Il capodanno garibaldino del 1859 nel racconto dell'unica testimone superstite

Il capodanno garibaldino del 1859 nel racconto dell'unica testimone superstiteIl capodanno garibaldino del 1859 nel racconto dell'unica testimone superstite L'esule bergamasco Gabriele Camozzi - Una lettera di Garibaldi preannnnciante la guerra - L'incontro con Luigi Mercantini - Come nacque L'inno — La prima prova ed ì 44 presenti - Il dissidio fra mazziniani e garibaldini Un brindisi poetico-politico - Aspromonte, Caldini e la canzone dei bersaglieri GENOVA, ottobre^ Sulla collina che da S. Martino scende a Sfuria: imbocco ri breve viale tagliato fra il verde foltissimo e salgo alla villetta ove la signora Costanza Giglioli Casella mi attende. E' venuta dalla sua Firenze a Genova per una Lietissima circostanza famigliare, ed io ne approfitto per recarmi ad ossequiarla ed a rivivere qualche ora di lontani ricordi: tanto lontani che appartengono ormai alla storiai Le faccio le mie felicitazioni per averla trovata sempre più giovane... — Se non si sapesse che del 1858 mi sono trovata in casa Camozzi quando Garibaldi pregò Luigi Mercantini di scrivergli il famoso Inno, potrei lasciar credere che sono più giovane. Ma quel 1858 dice troppo chiaramente che gli ottanta sono già più che suonati! Dalle Cinque d'ornate al domicilio coatto — Non sono passati che 72 anni, — riprendo io. — Ma pensi che allora ero di già una giovinetta, poiché mi ricordo bènissimo quanto avvenne in quel tempo. E mi narra la storia dell'eroico conte Gabriele Camozzi, il bergamasco ardente-,' ed audace che, amico ,di Guilln.i, di Casati e di tanti patrioti milanesi, aveva attivamente lavorato a preparare le gloriose giornate di Milano, aveva capeggiata la rivoluzione delle valli bergamasche, fatto parte del Governo provvisorio, difeso Brescia nelle storiche dieci giornate... poi fuggiasco a Genova ove si fa centro coordinatore di tutti coloro che nel pensiero d,! Mazzini e nel nome di Garibaldi vogliono liberare ed unificare l'Italia, e tutti soccorre con la parola, col denaro, con l'assistenza concreta ed efficace. — Gabriele Camozzi era mio zio, — essa mi spiega; — ecco perchè ne conosco bene ogni atto, ogni gesta. Visse dapprima in una villetta ad Albaro ch'era la casa di tutti i profughi politici, di tutti gli uomini d'azione ai quali provvedeva alloggio, vitto, mezzi pei viaggi. Ma da Albaro dovette sloggiare per... andare a domicilio coatto in Sardegna, ove occupò ili suo tempo compiendo seri studi per le 'bonifiche locali. Poi ritornò, dopo due anni: alloggiò per qualche tempo in una casa in fondo «Ila Spianata dell'Acquasela, verso via B. Bosco, e vi conobbe una elettissima donna. Alba Coralli, vedova dell marchese Belcredi, divenuta poi (dopo molte riluttanze, poiché avendo due figli riteneva suo dovere non più sposarsi) sua moglie: fu allora che li Camozzi affittò, dalla Disogna De Barbieri, il plano primo del palazzo allo Zerbino, sul bastione donde si domina la valle del Bisagno fino al mare, per allogarvi la sua nuova famiglia. « Vedi, questi è Garibaldi » — Ed è qui che conobbe Garibaldi? — Precisamente. Mi ricordo ancora, come fosse oggi, quella sera. Rimasta orfana, lo abitavo con mio zio, che mi mandava a scuola al Collegio delle Peschiere, a poche diecine di metri distante dallo Zerbino, diretto da Luigi Mercantini. Era il 19 dicembre del 1858, ed io tornavo da scuola: cerco la zia per salutarla e la trovo in salotto, con una visita. « Vedi? — mi dice la zia, — questi è Garibaldi ». Io no avevo sentito parlare in casa mille volte, come d'un uomo meraviglioso, d'un eroe: perciò arrossii, mi confusi, noTi scippi clie dire. Era veramente un bell'uomo, più bello d'ogni ritratto: magnifica testa leonina, col capelli scendenti da due parti sulle spalle; mani delicate e signorili come di donna; voce dolce e pur potente, fascimatrice, sguardo penetrante e dominatore, ma soave ed amicale nell'intimità famigliare. Garibaldi aveva preavvisato da TO' rino, ove era stato a colloquio con Cavour, il suo arrivo per quella sera, ma quindici giorni prima aveva Inviata una lettera al Camozzi che è bene ricordare nella sua integrità: essa diceva precisamente cosi « Caro Camozzi, « Rallegrati, noi pugneremo questa primavera col nemici del nostro paese. A te giovine veterano della Libertà Italiana toccherà certamente una parte brillante. Preparati dunque e fa preparare i numerosi tuoi aderenti, si propaghi con certezza la voce di guerra, senza parlare del come, per ora: ma ti assicuro che l'Italia si presenterà questa volta con imponenza degna dei tempi di Roma. < Addio di cuore. « Tuo sempre G. Garibaldi ». Quella sera vennero, come di consueto, parecchi amici, che di giorno lavoravano tenacemente per guadagnarsi il pane ed alla sera' discutevano e si preparavano per gli attesi eventi che dovevano dare all'Italia la. libertà. C'erano Nino Bix'.o. i fratelli Pilade e Narciso Bronzetti che lavoravano all'ingrandimento del Molo Vecchio ed alla costruzione delle Caserme di San Benigno — quelle che oggi si demoliscono — il Bonturi, addetto agli stessi lavori, Gorlni e qualche altro. Cariba! di strinse a tutti la mano dicendo: « Con alcuni ci conosciamo e cogli al tri ci conosceremo, vero?». In" quel.momento entrò Luigi Mercantini (ilI poeta già illustre per .aver cantato la a e à i o o i . e d n i sventurata impresa di Sapri con la nota poesia della « Spigolatrice ») accompagnato dulia moglie, Giuseppina De Filippi, maestra di musica nel Collegio delle Peschiere. « Si scopron le tombe, si levano i morti» Garibaldi strinse ai due, affettuosamente, la mano, scambiando alcune frasi: poi, d'improvviso, aggiunse: Voi mi dovreste scrivere un inno pei miei volontari : lo canteremo andando alla carica e io ricanteremo tornando vincitori ». Generale, rispose Mercantini, mi proverò. — E li signora Mercantini scriverà la musica, disse mio zio che ne conosceva il talento musicale. Il Mercantini lo scrisse, poi pregò 11' sig. Chiarella, impresario di teatri a Genova ed a Torino, di trovargli chi lo musicasse, ed il Chiarella incaricò il giovane maestro genovese Alessio 01iJ vieri, capp-banda, del secondo Reggimento della Brigata Savoia con sede a Torino: egli si trovava a Genova in breve licenza per le feste di Natale ed assolse il suo compito. La sera del 31 Dicembre 1858 in casa, di mio alo, col prelesto delia tradizionale cena per salutare l'anno morente e il nuovo che sorgeva, si trovavano nientemeno che quarantaquattro persone. Mercantini lesse l'Inno: : St scopron le tombe - si levano t morti I martìri nostri ■ son tulli risorti... « Non può immaginare con qual subisso d'applausi fu accolta la vibrante poesia patriottica detta dalla pastosa e melodiosa voce di Mercantini : poi la signora lo esegui al piano ed in breve fu da tutti imparato, adattandolo al passo di marcia e sopprimendo perciò due corone che c'erano alla frase: Va tuo...ri d'Italia Va tuo ... ri o slranler. La serata « storica » « La scena è conosciuta : lutti marciavano attorno alla tavola a coppie: l'ha anche messa in un bozzetto drammatico Augusto Novelli... Per carità — dice donna Costanza — un bozzetto che uno sproposito da capo a fondo. Pensi che contiene persino un Idillio amoroso tra Lisa Camozzi, che allora non era ancora nata, e Pilade Bronzetti il quale non ne ebbe inai né con Lisa nè con altre... La buona e bella Lisa nacque alcuni anni ipiù tardi e fu poi la contessa Maria Lisa Danieli... Tra i presenti alla prova non c'erano né Garibaldi uè Bixio; ma c'erano, fra i molti. Medici, l'eroe del Vascello, Cosenz che poi fu generale, C. Boldoni poi generale dei Cacciatori degli Appennini, 1 due Giglioll, i tre Bronzetti, G. B. Ferrari poi generale, l'avv. Migliavaeca ch'era nello studio dell'avv. Gabella e mori con una palla in fronte a Milazzo, il prof. Manfredini, G. Gamba poi aiutante di Camozzi, Mauro Macchi, i dottori Sacchi e Marozzi e parecchi ufficiali dell'esercito sardo, coinè Banfi, Carrozzi, De Lorenzi, Fiastri, Grossi e l'inglese Granville. Fra le donne, oltre la sposa del Camozzi e la signoraMercantini c'erano la moglie e la n-SlV'nS8^ P"^%J?„ mologo napoletano.. e Lei, donna Costanza, che ci ha conservali,, unica e sola, le autentiche memorie di quella storica sera.— SI. storica. Intanto, purtroppo, altri non fermò sulla carta i ricordi di questo che pure fu un avvenimento, sul quale furono dette e stampate molte inesattezze, a cominciare dalla data, che taluni vollero Trasportare al 31 dicembre 1859, altri al 18 marzo 1859. Posso provarle con dieci documenti sicuri, che si tratta della sera del 31 dicembre 1858: intanto noi il capodanno del 1860 l'abbiamo passato a Staghigliono e nel novembre del 1859 Mercantini in una lettera lamenta le sorti della casa nostra allo Zerbino solitaria :e abbandonata: Medici e Cosenz nel marzo del 1859 erano già aloro depositi regolari per formare i due primi • reggimenti di volontaricreati con decreto 6 marzo 1859; e c'è una lettera di Cavour, del 13 gennaio 1859, all'Intendente Generale di Genova con la quale si proibisce di cantaro il nuovo Inno! Che si vuole di più? — E come si chiuse la storica serata? ' — Dopo aver eseguito ripetutamente l'Inno, si fece onoro alla gran cena tradizionale di fine d'anno, al termine della quale Luigi Mercantini improvvisò il seguente brindisi augurale: Chi vuol «Il auguri del buon Capo d'anno? Io eli saprò ben dire Uov» stanno: Stan su un augel che <-cn due becchi pilline Su una man che, a tre dita, sesna ed ujmeTaglia i becchi e le dita e il colpo è latto!..Chi non beve all'augurio o è birba o è inattoMa di birbe o di matti non ve n'erano, poiché tutti etano infiammati di amor :patrio e bevvero alla libera ItaliaUn terreno scottante — Mi disse che tra i presenti erano anche la Enrichetta Plsacane De Lol'renzi con la figlia Silvia: come sl I conciliava la presenza di queste viitia | me eroiche del tentativo mazziniano a e n e . e 1 a e i i i i a -iStìllza dell'Olivieri. Se ci fosse s lo l'avrei visto ed egli lo avrebbe in una riunione cosi schiettamente garibaldina? — Mi porta su un terreno scottante: ma la verità soprattutto. Tra mazziniani e garibaldini non c'era, in quel tempo, molta cordialità; non bisogna dimenticare la .rivolta coi dolorosi fatti accaduti in Genova nel 1837 per opera dei seguaci di Mazzini che volevano raggiungere i loro ideali soltanto con mezzi rivoluzionari e facendo anche a meno di Vittorio Emanuele. A Genova, nel nostro ambiente, non aveva prodotto buona impressione il fatto che Mazzini avesse mandala come sua am-\: ni caini 11 nau inuv in lui niu- do». Al che la moglie di Mercantini rispose dicendo: «Ma che tuo Inno 1 Esso è del popolo che ne fa quello che vuole e ne ha diritto ». Poi, come tutte °basciatrice la White, l'inglese che poi sposò Alberto Mario: la moglie di Camozzi conobbe la Jesse White in carcere e la aiutò; essa però non fu mai assidua di casa nostra : il suo mazzinianesimo, allora intollerantissimo, la separava dai garibaldini che volevano l'indipendenza dell'Italia con l'azione spiegata in campo aperto, con le guerre, ma con Cavour e Vittorio, perciò tra 1 seguaci del Maestro e del Duce s'innalzava una barriera. — E in guerra, quando l'Inno risuonò? — A dire il vero, nella campagna del 1859 i Cacciatori delle Alpi non ne fecero il loro canto esclusivo di guerra: molti continuarono a cantare le canzoni del '48 e l'Inno di Mameli: fu la campagna del 1860 che diede veramente all'Inno la sua fatidica potenza e lo trasportò «poi dai volontari a tutto il popolo. Ma a dargli la massima diffusione ed intensità giovò specialmente... la proibizione, da parte del Governo, di cantarlo. Ciò avvenne dopo Aspromonte (28 agosto 1862) ove Garibaldi fu ferito e fatto prigioniero dalle truppe regie e portato al Varignano di Spezia. 11 popolo, che idolatrava Garibaldi, diede voga immensa all'Inno che divenne l'espressione della... opposizione. 11 generale Cialdini, l'eroe di Casteifidardo, in questa occasione non volle salutare Garibaldi che, ferito, gli passava innanzi in barella: immaginarsi l'ira popolare! Essa esplose nella nota canzone: • E voialtri bersaglieri Ce l'avete scritta In fronte I.a ferita il'Aipromonie Vostro eterno disonori Luigi Mercantini si irritò perché l'Inno era cantato a dispetto delle autorità regie e pubblicò uria lettera su alcuni giornali per dire « non permetto che si canti il mio Inno in tal mo¬ le burrasche, anche questa si placò e l'Inno trionfò, più d'ogni altro canto patriottico, poiché Garibaldi assurse all'espressione del più puro ideale. E pensare che" Mercantini" ebbe il corag-gio di 'scrivere in una lettera ohe l'in-uo aveva avuto una- brutta musica! L'autore non c'era — E la lapide sulla casa Camozzi, allo Zerbino.' — E' un errore : egli non era presente alla prova e non entrò inai in quella casa: non ho mai compreso perchè il prof. Canevello, autore della iscrizione, abbia persistito contro ogni mia rimostranza, ad affermare la prestato, ese i . i , l o ua l a 9 e ol i , è o o e a ? e . . o. i . o - i io La signora Costanza Giglioli mi ipar la da due ore, sempre vivace, animata, entusiasmandosi ai ricordi che rivive, in un'onda interminabile di particolari su quanto sopra ho riassunto e su altri argomenti. E mi mostra un prezioso album in cui sono raccolte le fotografie del tempo di quasi tutte le persone delle quali mi parla; e vedo lettore di Garibaldi, ritagli di giornali, polemiche, opuscoli oggi irreperibili, lettere della contessa Danieli Camozzi, fiori disseccati... Una lettera autografa di Garibaldi, del 186.1, dice fra l'altro : « Alla bella Costanza bacio le inani... ». Doveva essere invero una bella signorina se oggi, a più di ottaut'anni, è ancora...Ma la veneranda signora mi tronca la parola e il pensièro dicendomi: — Sa chi era veramente bellissima tra le mie compagne Peschierine? La Alfonsina Costa, che poi fu la madre di Domenico Oliva e morì pochi anni or sono, ultra ottantenne: noi ne eravamo tutte... innamorate e la sua beltà e la sua grazia erano tali che Mercantini. quale direttore del Collegio delle Peschiere, istituì un apposito « Premio della virtù » per assegnarlo all'Alfonsina. E' tardi ed io mi decido a lasciare questa deliziosa conversazione: esco sullo spiazzo della Villa e nel più dolce crepuscolo autunnale intravvedo laggiù lo scoglio fatale di Quarto; p dfronte, arrainpicantisl sulle colline tutte verdi, avvolte nella prima ombra, le mille variopinte case e villette di Quarto, di Apparizione, fino ai Camaldoli ; pare un immenso presepioE ripensando alla serena e vivida vecchiaia di donna Costanza Giglioli Casella, sento che l'autunno è veramentela più soave e riposante stagione della vita quando può spaziare su un cosmeravislioso panorama di ricordi e dsentimenti. RENZO BIDONE,