Il capitano Biancofiore condannato a 20 anni di reclusione

Il capitano Biancofiore condannato a 20 anni di reclusione Il capitano Biancofiore condannato a 20 anni di reclusione [Corte d'Assise di Torino) Ti dramma è al suo «"pilogo. E' lailafeiornata conclusiva (iella discussione .tre liei processo, « l'interessamento deljcpubblico si è accentuato. I carabinie- pri devono vigilare sii ingressi e re spingere la fòlla che vorrebbe entrare nell'aula.. Gè molta attesa ber questo scorcio della discussione: il ciucilo oratorio impegnato dalle due parti, oppone in quest'ultima fase del dibattito due patroni che si sono fatti il loro posto nell'oratoria giudiziaria contemporanea; l'avv. Orazio Quaglia, ancora per la Parte Civile, e l'avv. Oenuzio Bernini per la difesa. L'avv. Quaglia per la Parte Civile L'avv Quaglia si leva a parlare ira l'attenzione generale. Nicola Biancoflore tiene anche oggi il contegno inerte, impassibile degli altri giorni. Non piange, non singhiozza: tiene gli occhi rivolti in basso e solo di tanto in tanto guarda in giro per l'aula. Deve essere squassalo da un'agitazione profonda, ma non la manifesta. Lo si direbbe assente. L'avv. Quaglia non pronuncia esordi: — Discutiamo le perizie — egli dice iniziando il suo dire. — E con un'oratoria che non degrada mai dalla sua temperatura, entra in argomento e sviscera le ragioni per cui i risultati peritali devono essere accreditati non solo, ma devono essere considerati come un dato positivo, assoluto, certo, dal quale sgorga la prova generica del reato. Se un rilievo può essere mosso ai perito è quello di non avere considerato durante i loro esami, le ossa delle spoglie mortali della povera signora Palmisano. L'arsenico si localizza di preferenza nelle ossa, nella parte spugnosa delle ossa; se le ricerche fossero state estese alle ossa, la quantità di arsenico repertata sarebbe stata Inevitabilmente maggiore. Ma la quantità ritrovata — 16 centigrammi — è stata rinvenuta, nota l'oratore, dopo che la salma rimase inumala nel terreno per circa otio mesi E' ovvio che una parte del veleno si è dispersa. D'altro è notorio ohe attraverso alle ricerche cllniche Si giungt a rintraccia ve soltanto un decimo od un ottavo del veleno contenuto in un cadavere. E l'avv. Quaglia considera e discute la risposta data dai periti circa la rnicidialità di quella quantità di veleno. I periti, di: ohiararono che se i 16 centigrammi di arsenico fossero stati ingeriti in una volta sola, le conseguenze sarei) bero state letali. Le opinioni degli scienziati a questo proposito sono varie: taluni ritengono che la dose di arsenico bastevole per dare la morte varii dai dieci ai venti centigrammi. Altri pensano che per cagionare la morte bastino tre centigrammi. Qualuncrue opinione si voglia accettare, è certo che bisogna avere riguardo ad una circostanza: alle condizioni fìsiche di Immacolata Palmisano, malata, consunta, sofferente, e che per queste ragioni offriva minore resistenza all'insulta micidiale del tossico. « Improntitudine! » Richiamando le conclusioni della perizia Carrara, l'oratore afferma che Biancofiore ha avvelenato la moglie in un lento decorso. La quantità di tossico repertata, fu l'ultima ad essere propinata: costituì la mazzata ond'egli fini,,la. sua vittima. 1 sintomi conseguenti ' ali'ingestione dell'arsenico possohrf'e&sere scambiati per i sintomi di varie ma.attie. Ta.lora essi appaiono come i sintomi del colera asiatico. Ma quando si sono notati i sintomi e si è ritrovato il veleno, i dubbi scompaiono e la certezza si impone. Nessuno mai ha pensato all'ipotesi del suicidio L'ipotesi è fuori della realtà e neppure la difesa l'ha affacciata. Ma .a difesa ha ventilato invece l'ipotesi che immacolata Palmisano abbia ingerito il tossico per ringiovanire. E' un'assurdità: la povera mona non aveva il temperamento per fare delle cure di questo genere. Resta, in linea d'ipotesi, la cura delle acque di Levico, fatta a Castellaneta. Ma essa è sfatata dai trucco a cui ricorse l'imputato per far accreditare questa ipotesi. Egli si è giovato della divisa di ufficiale — la divisa per cui tutti abbiamo la più grande vene razione — allo scopo di ottenere un documento che era sostanzialmente falso Quel fatto è un elemento rivelatore: denota una consuetudine normale nei deliquenti: l'improntitudine. E riesce per questo rivelatore di tutta una situazione. E l'avv. Quaglia prosegue: — Ma io ho voluto porre una domanda: Nicola Biancofiore è capace di commettere un veneficio? Risponderò subito che se accanto ai risultali positivi e terribili della perizia tossicologica ci fosse stata la personalità di un galantuomo, io non avrei avuto l'animo di venire in quest'aula a sostenere l'accusa contro di lui ed a chiedere la sua condanna. Biancofiore non è un galantuomo. Eg' rappresenta un tipo che è agli antipodi del galantuomo. L'avv. Quaglia tratteggia la ptrsonaliià dell'imputato aitingendo gli spunti alla sua vita passata, quale è stata messa in luce al dibattimento. L'episodio dell'alterazione dei voti non è un episodio trascurabile. Biancofiore non alterò ì voti sulla pagella: li alterò sul registro interno dell'istituto e sul registro che doveva essere trasmesso al Ministero. La sua non fu una ragazzata: fu una macchinazione che rivela la sua cai ladita. Ma Biancofiore non e stato nemméno un buon soldato perchè ha dimostrato un'abituale trascuratezza nel suo servizio ed un'attitudine a far affermare cose false in suo favore Nel temperamento di Biancofiore si hanno evidenti le caratteristiche del cinismo Solo per cinismo egli può avere sposato urna donna che dava 1 apparenza di essere sua madre. « Espii il suo misfatto! » L'oratore ricorda la prima fase della convivenza dei coniugi Biancofiore; le scenate di Costellane!;! e la triste odissea di Immacolata Palmisano m Alto Adige. La moglie era per 1>'-"»C0" flòre un ingombro. Il 15 luglio 1023 le scriveva dal Trentino: «Non intendo cìie tu venga qui a far ridere ì miei colleglli ». Tuttavia queil uomo, che si era legato alla povera donna per la più brutale, volgare ragione specula; tiva, è giunto ad inscenare, dinanzi ai giurati, la commedia deH amore. Non gli si può creder^: egli ha sotterrato la povera signora Immacolata eotto il vituperio, l'infamia, l'insolenzà più sfacciata. E l'avv. Quaglia rievoca con espressioni di vibrata censura per l'imputato, l'atteggiamento tenuto da costui nei giorni della malattia della signora. Egli non voile che alcuna mano estranea somministrasse alla disgraziata le medicine. In seguito, quando le condizioni della signora apparivano migliorate ub'ii occhi del medico, egli somministrò all'ammalata quei cibi che dovevano provocare il tracollo: le diede da mangiare di merlano e le fece bere quattro bicchieri di barolo. Fu la mazzata finale per la poveretta. Già '.'indigestione di pochi giorni innanzi era una partì preordinata del programma che Biancoflore si proponeva. E quando la lionna mori, egLl andò fuori, andò a dormire all'albergo: neppure la più umana, la più santa delle veglie quella alla salma — egli volle fareDichiarò che si sentiva emozionato: Ei ma appena ebbe la consapevolezza del ritrovamento del testamento, ritornò tranquillo. Ed i! giorno del funerale non stfc'ui la bara; lasciò che del- cpvcocVdtaplol'dgnlocmppdhpsnpddladdnLlacdI crmrsdm•ivIbte•efmtibcsniqspiclctaglppvficmpvèqNrdapcmdnmrtpdiasucttspti se di Torino) ila. triste bisogna si occupassero eli al .tri. Neppure 1 fior', imnilò. Esli lascio jche i iiori fossero mandali e fossero pagati dagli altri. e E a o a n e o l i e . a o l o a l; e m 0" e o i si a ; i e. ta neno ae seiclo no iore a a ù e: a rel- L'avv. Quaglia, che ha trattpggiato con molla vivacità la figura dell'imputato e ne ha messo in risalto con vivida eloquenza il contegno, così conclude: « lo sono vernilo dinanzi a voi, o giurali, con questo carico: rivendicare la santa memoria della mona. Vedo in questo istante quella povera donna soia, abbandonala, che ha avuta una sola illusione nella vita e che per quella si è perduta. Ma sento nello stesso tempo che prima di essere l'uomo togato che parla ed accusa, io devo esesre cc-ilui che si erige e che giudica. Le vostre coscienze rispondano; la mia vi grida: Biancofiore vada lontano ed espii il suo misfatto. E' ora che lasci l'ironia del sin nome; assuma invece un numero incolore e, coperto da questo, compia In penitenza pel suo peccato. Forse, dall'alto, la donna che egli non ha mai amato, che ha martoriato e soppresso, ureghern per lui al di là della vostra giustizia! ». La difesa dell'avv. Bentini L'avv. Quaglia, che ha parlato con nobiltà d'eloquio, è vivamente complimentato. Alla ripresa pomeridiana dell'udienza si leva a parlare l'ultimo difensore: l'avv. Gemizio Bentini. Nella sua arringa è tutto contraddittorio di dettaglio: al l'atto, alla prova, alla deduzione avversaria, egli contrappone la prova il fatto, la deduzione sua. L oratore non tende soliamo a sgretolare un edificio, ma si propone dì cancellare dagli occhi dei giurati il quadro che è 6lalo tratteggiato loro dal I accusa. Esordiendo, egìi rende omag ciò al Presidente ed al p. G.; ai giurati fa un augurio: che Iddio li illumini. Quindi afferma che gli avversari hanno messo la loro intelligenza al servizio di un errore, ma un errore do assoluta buona fede. — C'è del veeno dentro i resti di un cadavere: mundi c'è un avvelenatore, c'è un de•jtto. Questo — afferma l'oratore — è il punto iniziale dell'errore. Tutte le volte che c'è veleno, non c'è delitto. II veleno può esserci senza che l'abbui messo la mano di un uomo. L oratore soggiunge che tutta la letteratura chimica e medico-legale mette •iì guardia contro il pericolo di questo errore. E ricorda che alcuni autori affermano nei loro trattati che l'accertamento del veleno può essere dimostrativo solo nel caso che il processo morboso dol presunto avvelenato sia stato corrispondente. I fenomeni morbosi riscontrati in Immacolata Palmisano non furono invece corrispondenti ni iquad.ro clinico dell'avvelenamento arsenicale Perciò l'oratore, a'la luce dei principi affermati dalla scienza, farà il processo alla perizia. Dimostrando che le sue critiche alla perizia tossicologica hanno fondamento, impedirà che a Torino, la più austera città d'Italia, si compia uno spaventoso errore giudiziario. Le conclusioni dei periti, prosegue l'oratore, non possono essere decisive perchè le indagini non sono state complete. Le vie attraverso cui un cadavere può assimilare il veleno sono infinite. NpITinvolucro di zinco che racchiudeva la spoglia di Immacolata Palmisano fu rinvenuto dell'arsenico. I periti han detto che l'arsenico fu trovato in questa quantità : gr. n.016 Ma è stata pesata la cassa per sapere quanto essa ne contenesse in totale? No. E così pure non si pesò il cadavere; non si prelevò neppure una goccia del siero e della massa liquida, entro a cui il cadavere galleggiava, non si prelevò un camp'one dell'alcool entro cui 1 reperti cadaverici furono posti. La critica delle perizie L'oratore sostiene che i resti di Immacolata Palmisano furono a contatto di impurità. Gli stessi periti riferiscono da aver rilevato alle reazioni chimiche due fiammate: quela caratteristica dell'arsenico e quella provocata dal rame In questa ammissione dei periti è la prova che le spoglie mortali della Palmisano furono a coniano di impurità, di qualche cosa che le ha alterate nel loro processo di decomposizione. I spdici centigrammi di arsenico clie si dicono ritrovati, non sono una realtà. Rappresentano soltanto un calcolo Ma il calcolo dei periti è esatto? I! tramite aritmetico per cui l'hanno ottenuto, è vero? L'avv Bernini lamenta che per non ritardare di un anno la fine dell'istruttoria li periti .avevano richiesto questo periodo di tempo per eseguire altri esami) non sia stata fatta un'indagine più accurata, più rigorosa, più intonata ai principi della scienza. E l'oratore prosegue affermando che non fu il veleno a determinare i fenomeni morbosi nell'ammalata, ma l'indigestione provocala dai frutti di mare. E' la stessa defunta che ha detto ciò. Ricorrendo al medico essa lo ha affermato spontaneamente. E questa c la verità della causa. E' lei che decide la causa, che ci protegge: di sottoterra ci tende la mano per impedire l'errore. Quesia è la vera eredità lasciataci da quella povera donna: non il suo danaro. Non l'avessimo mai toccato il suo danaro. Noi siamo qui per quel danaro! esclama l'oratore. Al quadro che è stato fatto dell'imputato per parie degli accusatori, l'avvocato Bentini contrappone un altro quadro sostenendo che gli elementi assunti come mezzi di prova contro il Biancofiore non rappresentano nulla di concreto Ogni delitto ha la sua scena, dice l'oratóre con vivezza di imagini: la rapina, la strada, la none che incombe; la rissa, l'osteria, il vino e il sangue che si mescolano; i) venefìcio non presenta che la vittima e l'assassino; attorno il vuoto. Biancofiore, l'avvelenatore, ha richiamato invece attorno a sè ed alla sua vittima l'attenzione di tutti. La perizia non basta, quello che essa offre è insufficiente; dietro la perizia c'è l'uomo. Si ha da giudicare l'uomo. Si è mai cercato dove Biancofiore si sia procurato il veleno? E se non gli si è irovato nelle sue mani il velano, si e badato alla causale del preteso delitto? Il patrono afferma che Biancofiore aveva interesse a che la moglie vivesse, e conclude: - Si è detto che egii è un cinico perchè non piange. Fa bene a non piangere. Glie l'ho dello io- Se piange ine ne vado. Non piangono i soldati. Guardi invece 1 suogiudici e non tremi. Quando fu in guerra e rimase ferito si rifiutò di abbandonare il suo posto. Sia come a Castagnevizza ; qui come sul campoMa quando è fuori di qui, Biancofiore p;angc: piange lacrime che non sono mendaci. Lo sappiamo noi che lo troviamo grondante di pianto. Con impeto lirico, l'oratore termina dicendo di affidare ai giurati la vita di Nicola Biancofiore : — Egli ha difeso i suoi frateili e per essi ha spai so il suo sangue: trattatelo da trs fello! ». Concause e attenuanti attorno all'oo. Bernini si affollangli avvocati che sono nell'aula, conin'intentandolo. Tosto l'aula è fattasgombrare ed i giurati procedono alleoperazioni del verdetto. L'attesa sopera.... protrae per poco pai di inezz oraOliando vengono riaperte le pone l'imputato è già nella gabbia. Egli concieo eia il verdetto dèi t'iurati che òaffermativo, lì' pallidissimo, uccatcia o. Ripete a" mezza voce, con strazio: « Sono innocente ». Ai carabinieri che gli dicono di alzarsi, risponde, sgomento: u Mi lascino un momento». E poi, incessantemente: «Sono innocene, innocente... ». Il cancelliere cav. Vittonatto dà lettura del verdetto. I giurati hanno risposto affermativamente ai quesiti dela colpevolezza e della premeditazione. Hanno affermato però che la morte riolla vittima non sarehhe avvenuta fenza il concorso di condizioni prees-1tenti, ignote al Biancofiore. All'imputato hanno accordato infine, con questa diminuente, le circostanze attenuanti. La diminuente delle concause riduce la pena (che per l'omicidio premeditato è dell'ergastolo) a un minimo di 22 anni di reclusione; le attenuanti portano ad una ulteriore riduzione di un sesto. Tra uri religioso silenzio si alza il P. G. Egli richiede che Nicola. Biancofiore sia condannato a 20 anni di reclusione. L'imputato 6 ricondotto in camera di sicurezza ed il presidente si ritira prr la sentenza. Sono quasi e 10 quando il presidente comi». Bobba rienira e dà lettura, d-ftl documento: Nicola Biancofiore è. condannato a -a anni di reclusione, all'interdizione prrpelua e ai danni da liquidarsi in separata sede. Poiché il delitto risaloal 1924, in virtù del decreto d'indulto' del luglio 1025 gli sono condonati due anni di reclusione. Nicola Biancofiore non si regge in piedi : lo sorreggono a Stento i carabinieri. Ha nelle inani la fotografia del suo bambino, e la bacia convulsamente, ripetendo con un fil d voce: So it

Luoghi citati: Alto Adige, Carrara, Castagnevizza, Castellaneta, Italia, Torino, Trentino