La via dell'Aussa

La via dell'Aussa La via dell'Aussa Il ricordo di Giulietti e Bianchi te B( La stampa italiana si è occupala della concessione l'atta dall'Italia all'Abissinia, di una zona franca ad Assab e del progetto per una strada camionabile da Assab a Desslò. La convenienza di questa strada, desiderata dal Negus Tatari comò uno sbocco sul mare, del pari che dal nostro Governo per gli scambi fra i nostri prodotti e quelli etiopici, è stata chiaramente dimostrala da un competente e valoroso nostro' ufficiale, il generale. Pantano, in un' suo recente articolo sulla Tribuna nel quale è inoltre ricordato che la via dell'Aussa fu già percorsa dai tenenti Giannini e Mulazzani, dall'ingegnere Lega, dal lineili e da altri e fii patrocinata dal generale medico Annaratone, con una completa visione della sua portata politica e commerciale. Il suo totale percorso non oltrepassava i 550 Km. e sarà quindi inferiore di circa 250 Km. alla ferrovia di Gibufi. K?so si svolgerà partendo da Assab per un primo trailo in territorio italiano fino ad Eia, poi, varcato il confine dankalo entrerà in Abissinia proseguendo per Mauda e per la valle dell'Tmminu fino a Cusrat, da dove raggiungerà Bat.iè. centro carovaniero assai importante e dopo un ultimo tratto di 80 Krn. arriverà a Dessiè. Dessiiè ha una quota aliimetrica 'di 2500 metri ed e posta sulla strada che. scende da Adua per Makallè-Ucciaili - Borumieda - Ankoher ad Addis Abeba, cioè sulla grande arteria che percorre da nord a sud la parte migliore dell'Etiopia. Indipendentemente da ogni altra 'considerazione di carattere tecnico ed economico, già apparsa in diversi periodici, è doveroso ricordare che l'idea di ragciungere il cuore doU'Abissinia per le vie dì Assab o di Beilul, fu il primo sogno dei nostri pionieri africani e che questo precetto, concepito E0 anni fa dal Giulietti e dal Bianchi, caduti entrambi vittime del loro ardimento, ha trovato finalmente noi Governo fascista e nei suoi rapporti di amicizia col Governo Etiopico il suo compimento. Cosicché gli ultimi resti di un dissidio che pareva insanabile 'dopo Adua, fra Roma e Addis Abeba, scompaiono per sempre in un (duplice ssffno tangibile, della concessione della zona franca e della via libera di romunicazione fra l'interno ed il mare. Alla memoria detrli Italiani che fu fin qui un poco labile in materia coloniale, può pertanto essere 'utile rammentare alcune date e alcuni nomi che meritano di non essere dimenticati. Verso la metà d'aprile del 1881 una piccolo spedizione partiva dalla baia d'Assah e si dirigeva lungo la costa a Beilul, per accingersi di là a penetrare in Abissinia, allo scopo di fissare una via diretta e permanente per le comunicazioni fra il pìccolo stabilimento nel Mar Rosso e un centro importante dell'impero ^tiopiccv. Unii Questa spedizione era guidata dal nostro vice-commissario civile Giuseppe Giulietti, di Casteggio, e di essa facevano parte il s.-tenente di vascello Biglieri, i marinai Todaro, Buono, Mura, Foti, Stagnaro, Catanzaro, Zuccone, Garasslno, Riccio e il caporale Giardino, tutti della R. corvetta ce Fieramosca », che al comando del capitano di fregata Galeazzo Frigerio aveva sostituito nelle acque di Assab la R. nave « Esploratore » col comandante De Amezaga. Ai predetti marinai si erano aggiunti l'operaio Sellaio, il volontario Rizzo, l'interprete sudanese Sald e un abissino che doveva servire da guida. Il Giulietti era già stato ad Assab nel 1878, sull'avviso « Rapido », insieme agli esploratori Doria, Beccari e Sapeto; aveva assistito al contratto fatto dal Sapeto per conto della Compagnia Rubattino col fedele Sultano di Raheila ed aveva compiuto, nel marzo 1880 in unione al guardiamarina Colomjbo, altTe due escursioni nell'interno per un raggio di circa 60 km. da Assab. Infine, in una terza esplorazione da Buia, aveva riconosciuto la topografia dei monte Musali!. Il possedimento di Assab misurava allora 36 km. di costa e si estendeva per un hinterland di 630 kmq. Era ancora una modesta stazione di approdo e rifornimento che il Sapeto, con 12 anni di faticoso lavoro, aveva assicurato alla Rubattino, e benché il ministro Caìroli vi avesse Instaurato un Commissariato civile, non doveva essere riscattato dallo Stato che alcuni mesi dopo, cioè il 5 luglio 1882. La carovana di Giulietti e dei suoi valorosi compagni, lasciando Beilul alla metà di maggio, si era intanto inoltrata al di là dell'attuale confine Dankalo ed era penetrata nel paese di Borrù, con obiettivo primo, il rag giungimento del fiume Golima, se guendo il quale sarebbe stato più agevole avanzare verso l'interno. Ma giunta al fiume stesso, in località non bene precisata, dopo 7 o 8 giornate di marcia, il 25 maggio, veniva attaccata da una tribù indigena e completamente distrutta. Si disse per la vendetta della guida, punita per aver smarrito un cammello, ma più probabilmente, come ebbe a scrivere il Nerazzini che conosceva meglio d'ogni altro le condizioni del paese, per la sua lunga residenza in Etiopia, la causa dell'eccidio si dovette a mancanza di precedenti ae cordi coi capi indigeni e quindi ad una imboscata, tesa e premeditata da un figlio del Sultano di Borrù La notizia giunse in Italia solamente il 12 giugno e trovò il Governo impreparato ad agire, perchè nonostante le insistenze del commissario Bianchi e del comandante Frigerio, affinchè si affidasse a S. A. R. il Principe Tommaso che si trovava nel Mar Rosso con la Vettor Pisani 11 compito di procedere ad una im mediata lezione.punitiva, l'on. Man cini, ministro degli Esteri, mise la pregiudiziale di una possibile sovranità egiziana su quella costa e non trovò di meglio che incaricare di una inchiesta il Governo egiziano. Questo era proprio il meno adatto per siffatto incarico, giacché nessuna occasione migliore gli si poteva presentare per abbassare di fronte agli indigeni il prestigio italiano. Es60 indagò infatti in modo tale che lo stesso Mancini, riferendone alla Camera, ebbe a dire che avrebbe pre¬ glTcbtdsiszpgmps i d ' ' a a i a ferito un rifiuto piuttosto che un'inchiesta così illusoria. I caduti in quello scontro non ebbero, in suffragio del loro sacrificio, che l'onore postumo di una modesta epigrafe commemorativa in Assab. II doloroso incidente valse tuttavia di norma al nostro residente, conte Antonella, per riprendere due anni dopo il progetto della strada da Assab all'Etiopia, ma vi giunse attraverso un accordo col Negus Giovanni e con Mohamed Anfani, Sultano dell'Aussa. Perciò, quando, nel 1881, fu inviata in Abissinia una missione guidata da Gustavo Bianchi, col Salimbeni, 11 Diana e il Monari, questa fu ricevuta dal Negus a Debra Tabor, ebbe l'appoggio necessario, in compenso del quale fu stabilito un atto di garanzia e di protezione da parte nostra per qualunque aggressione nemica fosse giunta dal mare. E' noto purtroppo come il Salimbeni restasse presso Re Giovanni per costruirgli un ponte sul fiume Abai e.come il resto della spedizione partito da Makallé per Seket, allo scopo di studiare l'itinerario della futura strada, giungesse il 7 ottobre, dopo lunghi stenti nei pressi di Buluse, in territorio di Doya e quivi fosse aggredito da alcuni predoni i quali si impadronivano della carovana e massacravano i componenti della spedizione stessa. Ricordando oggi questi due episodi e il loro epilogo infausto, non si può a meno di inviare un tributo di riconoscenza alla memoria di quei gloriosi caduti, che nell'intuizione di affrettare ed affermare le nostre comunicazioni coll'interno, furono i precursori dell'impresa che dopo nbo, a b. a e ni sani lu e aea quasi 10 lustri ci è dato finalmente di compiere. E tanto maggiore risulta il merito di essi, in quanto che a quell'epoca noi non avevamo ancora occupato Massaua, e la ferrovia di Gibuti, iniziatasi soltanio nel 1891, era ancora ben lontana da essere progettata. Una strada che fosse stata allora costruita da Assab o da Beilul, direttamente alla regione del Lago Asoianghi, avrebbe avuto forse chissà, quali beneficila influenze su tulti gli avvenimenti politici e militari che si svolsero più tardi nella nostra Colonia Eritrea. Cesare Cesari.