Il metodo del "mago del Palatino,, per curare le opere d'arte ammalate

Il metodo del "mago del Palatino,, per curare le opere d'arte ammalate Il metodo del "mago del Palatino,, per curare le opere d'arte ammalate 0 primo gabinetto di cura ■ Come venne al Rocchi l'ispirazione per il suo originale lavoro • Patologia medica e ricostituzione dei tessuti dei metalli - Il «cancro dei bronzi» malattia infettiva - La cura dei marmi, dei legni e dei cuoi Sono ricordi di sette anni fa.. Avevo conosciuto Francesco Rocchi a Firenze e, saputolo a Roma, l'andai a trovare a casa sua, al VJale Manzoni: uria di quelle casette basse, di poche stanze — pianterreno e primo piamo — con un palmo di giardino, costruito poco tempo prima dalla Cooperativa Luzzatti. Nel coreo della breve visita gli domandai dei suoi studi, dei suoi lavori. Mi guardò un istante in silenzio, poi mi disse : — Venga a trovarmi domani in laboratorio. Parleremo con più comodo e le mostrerò qualche cosa che l'interesserà. Andai il giorno dopo. Francesco Rocchi non era ancora, a quell'epoca, il «Mago del Palatino», corno oggi lo si designa. A Villa Mills doveva andare solo qualche tempo di poi e fu quello 11 primo riconoscimento ufficiale dei meriti di uno scienzlato-arUsta, unico nel suo genere, che onorava l'Italia e la cui fama aveva già varcato le Alpi e l'Oceano. Allora egli era addetto, quale restauratore, al Museo Nazionale delle Terme e colà, all'ultimo piano, aveva il laboratorio. Erano stati messi a sua disposizione due androni, piuttosto bui, senza il minimo arredo o la più piccola comodità. Egli > aveva dovuto provvedere alle cose più i """"o-10 • perfino all'impianto della I ! necessarie tace elettrica. Ed è là che, a «Modi[«enfici pecuniari mal onerati dal non lauto bilancio familiare, acqui-1 stando un oggetto oggi, domani mi al tro, Francesco Rocchi era riuscito a mettere insieme il suo o Gabinetto per la fisico-chimica, e per la tecnologia dell' antichità» : istituzione unica al mondo, fornita di apparecchi dal Rocchi ideati e da lui stesso costruiti perchè rispondessero alle esigenze delle sue ricerche. La prima idea Lungo una delie pareti del locale era luna serie di tavolinetti e su di essi bacinelle di vetro di varie dimensioni contenenti soluzioni variamente colorate; fissati ai coperchi delle bacinelle, in modo che pescassero nei diversi bagni chimici, statuette, vasi, monete «In cura ». Sotto una delle due finestre — quella che da un cortile antistante riceveva più luce — un microscopio con l'occorrente per V analisi visiva dell'inflnitamente piccolo, in un angolo, uno scaffaletto con un reagentario chimico. Qua e là, libri, riviste, scartafacci con annotazioni. E questo era, allora, tutto il materiale tecnico dello studioso. Domandai al Rocchi come gii fosse venuta l'ispirazione per il suo originale lavoro. — Fin da ragazzo, visitando i musei, notai come tutti gli oggetti, anche se ben custoditi, subissero un rapido deterioramento. E' assurdo supporre che un oggetto, perchè non è un animale o un vegetale, non abbia un suo svolgimento molecolare che lo conduca inevitabilmente alla distruzione. Anche a prescindere dagli agenti fisici o chimici, basta la forza dei secoli, basta il ciclo di vita dell'oggetto in sè come materia per condurlo inesorabil mente ad una fine. Mentre notavo questa fatale corsa alla distruzione, constatavo una specie di fatalismo da parte degli studiosi, i quali non tentavano di opporsi o almeno di ritardare la perdita definitiva degli oggetti delle collezioni, e dicevano: « E' cosil Tutto deve finirei». Ma no, mi dissi, non deve andare cosi. Forse che una volta ohe £1 siano scoperte le cause che pre siedono al manifestarsi e allo svilupparsi di una malattia non si è fatto il primo posso, il più importante, per curarla? E per analogia ragionavo: quando avremo ricercato e conosciuto 11 perchè delle alterazioni dì un oggetto (ogni genere di antichità va in distruzione o per deformazione prò gressiva o per disgregamento), noi avremo la possibilità di stabilire unaterapeutica basata sull'esatta cognizio-ne" della malattia e potremo trovarei mezzi adatti e scientificamente esatti per attuarla. Questa è stata l'originedel miei studi, questa l'origine dellatì™a di,i min tBtwvrntonfn a deicreazione del mio laboratorio e miei procedimenti. Acidi e bulini Scusandomi per la mia lncompeten-za in materia, chiesi allo scienziatocome si procedesse generalmente perIl restauro degli oggetti antichi. — Acidi per corrodere, raschietto, bulino per scalzare, mastice per ap pieeicare, saldature quando è possibile. Ma con questi mezzi meccanici o chimici si ottiene magari la forma sommaria: non si salva la superficie primitiva, la rifinitura originaria dell'artista. Uno dei più scientifici procedimenti di restauro, quello di Finckener, applicato p. es. ad una moneta, fa Bl che questa appaia tutta cosparsa di piccole incavature, presenti un aspetto granuloso, abbia una immagine butterata, come la pelle di un individuo guarito dal vaiuolo... Non si sa più se si tratti dl un oggetto originale o di una rifusione o di una riproduzione galvanica. E questo è uno dei migliori metodi di restauro. — E, se non sono indiscreto, lei come procede ? — Io procedo per gli oggetti antichi con sistemi Identici a quelli usati nella patologia medica.. Constatato che nello stesse condizioni agenti si verificano le stesse alterazioni, le stesse anomalie, ho raggruppato — per làmitamii ai corpi metallici — in 14 tipi le » malattie », per designare le quali uso anche termini di patologia. E cosi parlo di cancro, di pustole, ecc., a seconda della natura e dello svolgimento del processo degenerativo. Raggruppate queste alterazioni in gruppi principali — prescindendo dalle particolarità specifiche che ogni oggetto può presentare — ho proceduto alla ricerca dei metodi di cura.: metodi di cura che naturalmente variano per ogni malattia, ma che tutti si informano ad un principio unico e logico, quello di far subire all'oggetto il processo inverso a quello olle lo ha condotto allo stato di deterioramento a cui ò arrivato. Con questo sistema strettamente scientifico apparo subito un particolare della massima importanza, al quale non hanno posto mente i precedenti studiosi: e cioè quanto sia errato 11 togliere meccanicamente o il distruggere le patine, le alterazioni, le super- fetazlonJ pres;ntate dagli oggetti ariti, w In t metallico, per esem- pio in una moneta che presenti dei rigonfiarne^ „ togHere mi rig(>nnamenti s,. ,fl distruggere anche parte del parte materiale metallico che primitivamente faceva parte della moneta stessa. Sicché quando si arriva a scoprire l'immagine o l'iscrizione dell'oggetto, essa si mos.-'erà priva di quelle parti metalliche che hanno subito la trasformazione chimica o che sono state asportate dall'agente meccanico o chimico. Coi miei metodi, invece, facendo subire un processo di regressione, le particelle metalliche che erano passate allo stato di sali sono reintegrate allo stato originario, riprendono il loro posto nella conformazione dell'oggetto, le protuberanze scompaiono, riappare la nitidezza del conio originale. li contagio Poi lo scienziato passò a parlarmi della patologia minerale, come egli la Intendeva, e dei suoi metodi di cura. Un esempio tipico era quello che egli chiamò il «cancro dei bronzi», una malattia... infettiva del bronzo, del rame, dell'ottone. — Guardi qui — mi disse. — E pose sotto al microscopio una lastrina di vetro che scelse fra molte altre. Vidi dei granelli di una polvere verdastra. — Se un po' di questa polverina che si forma sull'oggetto malato si posa sur un oggetto sano, per poco che que sto sia « predisposto » si ammala, come avviene per gli organismi animali. Se questo avviene In un museo (e basta per questo la spazzola o il panno con cui si spolverano le collezioni), la malattia si propaga da oggetto ad oggetto. Ed eccone la prova. Questa vite d'ottone, una comunissima, modernissima vite d'ottone, è stata da me appositamente Infettata del « cancro dei bronzi » : proprio come si pratica per studiare le infezioni batteriche. Sugli oggetti antichi la sintomatologia del t cancro dei bronzi » e le sviluppo della malattia sono interessantissimi. Da principio si formano una o più protuberanze coniche. Quale ne è stata l'origine? Probabilmente essa va ricercata nella porosità dell'oggetto. Su questo, per una infiltrazione del terreno, si è formato forse un granello di cloruro rameoso Finché la moneta, la stamina, l'utensile e rimasto sotto terri il granpllo è rimasto allo stato di cloruro rameoso perchè il terreno lo ha isolato dal contatto con l'aria. Ma appena il nostro oggetto viene estratto e portato a contnt Ito con l'aria, allora il cloruro rameo-iso s trasforma in ossicloruro rnmei!c°- !! granello aumenta di volume e jsfiorisce come fa la calce viva qunn d° assorba 1 umidità dell aria. Sicché, «mando si crede di aver salvato un P**70 dl ""««Wt» mettendolo in un museo- magari in una veirlna, a causa dl un insidioso granello salino se ne accelera, Invece, !n distruzione. Laprotuberanza conica originale si com porta come un vulcano in miniatura: nel conetto si apre un piccolo cratere : eruttivo, ne esce una polverina verde .che corrode mtt'intorno il cratere in , forma lenticolare e se trasportata al- I trove riproduce il fenomeno. Meraviglie — No. Ho anche procedimenti speciali per 1 marmi, le ambre, i legni, i tessuti, i cuoi. Ma adesso voglio mostrarle qualcuno dei restauri da me eseguiti. E mi porse un pacco di fotografie. Ogni cartoncino portava due immagini, che ponevano a raffronto lo stesso oggetto prima e dopo il restauro. Me li consegnò uno olla volta, spiegandomene la provenienza ed il lavoro eseguitovi. — Questa è la statuetta dl Core, che è' al museo di Valle Giulia. Il tempo, nemico dl ogni bellezza e le alterazioni subito l'avevano trasformata in un residuo prpssochè informe. Restaurata, la statuetta era tornata ad essere un meraviglioso gioiello d'arte etnisca arcaica. — Questa è una moneta rarissima dell'imperatore Probo. Guardi in che stato era quando mi fu consegnata dal proprietario, uri notissimo collezionista. Nel recto si scorgevano solo dei contorni confusi, la semplice sagoma deli-imperatore: nel verso si distinguevano appena tre figurine. La monetavenne sottoposta a trattamento per la durata di tre mesi. Alla fine, l'imperatore Probo risaltava nei suoi lineamenti originali : apparivano i dettagli di una. splendida lorica, prima invisi1 bile, e in mezzo ad essa una testa di Medusa, di pregevole lavoro. Le tre figurine del verso, prima indistinte, erano tornate ad essere tre bellissime divinità, di cui si scorgevano le ondulazioni finissime delle capigliature, le pieghe armoniche delle vesti, le fattezze nitidissime dei volti. — Questa che sembra la fotografia di un ciottolo era un ammasso dì monete d'argento, inviamomi dal Museo di Aquileia Le monete non si distinguevano piti. Le infiltrazioni clorurate del terreno avevano talmente alterato il metallo, con la formazione di cloruro molle di argento, che le escrescenze saline delle varie monete si erano unite e mescolate in un tutto informe. Coi mezzi ordinari sarebbe stata impossibile la separazione ed il solo risultalo, certissimo, che si sarebbe ottenuto consiste- conio ^tematico' va nel rovinare tutto quel materiale. In tale stato il valore scientifico degli oggetti era assolutamente nullo e l'unica possibilità pratica era di trarne dell'argento, fondendoli. Con un trattamento di qualche mese le monete si separarono e ciascuna riprese la sua individualità: qualcuna si rivelò di grandissimo interesse; vi si videro busti di imperatori, figure di divinità, simboli religiosi. Il Museo di Aquileia accrebbe, cosi, notevolmente il suo pa¬ — Questo Osiride in bronzo, del Museo archeologico di Firenze, mi arrivò, come vede, in ben tristi condizioni... Il metallo si disgregava progressivamente perchè sotto l'azione dei cloruri alcalini, di cui è saturo il suolo d'Egitto, il bronzo si trasformava man mano in tanti cristallini igroscopici e corrosivi. La seconda fotografia mi mostrò la statua ritornata alle primitive condizioni fisiche, chimiche, estetiche. Due casi tipici di «e cancro » — Ecco due casi tipici del « cancro dei bronzi », di cui le ho parlato. Questa è 'una medaglia di Marco Aurelio e Commodo, di proprietà del Museo Nazionale romano, e questo £ 11 famoso « specchio in bronzo col Calcante », del Museo Etrusco Vaticano. Le iscrizioni, dapprima indecifrabili, della medaglia erano divenufe perfettamente leggibili. Dello specchio dirò solo che. se non fosse intervenuto iRocchi, non avrebbe tardato ad andare in briciole. — Questa testina di Acheloo, del Museo di Valle Giulia, presentava dei rigonfiamenti a pustole. Era una maschera irriconoscibile. Ibuon medico Rocchi l'aveva liberata dalla brutta lebbra ed il bel volto sembrava sorridere della guarigione conseguita. Ed ebbi ancora visione di diecine e diecine di portentosi risultati ottenuti Per ogni lavoro non sapevo se ammirare di più l'opera dell'artefice antico o quella del mago, che le bellezze distrutte aveva ripristinate, con mia lotta paziente e intelligente contro l'azione distruggitrice del tempo. Or fa un anno il tempo ha avuto ragione anche di lui. E forse non stroverà il continuatore delia sua opera singolare e 1 suoi geniali procedimenti saranno ondati irrimediabilmente perduti. Mi piace terminare questi ricordcon mi accenno alla modestia e all'italianità del «mago del Palatino». Non gli mancarono offerte lautissime, dall'estero, per la cessione dei suoi metodi. Io stesso ebbi visione, in quetempo, delle proposte fattegli dal direttore di una grande rivista francese: vi si parlava di un milione... Francesco Rocchi ricusò di trattare: non voleva far mercato dell'opera del suo ingegno e se rinomanza doveva da questa venirne voleva che fosse riserbata all'Italia. BENIAMINO CALO'

Luoghi citati: Aquileia, Egitto, Firenze, Italia, Roma