conse gul la più fiera moria. Tre Maestri: ire sistemi di difesa dal freddo ! Potrei elencarne degli altri (161!); 1711; 1733; 1801; 1882...): ma non intendo affatto di impelagarmi in questa cronologia, più arida di alcuni polve rotii che abbiamo, a sailute dei nostri organi respiralo™, ingoiati durante le settimane impetuose trascorse. Voglio invece presentarvi alcuni personaggi eminenti, che dal freddo, dall'acqua, dalla tempesta e dalla umana epizoo zia che ne deriva, hanno tratto mateia di speculazione spesso sublime, e sempre vòlta a tradursi in concrete realizzazioni a beneficio della umanità sofferente e in pericolo. Sono inventori straordinari e gagliardi che, superando le dottrine in voga ed al trapassando le teorie faraoniche del sapere ufficiale, costituiscono un blocco di avanguardie generose ed «trepide della Scienza Assoluta. Solo che i loro scritti, purtroppo, non sono catalogati nelle comuni biblioteche, ma semplicemente ne rendono un magro conto 1 caselarii dei Manicomi e delle Case di Salute per malattie enee falò-spinali. Credo giusto, pertanto, cogltore la circostanza per un tentativo di rlven dilazione e di rivalutazione, che con sideio un mio stretto dovere. a Le Catacàustichc del Cielo investi gate secondo i principii della materna tiea di Eulero, o ricerche filosofiche sul freddo rigido, asciutto, piovoso, tutti i climi glaciali » — è il titolo non propriamente attico, ma certo eloquim te, ili un libro scritto nel 1873 dall'« u manitario, filantropo c auU-barbaro astronomo » Ubaldo Fava, il quale non l'ava, ma il libro, — porta per snt tallitalo la gloriosa affermazione pròm-ettitrice di soavi stagioni : — « l'Eden perenne, ovverosia, il Cielo sconfitto dall'Uomo co' suoi strumenti ed espe dienti infallibili di natura meccanica e guoflsica »; — e s'apro con una dedicatoria all'amerà Presidente del Consì gli© Marco Minghetti ctie viene esortalo ad attuare la stupefacente scoperta dej papiglionaceo autore. Scoperta strani dinai'ia, in verità, la quale,-tutto che occupi nel volume 11 chilometrico spa zio di 480 pagine fitte, si risolve soslan zialmente in questo semplice assunto Sì o no, che il freddo 6 causato da correnti aeree provenienti dalle regio ni boreali e in ogni modo nordiche. Si o no, che dove alte catene di nion lagne fanno argine a queste correnti, il oli-ma si mantiene sempre su quella linea di clemenza che gli conquista l'appellativo di temperato? Eriga dunque il Governo d'Italia, questa duplice eminenza orografica, sull'uno e sul l'altro mare, al due lati della Penisola, e il problema sarà risolto nei secoli, Il prof. Ezio Sciamanna, che ebbe In cura nell'Asilo di Santa Maria doli Pietà l'ottimo Fava, tessè di lui una densa biografìa clinica, quaìe si può leggero negli Annali di Psichiatria, arino 1880: — allorchè, in séguito a persecuzioni acerrime ed oscure méne di coperti e potenti nemici, ii genie inventivo del grande Ubaldo, cadde nelle aperte braccia di due questurini, dopo essere precipitato a rompicollo gin nell'abisso di una iracondia rivoltellatrice, da cui ora stata gravemente minacciata la vita di Agostino Dopretis. Del beneventano Pasquale Belisario mcaglrdefcóanpBpq6pve'anVmuateSl'nmligocgtanspdtezauerutecsAueaeddsmtimmrti le sulle lìegioni del Pomi Esperidi -'che ; dovrebbero essere l'Italia); in cui, «a ' riparo dei freddi eschimesi », si propone la costituzione di una colossale rgsciltdbetcncsNmcrpesdipsgpammspsmlslbesgsMcugiltq. iPacca, andato a morire Jn Francia ejnmnnbiografato dai dottori Bourneville e Beynard in Progràs Medicai, 1871, sono anche a stampa, e accessibili a tutti, certe Incursioni vandaliche dell'Aquilone: tempeste, procelle, burrasche e scatenamenti del ri.iore Inverna- Società Anonima, col fine magnanimo I di dedurre nell'atmosfera italiana, du-frante i mesi d'inverno, la corrente co-' stante dei venti del tropico o comun-iqut caldi, per mezzo di un acro/lotto escogitato dallo stesso l'acca. La cosa e tult'altro che assurda. A quella guisa che i Domani condussero fino a Doma le acque delle più lontane sorgenti in- anaTate negli acquedotti, — costruiscnno gli Italiani un sistema di tubaitiure aere»?, nette quali si avviano debiio- mente i venti « torridi australi e info cali », che si possono benissimo -raccogliere sulle coste mediterranee deU'Àr-ica; p li lascino, non .-enza l'espediente di una cassetta di distribuzione, effluire in maggiore o minar copia, secóndo la necessità, suffli abitali ed anche, per chi ne desidera, negli bppartam-enti e nei locali piò acconci. Benefizio due volte fruttuoso: di saluti' per tinti è di entrate per lo Stato. 11 quale naturalmente tasserebbe questa 6pecie di temperatura da Palazzo d'Inverno, monopolizzando per sopragiuna il riscaldamento privato. Genio non meno eccelso fu Damasceno Pelomanti, contemporaneo di Pietro Verri, che lo ricorda nel suo Mal di milza, e scrittore forbito di un « Xoelio Archimede, sire de specàlis ustariiì : volgarizza zinne dei mezzi adatti a domare le capricciosità del tempo, Quando il Fole è nei segni del Sagittario, del Capricorno e dell'Aquario », (cioè nei tre mesi d'inverno); dedicato prima a Maria Teresa mperalrice, quindi a Giuseppe II e fiialmente in ima edizione toscana al granduca Pietro Leopoldo I. nel 1768. Pelomanti non vedeva che per gli occhi di Archimede e non sognava che specchi ustori i. Per modo che giunse a queste conclusioni: —pian tati che siano ai quattro punti cardinali di una città quattro potentissimi specchi di quella natura, l'asperità dell'inverno è superata. Nè bisogna temere che, nello spazio di convergenza dei raggi incendiari, siavi un quaunque ediflzlo, o mole, o capolavoro edilizio che corra rischio. Basterà, quei roggi rivolger!i, per esempio, sopra una catasta di legname preventivamente disposta, e si. avrà nel contempo 11 calore riflesso del sole e una eccellente stufa sotto pressione, che diffonderà Ano all'esterno perimetro della città una temperatura da serra, confortante e cordiale. Pelomanti aveva a tutto pensato anche al tubi per raccogliere il fumo e condurlo lontano, sicché non offendesse, né la estetica, nè le congiuntive degli abitatori del luogo. Ma son que sti particolari clic ad un cenno som mario non, interessano mollo. Altri artifici e ben altri meccanismi furono immaginati dà uomini di siirpe veramente creativa, a petto ai quali Pelomanti e gli altri sunnominati inventori fanno appena la figura di compi, tanti. Un genio: Parmenio Cohen Quando non ù più la città che inte ressa, ma l'uomo, l'individuo, il singolo, allora entriamo nel campo dello scoperte quasi sbalorditone. Parmenio Cohen di Plock, da quel convinto omeopatico che era, scacciava il freddo col freddo, più l'aria pelava le membra senza pietà, più egli esortava Il paziente a cacciarsi m un bagno diaccio, ad e.sporsi al rovaio e ad abbnvidiro di gp-io, fino a perdere i sensi e a cadere in deliquio. Aveva costui tre figliuoli e una moglie malazzata, che più di una volta lo videro tuffarsi nella vasca colma di un'acqua polare, con mi salto di prode, quando peggio s intirizziva, anche presso il camino. Ne riusciva livido e smorto come un marmo, paonazzo come lui cadavere congelato sullo z'uco delta calla frigorifera, col tumulto nei denti. Ma scoppiando di salirle: ciò che in fondo non era, nè un male, nè un bene per nessuno, so non per lui. Ma, corno sempre accade a chi è dominato da un'idea fissa che ritiene infallibile, costui — esercitando d'imperio la patria votestas, delia quale sentiva*! Insignito — si decise un reo giorno a imporre al figliuoli e alla povera donna il supplizio medesimo: a fin di tiene, s'intende, ma caparbiamente, e sordo ad ogni preghiera come un boia. Beluttarono quelli, e questa schiamazzò coni*- una furia. Fu però tulio irmi ite. Parmenio la sospinse con violenza verso la vasca Tremava giù ella verga a verga, con le labbra plumbee e i ginocchi azzurrastri. Si divincolò, morse. Sentiva che la morte era là. che il suo cuore avr"h. be avuto un tuffo soffocante, di cólpo, e che sarebbe si ramazzata giù, seùz:i scampo, in fondo alla vasca con la gola strozzala, nell'informe Nulla, assassinata per sempre. E non voleva. Parnieniu già soffiava pei balli irti. Mugolava quei suo mugolo di sdegno, che soleva atterrire per incauto, còme una buia uiiuuccia, sempre, la famiglia obbediente. E invano dietro la iiorta strepitarono i figli,• indovinando lo scempio Ed il più grande, invano tentò d'intimidii.- il padre, conscio elio qualcosa di mostruoso stava per coin i«iersi, quasi si>uo i suoi occhi. Parnietiio sollevò il misero ossame di suamoglie, sordo a tutto, d'un crollo: e lo immerse nell'acqua cruda, ve lo ten. ne, ve lo Immolilo, lo sommerse — ino nomanlaco, posseduto, tremendo, come gl'indemoniati: •— Scaldati, animale!... » —. Quei a arrancava, brancolava, scalciava, i>: dimenava, urlava. Einvocava te antiche memorie, la fedeltà inconsumabile, l'amore di tanti an ni. 1* prole che sarebbe rimasta orfarià, il duo de. buon Dio che inter' venisse... Invano! L uomo uroset'utva ia soffiare corno una belva: .Scaldati!... », c le cacciò di furia tutta la testa nell'acqua rovinosa, mozzandolo il flato e premendole contro quel suo pozzo di ferro che gli era cresciuto al l'aplcu dèll'avambraécio, dove slava o a la mano. « — Oli non ti sei lagnata fino adesso, del freddo?!... Hmtontil-a! Una zuffa in nna vasca Quella improvvisamente riusci a sollevarsi. »— Parmenio 1... ». Biidà-vainpò Ja zuffa: rapida, breve, ferace. Gli spruzza dalla tinozza schizzavano fino al soffitto, rimbalzavano in l'accia al l'energumeno. Erano fradici entrambi, inzuppati, anelanti, còl capelli! bagnati, le vesti, le nudità, la gola piena ut schianto, intrise conio da un rovescio di pioggia devastatrice, gli occhi fuori delle orbite. . — Oh Dio!... », ed ella ebbe una vertigine, vaoiUò. Parve che ìuia granfia te si artigliasse terribile al respiro, le si facesse nodo, groppo, capestro, intorno al cuore ed al colio: «— Muoio!...». Tutto le roteo su gli occhi come una florida nera, mentre cadeva di peso ella in fondo alla vasca, e Parmenio Koddisfatto gridava: — liceo, ecco, cosi... se vuoi proprio scaldarti! ». Ed uscì fuori per g-heimlre ì flg$iuott : che si diedero a correre, e saltarono per una gattaiòla sui tetto immantellato di neve, col furore paterno alle caicagne che non trovavano Ecampo, di terrazza in terrazza, su gli émbrici che precipitavano, •: travi che oscillavano, i fumaiuoli, i doccio ni, le banderuole, ,i comignoli, in quell'ora di crepuscolo torvo, mentre l'urlo della demenza li inseguiva. Qua.... A scaldarvi, canaglie, a scaldarvi nella tinozza con vostra madre... », e il terrore aggrandiva il pencolo, e la morte s'alzava dall'ombra formidabile e orrenda come uno spet tro irritato, con l'aspetto della carneficina... — lo le avevo insegnato, signori rispose con orgoglio egli ai giudici qualche giorno più tardi — io le avevo insegnato a vincere il fred'do... E tuttavia — soggiunge dopo una pausa considerate infamia femminile!... Pro pnio quando ella aveva imparato a ri scaldarei, per dispetto, ha voluto mo rire... Perdoniamola! — concluse con un risolino a fior di labbra — : non era ella dunque una donna? Ciò l'as solve. Ascoltate piuttosto il mio me todo. Semplicissimo I Consiste... Gli tagliarono il collo. L'uomo contro il bacillo... Misael Vàcz tenne i piedi più sulla 1c-rra. E fu più fertile e certo più im maginoso. Aveva egli costruito un ap parecchio di bei tubi nichelati e volubili, i quali — avvolgendosi al cor po di colui che doveva sfidare le in sidie d'una stagione assiderata — gl recavano attorno ad ogni membro una corrente di catone tenuta sempre in punto da una caldaia, disposta col suo fornello di sicurezza dietro il dor so dell'uomo, corno un piccolo zaino sostenuta da cinghie, e leggera quasi come una gerla. 11 Manicomio è della natura dei poz zi, se veramente i pozzi sono inesau ribili. Lo scimunito Sznbò — ricove rato fra gli alienati di Budapest, quanto si legge in un libro del grande Kraepelin — entrò in queir asilo an che lui con una idea ribadita e dell natura dei chiudi, dietra l'augusta fronte d'inventore congenito : — scoprire, escogitare, trovare un congegno culaie ciie si fosse, un ordigno, una macchina, che preservi e protegga dal freddo, nonché dai microbi, alunni micidiali del fredde; dato che ancora l'Europa (come lui ben sapeva per |esperienza dolorosa) difetta sempre di quello strumento ideale che la ripari dagli assalti di entrambi gli assassini associati e non mai debellati : l'inverno ed il microbo. — Non gli sovvenne purtroppo che una serie di lacrimevoli stratagemmi balordi. Primo: abbandonare l'Europa dall'ottobre all'aprile e domiciliarsi agli antipoll. — Secondo: bere una mistura microbioida d; sua propria invenzione, che in sostanza non era se non una ributtante zozza di liquori diversi, fra i più deplorevoli. — Terzo: ricoprirsi la testa di un elmo di caucciù e !a faccia di una visiera di cristalli, al modo dei palombari. — Quarto: applicarsi alla bocca unii sorta di filtro di catone. -■ Tutti metodi che lui stesso sentiva enormemente imbecilli, e a cagione dei iiuali si tempestava il cranio con angoscia, infliggendosi botte da orbi, a schiaffi, a scapaccioni, a pugni, a colpi di sottobecco, che era tutto bernoccoli e lividure, enfiagioni ed ecchimosiE più egli si concentrava, più gli si facevano aride lo sorgenti interiori. Annaspava su certi pensieri misteriosiche proprio sul punto di acchiapparlgli scappavano via come zanzare, e sparivano. Ruminava ore intere, e rifrugava per entro il vuoto susso deilu testa le assiduo notti. E non un'idea, un pensiero, gli lasciavano mai fra le mani la coda, tm ciuffo solo della coda. Allora, sostituendo alle semplici nocche, per penitenza di quel suo non supt-re, i calcagni degli stivaletti, cominciò a picchiarsi iniquamente a distesa ogni lembo di testa, e a inariel lare alla cieca con quei risalti di Segno la suu misera fronte in tal barbaro modo, da fiaccare, non dirò quelle d'un uomo, ma le corna di un bu falò. E cosi villi io già mazzerars: con un diluvio consimile un inventore lrime, nato sterile. Sicché immagino bene la condizione e ia disperazione delio scimunito Szahò, torturato oltre tulio dallo spavento dei microbi, che eglsentiva sciamare sempre più furibondaitoino all'alito, al viso, alle mani e agli orifizi tutti del suo vulnerabileli-riparato ed insidiato corpo, divenutmiriadi. Aldo Bianco.