La disoccupazione

La disoccupazione La disoccupazione li' la nota pii'i saliente dell'odierna fase di inasprimento della disoccupazione operaia: pili ancora che le proporzioni assunte dal fenomeno in Inghilterra. La disoccupazione Inglese, ove la .si esamini nel quadro dell'economia europea, perde molto dei suoi caratteri di eccezionalità. I 2.260.000 « senza lavoro » del Regno Unito, d'adulti in cifre percentuali rispetto alla quantità delia popolazione lavoratrice, costituiscono sì un indice grave circa la situazione della economia inglese, ma non di una situazione assolutamente eccezionale rispetto agli altri Paesi europei. La percoli luale dei disoccupali inglesi stabili o. completi (12,4 % in agosto) è, per «sempio, molto inferiore della percentuale tedesca (21,7 %) e polacca (20,5 % in luglio), e non di molto superiore alla percentuale media europea. Ciò che è eccezionale, nel processo , della disoccupazione inglese, e la rapidità, con cui la crisi si ò aggravala, per cui nel corso di quest'ultima annata le cifre dei senza lavoro si sono quasi raddoppiate (1.198.882 in agosto 1928; 2.119.648 in agosto 1929). Ma questo 6 un fatto che, se può impressionare, a migliore esame può invece apparire logico o inevitabile, come indice puro e semplice di un adeguarsi della situazione economica inglese a quella dell' economia generale d'Europa, dalla quale la grande isola può fino ti un certo punto tenersi estranea. La fase economica attuale non ò, ànfatti, costituita solamente da uri processo di crisi generale, ma anche da un contempoi-aneo processo di interno riequilibramento tra le varie economie nazionali: sono egemonie industriali che tramontano al tempo stesso che altri Paesi vanno riscattandosi da prolungate fasi di servaggio economico, sono complessi economici nuovi, creati dalla aruer xa, clic si organizzano sui mercati interni ed estori, mentre la nuova situazione politica intereuropea va grado a grado modificando le correnti di traffico tra nozione e naj-ione. La disoccupazione nord-americana ha costituito invece il tipico coup . de foudre. lì quando, infatti, si cominciò a parlar di milioni di disoccupati nord-americani, nessuno vi prestò fede o si ponsò ad una delle solito amplificazioni cui tradizionalmente sono soggette le notizie d'America nel varcare l'Oceano. Vi furono anche smentite, contro- smentite, dissensi tra cifre sindacali e cifre governative. Le accurate statistiche, tradizione e orgoglio dei rie» chi gabinetti scientifici della grandi Repubblica nord-americana, sonjj «stremamente lacunose al riguardo, per la mancanza, di quei mezzi di censimento pronti e sicuri che sono in Europa gli Uffici di collocamento, le assi curri zi oni sociali e le altre provvidenze contro la disoccupazione. Ma sulla effettiva gravità del fenomeno ogni dubbio è ormai «■Umiliato: basterebbe, al riguardo, l'atteggiamento assunto dal Presi dente Hoover, di energico intervento governativo, attraverso un piano vasto e intenso di lavori pubblici: quando il Governo nord-americano interviene sul terreno economico .vuol dire che la crisi è grave. Può essere, perciò, interessante la lettura delle relazioni e dei verbali del Congresso annuale della « American Federatimi of Labour », svoltosi a Doston nell'ottobre scorso : esso squarcia molto del velo di mistero clic ancora circondava questo aspetto della crisi economica trava-gliante gli Stati Uniti. Abbiamo anzitutto delle cifre uffi¬ciali, genuine, scevre da ogni rnaniyiolazione giornalistica. Cifre approssimative, sia pure. In quanto calcolate in base agli effettivi delle organizzazioni sindacali, che in America non sono imponenti come in Europa, e alla cui presa sfuggono non poche categorie di lavoratori, e ruf- frontale poi alla massa della popolazione operaia. Ma cifre in ogni modo significative. L'A. L. calcola a 3.700.000 la inedia dei salariati disoccupati nel primo semestre di quest'anno. Ma du questa cifra sono»esclusi i lavoratori agricoli o gli impiegati; che, per es., nel nostro Paese, costituiscono oltre un terzo dei senza la- voro (151.702 su un totale di 446.426 ul 31 ottobre scorso). E' vero che il nostro è un Paese a economia prevalentemente agricola; ma ò anche vero che è proprio l'agricoltura che negli Stati Uniti è attualmente la più colpita dalla crisi. Un arrotondamento a cinque iniVioni dei disoccupati nord-americani non sarebbe quindi esagerato. "E cinque milioni su una popolazio ttro abitante di 112 milioni sono un ou'on 4,5 % di senza lavoro, non molto lontano dal 5,3 % dell'Inghilterra, e una percentuale altissima rispetto ti quella della generalità degli altri Paesi (in Italia, per cs., la percentuale dei disoccupati rispetto alla popolazione abitante, si aggira intorno all'1.5 %). Del resto la slessa A. R L. denunzia una media del 21 % dei disoccupati da gennaio a luglio di quest'anno, rispetto alla popolazione lavoratrice. Media altissima. E tanto più grave in quanto, riferita alle medie precedenti, è indice di un ritmo di crescenza della disoc- cupazione nord-americana notevolmente più rapido che nella stessa Inghilterra. Confrontando le percentuali di 'disoccupazione tra i due Pae»i nel corso di questi ultimi tredici mesi, e precisamente dall'agosto 1929 all'agosto 1930, abbiamo queste cifre : IXGIIILIEBIU STATI UNITI diSOCC. (UsOCe. totali parziali 2,4 9 2,2- 10 2,2 11 2 n ') '•> 2>2 16 2,8 20 3,1 22 3.4 SI 3,8 21 4,'.' I'll 4,7 21) 6.5 22 5,1 22 ira agosto 7,7 » settem. 7,0 » oli olire 8.2 » nove-m. 8,8 » dicem. 8,0 1030 gennaio 0,8 » l'ebhr. 10,10 » marzo 10,0 • aprile 10,8 » maggio 11,1 ■> RillCIIO 11.1 • luglio 11,6 » agosto 12,-'. Cause. L'A. V. L. ne individua tre: 1") il ristagno stagionale dell'attività industriale; 2") la crisi economica; 31) l'accrescimento della produttività, dovuto al miglioramento della attrezzatura e dei metodi di produzione. Nulla di nuovo, quindi, da questo punto di vista. Senònchè l'A. 1- L. insisto molto sull' importanza del terzo fattore e porta dei dati che, so pur particolari ali economia americana, ove l'organizzazione scientifica del lavoro ha raggiunto un livello eccezionale, possono essere istruitivi per coloro che, con ingenuo superficialismo, vorrebbero senz' altro trapiantare i metodi d'oltre Oceano in Europa. Le industrie maggiori, si legge nella re¬ lazione del Consiglio esecutivo della A. P. L., quelle che da sole occupano il 40 % dei salariati, hanno impiegato, nel 1929, novecentomila operai di meno che nel 1919, ad onta dell'aumento considerevole della produzione. Nelle industrie di trasformazione, le fabbriche hanno aumentata, in dieci anni, la produzione del 42 %, impiegando invece 540.000 salariali di meno. I! traffico delle ferrovia ò aumentato del 7 %, e il personale è stato invece ridotto di 243.000 uomini. Nelle miniere di carbone, il numero dei minatori occupati ù diminuito di 100.000, ma il rendimento medio per minatore ò aumentato del 23 %. E se si pensa che nel decennio 1919-1929 la popolazione è aumentata di 7 milioni di lavoratori, la. gravità di queste cifre diventa impressionante. Se, quindi, è indubbiamente la crisi mondiale attuale il fattore principale dell'odierno inasprimento della disoccupazione nord-americana, il fenomeno presenta però negli Stali Uniti anche dello emise proprie, caratteristiche, delie particolari condizioni di quella economia, e non transitorie; ne sentiremo probabilmente parlar domani, a crisi cessata, quando le percentuali dei senza lavoro cominceranno a ridursi, e la disoccupazione parlerà come indice di situazioni economiche normali c slabili. Ci sarebbero poi da considerare i rimedi proposti dalla Federazione americana; ma d' essi mi occuperò un'altra volta. DARIO GUIDI.

Persone citate: Hoover