Il condottiero russo

Il condottiero russo Il condottiero russo .La morte del Granduca Nicola è r4ssi ~Z un avvenimento di cosi grande importanza, che c'è persino da «ubitare che gli stranieri possano comprenderlo uella giusta misura. Per i ira milioni di emigrati russi, diciamolo schietto, 6 morto il loro zar non coronato. 11 Granduca non 6i era mai proclamato pretendente al trjno russo, anzi, più volte aveva smentito e biasimato i tendenziosi tentativi di certi suoi ammiratori zelanti nell'afllbbiargli la parte del pretendente. Ma alla fin del conti egli rimaneva tale, tanto per la convinzione e per le simpatie della maggioranza che lo amava, quanto per l'animosità paurosa della minoranza che lo temeva. Lo stesso stato" d'animo era nell'O. R. S. S. I. bolscevichi emetteranno un gran 6o»piro di liberazione: se n'è andato via dal mondo il principale- simbolo personale della lotta contro- di loro: l'uomo sognato dal contadini scontenti del regime sovietico, il loro «vecchio», il «nonno»,.il «soldato oanuto» (i soprannomi popolari del Granduca) che avrebbe dovuto mettere in ordine il Paese scombussolato. E l'emigrazione ha perduto 11 principale simbolo per. 6onale del suo rimpatrio e il nomebandiera, che l'apparentava e l'accomunava agli attivi lottatori contro il regime sovietico dentro all'U.R.S.S. _ Tre forze vive Alila breve distanza di un anno l'emigrazione ha perduto tre fortezze viva della propria esistenza: il generale Wranghel, l'imperatrice Maria Fedorovna e il Granduca Nicola. Tutti e tre erano nomi monarchici, ma il loro significato sorpassava di molto 1 limiti dei circoli monarchici russi (a dire la verità non molto numerosi e forti) e la perdita di queste tre persone avrà serie ripercussioni. La morte di Wranghel aveva tolto all'emigrazione l'organo attivo delle sue speranze politiche: l'uomo che aveva saputo conservare l'e6ercito bianco nelle condizioni di esilio che sembravano assolutamente Impossibili; che aveva 6aputo tenerlo legato al centro ideale, malgrado la dispersione per tutto il mondo, esercito sempre pronto a rispondere al richiamo del comando patriottico. Meraviglioso amministratore militare, Wranghel era la migliore speranza per quella dittatura che, alla caduta dei bolscevichi, dovrebbe costituire il nuovo regime. L'imperatrice Maria non aveva mai avuto una parte politica significativa e nella sua vecchiaia essa si era chiusa alila sua vita privata. Eppure essa possedeva un'enorme influenza passiva nel ritenere, per modo di dire, automaticamente lo sminuzzamento del .partiti monarchici e le bramosie dei •pretendenti. Essa fu l'ultima zarina coronata della Russia e infatti, fin che era viva, ogni altra pretesa alla corona poteva essere soltanto oggetto di discussione giuridica, niente affatto (convincente per la coscienza del popolo. Il popolo, per quanto ignaro della legge sulla successione al trono, stabilita da Paolo I, intuiva bene che, dopo la morte dello zar-marito e dello •zar-figlio, la vecchia imperatrice era rimasta padrona, oppure come dice il popolo la « bol6ciuha » (maggiore) delia Casa imperiale. Se Maria Fedorovna fosse 6tata una ambiziosa e si fosse creduta capace nella politica, essa non solo poteva farsi proclamare imperatrice regnante, ma con questa 6ua nomina avrebbe unificato l'emigrazione con più successo di ogni altro e, colla forza della sua autorità avrebbe portato gravi colpi al potere soviètico. Ma per la politica attiva essa era prima di tutto coscienziosamente incapace e in secondo Iuot gò era superstiziosamente convinta ohe suo Aglio Nicola II, imperatore le gittimo della Russia fosse ancora vivo e quindi non poteva esservi questione di successione. Uno dei pochissimi passi politici di Maria Fedorovna fu il suo vivo biasimo al granduca Cirillo (alla lettera della legge di Paolo I, un legittimo successore del trono) per l'approp ri amento del titolo d'Imperatore. Il Condottiero "'il Granduca Nicola cedeva a Wran ghel per energia attiva e non aveva in testa l'autorità di una corona, come Maria Fedorovna, ma come simbolo della lotta armata per la liberazione della Russia dal giogo bolscevico, era più significativo di tutti e due : era riconosciuto da tutti ed era unico come autorità. Nel 1926 egli fu proclamato '« Condottiero » della lotta che fu no minata « nicolaevstro », e «nicolaevzi» 6i chiamavano i suoi entusiasti partigiani. Bisogna dire la verità che in tutta questa folla il meno ardente «nicolaevez » era il Granduca stesso. Egli considerava ben scetticamente la parte del '« Condottiero » affibbiatagli e risponde va malvolentieri a questo titolo. Egli capiva l'Impossibilità odierna: flnan ziaria e politica di una esterna lotta armata contro il potere sovietico, senza l'appoggio di un Intervento straniero; nello stesso tempo sapeva che la Idea dell'intervento, dopo i pietosi esperimenti del 1918-1920, è troppo im popolare tanto fra gli emigrati, quanto fra 1 russi che vivono nell'U.R.S.S., contrari al bolscevismo. Quindi la posizone del Granduca a capo dell'emi' grazione militante 6i era ridotta di fatto alla conservazione dell'ordine militare burocratico negli avanzi del l'esercito salvato e unificato da Wran ghel; al sostenimento di questi avanzi per mezzo di una larga beneficenza, fatta con offerte personali del Granduca (ben moderate, perchè egli era tot t'altro che ricco), e con l'accumulazione del capitali per le future imprese militari nel momento opportuno (11 cosi detto « fondo del Granduca »). Questa parte dell'attività amministra. Uva del defunto « Condottiero » era an Zi poco nota all'emigrazione. Le importava di più di vedere in lui l'espressione di principio del suo legame con le forze armate e con le tradizioni militari della fu Russia: potente e patriottica. Comandante in capo degli eserciti russi nel periodo dei più grandi loro successi nella Grande Guerra, 11 Granduca u«cl dal fuoco come l'uomo più popolare della Russia. E questa sua popolarità crebbe ancora di più dopo l'ingiusta dimissione che lo colpì per gli intrighi dell'impopolare imperatrice Alessandra che aveva voluto ad ogni costo vedere il comando supremo nelle mani di Nicola II. E' inutile ricordare i tristi risultati di .questo mutamento. Man mano che lo Zar (strano: pareva che egli volesse giustificare la riputazione di jettatore, o di Iettato) perdeva la guerra e con questo gli ultimi avanzi della fede popolare nella Dinastia, il nome del Granduca Nicola, esiliato in Caucaso, a una inattività onoraria, si circondava di splendore leggendario II popolo e l'esercito ne parlavano con venerazione superstiziosa come dd uno che era degno di essere Zar. Intanto la «camarilla» cortigiana della Zarina Alessandra, con essa, ispirata da Rasputin. (come è stato svelato ora dalla sua corrispondenza col marito pubblicata poco tempo fa), suggeriva a Nicola li che il Granduca aspirava al colpo di Stato e all'usurpazione del Trono. — Come ti sei permesso di credere à una cosa simile, dopo tutti i miei serv.lzll e tutte le prove della mia fedeltà a te, come parente e come suddito? — esclamò, indignato, il Grandu. ca durante il suo aspro colloquio collo Zar Fuori di sè dalla rabbia, il Granduca diede un colpo col suo formidabile pugno 6ul tavolino, che li divideva, mettendolo a pezzi. Vca sono militar* lo e quindi non i a i a n a l a o , i i , e 1 . n i , i o e o ' i a ) i a , à e e a e a o ardisco essere giudice del genio militare del Granduca. Gli uni lo portano alle stelle, gli altri lo negano addirittura, rendendogli giustizia per essere stato il migliore cavaliere di Europa, perchè conosceva alla perfezione la pratica della battaglia della cavalleria, come pure per essero stato un prode intrepido. Ma a queste qualità ai buon, generale di battaglia bisogna aggiungere il dono straordinario di saper conquistare i cuori dei soldati con la sua semplicità democratica e con la cordialiità. Senza abbassare per un momento la 6iia alta dignità e senza lasciare ad alcuna di dimenticare il generalissimo, il Granduca nello stesso tempo sapeva rimanere compagno d'ni suoi guerrieri, cominciando «ai generali sino all'ultimo fante, e Torse stava meglio e più vicino al soldati che ai generali ed agli ufficiali superiori. Soldato fra soldati Il dissolvimento dell'esercito russo è cominciato dal giorno del congedo del Granduca Nicola. I soldati gli volevano bene, lo veneravano e avevano fede nella sua fortuna guerresca, cdie l'aiutava a portare a disperati assalti li eserciti armati quasi di bastoni, invece che di fucilili, e con l'artiglieria sprovvista di munizioni. Questa sua riputazione non fu menomata neppure dall'Infelice ritirata dalla Galizia conquistata: era troppo evidente la superiorità numerica e tecnica delle forze tedesche gettate contro l'esercito russo, quasi inerme. L'opinione pubblica russa e i soldati russi perdonarono con facilità benevola l'oscura fine del brillante principio, ciò che non avrebbe ottenuto al suo posto nessun alveo generaldsiismo, e, meno di tutti, lo sfortunato Zar Nicola II. I soldati avevano fede: nella fortuna del Granduca sud campo di battaglia e natila sua giustizia nell'accampamento. Essi sentivano in lui un semplice soldato come loro: dritto sdno alia .rudezza, onesto sino alla santità; con quel suo pittoresco parlare da rozzo soldato; con le sue alte decorazioni portate sul cappotto dd fante, col quade egli girava incognito per gli accampamenti, scrutando l'ordine, mettendosi a sedere uel gruppi, presso il fuoco, ecc. Erano sicuri che egild non avrebbe lasciato sopraffare il soldato da; capi e chi aveva colpa: sempldoe fante, o comandante di Corpo, per lui era uguale. 1 soldati sapevano che, malgrado l'abbondanza del sangue tedesco nelle vene dei Roraanow, 11 loro « vecchio » era un guerriero russo tipico, con tutte le qualità e con tutti 1 difetti del tipo. Aveva una cieca fede m Iddio, nella Madonna, e in Nicola li Taumaturgo, cowl come essi; era fermo nel giuramento e nello statuto militare, come essi; sano e bravamente longanime, come essi; aveva una lingua aspra e spiritosa, e non era nemico della bottiglia, come essi. Tre telegrammi Non ho avuto l'onore di conoscere il Granduca personalmente, ma mi trovai in frequenti rapporti con lui nella più interesasnte epoca della sua vita, nel 1914-1915. Vivevo in quei tempi a Ro ma, mandando corrispondenze ad più diffuso giornale di allora: Busskoie Slovo, di Mosca. Ma più di tutto mi occupavo di lotta accanita contro la vnFiiSrdssggeArsnintrppHncIlfprrdnbmvUaAdmdDpatlpsPpgEfettmmpPaqdvdMdCoCnnpropaganda locale germanoflla e paci-1 Gflsta, per la quale l'intelligente, agile|sed esperto von Bulow non risparmiava i mezzi, incontrando una resistenza debolissima specialmente da parte dell'Ambasciata . russa, nonostante la grandine di calunnie e di insinuazioni che precipitavano sulle azioni militari russe, sugdit statisti russi, sud politici russi. Riuscii a pubblicare sul Giornale a italia qualche smentita, ma c-ra una goccia nel mare. Sentivo ber-' che per delle smentite efficaci mi ci voìeva 1 autorità non di volontario-giornalista, ma di personalità ufficiale. Nel medesimo tempo, la mia posizione era assai delicata, perchè, essendo emigrato antizarista, io non potevo contare sulla fiducia e sull'appoggio defilé forze destre, con le quali sulla questione della guerra io mi trovai in alleanza inaspettata e molto condizionale. Un bel giorno a Roma si sparse la voce, vivamente impressionando la'locale Colonia polacca, che il Coniando Supremo russo aveva dato ordine agla eserciti marciantl verso Cracovia di bombardare la città, mirando ai campanili: misura tremenda in generale, ma più grave ancora in questo caso, trattandosi di una città piena di antichità artistiche. Intuendo tutto il danno di questa invenzione, lanciata per indignare 1 cattolici italiani contro la maturante entrata delH'ItaflUa nell'Intesa, io arrischiai — sarà non sarà — a telegrafare al Granduca Ni coda, spiegandogli chi ero e perchè mi rivolgevo a lui, nonostante la diversità delle nostre situazioni e delle nostre opinioni politiche. Devo confessare che speravo poco dd avere una risposta. Eppure, mi arrivò. Immediatamente e gentilissima. Il Granduca, ringraziandomi, comunicava che prima di tutto per allora non si prevedeva l'assedio di Cracovia e che poi, per i casi di assedia delle città storiche, con dei santuari, esisteva già un ordine rigo rosissimo e assolutamente contrario a quello fatto circolare, ossia, evitare sino all'ultima possibilità, dii danneggiarle, nonché di distruggerle. Questa comunicato, apparso sul Giornale d'Italia, fu riprodotdo da tutti i giornali: e fece id dovuto effetto. La seguente richiesta telegrafica fu spedita da me al Granduca, in occasione delle voci sparse dalla stampa socialista sulla evacuazione in massa degli ebrei dalla Galizia, praticata dal Comando Supremo russo. Questa volta, con altrettanta rapidità, mi rispose noti il Granduca, ma il Capo ded suo Stato Maggiore, generale Januseichevic (più tardii barbaramente massacrato dai bolscevichi). Egli mi telegrafava che gli ebrei, come tali, non erano persegui tati, nè evacuati, ma che ogni individuo di qualsiasi Nazione, denunziato allo Stato Maggiore come colpevole dd spionaggio, era mandato via dal teatro di azione militare, e che fra questi effettivamente vi erano non poctii ebrei. Anche questo telegramma fu pubblicato. Da quel tempo io mi presi l'ardire di Svolgermi al Granduca tutte le volte che se ne presentasse l'occasione, e ricevevo immediatamente una esauriente spiegazione. Arrivato a Roma un suo delegato, il tenente Sclostakovski, questi, subito dopo la visita all'Ambasciata, venne da me, e id nostro colloquio, durato tre ore e pubblicato poi, fece 11 giro di tutta la stampa italiana. L'ultimo mio telegramma al Granduca fu spedito in occorrenza del suo trasferimento in Caucnso; io non v! ho potuto celare il mio profondo rammarico e la mia indignazione per l'ingiustizia causatagli. Anche la sua risposta di ringraziamento portava tra le righe il non nascosto cordoglio. Alessandro Amfiteatroff sgfpslccotsdrdalohcPssvcgpspdgsQarmanqBnrtdmRcEcTDitsglqRcIn'

Persone citate: Alessandro Amfiteatroff, Maria Fedorovna, Slovo