La febbre dell'oro

La febbre dell'oro La febbre dell'oro Debbo cominciare citando. 1] « La trasformazione degli eleni >mti chimici |i cosi detti corpi semplici] l'uno nell'altro, si effettua realmente in natura dove elementi più pesanti si trasformano in elementi di minor peso atomico » (Balfour). 2J Cade, per esempio, sotto questa leK.se il fatto che « le emanazioni del radio, condensandosi, si trasformano effettivamente nell'elio » (Righi). 3] 0 Non riesce > perciò « affatto assurdo pensare che sia effettuabile la trasformazione in oro di elementi di più elevato peso atomico » (Bey). 4] Per modo che « l'aspirazione degli amichi alchimisti è da giudicarsi tutt'altro che un aberrazione e una follia di dissennati » (Whetham). Quattro fisici, quattro autorità, quattro evangeli!. E li ho scomodati per mettere nella lor giusta luce i coniugi Tausend. I quali hanno fatto parlare di sè molto a lungo di questi giorni, realizzandosi in essi il perfettissimo tipo moderno dell'imbroglione. Alchimisti. Sì; ma solo di nome. Le affinità, le combinazioni, le reazioni, i saggi, i veicoli, i simboli, i solventi, tutto ciò serviva loro soltanto a uncinare milioni di marchi dai più piramidali portafògli tedeschi. Il principe Ulderico di Sdhoenburg Waldenburg ha pagato un milione di lire. Il generale Ludendorff, duecento mila marchi d'oro. La signora Ildegarda Mannesmann, proprietaria della grande fabbrica di tubi di Mannheim, ne ha pagali ottocento mila. Tutti i membri nazionalisti del Reich hanno aperto la borsa, hanno donato a piene mani, hanno -aiutata, sostenuta, favorita, sorretta, osannata la impresa della coppia sbalorditiva, ohe avrebbe compiuto il miracolo: l'oro. L'oro -ohiimico, l'oro sintetico, alchimico, magico, arcano, miracoloso, patriottico. A quintali, a miliardi... E la Germania sarebbe uscita di colpo dalle tenaglie dei debiti di guerra. Avrebbe rialzato la fronte, liberamente, a produrre, a respirare, ad- imporre... Era il Fato. Bisognava pagare. Tutto a un tratto, l'orrore di un crollo ha cenerizzato gli illusi. E i coniugi Tausend, arrestati ad Appiano in Italia — con sulla coscienza la truffa di ben trentadue milioni di lire — meditano adesso nel carcere di Trento sulla iniquità della sorte, loro ed altrui. I cilindri, i setacci, le palette, Valudel, il vas vUreum Sublimatlonìs e il crogiuolo dì Albumazar, tutto questo è caduto, coi castelli, le ville e i palazzi, in mano della Giustizia, senza rimedio. La Truffa ha condotto al capestro la Sapienza. L'Imbroglio ha soffocato il Miracolo. La Ciurmeria ha tagliato per sempre con un furbo coltello di tradimento i nervi al Prodigio. Un Maestro e 1 principi! dell'Alchimia Sono inutili le considerazioni. I due Tausend non professarono se non un'arte: la reproba, quella del furfante. L'arte di Arteflo, l'arte dì \bul-Casis, l'arte di Bubacar, di Geber, di Leopoldo da Villanova, di Co mario — la sovrana magia creatrice dell'oro — essi la offesero sempre senza riguardo. Al metallo prezioso che fiorisce nel colatoio sotto l'aspro fuo co procreatore, al sedimento giallo che sboccia come una metèora in fondo all'autoclave, e sotto il mantice schiuma tutto bolle nel padellotto di rame e di minuto in minuto pesa sempre più grave, iridandosi d'ogni più bel colore, essi preferirono di continuo il brutto quattrino dei portafogli altrui, delle altrui casseforti, delle Banche, che al gabbamondo non costa se non un raggiro d'arzigogoli e di furberie bassamente sagaci. Dell'Alchimia non seppero mai nè la saggezza, uè l'orgoglio. Disconobbero la tradizione. Rivoltarono le spalle alla Scienza, per perpetrare l'inganno del ciarlatano. Niente in loro che ricordi i grandi Maestri del passato, gli Eroi gt>lapllpi Dot- e gli Antesignani leggendarii tori. Quando Enrico Price si uccideva, nel 1782, perchè non seppe riprodurre gli esperimenti di trasformazione del bronzo in oro, che pure erano stati trionfali l'anno avanti, lo scienziato della Reale Società di Londra rivelava una sensibilità profonda del proprio decoro e del decoro del Sapere. Nè Price chiese mal un soldo a nessuno. - , . Frater Pasinus Parvus de Briscia (secondo la scrittura di Rulandus nel suo Lexicon Alchemiae, 1682) studiava nel secolo XI la generazione del metalli. Riaffermava solenni principi!. < I metalli differiscono solo per la loro forma accidentale, di cui possono essere spogliati; non per la forma essenziale {Forma accidentali tantum, nec essentlali; ergo posslbilis est spoliatlo accidentum in metallis). Sosteneva : « Ogni pietra ha una sua anima. Ciò che di quelle evapora al fuoco, è questa che io dico anima. Ciò che non evapora, è corpo. Nell'anima dunque solamente ricercherai la causa delle trasformazioni dei metalli •. — \ssicuravu : » Sono 1 metalli vapori spessi e coagulati. Migliata di anni li trasmutano nelle miniere fino allo stato d'argento o d'oro. Ma l'uomo ■pilo produrre quest'etto, operando sull'anima, in un sol giamo ». E ribadiva finalmente: « Mettiti in comunione con gli stariti elementari, sa persegui i cangiamenti dell'ens prlmum nella sostanza. E se vuoi suscitarli, non ri affiscare al corpo, si all'anima ». ' Cosi speculava nella Summa Secreiorum Katurae frate Paslno, che visse senza riposo,, sempre tra fornelli bceridmvdprsazn*inst11rIlobvpltbSmcnsnlecptllmfltpufcfsfrscQmcprueulvMauaczIamcvdtgtqrnsAcvgEndamrdFtrNcdivepdti3gssbilance bagnomaria e cannelli fen-u- umjnatorii, alambicchi e matracci, va-'« gelll e frantoi, nel laboratorio severo; t>ve il serpente Uroburos si mordeva la coda dal mosaico multicolore della parete, a indicare la unità primordiale degli Elementi che Illudono la fallacia umana. E fu dovunque l'esempio del disinteresse supremo. Altro Maestro: altri principi! Rinaldo da Cremona, aulore del Liber e.tperimentorum, indagò nel secolo seguente la relazione tra i metalli ed i pianeti. Il manoscritto dell'Escuriale, superstite al terribile incendio del 1671, contiene quattro trattati sul medesimo tema, che, Rinaldo ignorava. E ignorava anche gli altri trattati del manoscritto di Monaco e del papiro di Leida, tutti d'insigne e venerabile antichità precristiana, sullo stesso argomento. Pure, Rinaldo intuì alcune leggi fondamentali della scienza, per cui sembrò superare di geniale perspicacia fin l'arabo Dime*chql, giudicato il più grande erudito in materia d'arcani. Verità, sorprendenti risplendono nel suo volume. Aforismi profondi. • La terra è madre dei metalli; n'è padre 11 Cielo». — « Verso l'alto le cose terrestri; le celesti verso il basso». — Il che significa che gl'influssi del Cielo scendono a modificare nell'alambicco i vapori del minerale, saglienti verso il coperchio pel collo dell'ape parecchio. « Il sole genera l'oro, la luna presiede alla nascita dell'argento, del ferirò Marte, Saturno del piombo, dell'elettro Giove, Mercurio dello Stagno, e Venere finalmente del ramo ». — La dottrina, degli astri si ricollega alla dottrina dèi metalli. Il numero sette riconquista il suo mistico senso, quasi obliato. «Sette!pianeti, sette i metalli, sette le corde della lira, sette le stelle della grande Orsa, ed i toni musicali, le porte di Tebe, i colori dell'iride ». — Rinaldo interpretò con questa chiave l'ermetico intrico di linee detto il labirinto di Salomone. E fabbricò l'oro-di coppella, l'oro senza mondiglia. Ma sempre repugnò dal danaro che monarchi, principi, signori, gli profferirono. Visse illibato e Incorruttibile: come il coetaneo suo Petrus Tetennus, che non mal chiedendo nulla per sè arricchì il mondo tuttavia di un libro stupefacente — De auri confectione, — dove si legge questo procedimento, che trascrivo ai lettori, per far l'oro — ad faciendum aurum, — senza mutare una sillaba. Come si produce l'oro Attenzione- « Recipe plumbum et funde in vase ferreo, et adde desuper auripigmentum ruftum et tandundem sulfur citrini, et suffla usque dum bullat ». La qual cosa è senza dubbio 1 semplicissima. Quindi: « gutta desuper cinerem et misce insimul et gutta in terra-m et coilige ». Più semplice' ancora, e alla portata di tutti. Proseguendo: «/le ripe de isto uncias XX et de thucia uncias V et funde insimul, et repone, et acclpe unciam I: et milte super uncias X de argento funduto ». Tutta la miscela a questo punto sarà convertita in argento. « FU argentum ». Ma occorre l'oro. Eccolo. « Accipe de argento isto. unciam l et mitte super uncias ì) auri funduti: et mille in aceto et estingue : flet aurum obricum » : — l'oro obrizzo, cioè l'oro di zecchino. Tiberio Bardane a Venezia, l'anno In cui Caterina Cornaro cedeva Cipro alla Repubblica, il U89, modificò il miscuglio aggiungendovi allume e oricalco, combinati col lliiuor aeternus, vale a dire il mercurio. — Giovanni di Corvara operava più semplicemente. Fondeva rame, chelidonia e argento con bile di capro e realgar, ottenendo l'oro turchino. Fondendo poi questo con oro giallo, riusciva ad avere la quintessenza dell'oro, poiché • la natura » — affermava egli — « supera sempre vittoriosamente la natura ». — Avendo Riccardo III vanamente richiesto a lui il segreto e l'opera, Giovanni fu attanagliato nel medesimo giorno in cui i piccoli figli del quarto Edoardo di York perivano assassinati nella Torre di Londra, per volontà del sanguinario usurpatore loro zio (1483). L'intervento diabolico pllligeslgcdenmnq-gamccllamesdrMa accanto al genài non difettano gli allucinati, gli empi, 1 perversi, 1 dementi. La storia dell'Alchimia è un tessuto perpetuamente mutevole, una sorta d'oscillazione fra 1 due poli opposti dell'anelito verso ila scoperta e dell'eresia, della ricerca scientifica e del diavolismo. Fino dall'antico Egitto dei Faraoni, fin dalla età romana, l'arohimista, che tramuta la materia creata dagli Dei, è un demonio, è una specie di angelo maledetto e reietto. La pietra filosofale, ohe genera quell'oro da cui l'uomo è corrotto in eterno, .è un ritrovato del più profondo Abisso, del Nemico in agguato. Satana s'affaccia dalla bombola sopra il banco ingombrato delle ganghe dai barattoli, rido co' suoi denti di porco dal fucinale del forno, si solleva con la sua lurida groppa dalle Schiume del bagno, e ironza vola, fra gli imbuti e i caldani come una vespe piena di veleno. E il veleno sale al cervello del temerario elio tenta l'inverosimile. Come il Serpente dannò la prima coppia sotto l'albero della proibizione, cosi egli danna d'avidità malsana del nepote Sconvolto. Lo confonde lo punge lo ferisce ilo morde, alla cima del cuore, dietro 3a nuca, sotto l'orecchio; gli perturba gli umori II disordine dell'aberrazione si fa subito di là dalla fronte del fascinato. E i suoi passi s'avvolgono in una "matassa inestricabile, fino a che '«gli non cade nella voragine immane. a — r — m l t a a , r a e r n i o o l , i i a a — o o i à o Jonasdaf &anvi'novic creava loro e le pillole d'oro che « conducono altrove l'anima » e fanno dormire in pesante letargo i pensieri im-purtiiini. » Poi che l'oro è un'apparenza di sonno sempre in-eno profondo » ciò vuol- (lire clifi «e gli assorbe l'alito della vita d'intonino, e in sè lo conserva come la terra il senio ». Questa occulta atMudiine del l'oro ha bisogno d'una parola di spie gazione. In Natura le diverse sostanze compongono urna gerarchla, graduata dall'infimo elemento fll più eccelso « secondo la misura dii anima (ciò die evapora al fuoco, giusta Frate Paslno dii cui sono ricetto ». A mano a mano che ùin metallo si trasforma in nin altro di più alto valore, eglii conquista maggior copia di anima, e cioè -sente e intende di più: si risveglia gradalamente, sale come di lòno. Si avvicina, per ciò tutto, alla coniddziome stessa dell'essere umano. Ma, dato che « il mondo è un animale unico, le cui parti sono interamente legate fra loro in modio necessario », accade che i« la trasfusione dell'anima umana nella compagine del metallo, e l'inverso, dell'anima del metallo nel corpo dtell'uomo, si riduce a un fenomeno di affinità e di riicambio niente affatto misterioso». L'uomo può eedere per alcun tempo il suo spirito al metallo, e viceversa. Si comprende con ciò il significato della frase « l'oro è un'apparenza ài sonno sempre meno profondo », e il fondamento ideale dell'operazione di Ja/roslaf. U dubbio di Zoe... Il Tnianon, quando Maria Anitotiiietta vi raccoglieva ancora coinmediaroti e duchesse, confidenti e ministri, avventurieri, parassiti e dame d'ogni fortuna, conobbe anche l'equivoco dà quel Zoe di Tessaloniioa. detto lo Chevelu, magno alchimista ai suoi tempi e ne uomo né donna quanto a sesso, ma difforme creatura. Zoe « risvegliava » anche lui i metalli, commutandoli in oro. Dava un'anima ad essi — come diceva e come fermamente credeva — quasi umana, consapevole, certa, dominante, pensante. Di che andava orgoglioso L'oro che gli si generava in fondo alla caldaia « palpitava d'una coscienza animala », percepiva. Intendeva, de liberava, amava, sussultava, viveva. Il ginandro si sentiva creatore. Sopra quella sua faccia coperta d'una lanugine di barba, dove l'impuro « maquillage » imprimeva non so quale aspetto repugnante passavano fremiti quasi luminosi di compiacimento. L'eri tusiasmo gli aureolava la fronte, lo avvolgeva in un nembo fluttuante di ebbrezza più che fanatica. E lo ren deva felice. La gloria accompagnava t suoi passi. Maria Antonietta lo te neva caro. Tutti ricorrevano a lui, come a un nume. La sua stella saliva. E tuttavia ecco, che a un tratto costui fu ghermito da un dubbio: — La vita i i l i a e a è essa veramente un bene? La vita, a cui traggo i metalli vili trasformandoli in oro, la vita non dunque sareb be essa medesima una pena? Rimase perplesso, considerando il problema non preveduto, vinto dalla inquetitudine. E sfogliò i molti libri dei maestri: quelli di Stefano d'Ales sandria, il « Lum-en Lumlnum » di Ra xis, il trattato del Senior Zadh. 11 sospetto gli cresceva dentro il cervello come un tumore. E divenne d'un sol colpo certezza. Gli s'impose inflessibile come una verità senza scampo, quando il rimorso sembrò condurgll incontro la tremenda parvenza.d'una visione, la forma d'una realtà che forse gli gridava un'accusa. Impazzi. Affermava di non vivere, di non essere più sè medesimo, di non sentire e di non ricordare più nulla, se non solo una cosa, che 1 metalli Io avevano assassinato per vendicarsi Li vedeva: « S'avventano contro la terra... gridano... gridano... vogliono riseppellirvisi... ». Maria Antonietta lo affidò alle cure di Urcicien de Vert. Fu tempo perso Schmteder (« Geschichte der Alche mie», 1832), dal quale ho desunto finora, narra che a poco a poco le membra di lui cominciarono a prendere uno splendore insolito, ad assu mere un aspetto che lontanamente ri cordava l'aspetto dei cristalli, delle pepite, delle grandi croste rocciose, e a sfaldarsi secondo plani di clivaggio lucenti, tossi gialli turchini verdi gri gi cinerei... Si mineralizzava. Lentamente, spie latamente. L'anima dei metalli inva deva il suo corpo, irriconoscibile mentre il suo spirito viveva laggiù nella Distanza, nel. Limbo — animan do i metalli, che si vendicavano. Aldo Bianco