Azione e contemplazione

Azione e contemplazione Azione e contemplazione iltepg<hsovolotocnptpdctfipcnprmlvConoscere e fare, azione e contemplazione: in questi termini sta racchiuso uno dei più urgenti problemi (del nostro tempo: il massimo, secondo Windelband. Oblioso di Platone, ■Kant aveva risolto con il a noumeno* il problema della conoscenza. Questa, 1» quanto è fenomenica, cioè più o meno legata al fenomeno, non conosce le « Cose in sè », ma soltanto apparenze, larve. Senonchò, dinanzi al raipporto tra il noumeno e il fenomeno, ovidente appare la perplessità di Kant. So pare talvolta che codesto rapporto sia da Kant negato: «la nostra percezione di un corpo non contiene nulla dell'oggetto in se stesso »; tal'altra sembra che egli ammetta che nel fenomeno l'oggettività della cosa debba in qualche modo aver parte : « le qualità che noi attribuiamo agli oggetti ci si presentano nel fenomeno come qualcosa di realmente dato». (Lungo il tempo, il problema cosi posto da Kant fu variamente risolto: alla soluzione empiristica c a quella idealistica, oggi da parte di Pietro Zanfrognini se ne aggiunge una terza: mistica. Quanti conoscono l'opera precedente di Zanfrognini, specialmente l'ormai notissimo a Itinerario dì uno spirito che si cercai e «Le vìe del sublime-», non si meraviglieranno certo del ritorno di Zanfrognini a Platone. Questi ritrova il rapporto tra l'intelligibile e il sensibile nel concetto di imitazione-partecipazione: l'immagine non è realtà, ma ne è copia; quello, pur asserendo che nella conoscenza che noi abbiamo delle cose, persiste sempre qualche cosa di misterioso, in pieno riammette il concetto platomano della partecipazione. Il problema quindi della conoscenza, ohe è pur quello della pratica e dell'arte, non sarà risolto se non quando sarà stato fissato il modo .donde dalla copia ascendere al modello. Dopo la concezione empiristica, per oui il faro prevale sul conoecere (pragmatismo, attivismo, attualismo), e dopo quella idealistica, per la quale noi stessi produciamo la realtà pensandola, Zanfrognini non trova miglior soluzione del problema che quella insita nel cristianesimo, in una concezione rigidamente platonico-agostiniana. Il salto trascendentale dalla copia al modello, dal fenomeno al noumeno, non può avvenire che nella Intelligenza Divina, nel Logos, nel Verbo. Il vario mondo d'immagini che tu, uomo, vedi, non è realtà; nò questa realtà la produci tu con il pensarla. Per ciò l'uomo non opera semplicemente pensando, ne conosce con il solo operare. Tutto ciò non può appartenere che all'Intelligenza Operante, al Verbo, al Logos. Ma poichò nel Verbo sussistono le Co9e in sè, tu uomo, vivi il Verbo, sii il Verbo. Il jjgob^ema ^dunque del conoscere e dell operare, secondo la teorica di Zanfrognini, non si risolve che con l'avvivare continuamente l'abbandono in Dio di tutto l'essere nostro. In tale modo, teoretica, estetica e pratica si unificano nella mistica. Dio solo opera contemplativamente: in lui solo,/e in chi è in lui, la contemplazione è attiva, e l'opera è conterà-: piativa. Ad una sola domanda, non soltanto il problema di azione e contemplazione, ma tutti i problemi dello spirito umano vengono così ridotti. Come può l'uomo partecipare alla contemplazione attiva di Dio? Per secoli e secoli, i filosofi, gli asceti, i mistici, i poeti si sono affannati nella ricerca della risposta. A più vie il genere umano s'è rivolto, ora alla luce dell'Oriente, ora a quella dell'Occidente. Zanfrognini, in questo suo volume: « Azione e contemplazione » (1), studia appunto codeste vie, e specialmente quelle ielle il genere umano tracciò a 6B. Bteseo come vie della verità. Studio, sai badi, espositivo, inquantoche Zan- ?frognini parte sempre4 dal presuppo-1lBto che lo Spirito non venne a noi ne da Oriente nò da Occidente, bensì « dall'alto »; < Figgendoci nel Cristo Esterno (il Gesù storico degli Evangeli) prenderà vita in noi il Cristo Interno; cioè lo Spirito Santa: l'Assistente: che di sè ci illuminerà ogni altra cosa, e introdurrà noi nel Padre ». pnctflgiqnnMvcpsvgsnluliiamst\aafsLlnllprltfdescdcs.Anzi tutto, Zanfrognini esamina ile principali vie mistiche dell'Oriente: quelle della Bhagavad Gita, e quella, classica, di Patanjali. La 'Bhagavad Gita contempla due vie: la Via dell'Azione (Karma Atarga), e la Via della Fede (Bhartì Alarga). Nel I Canto della Bhagavad Gita (la Bibbia degli Indù: sintesi della sapienza dei Veda, della filosofia Sankhya di Kapila, e dello Yoga) Arjuma dice : « Oh ! Krislma, vedendo i miei parenti schierati, le gambe mie mi si piegano, e benché 10 arda dal desiderio di combattere, 11 mio corpo trema... ». E Krishna risponde (C. 3, 4, 5): « Combatti... Opera, ma senza ira; operando senza ira (rinunciando ai frutti, ma anche ai futi, dell'azione) non operi. Agendo così non agisci. Combattendo non combatti: contempli. Questa c la Sapienza: l'inazione nell'azione ». Questa risoluzione induista di azione e contemplazione fa dell'uomo un puro Spettatore. Essa, facendo si che l'azione aia completamente riassorbita dalla contemplazione, dissolve la vita in un puro spettacolo (sogno). Nella soluzione orientale, se Arjuna deve combatterò, è solo per contemplare la necessità, la fatalità sua di combattere. Invece, l'agire contemplativamente di S. Giovanni (e di Platone) consiste nell'agire ciò che si contempla. Nella Bhagavad Gita l'inazione in se estingue l'azione; in S. Giovanni la (1) Pietro Zanfrognini: «Azione e leontemplazione •. Bari, Laterza edit. 0930, L, 14. Fnd■tdp contemplazione genera l'azione nel senso che questa non può essere che una realizzazione di quella. In fatti, il cristianesimo non è che « contemplazione nell'azione »: verità praticata, vissuta. A un grado ancor più alto giungono gli tTogasutras», o t-Aforismì <h Mistica* di Patanjali. Attraverso la sua tecnica rarefatta, 6Ì perviene addirittura a quello stato, orientalmente detto Kaivalya, in cui lo spirito si fa puro e libero spettatore, del Tutto e di so medesimo: conoscenza pura, vacua, che non conosco che la propria conoscività. Dopo le vie orientali, Zanfrognini prospetta in quali modi lo stesso proteina vitale (di Aziono e Contemplazione) sia stato posto dall'Occidente, antico e moderno. Nella seconda parte del libro si studia in fatti rOrfismo, la Tragedia Greca, la filosofia platonica ; poi Hegel e Schopenhauer, fino all'odierno Steiner. Primieramente, una meditativa contemplazione della natura suscitò nell'anima un moto di fede nella propria immortalità : in noi vi è terra e seme: il corpo e l'anima: l'anima si seppellisce nel corpo, ma per la morte del corpo risuscita. Di qui venne il mito di Dionysoa; di qui venne l'Orfismo, per cui l'anima dice: ilo sono figlia della Terra e del Cielo Stellato». Di qui venne Pitagora: il corpo è il sepolcro dell'anima, e se ne libera per mezzo della «catarsi», o purificazione. Di qui venne Eraclito, il quale vide che la vita vive di morte (le ceso non sono che per il loro struggersi: il fuoco). E di qui in fine velino Platone, per cui l'anima si disseppellisce dal corpo mediante la contemplaziono delle purissime Idee : esse appartengono all'altro mondo : contemplandole si partecipa all'eternità loro: ma il contemplarle è un « morire »: cioè un rivivere in esse mediante la morte fisica. La Tragedia Greca nacque da Platone. Contrariamente all' Oriente, la contemplazione qui rende attivi : per essa si partecipa a ciò che si contempla: la vicenda vitale del nascere e del morire, e del rinascere attraverso la morte. L'uomo si fa at tivamente partecipe della vita di vina rappresentata : e questa travolge chi la contempla. Zanfrognini fa nascere da qui la tragedia greca : azione che prima anticontemplativamente si afferma, poi contemplativamente si nega. Perchè, o nel « sogno profetico » (Atossa, Cl.iennestra), o' e i o nel « delirio profetico » (Cassandra), o nella « profezia dell'Oracolo Pizio » (Eumenidi), o nella « profetica imprecazione » (1 Setto a Tebe) l'assoluto volere divino si è espresso una volta per sempre. Nel mondo occidentale moderno, il problema di Azione e Contemplazione vive, come dice il Windelband, nella insolubile contraddizione del nostro tempo: l'antitesi della Volontà schopenhaueriana e della Idea hegeliana. L'intimo dramma di Nietszchc non è di fatti che codesta contraddizione. Hegel afferma che ogni cosa è, in sè, Idea. Schopenhauer dice invece ohe ogni cosa c in sè Volontà. Tale volontà foggia le forme, o foggia se stessa in forme. Codesta antitesi tra cuore e mente, tra volere e conoscere, nata anche prima di Kant, in seno alla Scolastica, nella lotta tra tomisti e scotisti, non si risolve secondo Zanfrognini che nel cristianesimo puro, per il quale nelle cose non vi è soltanto volontà, ma anche sapienza. Ed eccoci dopo le vie orientali e occidentali alla via maestra, all'unica via, che risolve compiutamente o'il problema di Azione e Contempla zucdmmtcmrbgrèas zione. La mistica cristiana non è un'astratta emersione dalla Natura, com'è la mistica orientale; nè è una diretta immersione nella Natura, com'è la mistica occidentale, antica e moderna. La mistica cristiana, nata tra Oriente e Occidente, concilia, comprende e risolve in sè tanto la mistica occidentale quanto quella orientalc: libera dalla Natura, e libera in Dio la Natura, per cui si giunge a quella contemplazione operante, ch'è stato di grazia. Pensare è operare: «Je veux passer mon ciel a faire du bien sur la terre», dice santa Teresa di Lisieux. La via di Zanfrognini non è, quindi, che meditazione della Parola Divina, e in particolare dell'Evangelo secondo Giovanni : atto di fede, dedizione allo Spirito, potenza del Cristo Interno (Grazia). Via perfettamente trascendentale: di quella trascendenza che manca alla teosofia del Dottor Steiner, e che può a lungo discutersi, ma che tuttavia rende il volume di Zanfrognini quanto mai prezioso per quanti cercano di conciliare i problemi dello spirito con il cristianesimo evangelico. GIUSEPPE RAVEGNANI. p

Luoghi citati: Evangelo, Tebe