Le fortune del Furioso

Le fortune del Furioso Le fortune del Furioso Tra i quattro poeli, l'Ariosto era quello meno lutto, fors'anche meno studiato. Otfei, tolto l'ottimo ma breve profilo del Bertoni, so vogliamo una vita di messef Lodovico, dobbiamo ricorrere a quelle antiquato del Barofcti (1773) e del Baruffaldi (1807) j e se cerchiamo una bibliografia ariostesca, passa ancora per buona quella del terrazzi, stampata a Bussano nei 1881. Al contrario, vite, bibliografie e studi foscoliani, leopardiani, manzoniani, o magari monti ani, quanti ne volete, ottimi buoni c pessimi; ma dell'Ariosto, dopo le pàgine del Carducci, del Tambava e del Rajna, s'è ricominciato a parlarne soltanto in questi ultimi anni, per merito del Croce, dell'Ambrosini e del Bertoni. Ma, purtroppo, una rondine non fa primavera! Con il ventotto, se Dio vuole, l'Ariosto è stato rimesso sul candeliere : il volume dell'JIaiivette (L'Arioste et. la poesie cnr.valeresqtic à Ferrare au débili da. XVI siede); VOI (ava d'Oro; l'edizione laterziana del Furioso (1), a cura del Dcbeuedotti; la scelta di Antonio Baldini, nella collezione ojettiana, delle più belle pagine ariostesehe; e il « Saggio sull'Orlando Furioso » (2) .di Attilio Momigliano. Ottime e bellissime cobo tutte, dalla prima all'ultima; mentre, c tutti lo sanno, se c'è uomo clic possa prendere a gabbo e i critici e le fatiche loro, quest'uomo è proprio rnessor Lodovico. *-*# UOtlava d'Oro, già si sa, ò nata dall'estro di Antonio Baldini e dalle buone volontà di Italo Balbo, di Nello Quilici e del podestà Renzo Ravenna. Così, una volta tanto, uomini politici e uomini di lettere si sou trovati d'accordo, per amore della poesia. E s'è visto Italo Balbo, sottosegretario di Stato, quadrumviro e generalo d'aviazione, inforcare il cavallo alato d'Atlante; Giuseppe Lipparini cantar gli amori di Angelica e Medoro; Baldini commentar da par suo la fuggente figura di Angelica; Quilici tessere delicate lodi alla gentilezza amorosa di Brandimarte e di Fiordiligi ; Malapartc prendere a petto con furia strapaosana la pazzia del nudo Orlando; Farinelli, commentando l'estremo canto del Furioso, ricostruire con geniali parole l'addio commosso del poeta allo stuolo delle suo eroiche e fantasiose creature; e infine Campanile conciliare, con un audace giuoco d'equilibrio, l'umorismo del suo tipico allegretto con l'umorismo dell'Ariosto. Le letture continueranno sino al 1933, quarto centenario della morte del poeta, e verranno via via pubblicate in volumi annuali da casa Trcves. 2fel prossimo ventinove, i fedeli dell'Ottava d'oro, riuniti ora all'ombra dei parchi e dei dorati giardini ferraresi,'óra nei saloni antichi e nelle ville estensi e negli spiazzi del bosco della Mesola, avranno la ventura benigna d'ascoltare fr. A. Borgese, Attilio Momigliano, Ugo Ojetti, Trilussa, Dario Niccodemi, Luigi Ambrosini, Giulio Bertoni, Riccardo Bacchelli, Alfredo Galletti e, pare, Henri Hauvette. Tutto fa brodo, scrive Baldini. Infatti, qualcuno ha riaperto il Furioso e qualeho altro lo ha rivisto in una luce ben diversa da quella apparsagli sui banchi della scuola. Non è molto; ma anche dal poco l'amor dell'Ariosto può rinascere e giganteggiare,: ■■• tp Prima dell'edizione del Dobcne.detti, le lezioni del Furioso erano varie e discordanti, buone alcune, pessime altre, ma tutte tutt'altro che definitive. Ricorderemo che, tra le antiche, oltre le tre primo edizioni ferraresi, molte altre ci diedero i Gioliti, i Valgrisj, i Rovilj. Ma, per ritrovare una edizione corretta e diligentemente impressa, dobbiamo scendere al secolo XVIII, e cioè all'edizione dell'Orlandino (Venezia, 1730). Migliore ancora quella veneta di tutte \e Opere, pregevole per l'emendazione del testo, del Fitteri (1741) e a cura del Barottì. Di cotcsta appunto si serve il Debenedetti, assieme a quelle del Morali e del Panizzi, e trascurando quella dei Classici Italiani (1812), la quale seguì il tosto del 1532, con quelle mutazioni che il Ruscelli afferma d'aver veduto presso Galasso Ariosto, fratello di Lodovico in un 'Furioso degli tritimi stampato in Ferrara, notato e postillato di mano dell'Autore. Nella edizione milanese, gli stampatori aggiunsero per la prima volta alla fine di ciascun canto lo varie lezioni del 1516 e 1521. Ricorderemo ancora l'edizione illustratissima dello Zatta (Venezia, 1772); quella mediocre del Flassan (Parigi, 1795) ; e ouella lussuosa del Morghen (Pisa, 1809). Il Debenedetti segue l'ultima edizione curata dall'Autore, e precisamente quella stampata da Francesco Rosso da Valenza, e che uscì in Ferrava il l.o Ottobre del 1532. Senonchè il Debenedetti nota che in coteala edizione del '32 esiste una discordanza tra csemplaro ed esemplare, tacito da poterne distinguere due tipi: esemplari scorretti ed esemplari buoni. Como avvenne l'errore? Varie furono nel passato le congetture e le ipotesi : notissime quelle dell'Ermini e del Salza. Di opinione diversa, e a nostro parere assai giusta, è il DebeHedetti: c Sappiamo che l'Ariosto lavorò sopra esemplari di B. (e di zio ne 1521) ad allestire l'edizione ulti ma. Ora, ritengo probabile che per sua distrazione (era distrattissimo) alcune pagine di B. con correzioni provvisorio siano state da lui inserte entro la copia definitiva data in Btampcria. Furon tirati i primi canti, persino in qualche copia su pergamena (ci rimane h, cioè l'esemplare (1) !.. Ariosto: • Oriundo Furioso», a cura di Santone Debenedetti. Voli. ;i. Bari. Laterza. 19-S L. 100. (2) Attillo Momigliano: Saffsio su I' « Orlando furioso». Bàri, Laterza, 1O0S. L. 23, r e n a o o è e e a e e l l e l o a n o n i a a a ; , o , i e e i a o r ) i della Ililil. Bertol. di Vicenza), nò' più i:i possibili- rimediare; poi, e non si saprà mai uè il (piando ni.- il come, l'errore fu avvertito, e per nostra l'ori ima il mv/.r.'i foglio venne rifatto i>. Purtroppo, tutte lo edizioni posteriori del Furioso, cioè quelle del Ruscelli, del -Barolli, del Bajna, del .Morali e. del Panizzi, rispecchiano la edizione errata del '32, e così le modernissime. 11 Debenedetti perciò, giovandosi dell'aiuto che possono offrire lo edizioni del 1516 e del 1521 e gli autografi, segue quella del 1532 col loglio corretto. Da ciò una edizione del Furioso veramente~nuova. « Oltreché —- scrive il Debenedetti — furono defi.iliti i caratteri dei due tipi dell'ediz. del '32, oltreché abbiamo fatto guadagno, col confronto di multi esemplari, d'un bel numero di nuove lezioni ; non solo diamo un testo fedele quanto più ci è stato possibile, ma in ogni caso fu messo il lettore in condizione di giudicare, senza di che ogni edizione, per buona che sia, lascia il tempo che. trova ». Noi diremo che questa del Debenedetti supera il tempo, e s'impone all'attenzione e al plauso di tutti gli ariostisti. *•** Infatti, Attilio Momigliano, nel suo « Saggio su- l'Orlando Furioso «, per il testo del poema segue l'edizione del Debenedetti. In quanto alla posizione critica del Momigliano dinanzi al poema, essa non e molto diversa da quella, notissima, dell'Ambrosini nella <t Introduzione al Furioso ». Il Momigliano divide il suo saggio in cinque libri: il primo, di A Haute, tratta del meraviglioso, dell'episodio della luna, di Alcina, del paesaggio ariostesco, della morte di Orrilo; il secondo, di Orlando, tratta dei nobili amori, argomento dominante del poema; il terzo, di Fiammetta, parla invece degli amori volgari e ambigui ; il quarto, di Rodomonte, si rivolge all'elemento guerresco del poema, duelli e battaglie ; il quinto e ultimo vale come consuntivo, sguardo d'assieme, definitivo riassunto dei vari temi ed clementi del poema. Come si vede, coLesta spartizione non è del tutto nuova. Tutta ia critica estetica alle prese con l'Ariosto, dal De Sanctis al Cesareo, dal Croce all'Ambrosini, fissò press'a poco gli stessi motivi poetici dominanti del Furioso. Il nobile sognare del Momigliano non è in fondo che Varmonìa del Croco. E da lungo tempo si sa che, non la guerra, ma l'amore è il fulcro di tutta la poesia ariostesca. Ma, se il Momigliano non ci ha dato una nuova visione del Furioso, avendo costruito il suo saggio sopra temi già noti, anche se da qualcuno appena accennati, della critica ariostesca; con amore egli ha faticato per riordinare la materia del poema, classificandola, più che per una ragione critica, per una ragione d'ordine esteriore. Già si sa che se noi badiamo con troppa attenzione alla materia ariostesca, da mille fonti derivata — e ce lo insegnò il Rajna! — quello che è il clima poetico ariostesco facilmente ci sfugge. Per far ciò ci vorrebbe, come disse il Carducci, « un vero lavoro di critica chimica »; ed è perfettamente inutile. Lo qualità del saggio del Momigliano stanno altrove: nella sua attenzione di porre in rilievo lo stato d'animo lirico del {«seta, stato d'animo sempre uguale, dinanzi alle, vario qualità della materia; di illuminare la fantasia sempre attiva dello artista; di scoprire il fascino del poema in quegli apparenti abbandoni, a tutti noti come, volubilità ariostesca. Commento, quindi, amoroso, caldo, pieghevole, che ci dà l'illusione di leggere una elegante volgarizzazione del Furioso, più che un saggio d'indole critica, mossa non tanto da un gusto filologico vivo, quanto da un senso tutto umano della poesia. Da ciò, nel Momigliano, una prontezza vivace nel cogliere nel pittoresco delle strofe gli elementi di colore e di volume, il meraviglioso gestito, il realismo d'un mondo cinquecentesco che il nostro critico chiama appunto <r solido ». Ma, messosi sopra questa strada, "li sfu-'ge l'evidenza estetica dell'ottava ariostesca. « Un verso, — egli scrive, — non aereo, ma fatto di nulla: tanto che non si può citare isolato, perchè da solo non ha nò consistenza uè forma ». Ed è cosa, questa, inesatta. E ancora: o Tutto questo spiega come nel Furioso ci siano così pochi caratteri, così pochi ritratti, così poche caricature, nessun bel verso isolato, finito in se stesso : cose che richiedono una precisione ricca o incisiva, aliena dal temperamento poetico dell'Ariosto ». Ed anche ciò non è vero. Rodomonte è un carattere ; Olimpia, legata allo scoglio dell'Isola, è un ritratto; e la tavolozza dell'Ariosto a noi pare tutt'altro che povera di precisione. Tutto ciò non toglie che si possa pensare aila critica ariostesca senza porre il saggio del Momigliano in primo piano, saggio spesso scritto in istato di grazia, e sempre con nobile e intelligente intento. Altrove, specialmente nel libro secondo, il Momigliano tocca il fondo del poema, guidato da un elemento sicuro di giudizio: l'amore. E lo pagine, che ci trascinano dietro il dolore e la pazzia di Orlando, sono lo più bolle e piene di tutto il volume, l^ui, il Momigliano, ci dà la misura esalta, con distesa e franca felicità, delle sue doti, del suo gusto o della sua forza di critico. Giuseppe Ravennani.

Luoghi citati: B., Como, Ferrara, Haute, Mesola, Parigi, Pisa, Venezia, Vicenza