Danze, balli e canzoni

Danze, balli e canzoni Danze, balli e canzoni Ammiratore ferverne dell'estetica dal mov'imento io odio il ballo: ma il ballo d'oggi negazione di estetica e prostituzione d'arto. Vado, quando capita, ■nelle stile da ballo ma non mi par l'ora di uscire di prendere aria e di rivedere le stelle. Se mi capita, invece, come ini e capitato, di sostare nella piazza di un paese toscano, dove, a rappresentazionti ultimata, gli attori del bruscello fanno la ruota, allora, non solo mi riconcilio col ballo ma vedo, quasi, sfilarmi come in un caleidoscopio i balli del popolo nostro. Varia la folla: e i ballerini, di ogni età e di ogni sesso, io li vedo agitarsi, muoversi, gridare, cantare, accompagnali ora da un organetto, ora da un mantioe, ora da mi violincello, ora da un violino. E fra la luce e il sole, luco e sole che non penetreranno mai nelle cantine modernizzate, si seguono gli accordi simultanei o arpeggiane, infiorati di sospiri, di singhiozzi e di aliti. E' un propiziarsi la natura: e quando i selvaggi intrecciavano le loro danze attorno agli alberi, — anche nella piazza del paese dove si rappresentava il bruscello c'era un alberello — non era precisamente alla natura che si rivolgevano'/ Fede di nascita!. L'abitudine della danza si confonde con quella dell'uomo. La danza è un bisogno, un istinto, una necessità. E' nata col canto e come il canto, sia pure, forse, un giorno dopo. Eppure da noi, un pensoso spirito si ribellò a questa opinione. Fu Michelangelo Carmen, il quale mei 1750 pubblica a Padova la sua Storia di vari costumi sacri e prò funi degli antichi, fino a noi pervenuti. Qui, egli fa derivare la danza, e colla danza il ballo, dalla festa, fatta al Signore in memoria del diluvio universale. Veniva celebrala questa festa col dolore e col pianto e doveva essa rammentare agli uomini quel primo felice slato che godevano dinanzi al diluvio. Si chiudeva, quindi, con giubilo e con allegria per ringraziare il Signore, cui piacque di riparare novellamente il genere umano dopo lo sterminio. Nel giubilo e nell'allegria, il ballo: tripudio semplice ed innocente, perchè indirizzato al culto del vero Dio. Senonchè appena il popolo alla parola bakà colla quale si chiamava la festa dette un significaloe baka divenne Bacco, l'idolatria s'eragià, infiltrata nel rito. La festa del diluvio fu, così, la festa di Bacco: e il vestirsi, in quella festa, con pelli di fiere por poi mascherarsi il volto dette origini alle maschere, le quali, sotto un cerio aspetto, hanno la stessa origine del ballo. La conclusione del Carmeli, per il quale tulli gli usi e i costumi si riattaccano agli Egiziani, è ingegnosa ma costituisce, direi, un motivo di varietà: e solo un motivo di varietà. Certificato di cittadinanza Se l'origine della danza si confonde coll'origine dell'uomo possiamo noi seguire un itinerario e vedere come, da noi, la danza si diffuse e si propagò? Certamente no- ma di esso noi intravediamo le ombre e le luci. Le testimonianzo non mancano, perchè agli accenni dei diaristi si unisce il ricordo dei letterati e alle proteste del moraleggianti s'aggiungono i trattati dei maestri di ballo. E' una matassa. Dove, però, par quasi che si muova un ragno, il quale lessa i fili tutti e li leghi e li ricomponga per sparpagliarli di nuovo. Ricordate le rondo, descritte da Omero, rievocate da Virgilio, condannate da Sant'Agostino? E, oggi come oggiqual'è la danza più dillusa e, direipiù familiare, attraverso la quale noi vediamo il passato legarsi ineluttabilmente al presente? E1 la ruota: il bollo tondo. Ho ricordato, poco fa, la ruota del bruscello: e proprio di questi tempi, in Sardegna, o per meglio dire in alcuni paesi della Sardegna, comeper esempio, ad Ollolai, i ballerini si dispongono a catena, formano un largo cerchio, attorno il coro, e cominciano, poi, con dei movimenti o con dei passi lenti a ondeggiare, seguendo il ritmo delle note che, lente e rapidesegnano gli stessi ondeggiamenti, i quali a ogni tre battute vengono interrotti da un salto collettivo in alto. La danza dei ballerini sardi è, oggila più diffusa fra il popolo. Il qualeda regione a regione, ha pure ballt e balletti suoi, a centinaia. Di questicomunque, la metà non sono che dederivati della ruota o del ballo a tondo, quando addirittura non ne sono una copia, come la ridda, il riddanela carola, la tresca, la renda e il rigoletto. Cambiano i nomi : ma lo spirito animatore rimane identico. Venite, o donzeUa... Danza di carattere collettivo, la ruota era, anticamente, formata da una catena di uomini e di donne che sapriva, 6i chiudeva e si muoveva asuon di una voce o al suon di uno strumento. S'apriva con un appello rivolto alila beliti e la danza che si legge fra le rime mantovane: Venite, donzella amorosa Madonna, venite alla danza è un invito gentile, rivolto a fior di labbra dal baMorin:> cortese. Al qualenei 1581, Patrizio Carosio dedicava ben due tomi « nel primo dei quali si dimostra la diversità dei nomi che si danno agli atti et movimento, che intervengano nei- balli et con- molte regole si dichiara con quale creanza et In che modo debbono farsi » mentre nel secondo « si insegnano diverse sorti di balli e di balletti sì all'uso d'Italia come a quello ili Francia e di Spagna ». ... Simbolo della ruota: la gioia e lamore. I vecchi, infilili, eran sempre messi da canto. Identico, poi, e in Francia e in Italia, il modo di ballare nella ruota, sebbene la canzone a ballo si svolse nei due paesi con caratteri particolari. Composizione brevissima, in Francia: e in Italia, invece, forma lirica di maggiore sviluppo e di maggiore respiro. Suon di voci Nel siri) primo svolgersi la danza è legala a una canzone che l'accompagna, l'armonizza o, addirittura, la crea. I balli, ricordali dai diaristi o dagli scrittori, prendono, quasi tutti, il nome di una canzone. Andrea Calmo, il quale nelle su>j lettere ci fa sfilare una ridda di balli, accanto al paso e mezo, al saltarello e alla pavana ricorda la roslna, la lantelora e il torela suo viUan, balli questi ultimi che trovano il loro riscorjitiro nella canzone e dei quali espose la teoria Guglielmo da Pesaro nel Trattato dell'arte del ballo, edito a Bologna nel 1773. Le canzoncine accompagnavano, così, i passi, gli imohiiui, le piroette: e se oggi di ben poche ci si è conservato il testo rivivono molte, trasformate nei giuochi e nei canti fanciulleschi. Vasto, è, invece, il repertorio conservatoci dalla Toscana, dove la canzone a ballo nacque insieme agli stessi usi della città per ilDegiadirire gli sposalizi o le onoranze ma, sopratutto, le feste di Maggio o di San Giovanni Create nelle corti, passavano, poi, queste canzoni fra 11 popolo, che le modificava e le faceva sue. Anche il popolo aveva le sue feste: e colle feste, canti e balli. Celeberrimo, e uno valga per tutti, quello che, se condo la testimonianza del Boccaccio, sapeva così ben ballare la Belcolore di Varlungo e che accompagnavasi solo a parole. L'acqua corre... S'apriva, con questi due versi: L'acqua corra alla borrona E l'uva già vermiglia. Nel 1552 un ignoto studioso lo sentì cantare a Rovezzano e nel margini del Decarnerone lasciò una descrizione particolareggioia, dove, fra l'altro, è detto elle « cantasi in bailo tondo, dove sono egtial numero di uomini et di donne, disposte un uomo et una donna ». Dopo il suon delle prime parole, il solista si muove e va dalla donna che gli è a destra, la prende per la mano sinistra e la toglie dal suo posto: L'amor mio mi vuol gran bene E datemi questa figlia fa, quindi, altrettanto con le altro donne clic pone in fila, © sempre alla sua sinistra, In modo che le donne si irovano da una banda e gli uo mini dall'altra: Questo ballo, non Isti ber» E io ben lo veggio E tu, N'.... compagno mio Vanne allato al tuo desio E quivi sta fermo. Prende per la mano de6tra un de gli uomini, gli fa • dare una volta » e lo lascia andare, perchè si ponga tra due donne. E cosi tante volte quanti sono gli uomini. Nella mimica del ballo il De Bartholomaeis ha intravisto il ratto e la re stituzionc della donna: ed è in questa mimica, la quale cambia col cambiar del bailo, che noi, intanto, dobbiamo vedere il legame intimo che unisce il canto colla danza e che è di una chiarezza lampante non solo nei dialoghi ma anche nei monologhi ballabili. La voce ritma il passo: ma al passo dà vita il movimento stesso. Cresciuto il repertorio, nel centro della ruota fu piazzata la roalmaritaia o la malmonacata, indifftrcnteinente. E so l'azione materializza la frase ecco poro, che la licenziosità dilaga a tal punto da far gridare a Domenico Cavalca che « così come nella ruota materiale si arruolano e forbono, nel giro del ballo, le donne, si arrotano por meglio ferire 1 cuori » ed « eWe singolarmente peccano e fanno peccare, cioè, coi piedi e colle moni, ballando, colla lingua cantando, con gli occhi vagheggiando, con gli orecchi canti vari udendo... •. Anche il Cavalca, nella sua violenta .imprecazione, unifica il suon della voce col ballo dei piedi. La voce fu, infiliti, il primo strumento che accompagno la danza. I.o strumento è una derivazione della voce umana e le danze strumentali, appunto per questo, forse, conservano nella loro struttura .1 caratteri delle canzoni a ballo quali esse furono e quali esse sono, perchè, ancor oggi, fra il popolo, non son pochi quei canti, nei quali la melodia del testo poetico, arricchita dai vari la - la - la o dei vari tra - la - la, crea alla danza un'eloquenza che è fatta di amori e di passioni, di semplicità e di grazia, di pianto e di singhiozzo. Stile aie, la sera, per il fresco, e, nelle piazze, durante il carnevale, ballano i ballerini, e fra loro par che balli la vita stessa, proiettata in una atmosfera di sogno, nella quale non si sa dove finisce il dolore e dove comincia la gioia. Venite, donzella amorosa... npdrvctsmctmtljlps«MsnGiuseppe Cocchiara.

Persone citate: Andrea Calmo, Bacco, Carmeli, Michelangelo Carmen, Patrizio Carosio