Un problema francese: Come lasciare la Sara? di Italo Zingarelli

Un problema francese: Come lasciare la Sara? Un problema francese: Come lasciare la Sara? —(Dal nostro inviato) SAARBRUECKEN, dicembre. Esiste nel cuore dell'Europa un paese a] quale è stato affibbiato un curioso regime da mandato coloniale, quasi la sua scarsa civiltà, o il deficiente sviluppo economico, avessero posto le grandi Potenze nell'obbligo di fargli conoscere i vantaggi di un'amministrazione tipo Siria. Questo paese ò la Sara, che i tedeschi chiamano Saarland e a buon diritto considerano esclusivamente e puramente tedesco, e i francesi chiamano Sarre, oggi senza più osare di definirlo francese. Prenderselo sarebbe stato un bel colpo, se nella critica primavera del 1919 — dieci anni fa! — Wilson si fosse prestato pure a tale gioco; ma il Presidente degli Stati Uniti, che fu .uomo nel quale l'impreparazione in fatto di politica europea prevaleva di molto sull'onestà dei pensieri riconosciutagli da una stanca umanità, non permise un'annessione. Ragionò ch'egli intendeva riparare le ingiustizie del 70 e non quelle del 1814: a tentare di forzargli la mano, avrebbe subito preso la via del ritorno. Il George Washington ebbe ordine d'accendere le caldaie. Perchè rifacciamo questa storia, in fondo, di ieri? Perchè durante le trattative per la pace si seguivano le questioni sul tappeto senza sviscerarle, con una sorta di dilettantismo e del resto senza avere tempo e modo di dedicarsi a speciali studii storici e geografici. In quello trattative dominò sempre la voce dei più forti e disinvolti fra i vincitori: ciò che essi dicevano andava preso per santa verità, falso rra quanto avessero asserito g' appartenenti a una diversa costellazione politica e, in particolare, detto o stampato i tedeschi. Nel turbinoso periodo, la grafia gotica acquistò valore di sintomo infallibile di falsità. Noi italiani, poi, — è risaputo — troppo spesso rinunziammo, a Parigi, a fare una politica di pace in grande stile, di portata veramente europea: nella questione della Sara, ad esempio, non sostenemmo nessuna parte.. 11 problema della Sara fu impostato dai francesi cosi: un giorno Clémenceau e Tardieu si diedero a sostenere che anche ai 150.000 francesi i quali nel 1918 avevano inviato appelli al presidente Poincaré, spettasse giustizia. Poiché la Sara conta circa 650.000 abitanti, se ne doveva dedurre che di costoro un quarto fossero francesi. Invece i delegati tedeschi alla Conferenza della pace opposero che nel 1918 1 francesi, nella Sara, non arrivavano a cento; invitato a fare almeno i nomi dei firmatari dei pretesi appelli, il Governo di Parigi non volle mai acconsen tórvi. Lo sì spiega con la ben diversa interpretazione data alla frase dei 150.000 francesi, oggi che sono trascorsi due lustri: Tardieu voleva .lemplicemente dire, fe stato assicurato da amici del compilatore del famoso memoriale, che fra 150.000 abitanti nella regione di Saarlouis esistevano discendenti di sudditi francesi desiderosi di ritornare sotto il dominio di Parigi. Saarlouis non diede forse i natali al maresciallo Ney ed a tanti altri ufficiali napoleonici? Ma all'argomento si può obdettare che l'atto di nascita di un soldato di Napoleone mai più basterebbe a comprovare il carattere gallico del paese in cui il milite venne alla luce. La verità è un'altra: cioè che Clémencean e Tardieu sapevano benissimo non essere la Sara terra di loro lingua e la volevano soltanto a motivo della sua ricchezza carbonifera, rientrando questo nel programma di distruzione economica del vinto, dal Keynes mirabilmente illustrato nelle sue « Conseguenze economiche della paco », profetico libro di ieri, al quale ci toccherà ricorrere domani e dopo. Che nella Sara non yi fossero francesi lo ammise Gustavo Hervé, stampando nella Victoire dal 31 maggio 1919: «... Noi prendiamo possesso delle miniere della Sara e per non avere difficoltà nello sfruttamento di questi giacimenti di carbone, costituiamo un piccolo Stato a parte per 1 600.000 tedeschi abitanti nei bacino; fra quindici anni, per mezzo di un plebiscito, cercheremo di indurli a dichiarare che desiderano essere francesi. Sappiamo I bacztlslp'spgFlflrsdumlmvtplmrsdrbMsqaFslersrptcrtvGlEctllcmrsmptpfzsbblpcmpislmdpnzncnbpfmnlocIittfi bene quello che ciò significhi: per quindici anni li lavoreremo, li attaccheremo da ogni lato, finché non avremo da loro una dichiarazione d'amore... ». Come risulta dal brano di Herve, a Parigi si deve avere seriamente creduto nella possibilità di realizzare in quindici anni quanto la resistei za di Wilson 11 per lì non permei teva. Il compromesso di affidare alla Società delle Nazioni l'amministrazione di xm paese che solo a tre lustri di distanza avrebbe fatto conoscere la propria volontà, fu accettalo da Clémcnceau e da Tardieu, perche l'attitudine di Wilson altro non consentiva. E oggi che dal pie 'oiscito si è lontani sei anni appena, sono i tedeschi dell'intera Sara a proclamare che lo aspettano come giorno di liberazione, mentre in Francia si assiste allo spettacolo che le riunioni indette da.W Associatìon francaise de la Sarre — quale quel la tenuta ai primi di dicembre a Pa rigi — vengono passate dai giornali sotto silenzio. L'esaltazione dei tedeschi giunge al punto da temere un'anticipata partenza dei francesi mediante rinunzia al plebiscito, dal la popolazione locale invoce ardente mente desiderato, dovendo esso ser vire a regolare la questione una volta per sèmpre. In merito al probabile esito del plebiscito, ho interrogato industria li, giornalisti, funzionari statali, membri di Camere di Commercio, rappresentanti dei partiti nazionalista, socialista e del centro, giungendo alla conclusione che nella più nera delle ipotesi, la Germania dovrebbe riportare il 95 per cento dei voti. Ma la cifra del 95 per cento mi è stata fatta da una sola persona quasi sempre ho sentito che per la riunione col Reich si pronunzierà almeno il 98 per cento dei votanti Forse i francesi, grazie all'attività svolta e da svolgere, strapperanno l'uno per cento dei voti — forsel — e un'identica percentuale potrebbe ro dare i sostenitori dell'attuale as setto, individui guidati da considc razioni economiche di ordine affatto personale, o compromessisi dal punto di yista politico. * * Allorché si parla di attività fran ceso nella Sara, bisogna distinguere. Nominalmente, il paese è sottrata to alla diretta influenza francese, venendo esso amministrato da un Governo designato dalla Società delle Nazioni e oggi presieduto da Sir Ernest Wilton. Praticamente, i francesi detengono le cariche più importanti in tutta l'amministrazione politica e finanziaria, cominciando dal la segreteria del Governo, e — quel che più importa — sono essi a co mandare nella direzione delle miniere già appartenute al demanio prus siano c al bavarese. Chi governa le miniere governa la Sara. La vera e propria propaganda politica e culturale francese nella Sara è sempre partita dall'immenso edificio .che il forestiere scorge uscendo dalla stazione di Saarbriicken: oggi ancora si dedica a funzioni del genere l'abile e colto dottor Hcrly, le cui pub blicazioni solitamente vanno sotto l'apocrifo nome di Jean Rcvirc. Un propagandista del quale a Saarbriicken non si spegne il ricordo, fu il maggiore Richcr, attivo in arte, in politica, nella vita sociale, insomma impostosi all'ammirazione degli stessi tedeschi che seguivano diffidenti la sua opera febbrile. La sovranità di Berlino per il momento è sospesa. I tributi fiscali vendono corrisposti al Governo locale; polizia, ferrovie, tribunali, eccetera, nulla hanno in comune con le istituzioni analoghe del Reich. La Sara non ha forze militari proprie: i francesi hanno ottenuto che qui rimanesse un inutile corpo franco-anglobelga, di ottocento uomini, accampando la necessità di proteggere la ferrovia. Ai militari francesi è permesso venire nella Sara, ai tedeschi no. La moneta è il franco; ma qualunque negozio, ristorante, albergo o cliauffeur di piazza accetta marchi, al cambio di uno a sci, cambio Incitamento fissato da un'ordinanza ideale e lealmente riconosciuto da tutti. Essendo la Sara compresa nel territorio doganale francese, al confine tedesco sono i doganieri fran¬ cesi a procedere alla visita 'del bagaglio. Le merci provenienti dalla Germania pagano infatti dazio, e solo adesso si è addivenuti a un tollerabile regime; ad esempio, nella fase della massima tensione franco-tedesca, il dazio sulle automobili tedesche ammontava al 180 per cento, mentre oggi è ridotto al 41. Tuttavia un buon tedesco che non possa rinunciare all'automobile, ; accolla l'onero di tale dazio, pur di non andare in giro in una macchina fran cpse, che avrebbe modo di procurarsi a prezzo' convenientissimo. Dalla Francia, oltre alle automobili, ven gono qui molti viveri, vini e profumi. Gli articoli di moda, le confezioni, le scarpe, non sono riusciti ad accaparrarsi il mercato; le mostre pullulano di cartellini con la scritta « Deutsches Fabrikat », o « Made in Germany », voluta dngli acquirenti a garanzia. Tanto attaccamento alle merci nazionali indurrà qualcuno ad asserire che, pur di non far parie del territorio doganale francese, sarebbe preferibile condividere la sorte delle regioni occupate, frase priva di senso, frase delie tante pronunciate da chi ignora o non valuta il complesso dello questioni. In compenso, a Saarbriicken ho scoperto un ristorante intitolato a Locamo.. A completare la descrizione del l'assurdo assetto giuridico e amministrativo conferito alla Snra, va aggiunto che gli abitanti dei paese sono un po' equiparati ai levantini postisi, all'estero, sotto l'egida del Governo di Parigi. Il loro passaporto reca la dicitura: « Passeporl pour Vétranger dclivré exclusivemenl avx Sarrois, prolégcs de la Franco ». Poche protezioni furono, per chi ebbe il diritto di goderne, meno desiderate e più invise di questa: quanti ne hanno finora usufruito? Intanto s'immagini il caso di un abitante della Sara che riesca, il che è ammesso, a diventare membro del Reichstag e della Dieta prussiana, sènza perdere il diritto, nel 1935, di partecipare al plebiscito: se questo membro del Reichstag e della Dieta di Prussia intraprendesse poi un viaggio all'estero ed avesse bisogno — a Roma, a Washington, a Madrid, o dovunque — d'assistenza diplomatica o consolare, gli toccherei) be nientemeno rivolgersi alle ambasciate, alle legazioni e ai consolati della Francia, Stato che probabilmente, nelle sue orazioni parlamentari, non sempre avrà fatto segno a riguardi eccessivi. In apparenza assurdo, il caso è perfettamente possibile: al recente congresso del. Centro, a Colonia, non si stava per eleggere a presidente del parlito.il dottor Steegmann, di Saarbriicken? I parliti della Sara, dal comunista (composto di malcontenti) al nazionalista, continuano a far parte integrante dei partiti del Reich: corno si è detto, essi condividono tutti l'ideale della riunione alla madre Germania, anzi sino al 1924 i sindacati socialisti mantennero cordiali rapporti col grande industriale Ròchling; alla cordialità posero termine il licenziamento, deciso da Rochling, di 7.000 operai e un tentativo di diminuzione dello paghe, rimanendosi così alleati sul terreno nazionale e awersarii nel campo sociale. La Saar gode dei benefici di un parlamentarismo sui generis: ha un Consiglio regionale, composto di trenta membri, che dovrebbe in sostanza rivestire carattere di organo consultivo, leggendosi nel Trattato di Versailles che la popolazione va interrogata in materia fiscale e legislativa. Questo Consiglio è tedeschissimo: tedesco lo diedero le prime elezioni, del 25 giugno del 1922, tedesco quelle del 27 gennaio del 1924, dove i partili fedeli al Reich riportarono 248.570 voti su 254.858 votanti. Senonchè i pareri del Consiglio regionale solo di rado vengono ascoltati, non essendo il Governo dei cinque tenuto a rispettarli. « Ma allora, perchè gridate ed inveite tanto, durante le vostre sedute? » ho chiesto a uno dei trenta membri. Mi ha risposto : « Perchè il resoconto è pubblicato dai giornali e qualche volta letto a Ginevra, dalla Segreteria della Società delle Nazioni... ». Italo Zingarelli.