Le trombe di Gerico

Le trombe di Gerico Viaggio allegorico in Peiles.tixx£i. Le trombe di Gerico ti nostro Direttore ha avuto occasione di P'raccogliere, sulla vita di quel popoli, gnnote e Impressioni personali, e un aii- deS'aBlSa0'^ ™il suo ritorno In Italia, gli avvenimenti ncrivoluzionari dell'Egitto o 1 retroscena undella politica Inglese In Palestina. Al selettori della «Stampa», elle hanno se- «ulto gli articoli di Malaparte sulle ul-! Pelime vicendo di quel popoli, diamo oggl|noli primo episodio di un .Viaggio allego- mrlco In Palestina», nel quale 11 nostro : prDirettore descrive con originale fantasia f™i. im.,.^1/,,,1 c„c»i,,.o i. natia M.I tale impressioni suscitate ih lui dalia caratterlstlca visione dei pausi della Bibbia e dal Vangelo. Di questa visione • allegorica » non sfuggirà al nostri lettori il chiaro senso del riferimenti, dei sottintesi e delle allusioni. Il secondo episodio, che avrà per titolo • La statua di sale » apparirà nella « Stampa » di martedì. Almeno una volta nella vita, le rombe di Gerico suonano alto e mattutine nel cuore di tutti gli uomini. Da bambino, in Toscana, mi vegliavo spesso all'improvviso, nele notti di primavera, udendo in ogno un clangore di trombe giù ella Valle del Bisenzio. La notte ra dolce, e il silenzio profondo e hiaro come un lago. Tempo fa, a Parigi, nella Salle Oaveaìi, due negri d'America, lucii e protestanti, cantavano uno spiitual innanzi a un pubblico malato di tpieen e di rammarichi erotici: uno, il più nero, aveva una voce di asso, affogata nel ventre, cupa e vendicativa, l'altro una voce di conralto, appassionata e morente, la voce di Andromeda incatenata allo coglio. Le parole dello spiritual ceebravano le virtù di Giosuè e delle ue trombe, 6otto le mura di Gerico. due negri'cantavano con gli occhi l cielo, a mani giunte, come i patori di Betlemme inginocchiati soto la coda della cometa: le unghie pallide, in cima alle dita di carbone, embravano fiammelle di gas, fuochi di Sant'Elmo. Dovevano avere quele fiammelle sulla punta delle dita, Santa Teresa e Santa Caterina, quando pregavano. I due cantori eguivano certo, con gli occhi bianhi, un volo d'angeli neri, dai capeli crespi e dalle labbra sporgenti, ibrati sulla nuvola di polvere che 'alzava dalla rovina delle mura di Gerico. I negri vedono gli angeli a modo loro: la Madonna dei negri è come la Vergine polacca di Censtocowa, affumicata dagli incendi dell'assedio svedese. All'Osteria del Beton Samaritano L'eco di quello spiritual mi accompagna stamani, mentre cavalco sulla strada di Gerusalemme verso ó rive del MaTe Morto. Il cielo di marzo, inquieto sul Monte dogli Olivi e striato di correnti chiare come o specchio di un golfo marino, si fa di un azzurro più cupo al sommo dell'arco, e giù, dove il cerchio dell'orizzonte si adag'a sinuoso sulle montagne di Moab, nuvole gonfie di vento e di pòlline riflettono il giallo dei prati arsi e delle petrose solitudini della terra di Lot. Il paese intorno è vario di cipressi e di olivi : ogni tanto la linea dolce di una collina fa pensare al paese toscano dipinto da Giotto. Così guardo e penso, abbandonate le redini, quando uno strepito di tromba mi sorprende alle spalle. Avevo passato la notte all'Osteria del Buon Samaritano, 6opra una stuoia stesa per terra in una stanza ingombra di selle e di ceste vuote, ammucchiate alla rinfusa lungo i muri. Ero partito all'alba da Gerusalemme, cavalcando su per i clivi erbosi che si rompono a un tratto e cadono precipitosi nella profonda vaJlat» del Giordano: la stagione •ara calda, il vento di primavera portava dal deserto il presagio delle prime nuvole di cavallette. Dopo aver percorso durante il giorno le colline e le valli che ad oriente del Monte degli Olivi si prolungano sino al Monte della Quarantena, a picco su Gerico, dove Gesù fece penitenza e fu tentato dal Demonio, ed essermi riposato per qualche ora nel convento greco di Koziba, sospeso come una eabbia ai fianchi rocciosi del monte sull'abisso dell'El Kelt, mi ero avviato verso il Nebi Musa, dove i mussulmani pretendono sia sepolto Mose. Era già buio, il cavallo era stanco, è mi parve prudente fermarmi a mezza strada per passare la notte all'Osteria del Buon Samaritano. Davanti alla porta della locanda, famosa nelle cronache per quel gesto di misericordia che tutti conoscono, era ferma una piccola Ford, grigia di polvere e carica di valigie di cuoio. Mentre scendevo di sella, ecco uscir dall'osteria e venirmi incontro, <:on l'aria di uno che fosse già stanco d'aspettarmi, un vecchietto magro e svelto, di gambe corte, dalla testa piccola e dalle labbra sottili e sorridettti in un viso arguto, nudo e rugoso. Mi strinse la mano con la cordialità di un vecchio amico e, prendendomi a braccetto, «scusate, disse, se mi presento a questo modo: io sono Francesco Maria Arouet, signor di Voltaire». i Proprio quello?i, esclamai. o Proprio quello, il Patriarca di Ferney, il Voltaire di Candido, del Sottisier, delle lettere Filosofiche e di altre cose ancora* «Una vera fortuna, dissi, che io debbo certamente più al caso che alla mia previdenza», e aggiunsi le so lite frasi cortesi che sono d'uso in simili incontri. Straordinari incontri, che avrebbero l'aria di miracoli in qualunque paese, fuorché in Palestina, sulle rive del Giordano, dove i miracoli, per antica tradizione, son fatti ohe non escono dall'ordinario e a oui nessuno fa caso. Un ara bo; intanto, s'era preso cura del mio «vallo e l'andava liberando della ndesplagamdegiorspdizipraptenmsopcocrtalefrspnddlopusidarfccsCpmTsdugalbcscecvdVdcLlqrqgdesFbcvrim ac-ere, riprese Voltaire accompa- mandomi a braccetto verso l'entrata ell'osteria, d'incontrarmi in un uo- b™ civik <*" non eia nè un ebreo, sc un arabo ne un inglese», e fece ln gesto di lieta meraviglia, quando ppe ch6 ero italiano, che viaggiavo • . ' ,,86 , er mi° piacere e, sopra tutto, che on ero un pellegrino. <tMi sono orai persuaso, continuò, che bisogna referì™ li (oAa /.Vio ,„,,„,., 1„ m™. ™**"™ la «de che muove le mouglie a quella che muove gh uonii- E aggiunse che dopo un'espe- enza di tanti anni, dopo tutte le elusioni alle quali l'ave-a condotto, ecie in questo principio di secolo, sua filosofia, dopo tutti i disinanni di cui egli era debitore alla orale europea, a quella morale moerna della quale egli si considerava ustamente, non senza un paterno goglio, unico giudico ed unico reonsabile (e qui, a bassa voce, mi sse che non sapeva tuttavia rinunare ad esser fiero degli errori del rossimo non meno che delle proprie agioni) aveva scelto, per vivere, una rofessione che il pregiudizio dei mpi gli faceva apparire assai più obile di quella del filosofo, a Dai iei amici d'America, concluse, pres i quali la mia antica benevolenza er il buon Huron dell'Ingenuo mi onsente di godere ancora un po' di edito, ho accettato la rappresenanza generale, per la Francia e per colonie, mandati e protettorati ancesi, delle macchine Ford, di cui pero un giorno di riuscire a indoviare il funzionamento un po' meglio come l'Algarotti sia riuscito a inovinare il meccanismo della mia fisofia >. « Nessuno a Parigi, l'interruppi, uò certo vantarsi di avere avuto n destino migliore del vostro: non ete torso diventato, in qualche moo, il rappresentante della filosofia mericana, cioè della meuo voltaiana del mondo, nel paese più volairiano della terra?». « E chi vi dice, replicò il Patriara di Ferney, che l'America di Ford a meno voltairiana della Francia? ome pensate dunque che sia prorio toccato a Ford di compiere il miracolo di condurre Voltaire in errasanta?». «Ecco un miracolo, dissi, che lo tesso Mose non si sarebbe sognato i fare, nemmeno se avesse ricevuto n'educazione borghese». Alle mie parole Voltaire si volse a uardarmi sorridendo e «in quanto Mose...», prese a dire, ma in quel a l'oste, un arabo barbuto in gala la corta e a gambe nude, si avvi inò alla tavola ch'era in mezzo alla tanza, si fermò ad aspettare che i fossimo messi a sedere, posò piatti bicchieri, un boccale dì vino, qual osa da mangiare in una specie d: vassoio di terracotta, e uscì guardanoci di traverso. «Ora capisco, disse Voltaire ridendo, perchè l'Osteria el Buon Samaritano si chiami anhe Khan el Hatrour, che vuol dire Locanda dei ladri» e mi raccontò che ocande di quel genere, se non di quel nome, ne aveva incontrate paecchie in tutta la Siria, dove per quasi un mese non aveva fatto che girare in lungo e in largo, per studiare le condizioni di quel mercato e rendersi conto da vicino della posibilità di conciliare la filosofia da Ford con la pigrizia dei soriani. «Un buon mercato, aggiunse, per le macchine di poco prezzo: ma la politica francese in Sina non è certo favorevole al buon andamento degli affari». E qui, vedendomi sorridere, «chi si sarebbe immaginato, esclamò, di poter un giorno incontrare 'autore di Candido, al volante di una Ford, sulla/via di Damasco?». Le mummie e le cipolle sbdrednmlstettddmtsrilliigDalia politica dei francesi in Siria il discorso passò a quella degli nglesi in Palestina. Voltaire non sapeva darsi pace, al pensiero che proprio agli inglesi fosse toccata la custodia dei Luoghi Santi e l'ammi lustrazione di una terra così fertile di miracoli: a il popolo britannico non sa amministrare i miracoli; in tutta la storia d'Inghilterra non si trova un solo miracolo. Non voglio dire che non vi sia gente che non si provi a farne ogni tanto e che, all'occorrenza, non ne saprebbe fare ma per ora non ne conosco; e i santi inglesi, quei pochi di cui si traman dano i nomi nei calendari, son trop po gentlemen per essere santi e per far miracoli. In quanto a me... Voleva forse aggiungere che egli non credeva ai miracoli, ma io lo prevenni con un sorriso discreto: «è chiaro, dissi, che voi non credete ai miracoli perchè non sapete farne». «Non mi ci son mai provato, re plico Voltaire, ma non credo nella natura, come Rousseau, o nelle mac chine, come Ford, fino al punto di stimarmi negato a quest'arte. Un francese del nostro tempo non può far miracoli». Qui entrammo a parlare d'ogni specie di cose miracolo se, dei misteri della magia, degli an tichi egiziani e delle favole intorno alla civiltà di quel popolo. Ero ve nuto a Gerusalemme dopo una Iun ga permanenza nella valle del Niloche avevo percorsa in tutti i sensda Alessandria ad Assuan, ed era ancor viva in me la delusione di cuserberò sempre all'Egitto la più nera ingratitudine. Ecco un paese che amiei occhi non ha nulla di misterioso o di magico: una civiltà, della quale unica testimonianza son rimaste le tombe, non può suscitare chun'impressione di tetra noia. Mi rallegrava l'animo, per fortuna, il ricordo delle mummie, che gli antichegiziani, per conservarle, imbottivano di cipolle. Anche Voltaire erdel mio parere: non aveva egli scritto, nella Principessa di Babilonia moneeaux de pierres, se sont abrutts t (léshonorés par leurs supersiitions barbare*? *. L'autore di Candido non i stancava di ridere, al pensiero che e mummie di quelle regine dal viso ereno, dagli occhi dolci, dalle lab bra sottili e sorridenti, di quei re dall'aspetto nobile e fiero, giacessero nei sarcofagi d'oro con lo stomaco e il ventre ripieni di cipolle. E che dire dei coccodrilli, dei topi, dei cani, dei serpenti, dei gatti imbalsamati, che tenevano compagnia, nele tombe, alle regine e ai re? Si parla di Sodoma Il vino era chiaro e dolce, o il sangue ne fermentava piacevolmente. Così parlammo a lungo, degli egiziani e dei loro « mucchi di pietre » (anche le Piramidi, per Voltaire, non erano che dei moneeaux de pierres), degli inglesi moderni, della loro pazienza di fronte all'immortalità e della loro libertà di fronte al cielo (Voltaire non aveva forse scritto, nelle sue lettere sui Quacqueri, che ogni inglese eomme homme libre, va a ti del par le chemin qui lui piatti) e a poco a poco venendo il discorso a scivolare sulle ragioni del mio viaggio in Terra Santa, l'au tore del Sottisier mi domandò se mi sarei fermato a Gerico o se avessi la intenzione di proseguire oltre il Giordano, e mi offrì di accompa guarnii in macchina fino a Sodoma« Dal Patriarca Latino di Gerusalemme, che è un italiano, ho saputo, aggiunse, elio proprio in que sti giorni sono state scoperte le ro vine di quella città, così importan te nella storia dei popoli civili. Non vorrei tornare a Parigi senza poter dire di aver passato una notte a Sodoma». Gli risposi che ormai volevo terminare il mio viaggio in Pale stina come l'avevo iniziato, cioè a cavallo, che volentieri accettavo la sua compagnia, ma che ci saremmo dati appuntamento a Gerico e a So doma, dove l'avrei raggiunto al più presto, et Vi avverto tuttavia, conclusi, che non è prudente passare lnotte a Sodoma; ecco una città nellquale conviene restare a occhi aperte con le spalle al muro ». Le autorità inglesi di Gerusalemme, infattimi avevano consigliato di non fidarmi degli arabi accampati 6ulle rivdel Mare Morto: la valle dèi Giordano era ancora in fermento e il pericolo di una nuova rivolta contro gebrei non si poteva dir scongito , i a i a i a e i a rato. «Ci guarderemo le spalle l'un l'atro» disse Voltaire ridendo. E dopmolti altri discorsi dello stesso sapre ci lasciammo per andare a domire: io sarei partito all'alba, a cvallo, e l'autore del Dizionario filsofico, con la sua Ford, mi avrebbraggiunto a Gerico. Nel sonno fu tutto un suonar trombe e un crollar di mura: pveniva innanzi Giosuè, piccolo magro, e mi accoglieva con molfeste e abbracci e strette di mancome se l'eroe di quella gran rovinfossi io. Dopo avermi abbracciaun'ultima volta, Giosuè salì sopuna Ford, che si allontanò strombetando e sparì nella polvere. Vangelo nell'ospedaleVoltaire fermò la macchina: «non mi sbaglio, esclamò, siamo quaarrivati. ». Proprio arrivati no, ma certo nmolto lontani; ecco là Gerico, a upaio di miglia da noi, con le sue cabianche, gli orti, i boschetti di pame e di sicomori. « Chissà, dische non sia ancora vivo e verde sicomoro sul quale Zaccheo il publicano si arrampicò per veder pasare Gesù! ». «E chi sa, agghinse il Patriardi Ferney, che alla finestra Kahab la meretrice non penzoli acora il cencio rosso che la salvò dastrage». Misi il cavallo al passo, acanto alla Ford che procedeva letamente, e così ragionando segutammo verso Gerico. Si parlò d'angeli e di miracoTutto è possibile, a Gerico, e si pcredere che i miracoli siano tuttola sola moneta che abbia corso gale nella storia di quel contadNon è più il tempo di Giosuè e Eliseo, quando gli angeli andavaa apasso per il paese, vestiti di licandido, dai lunghi capelli sciosulle spalle e dalle mani luminoargentee e guizzanti come pescMa certo quella specie rara d'uomni alati non è andata dispersa,oggi sopravvive nascosta nelle vae nelle spelonche, scende ogni tani li _n_ i_ i • a:a battere alla porta dei conventidelle case dei contadini, a dissetaalla Fontana di Eliseo, a bagnanel Giordano, a scambiar due parcon i mendicanti e i pellegrini cih certe stagioni s'incontrano frotte sulla strada di GerusalemmVedere un angelo, parlargli, è sepre stato il mio sogno, fin da babino. Mi ricordo di aver letto giorno, qualche" mese prima deguerra, che un angelo era appaimprovvisameute sulla piazzetta un villaggio, in Russia, ad ammore i contadini che 3Ì guardassebene dal mangiare i piccioni, prispetto allo Spinto Sat^o; L^s'erano molto meravigliati di qul'avvertimento, poiché a memoii'uomo, in tutta la Russia, e spein quel villaggio, non s'era mmangiato carne di colombo, appunper non mettere i denti nello SpirSanto. Ma sembra che l'angelo fomeglio informato di loro, tantovero che ne parlò a quattr'occhi astarosta, in tono piuttosto bruse se n'andò a piedi, movendo adaadagio le ali o scotendo la testa mese, infatti, scoppio la guerra, in lpunizione di que sacrilegio. Io ho tsempre creduto alla realta di quel- l1 apparizione dell angelo nel villaggio Crusso, e molte volte, da allora, mi ison trovato sul punto di riconoscere, Aora in questa ora m quella persona, qfra le tante che bo avuto inodo;md incontrare nella mia vita, un an-jdgelo, proprio un angelo con le ali : J sma son rimasto, ogni volta, col dub-]a'sa a i , e i - egquae tbio d'essermi ingannato. Sono persuaso, tuttavia, che gli angeli non siano poi così rari come si potrebbe credere. Mi è stato raccontato, da un testimonio degno di fede, che durante la guerra, nel 1917, in un ospedale di Londra, un ufficiale inglese, ch'era stato ferito in Palestina nel combattimento per la conquista di Gerusalemme, riceveva ogni notte la visita di un giovinetto, dal viso pallido e quasi luminoso. Lo sconosciuto entrava dalla finestra, si avvicinava al letto del ferito e si stendeva a! suo fianco: all'alba usciva com'era entrato, lieve e silenzioso, sfiorando il davanzale. Quella straordinaria apparizione fu creduta un sogno dagli stessi testimoni, e nessuno, la prima volta, ne parlò. Ma ripetendosi il fatto, alcuni si accorsero che il giovinetto aveva alle spalle, qualcosa di lucente, quasi due ali ripiegate. Un angelo, senza dubbio: e dal modo come camminava, nel breve tratto dalla finestra al letto dell'infermo, dondolandosi sulle anche, eli altri feriti, che dormivano in quella stessa corsia e potevano osservare da vicino lo strano visitatore, giudicarono che fosse un ansrelo ermafrodito. Informata di quell'incredibile caso, una infermiera pensò di chiudere la finestra; era d'estate, e il caldo soffocante ; ma nessuno si lagnava, tutti stavano a occhi aperti nella penombra della corsia. T>] ecco, l'angelo apparve sul davanzale e picchiò dolcemente nei vetri. L'ufficiale ferito si alzò, pareva dormisse, andò in punta-"di piedi alla finestra, la aprì e camminando come un sonnambulo tornò a coricarsi. Sorrideva come u'n bambino che sogna. L'angelo entrò lieve e silenzioso, e si distese al suo fianco; all'alba sparì e per alcuni giorni non ricomparve. Ma, una notte, sembrò ad alcuni di veder l'angelo entrare, avvicinarsi al letto del ferito, curvarsi a baciarlo, e sparire. La mattina l'ufficiale fu trovato morto, con nna lunga penna argentea immersa nel qmnddrModci'(cuore. La penna era trasparente, oi venata di azzurro: e armena un'in o aoe di fermiera la sfiorò con le dita, s'infranse in miilo invisibili scheggie, come fosse di vetro. Presso le mora di Gerico Voltaire sorrideva di quelle niit fantasie. Egli non 6i fidava degli oi | angeli, e solo stimava i profeti pei e la loro umanità pesante e i loro e'umori implacabili. «Quelli eran uoo, miniI», diceva. Conveniva tuttavia a che il tempo dei profeti è passato,o e che sia og.'i più facile, per nostra a fortuna, incontrare un'angelo che t- un profeta. Uomini che governavano ì popoli con le minacele, e la natura con i miracoli. «Alcuni anni or souo, at'ijiunse, mi è capitato di leggero una storia molto simile Se si,», 9™}* ^£ta£ n n se li, il bsa di nla cnii. uò ra eo. di no no ti e, i. mi e lli Ma nella vost'-a c'è un angelo che ammazza un ufficiale inglese, nella mia c'è un profeta che resuscita un bambino morto. Un giorno Eliseo, quello stesso che a Betel fece sbranare da dm- orsi quarantadue bambini che l'avevano preso in giro per la sua calvizie, fu chiamato dalla Sunamita, alia quale era morto il figlio. Eliseo entrò nella stanza dov'era steso il morticino, si chiuse dentro a chiave, poi salì sul letto, si coricò su! fanciullo, gli pose la bocca sulla bocca, e ogni tanto scendeva dal letto, girava per la stanza, tornava a coricarsi lungo disteso sul figlio della Sunamita, finché il bambino resuscitò. Come vedete, anche Eliseo non scherzava. Ma quelli erano tempi in cui gli angeli entravano nelle case, si sedevano a tavola e i contadini servivan loro da cena trattandoli alla buona, per nulla meravigliati di quelle visite improvvise: gli angeli, dopo aver mangiato e bevuto, predicevano il futuro, svelavano i segreti di Dio, annunziavano allo donne di casa che dentro l'anno sarebbero rimaste incinte, giocavano a rimpiattino con i ragazzi, scomparendo e riapparendo, in un batter d'occhio, ora in questo ! ora in quell'angolo, come una fiamto melfo che si spegne e si riaccende... .... . e rsi rsi le he a e. mmun la so poi salutavano tutti e se n'andavano a piedi, com'eran venuti. Non vdico quel che facevano i profeti, e non soltanto da vivi, ma da mortiogni specie di miracoli, di giochi sorprendenti, di trucchi o d'invenzionprodigiose. Pensate a Eliseo, di cuvedremo fra poco la famosa fontanaUn giorno alcuni becchini erano affaccendati a seppellire un morto, in una fossa scavata proprio accantalla tomba di Eliseo, quando si vidiidero venire addosso un gruppo dni-] predoni moabiti, che in quel tempro infestavano il paese. A quella vister. agguantarono il morto, lo buttaron^jnella tomba d'Eliseo 'e scapparonel-di gran corsa: il morto ruzzolo gìuia] andò a cadere sulle ossa del profetcieje appena le ebbe toccate tornò ivita, si levò in piedi con i capelritti, e via a gambe levate dietro becchini. Son tutte stor'e che si lee<*ono nella Bibbia e c'è ragione dcredere che se erano vera" alloraerauo vere alloraai to to sse è llo co, gio in debbono esser vere anche o"»i Wiaeooono e*ser\ere ancne o i. ^ovi nascondo che non vorrei tornare Parigi senza aver visto un angeloo almeno un profetai. a città> questa "famosa Gerico di remila anni or sono, grande come 'acropoli di Alatri in Ciociaria, o Mnc Piazza Colonna. TI gigante Go;a ('avrebbe tenuta in un pugno, A vedere questi mattoni sbriciolati, questo terriccio rosso, questi pavimenti di terra battuta, pavimenti d; casupole, non di palazzi, si capisce come poche trombe siano riuscite a produrre tanta rovina: un flauto sarebbo bastato. Il luogo è triste e Eravamo intanto arrivati a Gerico e ci fermammo presso la Fontaa di Eliseo, ai piedi di quel pogetto sul quale si vedono affiorare, qua e là, i resti delle mura che Giouè fece crollare a suon di tromba. Quel poggetto è una specie di Tetaccio, e v'abbondano i cocci: ma di rovine vere e proprie non appaiono che le fondamenta del doppio erchio di mura, dalla base di piere rozzamente squadrate. Minusco- lmsbhbLtAApquesti avanzi di mura appaiono più miserabili se l'occhio si volge intorno a contemplare il biblico scenario delle montagne di Moab, la valle del Giordano, il Monte della Quarantena, l'azzurra distesa del Mare Morto e l'arco immenso del lontano orizzonte. Il giovane archeologo americano, dal naso adunco e dalle orecchie sporgenti, che fruga tra le rovina dell'antica Gerico per conto di un comitato sionista di Filadelfia, non perdonerà mai ai soldati turchi, ac campati nel 1917 presso la Fontana di Eliseo, di aver fatto crollare i po chi muri che Giosuè non era riuscite a buttar-giù del tutto e che il prò fes9or Sellin di Vienna aveva rimesso in luce nel 1909. Egli è pieno di ammirazione per la serietà storica della Bibbia, a Pensate, dico, che questa fontana è la stessa che Eliseo purgò col sale: gli orti, le vigne, i giardini fioriti di rose, le celebri rose di Gerico, si dissetano da migliaia di anni a questa fontana, che oggi ancora, come ai tempi di Eliseo, irriga i campi intorno alla città maledetta. A proposito di maledizioni, vi dirò che la Bibbia è di un'esattezza miracolosa. Quando Giosuè ebbe compiti to a suon di.tromba le prodezze di cui vediamo ■ segni, adunò il popolo e fece fare un giuramento, dicendo : maledetto sia chiunque si proverà a riedificare Gerico, egli la fonderà sopra il suo figliolo maggiore e poserà lclvds e le porte dì essa sopra il suo figliolo minore; volendo significare che gli sarebbero morti i figli, e che avreb-., be ricostruito la città sulle loro toni-: he Gualche temroo dopo, racconta il be.yuaicne tempo empu. Libro dei Re, un certo ruei, ai x>e tei, riedificò Gerico e la fondo sopra Abiram suo vnmoqenito, e posò le Aoiram, suo pr > *~ .-porte di essa sopra Segub, suo figlio-,o e e o , e a n a e ò i a eo i e i a . ò ai di o : a oà ilo minore. Ebbene, concluse l ar- cheologo gli scavi del Professor Sei- lin hanno messo in luce, sotto i pa-jvimenti delle case, un gran numero di tombe di bambini. Queeta impressionante scoperta è stata illustrata dallo stesso Sellin nella Bevue Biòli que del luglio 1910 ». «E gli angeli? domandai: se ne incontrano ancora?». «Secondo le stagioni, rispose l'archeologo: gli inglesi danno agli angeli una caccia spietata, e negli ultimi tempi ne hanno ammazzati un gran numero. Ormai si son fatti più rari, ma quest'anno, forse per l'eccezionale mitezza dell'inverno, ce n'è grande abbondanza in tutta la regione». Avevamo intanto compiuto il giro delle mura e, raggiunta la strada presso la Fontana di Eliseo, «vi con-sigilo, disse l'archeologo a Voltairedopo averci salutato e augurato buon viaggio, di non passare la notte a Sodoma: non è prudente. Potreste incontrare...». Ma qui il ronzìo del motore coprì le sue parole. Giratomi sulla sella per udir me glio (ero già montato a cavallo, avviandomi innanzi alla Ford), vidi l'archeologo americano mettersi a correre verso una banda di monelli, ohe venivano sgambettando alla no stra volta. Erano piccoli ebrei polac >• v j„fu „„i„«;, 0;Ar,;otochi e ungheresi della colonia sionistadi Gerico, dagli occhi neri, dai ca-nelli lucidi e crespi, dai visi cotti dal„„t„ T., foer» .,mm;»,« ,,n mar sole. In testa camminava un mar-mocchio alto due spanne, nero e ìm-pettito come un Giosuè, soffiando aloie gonfie in una trombetta di lai-ta, che suonava cosi forte e con vocecosì stridula da bucar gli orecchi. Inquattro salti l'archeologo raggiungoquellinatteso Giosuè, gli strappo dbocca la trombetta e la fece volarenella Fontana di Eliseo. «Giusta precauzione, osservò Voltaire : non si può mai sapere il male che può ancora fare una tromba». CURZIO MALAPARTS.