Un attore che non sapeva la parte

Un attore che non sapeva la parteUn attore „ iianska, la Straniera, fu la compagna degli ultimi giorni dell'infolieo Balzac, devota: « nessuna donna ò stata mai più fiera di me cicii'uomo che ha sposalo ». Fu il machmonio ai duo esseri logorati e l'aepirazioue d'un inquieto moribondo. « Balzac — scriveva Tlanska — si comporta talvolta come mi ragazzo e non comprende quanta amarezza possa causare una alla leggera, e quanto care fin" le più belle e intime relazioni. Lascia che l'immaginazione lo trascini completamente, o questo lo mette in Ulta posizione imbarazzante Per esempio, non sono mai riuscita a farmi comprendere abbastan- parola detta possa avvele-za per impedirgli di parlare sempre delia povera Maria Lcczynska, comedi mia zia. Innanzi tutto, essa non è propriamente mia zia, e poi, nes- suno di noi si è mai vantato di que- età parentela, come egli si vanta ». fi fu la vanità, quando la contessa Evelina Rzewuska rimase vedova diHanski, il disperato sprone di quel-l'assedio di Balzac, per far capito-lare la loro libera relazione, in un matrimonio: « apprendendo — scris-6e a Nacquart — cho io sono il ma-rito della nipote della regina Maria Leczinska, cho divento cognato d'un aiutante di campo generalo di Sua Maestà l'Imperatore di tutte le Bus- 6Ìe ecc. ecc.... ». La nostalgia aristocratica era In malinconia di Balzac e della sua ; nerazione intellettuale, cresciuta nel l'atmosfera chiusa della Restaurazio ne, sentendosi privata del pan ora ma decorativo di una classe cho man- dava ancora un bagliore di leggen- da, dal fondo del distrutto e recente passato. Balzac parlava di aristocrazia, la desiderava, vi aspirava, di niente era propriamente blasé, e per ciò possedeva tutt'altro, che un carattere aristocratico, ed era capace d'innamorarsi d'una sconosciuta, per via d'un gran nome ereditario, capace di passare vicino ad una creatura interessante, senza neppure accorgersene, con il suo ago magnetico sempre teso al nord della coedizione sociale. L'eleganza mondana era il fascino che l'accalappiava, l'eleganza, ch'egli non possedeva affatto. Pazienti lezioni di Laura de Berny ! L'eleganza — gli diceva Laura — è una forza più grande del genio, ed egli — scrive J. H. Rosny Ainó — abbondava in queste idee, le sviluppava, sognando di far carriera con le donne e con la piega dei pantaloni. «Non dovete — con tatto, Laura cercava di suggerirgli — in nessun caso ac¬ ■so &•■ — ™— — cet-tare un'eleganza banale. Questi magnifici capelli sono una crinierada leone, non un vello da pecora, e vanno semplicemente ondulati, nonarricciati. I vostri pantaloni, i giteti non debbono essere di colori chiassosi, o troppo chiari. Negli abiti dovete starci liberamente. La perfezione sarebbe una fine trascuratezza ». Così Laura non faceva che a^r,nistaro sempre maggior valore, agii occhi di Onorato. Quando uscì la Fisiologia del Matrimonio, la marchesa do Castries intavolò una corrispondenza anonima con l'autore, e alla fine si svelò, invitandolo a farle visita. Balzac apprendendo che si trattava della grande dama, moglie di un pari di Francia, perdette la testa, e per andarla a trovare fece un tolettone tremendo, poi per conquistarla, si dette al-le spese pazze, e persino andava gì rando con un monumentale bastone,guarnito d'oro e di gemme, che di-ventò una delle meraviglie di Pari-gi. La de Castries, allenata conhio-miui, come.il figlio di Mettermeli,ad ascoltare Balzac, provava quaì-che cosa di nuovo e sconosciuto, masubito le si smorzava ogni slancio, davanti ai gesti di quel conversatore corpulento o ostentato. Balzac da parte sua, avvezzo a metter sempre in tavola lo scopo, per così dire, consumativo dei suoi rapporti, anche questa volta cercò di portare la donna sul terreno degli impegni, e come un sempliciono si addentrò in un circolo chiuso e petulante, che alla fine lo condusse a ricevere uno 6cacco ed a perdere le staffe. Stando a Rosny Ainé, come già con Laura, così con la Junot, la vedova de d'Abrantès, Maresciallo, duchessala contenziosa tatticasentimentale, cho teneva Balzac, do po un primo e patetico rinvio, portò la causa in decisione. Ma è curioso che lo esaltava considerare il passaggio di Napoleone, nell'orizzonte della Marescialla. E quando ella gli disse che Napoleone non era un don Giovanni, che non aveva la manierach'era financo maladroit, Balzac sne rallegrò, pensando che il conquistatore gli rassomigliava. Napoleonfu un ottimo argomento diversivper la Junot, fino al giorno del dibattimento. Ma la loro polvere bruciò tutta d'un tratto, e 6i ritrovarono vani, fra loro, inoltre era in lei, di primo acchito tanto femminile-, «qualche cosa di virile», cho non serviva certo a tenerli uniti. La più umana e durevole fu invece la relazione con Laura de Berny, l'ultimo amore, per Laura, iprimo per Balzac. Di Laura si puripetere quel che osservò VincenzCuoco, sulla donna francese: un'ottima amica, s' interessa alla felicited alla gloria dell'amato, vi dà tuttil suo, ma non vi segue, serve al decoro egualmente che all'amore. Presso Laura si respirava ancora l'atmosfera del mondo perduto, e dalla madre di lei, la do Jarjayes, ch'era stata intima di Maria Antonietta, Onorato ascoltava tante cose che prendevano la sua immaginazione, e stava imbarazzato, pieno di curiositàcon quella vecchia nobile cordialele rivolgeva continue domande, e buo spirito conquistava avidamentil senso dello personalità, familiarizsandosi con il loro lato umano drammatico. Vedeva puro un po d'acqua, messa nel vino del suo Napoleone, a Insomma — le domandòhe non sapeva la parte — 11011 0 i' I)1U grande dei nostri So- «mùi», e u «e- a pìù grande condottiero di soldati che sia apparso sulla terra. Tuttavia ha perduto la partita, perchè non era un nomo di Stato ». Dopo il primo incontro, quando Onorato se ne fu andato, Laura si volse alla madre: — Che ne pensato di questo giovane? I— Beno e male, mia cara. Avrà dello idee, grandi idee, sicuramente talento. Sarà sempre goffo con le donne, ed anche con gli uomini, brusrjuc, inelegante. Fisicamente niente di seducente... — Degli occhi magnifici, madie miai Lo riconosco. E molto espressivi... Mia cara, tu non vorrai innamorarti 6enipre di ciò... pensa, egli ha l'età delio tue figlie! — Dio ino ne guardi ! Il sentimen to ch'egli m'inspira ò tutto d'ami cizia o un -po' materno, Il primo turbamento di Laura fu davvero di una tenerezza quasi ma terna, poi ella subì il potere del ta lento, dell'immaginazione di Balzac, si affezionò a quella genialità, in fine non potette difendersi e rimase tut la avvolta nel calore patetico e ber sagliere dell'istinto del giovane. Lo am°. 1° iniziò, lo spinse avanti, en trò nel suo lavoro, finanziò le sue imprese editoriali, sopportò due fal Irnienti, perdette tutto il contante, sollza perdere un momento la fidu cia> se,,za cessare di dire che la ra- "ionB era dalla. Parte del suo Balza5 senza spostarsi di un grado, nella sua sfera sociale e domestica. Balzac non era un uomo d'affari, gli affari li sapeva immaginare, rap- P«*entare, non dirigere. Non era un i "omo d azlone e. dell azione sentiva l] fascl",° immaginano. Fanciullo, m uii angolo quieto della sua casa, ama va confidare le leggende della sua fantasia alla prima Laura, la sorella, colei che prima di Laura d'Abrantès, prima di Laura de Berny, prima di ogni altra donna, credette con trasporto alle chimere di Onorato, e più tardi, quando non era più una fanciulla, un giorno gl'imprestò la piccola fortuna di 400 franchi, per lo necessità di quei lussi conquistatori. Ed eccolo immaginarsi come Napoleone, ma vittorioso, attraverso la Russia, in Asia, a raccogliere il più grande esercito di volontari, per la conquista del mondo intero. Egli fa pensare ad una riflessione di Hugo, a proposito della letteratura del 1820 « ancora più piatta di quella 1810, e più imperdonabile, perchè non v'è più un Napoleone per riassorbirò tutti i geuii e farnedei generali! Chi sa? Ney, Murat, Davoust, avrebbero potuto essere dei grandi poeti. Si battevano come si vorrebbo che si scrivesse». Per con-tro, Balzac sombra un ritardatario cho Napoleone non abbia fatto in tempo a schiumare dal genio fran-cese. Egli possedeva quella facoltà d'immaginazione, di cuore e di slau- ciò, che, assai più del realismo è del- l'organizzazione moderna, occorreva per essere un soldato di Napoleone, Ma vuoto il mondo dell'Imperatore, vuoto il trono dell'antica monarchia, Balzac sogna tutto quel che non ha, essere un aristocratico, possedere il dominio sociale, non importa se come uomo d'affari, o come imitatore della commedia umana, se l'azione fallisce, egli ritorna all' imitazione, e con la vanità, l'immaginazione e la volontà, scava negli amori, negli affari, nel cuore della società, s'impadronisce dei segreti, compie una grande esperienza, da parvenu, non vede che un sottosuolo, rappresenta acerbamente tutto il sottosuolo borghese. Se lo volete sapere — sembra che dica — ecco qual' è il dominio della vita, il potere sociale. Realista! ripete Rosny Ainé. In verità realista si dice anche di Goethe, di Manzoni e di Shakespeare. E a Balzac mancò la comprensione dei grandi e più disinteressati interessi. Non li vide nella commedia degli uomini, perchè non operavano in lui stesso. Il suo realismo non è interamente realistico, per tutto quello ch'egli non abbracciò, e lasciò fuori del suo mondo. Come, da uomo d'azione, non fu un realista, così gli mancò pure il realismo'proprio della poesia, e di lui si può diro quel che Leopardi, forse eccessivamente, diceva dell'impoeticità della lingua francese. Lo spirito di Balzac fu uuo spirito tutto prosastico. Quel mondo, con le saracinesche calate, attorno alla società, senza sfondo, senza infinito, senza misticismo, senza antichità, e per tutta tradizione, una classe decadente, è il mondo d'uno spirito nato ieri, gonfio d'una lilosofia tutta pratica ed attuale. Egli stesso fu un caratterista ed un at.tore del suo mondo, con la sua vanità, la cattiva eleganza, e la suggestione dell'aristocratico, un attore che non sa la pai te; ma lasciate cho si rasserenino le suo rozze meraviglie, le curiosità di primitivo, ch'egli assa pori quest'aristocrazia, plachi l'istin to, possa arrivare a comprendere l'umanità dell'amicizia, e considerar George Sand, fuor dell'impero dei sensi, ed eccolo, nella sua parte di uomo rattristato, perseguitato dai creditori, di buon camerata, di paz zarellone. A casa sua, una sera, iu- vitò la Sand ed altri compagni e dopo una cena di melone, carne bollita e champagne, volle accompagnare, per Parigi, la comitiva, vestito, come si trovava, con una delle sue sontuose vesti da camera, e con in mano una bugia cesellata. « State attento — gli diceva la Sand — che al ritorno vi assassineranno». E Balzac: a Non ho nulla da temere: mi crederanno un pazzo, se non mi prenderanno per un principe». Tenendo in mano il bel candelliere — racconta la Sand — parlava di cavalli arabi, ch'egli non aveva ancora, che non ha mai avuti, e ch'egli credeva fermamente di avere al più presto: «se l'avessimo lasciato fare ci avrebbe riaccompagnati fino all'altro capo di Parigi». MASSIMO LEU. J. H. Rosny Aine, Ln vie amoureusc de Balzac — Flamrnarion.

Luoghi citati: Asia, Castries, Francia, Parigi, Russia