La chiesa degli inglesi

La chiesa degli inglesi La chiesa degli inglesi ROMA, gennaio. |nUna volta la settimana, quella via;pdel Babtiino che nell'eleganza un po'!lamagra dei suoi palazzi conserva ancora la compostezza neoclassica datale un secolo fa dal Valadier, prende un aspetto britannico e diventa una strada di antiquate mode anglosassoni, corrette e per bene come se si ritornasse ai giorni di Sua Graziosa Maestà, la Regina Vittoria. « Quality Street ». Lungo i suoi marciapiedi, non eccessivamente spaziosi, si vtg gono signore vestite di seta nera, coi buccoli agentei spioventi dal cappellino scuro, e gentiluomo in cilindro e soprabito, rigidi compassati e compre si della funzione che stanno per esercitare. Funzione religiosa e — satto un certo punto di vista — sociale. Perchè per un inglese che si rispetti il « servico » domeiucale è una questione di buona educazione. Si può magari non credere, ma bisogna andare in chiesa la domenica mattina per quel rispetto alle convenienze stabilite che forma la base dell'educazione anglosassone. E in via del Babuiiio è appunto la chiesa anglicana, la « High cliurch», quella cioè che serve alle persone di riguado e che rappresenta una delle pietre fondamentali della società britannica. La chiesa è un bell'editi ciò di mattoni rossi con costole di travertino; stile gotico-sassone, immaginato e disegnato dall'architetto Street. La prima pietra fu posta, con molta solennità nella Pasqua del 1882 alla presenza dell'ambasciatore Sir Augustus Paget e di molte belle signore della colonia inglese e americana, mentre le musiche intonavano il « Centesimo Inno » e le due bandiere — quella crociata della Gran Britannia e quella stellata degli Stati Uniti — sventolavano al bel sole dell'aprile romano. 11 luogo dove la chiesa stava per sorgere era stato — nel volgere dei secoli — la villa di Giunto Sesto Africano prima e l'orto di un convento del frati di Gesù. 6 Maria più tardi. Per un bizzarro ricorso alla storia, quel Sesto Africano era stato 'compagno nel Consolato dell'anno 59 di Cristo, cor. quell'Osteria Scopola che pochi an ni prima aveva governato la Britannia in nome di Roma. La cerimonia, come ho detto, fu mol to solenne: e bisognava che lo fosse giacché per gli Inglesi l'erezione di una loro chiesa, nella cinta delle mura aureliane, chiudeva una controversia che si trascinava oramai da oltre sessanta anni. Perchè prima del 1870, la religioni acattoliche non potevano esercitare le loro funzioni dentro la cinta di Roma. Si era fatta un'eccezione per Livorno, un po' per la liberalità dei Granduchi di Toscana, un po' per il gran numero d'inglesi che commerciavano in quel porto e che svernavano a Pisa. Eu nel milileottocentosediei che, caduto Napoleone, la Santa Sede si ricordò di essere stata quasi alleata del Regno Unito, e chiuse un occhio alla trasgressione di una regola oramai secolare. Ma in quell'anno arrivava a Roma un reverendo Corbett Hue, decano di Jersey, il quale, vedendo il gran numero di connazionali che erano nella Città Eterna, e avendo raccolto dalla loro bocca l'espressione del desiderio di assistere ad un servizio divino, in una sala dell'appartamento che aveva affittato a Via del Greci, predicò il primo sermone anglicano «nella capitale del Papa», come egli stesso Inscio scritto nelle 6iie memorie, « e proprio in vista del Vaticano ». Questo atto di audacia ebbe successo, e, di settimana in settimana, il crocchio dei fedeli crebbe talmente che bisognò lasciare le stanze troppo strette di Via dei Greci, per affittare un apposito locale, nel palazzo del Foro Traiano che oggi è dei Marchesi di Roccagiovine, nipoti — il caso è singolare! — di Luciano Bonaparte, fratello ribelle di Napoleone. Questo passo parve una sfida, e la sfida appariva tanto più grave in quanta i.l reverendo Hue non esitò a chiederò un regolare permesso al Cardinale Consalvi. Fu l'influenza della sua bella e bizzarra amica la duchessa di Devonshire, colei che il volgo di Roma aveva battezzato — per le sue liberalità e per 1^ sue simpatie — la Regina dei Romani? O fu per quello spirito liberale che Pio VII dimostrò sempre di avere, nonostante le ramanzine degli ambasciatori d'Austria e di Francia, dopo il suo ritorno dall'esilio napoleonico? Sarebbe difficile dirlo; ma certo egli rispose che « Il Papa non sa nulla e non concede nulla ». 11 che voleva dire In lingua povera : fate quello che volete, ma non fatelo come se io non me ne fossi nemmeno accorto. Disgraziatamente questo primo sue cesso condusse a un primo scandalo: gl'inglesi si credettero oramai tutto permesso e tennero un contegno tale nelle varie funzioni delle Chiese Cattoliche e specialmente in San Pietro che il cardinal Consalvi dovette ricorrere all'amica sua affinchè consigliasse un po' più di ritegno ai propri compatrioti. La duchessa di Devonshire, seccata moltissimo da queste cose, dette una gran serata nel suo palazzo e a mezzo delia festa rimproverò i presenti del loro modo di agire invitandoli ad essere più corretti e a rispettare la religione romana. 11 sermonci- ssinCCssCfuaadccGacpmcdFcrllascbqCcoptnstdsdmgdvqnltraClngcnssclrcdnvsAm gno por un po' di tempo ebbe effetto, poi si ricominciò di nuovo, tanto che a cap.pelUa di Piazza Traiano fu chiù- sa. Allora, gl'inglesi desiderosi di un servizio religioso, emigrarono prima n via RaseWa e più tardi al Palazzo Corea. Ma nel 182-i moriva il cardinal Consalvi seguito a pochi mesi da distanza dalla Duchessa. A Pio VII «re. successo Leone XII e quanto il papa Chlaramonti era stato liberale, tanto fu reazionario il Della Genga. Questo ultimo, uon solo ostacolò, la Cappella anglicana, ma credette di provvedere ai bisogni spirituali degli inglesi, ordinando che ogni domenica un predicatore inglesi: medicasse ai suoi concittadini proj';0 in quella chiesa di Gesù e .\ftiria nel cui orto — cinqt hi anni dopo — doveva sorgere la granue chiesa anglicana. E il prelato scelto per questa funzione fu il rev. Wiseman, lo stesso che divenne più tardi cardinale e che lasciò un ricordo più duraturo con quel suo romanzo di Fabiola o la Chiesa nelle Catacombe, che anche oggi si legge. Questo fu il primo periodo d'ella storia della Chiesa inglese. Nel secondo, la ritroviamo fuori di Porta del Popolo, in un granaio, che la « comunità anglicana » aveva affittato nel 1824, ba sandosi sul fatto che, essendo oltre la cinta delle mura, non avrebbe dato ombra alle autorità vaticane. E infatti in quel locale trasformato alla meglio, la Cappella potè sussistere fino a quando, con l'ingresso degli italiani a Roma, ogni divieto fu rimosso e la chiesa fu potuta edificare proprio in quel quartiere e a fianco di quella via dove era nata settantaquattro anni prima. Que sto granaio era subito fuori della porta, a sinistra e di fronte all'ingresso di Villa Borghese. A pochi pass', come si vede da quella via del Babuino e da quella Piazza di Spagna che i romani avevano battezzato il Ghetto degli Inglesi cosi grande era il numero dei sudditi britannici che vi dimora vano. E in quel luogo fu anche frequentata da personaggi illustri, che nel 1833 vi fu quel dottor Pusey, il quale fu un gran personaggio del cosi det to « movimento d'Oxford » e da cui derivò il puseismo; e nel 1837 ne furono assidue frequentatrici la duchessa di Cambridge con le due figlie — una del le quali, la principessa Maria — diven ne poi la .madre dell'attuale Regina, j ! ' in Roma: grande allegrezza fra gli inglesi conservatori che vedevano nella caduta della città eterna un colpo definitivo all'autorità pontificia e altruitanto grande allegrezza fra quelli .berali, perchè con la breccia di Porta Pia consideravano realizzato il grande sogno di Garibaldi e di Mazzini. E poi, ai seguito delle truppe italiane, veniva anche un ministro inglese: il primo diplomatico della sua nazione che fosse tornato a Róma dòpo la rottura del Regno di Elisabetta. Si poteva dunque riprendere le trattative per avere una chiesa degna del popolo britannico e di far cessare quello che per i buoni cittadini del Regno Unito era una umiliazione e uno scandalo. Fu il reverendo Sandwell, che fin dal 1871, propose nettamente il problema: ma le trattative furono lunghe e non sempre facili e si trascinarono per qualche tempo. Non tutti etfto d'accordo sulla località da scegliere, sullo stile da preferirsi e perfino sui materiali da impiegarsi. In un paese di magnifici muratori qual'è stata sempre Roma, vi fu chi mise anche in dubbio la qualità dei mattoni che si potevano trovare da ,,: fn-ii ui iuiu|venire ad un accordo e dieci anni dopoidalla prima proposta del Rev. Sand-:well, fu potuta porre la prima pietrainoi e propose — nientemeno venire dall'Inghilterra I A questa assurda pretesa si oppose l'architetto Street, che dichiarò eccellenti i mattoni romani e — quello che più contava dì molto minor costo di quelli fabbricati in Inghilterra. Finalmente si poteidella chiesa dedicata a Tutti i Santi, pietra in cui furono murate monete Italiane ed inglesi su cui fu incisa questa iscrizione: In nomine — Patris et Filli et Spiritus Sancti — Huius Ucciesiae — Fundanienta posila sunt — V id. Apr. — A. S. 1882. — Influenza di Roma anche nella chiesa anglicana: il latino aveva trionfato sulla lingua nazionale I E il Vaticano? Il Vaticano allora lasciò correre, poi ci si abituò. L'Inghilterra importava troppo alla sua politica per volersela alienare con una questione di semplice liturgia. Oggi le relazioni sono anche più amichevoli, tanto che S. S. Pio XI non si rifiutò tempo fa di ricevere il Vescovo Anglicano di Gibilterra, della cui Diocesi fa parte anche Roma. E lo ricevette con tutti gli onori, dicendogli a un certo punto — non senza una sua finissima ironia — che era felice fi poter accogliere il proprio vescovo. E come il prelato anglicano guardava il Pontefice con grande meraviglia, questi aggiunse: « Ma certo I Non è forse Roma una delle città posto 60tto la vostra giurisdizione spirituale? ». Diego Angeli.