Frusaglia

Frusaglia Frusaglia ^ Per chi non lo conosce, Frusaglia é un paese ch'è bene visitare. Dove easo sia, da quale, parte d'Italia, in vero non ai sa; ma intanto possiamo leggerne le cronache, e renderci amico il fedele cronista, ch'è un giovane scrittore marchigiano, Fabio Tombari. Il quale, or fa un anno, si fece appunto notare con aTutta Frusaglia», XXXIII cronache, — Vallecchi editore — e n'ebbe anche un premio. «Sulle nebbie basso dell'autunno,' moFrusaglia vagava come l'isola della! auleggenda. Pareva che il genio della1 glsera l'avvolgesse in quelle nebbie! simper riporla con cura nello scrigno1 spgemmato della notte». « Frusaglia, i genome strano, gente matta, visi da spparadiso, facce da coltellate. Vivo- \ mno, su, sui loro grossi monti come i t8la pute naretrasemmavebrdi gufi sul tetto d'una basilica». «Frusaglia è la più bella. Sfido a rifalla. Nell'aria fluttuava qualche pa rola sconcia, una luce improvvisa ogsapraruna perla, un vocabolo nuovo, una'erdue tre quattro cinque rondini, e|sanna gran vela arancione, crociata avemezzo. E tutto ciò che era uell'aria1 cluera nell'acqua, fra le alghe, a testa SIall'ingiù, affogato, mazzerato nel;?1"fondo: case, omini, ogni cosa». Que- insta, signori, e Frusaglia: l'ideai [Mhborgo di Fabio Tombari. Bello el~quasi selvaggio, Tombari vi resnalchcome il reuccio della favola. g0"„|rofatti, un'aria da favola bella, un e venticello di stampo romantico' cTr^i'|Pcolano tra le sue case-e tra l'avvea-ltature della sua gente. E' inutile, ri-|crperiamo, ricercare Frusaglia stili carte geografiche, sulla terra ferina come un groppo preciso di case chiuso tra mare e collina, apparte- puchdinoogaendo essa alla geografia del sogno.' Per ciò, riferibile quanto si vòglia d,per certi dati al paese nativo dello!suScrittore, la fantasia la ripulisce, la! poesia la trasfigura, l'epica le donai !''nn'aura fresca ! chiara di mito. Pariche Frusaglia debba essere il sim-, ,l, „, j>„„J? 4»iuin„, ;i „,~t4„ „, „„ gebolo a ogni folklore, il gretto augo-, ». ' t-fc •.. • a,- ■ calo provinciale caro agli scrittori ti Vi • • • j ti 1U■po Fucini; e invece proprio da Fru- .„r ,t ."il i i j r i 'ulsaglia tutte le strade partono cornei -.- 6 , -, , j i- • . • lam volo verso il largo degli orizzonti. „« , ,-, 6 iD i i. .. anGli e che in Frusaglia la terra e.' « . , • -i ■ -.ìlilegata al cielo con fui azzurri; e il euo cronista anche se parla libero,' vha 1 animo del trovatore, 1 inqme-Lu, , - , - tudine del vagabondo, la gioia con-|CÙtraslativa del camminante. Lo si ascolta come ■ ascolterebbe qualcheL,vecchio cantastorie, beffante e oan-jbdido, sensuale e innocente truou-jsulento e idilliaco. La sua virtù e li-|dstinto, il veder giusto, il pensar schietto. Il suo rea umo minuto si necalda alla fiamma di un sangue sa- gno; la sua nota beffarda s intona nnella piena orchestra della vita vit- e t-onosa. b superamento, salute, odoipo la messa|uoDomani all'alba, ddpo la d'oro, prenderò solo per una lunga strada. Alla prima osteria berrò un bicchier di vino alla salute vostra, amici». E' male pensate, come altri hanno fatto, alle cronache di Frusaglia come a una specie di Veglie di Neri, più pittoresche e più rozze. Nel- mfrtepscnala prosa pur sanguigna di Tombari, gìgli elementi poetici si presentano' assai più sostanziati che quelli cronistici e ambientali, donde quella oalda luco per cui l'arte del giovane scrittore si rifrange in un mondo maggiormente vasto u complesso. Si direbbe che spesso una improvvisa fuga dalla realtà, un cieco bisogno di dare alte ragioni alla vita e di accender stelle sul mondo rspccddsasiano lì a cucire con un leggiero filo j sd'oro anche le parole più crude ei opiù nette. vCerto, scrittore d'istinto, Tomba- tri dà rilievo e luce alla realtà con|sI salfinigccun guato minuto e termo e con una bravura svolta, ohe nulla tradisco. Il suo modo di vedere è elementare, primitivo, a spigoli netti, senza pciombre ; il suo stile plastico e corposo; la sua lingua appassionata, calda, sfogo del sangue; e ciò può indurre a credere in un realismo naturalista, tipo Verga o tipo D'Annunzio novellieri. Apriamo lei vcronache. iBeveva nel piatto conio lina tromba marina: succhiava». «Là una fanciulla dal viso tenero 'd'un uovo, bisbigliava in ginocchio sulla pietra scritta d'una tomba gitmgparlava con gli angeli; qua, un tgrosso mercante contava i grani di'sun rosario, accigliato, quasi non glij stornassero i conti ; più in là un soldataccio pregava sottovoce, quasi bestemmiasse in silenzio; e dietro una colonna si celava un vecchio 'dal volto scombuiato : nel pugno di aquila stringeva un grosso bastono di spino», oLanguido, come un poeta crepuscolare malato di stomaco, .pareva la Madonna di Loreto», a Adesso. Gli è venuto un colpo là svsulla sedia, davanti all'arola. Mia madre e mia sorella piangono una sull'altra; io l'ho chiamato tre vol-!te: Babbo, babbo, babbo. Ha in | mano lo schioppo, la testa gli pendo; come un uccello morto, la pipa gli; è cascata in terra». |Eppure, il vero tono di Tombari è altrove, in certe immagini più lai- ! ghe, in certi translati colmi d'evo- cazioni, in certe soste che paiono | sbandamenti improvvisi, viottoli c| giravolte del discorso, parentesi lente del racconto. Il succo, il fermento della prosa di Tombari è qui : in ques-te affrescature che mettono sul-; la terra, nelle cose della terra, un | chiarore di cielo. In una parola, il! poeta impresta al narratore il suo: tocco, la sua luce. Apriamo ancora le cronache. «Era uno di quei mat-l tini freschi, sonori e lucenti come; campanelli d'argento. Uno di queijmattini d'autunno in cui la leggèn- 'da sorge e vanisce con le nubi rossej'dell'aurora». « L'acqua dell'orcio, era fresca e rispecchiava il cielo.jBevendo, bevevo le stelle». sQuan- do a Natale quei briganti seesi di'Maiella vengono a portarci il tem- ° •<* • -• • j>acc:o a Buon di pifferi, noi pensia-1 mo conquista eli toni non soltanto autobiografici o bozzettistici. Frusa glia» perduto paese, riuniva in sò simboli e mondi complessi, donde, spaziare verso ogni vastità. Quindi, genuino temperamento di scrittore, spregiudicato ma pariménte com mosso e pronto al sogno — «era quel t8n«P° di mia giovinezza felice in cui mo alle loro montagne coi santuari I svicini alle stelle, a un violino, al-J cl'incenso e a una zampogna fra luci; gd'oro...». E, in fine: «Non appena sulla nostra spiaggia approda la bel la estate dai piedi nudi, tutto tra punto, il ciclo appare divinamente a. «Così scompigliata, la signorina Bice, con le vesti lacerate, pareva una nube di maggio passata tra una siepe di spini. Era più: sempre una nube c odorava di maggio ». Con questo sentimento, c attraverso qualità di realizzazioue di timbro purissimo, il mondo provinciale di Prosat*lia s'offriva a Tombari co- ogni mattina all'alba, uscendo di ca sa, mi pareva di muovere a una impresa di gloria. E i galli erano i miei araldi, o l'azzurra 6tella del mattino era !ii lnia stella », — Tombari, passancl0 flal racconto al romanzo, doveva saldare in una unità morale clueS:| clementi di varia umanità, SIa Visibili come spunti e come sot?1"1.12;'1, nelle cronache. Perciò, noi indichiamo come romanzo di Frusa[Mh& 1ucsto nuovo libro del Tombari ~ " La »»'" D i1) — non solo percho aPprolondisce e allarga sino a ebcdalataavscncbppcStetmtcbrom_aiizo la XXXIII c--naca, o tipi e sfondi che già c dicemmo, ma '|P?oialmente perchè con più larga tantasla .vi si adunano e vi si concrelano 1 van elementi di ieri. £ può diro soprattutto che le crona che formassero le parti pittoresche di un mosaico senza che il disegno no sortisse completo e appariscente ; oggi, vitan tombariana codesto d,MS"? 1"0àtra. nettamente segnato !sul'° *,?ud?.0 «?" ambiente gaa noti. ! ..Umt>' 51 badl- spirituale ; che «/.« i !''<*» 0 r.ommzo di. 4?]a ^ davveniassai.scarne, risolto più per si, ,lf 0,m huch* cho aar?|^Ye- LeS" gendolo, si pensa a un idillio musi, 1 , , , , ■ cato, a una serenata cantata a lume 1UJ ottr-ue, & un uat-ino ora ìemo e .„, ti' j ., 'ula tempestoso. Il prisma della vita i -.■ l- , ' ■ ,r ., , „, lai rrusaglia qui se rifranto nella- „ci:t„ , °_n - u i • anelilo e nella passiono che domina- ' -, ,,. . '; , ìlio il protagonista, nel suo amore-, ^ ' v;olent di seusua!l3i e iu fino nel Luo rii.trovaE edo carattere tristo, di ribelle, di di sensuale, e in fino ne] u.amento, nella sua alta na- |CÙ unlaT)a Noi insistiaino sul]e lifc| musi. L,,; ed CVl,oative dclla ' di Fa_ jbio Tombari, pcr indicare quanto il jsuo cos5 detto realismo si distacchi |dalle scuole già note. I capitoli di io mmallzo lmn d fendono ne]la narrazione c]ie a sbalzi prose- gUe e si sviiuppa, non racContano, non s; calano neUa rea]tà distaccata e per sà vivente; ma, brevi sino a occupare talvolta appena due pagi- |ue; s'aprono lenti e larghi come sal- mi, come inni. Non si può dirli frammentari, ma piuttosto considerarli corno variazioni di uno stesso tema orchestrale. Il loro compito apparo per eccellenza evocativo, trascorrendo da ciò che fuggo all'eterno, dall'atomo al cosmo, dal finito all'infinito, dall'ombra alla luce. Co¬ gì, sul tronco della scarna trama, ' o o rami salgono verso il cielo A nostro parere, il succo della personalità del Tombari, la sua virtù più appariscente, stanno appunto in codesta forza di trasfigurazione, per cui la parola non ha limiti, si sfalda, richiama fantasmi lontani. L'ardore suo, codesto primitivismo, codesta luce di sensi vergini, danno ali alla materia, suoni e riflessi univero j sali. Apriamo a caso <t La vita ei ogni pagina no porta i segni. « E venne Testate, quando lo rondini - tessono la trama azzurra del cielo e n|si pescano gli sgombri, e i bei mo- I scoui fermano il volo stupiti davanti ai girasoli. I forestieri delle città lontane vengono cou le mogli e le figlie a lavarsi c a risciacquarsi noi nostro mare bizantiuoi. «E vennero i giorni del malo e della miseria, i giorni in cui è antipatica ogni l'accia che ride; quando in famiglia si mancia senza parlare, coi gomiti sulla ta- a . , , ò o o ei vola ». « È' bello il Natalo a Frusa- o . o o glia, coi suoi briganti cho calano dalia montagna a portare il tempo cattivo a suou di cennamelle. Bollo a mezzanotte coi grandi fiati dell'or gano della chiesa d'oro, col fumo dei n turiboli e le fiammelle d'oro. Nella i'serenità degli astri che splendono ij sulle case dei contadini, è bello pen i o o i o eo, », à sare alla lontana a un pellegrino che va a messa sui monti della Sibilla, per quello strade di neve, elio non finiscono mai, guidato da una povera campana ». La tìsonoinia romantica, la costruzione cantante di questa prosa sono evidenti. Tombari, anche quando più si sofferma a descrivere, — raramente egli racconta, — e dà nel- a l'ironia, nella pittura a guazzo, nel a ritratto a linee caricaturali, non nal-!scoacic mai codesto lievito appassion | nato, codesta nota di dischiusa uo; manità. Maria, la fanciulla che imli; mette in tutto il romanzo come una |candida luce anselicale, più elio de- ri scritta apparo accarezzata con mani - ! tremanti, fasciata d'amore adorano- tè, innalzata a simbolo della purezza o | della vita. Tra i capitoli belli, quelc| lo della sua morte, è il più bello: nnn compatto, lucente, singhiozzante di un chiuso pianto, terribile. Nel dolore, il vero volto di Frusaglia appa- l-; re; e mostra solchi profondi, di pia n | ghe umane. il! Gli è che, sul finire, il romanzo o: prendo quota, vertice d'inno, a La ra vita » non è che un'adolescenza, una t-l giovinezza, disillusa e ribelle, che ri me; cerca i perchè, che vuol credere in eijse stessa e in qualcosa che sia urnan- n'ita idealizzata, che sia assieme tersejra e cielo, peccato e redenzione. Da io, qui le parole di padre Clemente, trao.j sparenti conio l'acqua, e come l'ac n- qua specchianti il cielo: «Ama l'è di'terno più de-! futuro. In quanto al m- l'amore, continua ad ardere. In pa- i:_. ..: i j: . scpctssvcTbvNmcSpbfolnalgla1 radiso vi ò una selva di fiori: quivi sono gli amanti. Il loro regno è più chiaro di un mattino di festa, più gaio di un gallo cho canta. Vita non e, poiché vi si muoro d'inestinguibilo dolcezza, morto non è. Una coppia d'amanti è corno un groviglio di rose». Tn quanto ai modi di quest'arte, ai gusti dello scrittore, Tombari parla per bocca di Biaginj, simpatico tipo di beceamorto, critico letterario a modo suo. «Scrivi male, dà retta a me, scrivi alla diavola come vicn viene, foco e pepe: pensar forte, scriver corto». «Ho letto il tuo manoscritto : è una vendetta. Peggio di così si muoro: pare cho tu ce l'abbia con la letteratura. Bravo, scrivi per dispetto : periodi senza senso, parole buttate là a casaccio in cerca di un vocabolo, volgarità molta. Sei un brigante. Insisti : pensar forte e scriver corto. Non avvilirti : se ti va malo, verrai a fare il beccamorto con me: c come fare il bibliotecario: s'incasella». Pensar forte e scriver corto ! Anche in fatto d'estetica, un beceamorto non falla. poveroGIUSEPPE RAVEGNAN!. (l) Falliti Tombart: «La vita». Mondadori editore, Milano, 1920. !.. 12.

Luoghi citati: Italia, Milano, Veglie