Come finì la drammatica vicendadelle due suore prigioniere del Madhi di Arnaldo Cipolla

Come finì la drammatica vicendadelle due suore prigioniere del Madhi Attraverso il Continente nero Come finì la drammatica vicendadelle due suore prigioniere del Madhi (Dal nostro inviato) 1 clnquant'anni di Sudan delle dui? ottuagenarie Suore veronesi — Suor Bettina e Suor Caterina — e 1 dolori e le vergogno di dieci anni di prigionia nelle mani del madhi feroce e la fuga avventurosa, drammatica, sono state raccontate dal nostro Cipolla (■ Stampa » del 39 corr.l. Ecco ora la fine di quel racconto clic 11 nostro Inviato nel Continente Nero ha raccolto dalle labbra stesse delle due eroine. KHARTUM, dicembre. — fi 29 novembre 18M — continua Suor Beffino — tale a dire set anni e mezzo prima della vittoria di Kitchener ad Ondurman, noi, cioè Suor Caterina, Padre Oswalder « io, lasciavamo inosservati il cuore del dominio madhista, sui nostri tre dromedari corridori, con la pìccola Adilla, accompaonatl da un solo cammelliere egiziano. Il Madhi era morto di tifo poco dopo la conQvista di Khartum e oli era. succeduto il Kalifa Abdullahi feroce e senza molto prestigio mi madhisti. .Se il Madhi non si (osse spento così giovane è probabile che il fanatismo madhUla avrebbe dilagato dal Sudan in tutta l'Africa Sahariana e del Nord, ma Ab dullahi era ben lontano dal possedere la scaltrezza del falso profeta: infatti dopo gualche anno la sua popolarità nelle masse negre islamizzate era diventala scarsissima. Abdullahi mori da fellone, fuggendo, un anno e due mesi dopo la riconquista di Kitchener, che trovò i madhisti mollo meno disposti a morire per il secondo Madhi, di Quello che era avvenuto con. il primo. € Due o tre pallottole ci fischiarono attorno » In ogni modo se quando fuggimmo da Ondurman ci avessero ripreso, Abdullahi non ci avrebbe risparmiato la vita e quindi fuggivamo letteralmente, disperatamente, con la maggiore velocità. Riuscimmo così a percorrere in. 9 giorni una strada che d'ordinarlo si faceva in un mese., ad attraversare il Nilo non lungi da Berber, sinché più morti che vivi per la fatica, ai pozzi di Murad, lontani due giorni di cammino da Korosko, scorgemmo un gruppo di Soldati egiziani che s'eran disposti in linea, pronti a farci fuoco addosso. Venivamo infatti dal territorio nemico, dal Paese del Madhi, che egli e il suo successore avevano conquistato ai turco-egiziani. Ricordo che non ci era rimas'a neppure la forza di alzare le braccia per far dei segnali; i tre cammelli erano esausti e temevamo che si abbattessero da un momento all'altro sulla sabbia, morti di fatica, uccisi dallo sforzo che avevan compiuto. Il cammelliere era rimasto indietro. Padre Giuseppe, anche lui, era più morto che vivo. Adilla ch'io tenevo sulla sella dinanzi a me, bruciava di febbre... Due o tre proiettili ci fischiarono attorno. Era il primo saluto che il mondo civile inviava ai poveri missionari riusciti a raggiungerlo venendo dalla più fosca barbarle. Ma eravamo sicuri di arrivare a salvamento... — E perchè sicuri? — Ci proteggeva l'Immacolata di cui avevamo fatto la novena in viaggio e difalti arrivammo ai pozzi di Murad Z'8 dicembre, proprio.il giorno dell'Immacolata Concezione, essendo partiti, come le dissi, il 29 novembre... I soldati egiziani finalmente compresero che eravamo dei bianchi, degli scampali dal Madhi e quando ci videro da vicino ci accolsero con salve di gioia. Ma noi c'eravamo accasciati sulla sabbia, massacrali dalla corsa e per due giorni non seppimo muoverci, che il più piccolo movimento ci taceva gettare grida di spasimo per Ve piaghe di cui eravamo coperti. Ma che cos'erano le nostre sofferenze in confronto di quelle che con l'aiuto di Dio avevamo superate, quelle che ancora pativano i nostri compagni rimasti in prigionia, la suora Grigolinl che Padre Giuseppe aveva salutato per lui e per noi baciandole la mano? Noi pensavamo che cosa doveva aver provalo la nostra sorella al pensiero di rimanere sola ad Ondurman. maitre le nostre probabilità di salvezza erano ben poche!... Il giorno di Santa Lucia arrivammo a Korosko... « Se vedovai! teste girar piovendo sangue » — Mi dica, suora, quale è stala la ferocia madhista più impressionante di cui si rammenti e sia stata testimone?... n di orruri più spaventosi accadde¬ rsbrdcteleqdzoerdMKzvccvqsatlcmmptvqnqcdatdammumnilnngnvccetatbdguriSEVsinsstrcpbsdaedsdsrtsgnmlqnp ro a El Obeid, ma specialmente sulla strada ria El Obeid a Ondurman. Abbiamo veduto seppellir vivo un povero francese. Le leste infìsse sulle lande portate intorno a El Obeid eran cose di tutti i giorni (« Se vedevan ste teste girar piovendo sangue • dice letleralmente la suora). Arrivavano in quel luogo, che fu il primo centro madhista, uomini e uomini sin da distanze di quattro mesi di cammino e ad ogni arrivo importante i Kalifa, per eccitare il fanatismo, facevano scorrere nuovo sangue. Tutti i musulmani d'Africa aiutavano in qualche modo il Madhi e del resto anche la caduta di Khartum è avvenuta più per le defezioni che per t mezzi di evi disponevano i madhisti l quali « avevano del cannoni del '48». Lei può vedere ancora quel cannoni nel giardino del Governatore. — Ma loro erano già ad Ondurman quando Khartum resisteva ancora? — Certamente — dice Suor Caterina sostituendo Suor Bettina nel discorso al quale, convien ch'io lo ripeta, non tolgo e non aggiungo nulla, polche la lucidezza di mente, l'intelligenza e le conoscenze delle due vecchie suore ri maste mezzo secolo quasi ininterrottamente al Sudan, sono qualche cosa di prodigioso — noi abbiamo veduto lutto, vivendo come vivevamo alla diavola, sbattute di qua e di là e anche quando le cannoniere di Gordon ven nero fatte arenare sulle rive dagli equipaggl egiziani allorché essi si accorsero che la piazza era perduta. — E tutti questi madhisti venivano dal Darfur? — Per la massima parte si. Del resto al Darfur è rimasto sino al 1916 il Svitano Ali Dinar che cercava anche lui di fare il Madhi, sinché gli inglesi gli arrivarono addosso con i loro soldati montati sugli asini, sul reslslentissimi asinelli sudanesi, circondandolo e uccidendolo. I migliori sono « quelli che vanno nudi » — E mi dicano: loro che son qui da mezzo secolo, come giudicano i sudanesi? — .Se parla dei baggara e degli islamizzati in. generale sono razze^delle quali non c'è molto da fidarsi. Hanno sempre la menzogna sulla bocca c nel cuore l'odio per il bianco. I migliori sono « quelli che vanno nudi » nel Sudan meridionale. Infatti il governo cerca di attirarli nel nord perchè si dedichino alle piantagioni di cotone. — Vorrebbero essere tanto buone da esprimermi un loro desiderio ch'io potessi aiutarle a realizzare? Dopo dieci anni di prigionia madhista e cinquanta di apostolato nel Sudan ne avrebbero ben diritto!... — Ma che cosa dice? Tutti i nostri desideri sono stati esauditi dalla Vergine e anche quello di poter rivedere un'ultima volta le nostre madri durante il nostro unico e breve ritorno in Italia... Queste sono stale le ultime parole di Suor Caterina e Suor Bettina a me. Esse, con il permesso di Monsignor Vicario, si sono ritirate sorridenti e serene com'erano arrivate e lasciando in tutti noi una profonda commozione. Monsignor Silvestri non ha sciolto subito l'adunanza che aveva avuto l'estrema cortesia d'indire perchè lo potessi ascoltare quello che le due venerabili religiose non dissero mai ad alcuno, ad alcuno, intendo, che le loro parole avesse facoltà di ripetere pubblicamente. Monsignor Silvestri stesso mi ha osservato: i — E' la prima volta che sento molte delle cose che esse hanno raccontalo a lei! Perchè non siano dimenticate Data quindi la « notarti . di questo evento tanto straordinario e lontano, data pure l'insuperabile prova di eroismo per l'idealità della loro fede e della nostra ch'esse offrirono attraverso un zosì lungo tormento fisico e morale, dato che Suor Bettina e Suor Caterina, italiane, hanno insegnato e insegnano ancora da mezzo secolo a migliaia e migliaia di fanciulli arabi la nostra lingua {nel territorio sudanese musulmano ogni propaganda evangelica e proibita: le Missioni Cattoliche quindi, nel Sudan islamico, assolvono un- compito unicamente educativo per. mezzo, di scuole dove s'insegna cnnd i con l'inglese e l'arabo anche Vitaliano) mi permeilo di additare al Governo Nazionale le due vecchie « Pie Madri di Kigrizia » di Khartum uniche superstiti rìi un'epoca di leggenda. L'n. riconoscimento qualunque verso queste dimenticale, gìieslc. taciturne, queste pioniere, queste missionarie che la vecchiaia nobilita sino alla santità, sarebbe un ben nobile atto, un atto veramente fascista! Si compirebbe quel giusto atto di gratitudine nazionale verso le nostre Missioni qui, apprezzatissime dal governo inglese, considerate come l'elemento fondamentale dell'elevazione degli indigeni, specialmente nel vastissimo territorio non islamizzato del .Sud, doi'e l'evangelizzazione cattolica compie la sua opera diuturna ea efficacissima. Infatti se il Vicariato Apostolico di Kliarlum funziona come centro d'irradiazione dei missionari, quelli di Wau e di Rejaf, pure in territorio sudanese, hanno tutti ì. compiti della più ardua ed eroica evangelizzazione, sovraintendendo a uni fotta di misHoni dislocate nei luoghi più inospitali e malani del Bar-cl-Ghazal, del Sobal e delta Mongalla. Italiani di 2000 anni fa e di oggi Suor Bettina e Suor Caterina, benché si considerino come fuori della vita sono ancor vive e qualcuno è riuscito ad intendere la loro voce, ma i morti che non possono più parlare, i grandi italiani morti per la civiltà nel Sudan chi-li ricorderà? Constatando nel cordiale colloquio che ho avuto in questi giorni con Sir John Maffey, Governatore Generale d?l Sudan, cogliendo la sua ammirazione per l'assetto della nostra vicina. Colonia Eritrea ch'egli visitò recentemente, mi sono azzardalo a ricordargli la dolorosa sorpresa di non aver veduto una strada almeno di Khartum intitolata a Romolo Gessi, il quale dopo Gordon fu il più luminoso eroe europeo nella lotta contro il madhismo, senza contare i suoi straordinari meriti come esploratore. Sua Eccellenza ha ammesso ch'era una cosa alla quale bisogno, pensare ». Bisogna incora/giare nìi eventuali pensieri di questa specie in questo « mare di cotone - che va diventando il Sudan, biiogna conservare quello che da parte nostra è conservabile del patrimonio morale i/aliano al Sudan, dove un tempo la lingua franca era l'italiano e dove, al solito, i primi europei ad arrivarvi furono italiani, cominciando dai legionari romani che 2000 anni fa andavano a farsi punzecchiare e siigqerc le gambe nude dalle zanzare malariche del Lago No, laggiù sul. Nilo, sotto i monti Nuba [il Lago No fu il punto più meridionale dell'Africa raggiunti dai Romani) e finendo agli italiani degli albori dell'epoca moderna che accompagnarono Mohamed Ali nella sua conquista del Sudan. Arnaldo Cipolla. !|.Ii