Il crack della Federazione Agraria Casalese

Il crack della Federazione Agraria Casalese Il crack della Federazione Agraria Casalese Sfilata di parti lese e di testi - Come precipitava di anno in anno la situazione dell'Istituto - La sinistra influenza di un consigliere Casale, 14 notte. Le sorti della F.A.C, erano segnate da tempo e, ad Ingigantire il crollo, hanno concorso i disperali sforzi spiegati dai dirigenti per evitarlo, guesla, in sintesi, la drammatica realtà che costituisce la spiegazione dell'ingente sbilancio. Tale realtà è venuta oggi in luce attraverso l'esposizione del curatore il quale ò stato preceduto alla pedana dal piccolo stuolo delle parti lese.Tra le migliaia di persone danneggiate dal dissesto solo poche sono state chiamate per esporre ai giudici le loro disavventure ed i loro lagni: so310 costoro quei depositanti di titoli che affermarono di avere affidato i loro valori non già a riporto ma per delle operazioni di conversione. Dalle affermazioni di questi depositanti e scaturita per l'avv. Brusasca l'accusa di appropriazione indebita, in quanto ai titoli — che complessivamente raggiungevano l'importo di cento mila lire — non vennero più trovati nelle casse allorchè sopravvenne il fallimento. Tutti gli altri danneggiati dal dissesto costituiscono la massa anonima dei creditori cliirografari; ora, a concordato concluso, essi dovrebbero essere rappresentati in blocco dal liquidatore dell'azienda avv. M astracchi Manes il quale, chiamato a deporre per riferire intorno al danno complessivo subito dalla massa, non si è presentalo. L'affollamento dell'aula è stamane anche maggiore. Tutti gli imputati sono al loro posto salvo il conte Ranie. ro Calori, il quale non è in grado di presenziare a causa di un malessere che lo ha colto durante la notte. L'udienza si apre con una mesta parentesi: l'aw. Lanara, segretario del Sindacato degli avvocati, esprime a nome del Foro casalese l'espressione del più vivo cordoglio per la morte dell'avv. Luigi Devecchi. Egli ricorda con commosse parole le virtù dello scomparso che esercitò nobilmente la professione forense in questa città ed invia alla famiglia, e in ispecial modo al figlio S. E. Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon. Ambasciatore del Re presso la Città del Valicano, le più profonde condoglianze. Alle parole dell'aw. Lanara si associano il Pubblico Ministero ed il Presidente. Deposizioni dì parti lese Viene introdotta la prima dello partì lese, Domenico Ghezzo, insegnante di Casale. Dopo avere depositato presso la F.A.C., su libretto al portatore, 24 mila lire, egli affidò anche, il 7 gennaio 1927, un Buono del Tesoro per quattro mila lire. Tale Buono doveva èssere convertito in prestito del Littorio, ma i titoli risultanti da tale conversione -non gli furono poi consegnali. Risulta peraltro che gli fu corrisposto un premio dell'uno per cento, cosicché si deve ritenere che i titoli furono lasciati a riporto. Il Ghezzo tuttavia , soggiunge che il deposito era temporaneo, cioè che la F.A.C, avrebbe dovuto restituirlo allo scadere del semestre. Domenico Cabrino, di Villanova. il 2 dicembre 1926 consegnò titoli del Consolidato per quattro mila lire affinchè la F.A.C, ne curasse la conversione in Littorio. Gli fu rilasciata dapprima una quietanza, infine fu persuaso a firmare un documento nel quale si diceva che 1 titoli risultanti dalla conversione sarebbero stati tenuti nel «dossier • della Federazione; fu così che egli li perdette. Analogo è il caso del di lui figlio Pietro, di anni 49, che 11 14 dicembre 3926 affidò olla F.A.C, un Buono del Tesoro di duemila lire. Gli fu detto che sui titoli risultanti dalia conversione gli sarebbe stato corrisposto un premio dell'uno per cento. Presidente: — Allora li avete lasciati <a riporto per un anno. Teste: — Mi hanno detto che mi aVrebbero pagato l'uno per cento ma io non sapevo di impegnarmi a lasciarli In deposito per un anno. Perfettamente consapevole di quello *ha notata accadere^Xi suoi ti o i s ^b^t^Tati^ Prugno!0 unadpnnetta di Occimiano la quale avevagià depositato presso la F. A. C. 25 mi¬ la lire in conto vincolato, quando, il ©rimo dicembre 1925. recò anche 4 buoni del tesoro da mille lire cadono. Presidente: — Li aveva portati per la conversione? Teste, con amarezza: — Ehi ormai sono proprio convertili! 1,1 ho depositati perchè mi rendevano il mezzo per cento in più; ma la Federazione con questo mezzo per cento che mi dava poteva usarli come voleva, poteva commerciarli come denaro. — Ammiriamo il criterio giuridico idi questa donna! — esclama l'avv. Farinelli volgendosi verso i colleghi. li caso di ooscienza di un sacerdote Ecco presentarsi un maturo sacerdote, don Vincenzo Cerrina, di Olivola. Tra tutti i danneggiati dal dissesto egli è stato uno dei più tmpla- . cahili è furente contro gli ammini-strafori della F. A. C. : Il 23 agosto 1928, dopo lagni e proteste fatte in privato, si presentava al Procuratore del Ke e eporgeva una denuncili contro i dirigenti dell'azienda. Oggi egli rievoca le sue disavventure die ebbero queste fasi: il 9 gennaio 192(1 versò alla F. A. C. ottomila lire, il 9 gennaio 1927 xu mila lire, ed infine .nel mese successivo e fino al 6 aprile 1927 complessive altre 05 mila lire in buoni del tesoro. I titoli egli 11 aveva affidati a riporto, dietro corresponsione di un premio dell'uno per cento. Sennonché, allo Ecadere del contratti di riporto, non riuscì mai n riavere i titoli perche 1 contratti venivano tacitamente rinnovati a sua insapjta. — Nella sua denuncia nella aeposi rione resa in istruttoria, osserva il presidente, lei ha fatto gravi dlchia razioni ha detfo testualmente: «Ho sa puto dopo il dissesto che alla F. A. C. era tutto preordinato per adescare e truffare i depositanti, ed ha aggiunto: «Ho l'impressione che i miei titoli siano nelle mani degli amministratori ed è mia assoluta convinzione che tinti gli amministratori abbiano agito nella più manifesta malafede per proprio lucro» . — Perchè ha affermato tutto ciò? cosa le risulta? Conferma quello che ha detto? Don Cèrrina si agita sulla sedia e spiega: — Allora il danno che per me era forte, come lo e tuttora perchè ho perduto tutto 11 mio patrimonio, era recente ed il dolore assai forte; perciò parlai vivacemente. Oggi dichiaro che di quanto ho affermato non posso essere certo. -- Ora è più obiettivo, osserva l'avv. Caire della difesa Brusasca. Il teste prosegue: — Oggi non ho da dire che le parole con le quali l'on. Brusasca mi accolse quando andai da luì nell'agosto 1927 por protestare per la mia rovina: «N'on posso dire nulla, mi disse l'avv. Brusasca, ora è il Tribunale die deve decidere». Cosi lo dico ora: non dico più nulla, lascio il giudìzio al Tribunale. Presidente: — Lei deve dire Invece quello che sa. Cosa pensa dogli imputati? Teste: — Che sono più disgraziati di me. Come sacerdote — e il leste volgo gli occhi al crocefisso — non posso dire altro. — Come sacerdote deve dire invece la verità! — incalza 11 Presidente. E la verità è questa secondo 11 teste: quando fu interrogato dal giudice istruttore aveva una opinione troppo severa che ora si ritiene in obbligo di attenuare. D'altra parte egli conferma di avere depositato diverse somme spontaneamente e riconosce che la F.A.C., corrispondendo il premio dell'uno per cento, aveva pieno diritto d! disporre dei titoli che egli aveva depositati. Il curatore spiega come fallì il concordato Viene ora alla pedana l'avv. Catterino Glorcelli, che fu designato commissario giudiziale allorchè nel giugno 1927 la F.A.C, ottenne l'ammissione al concordato preventivo, e che fu poi nominato curatore quando il l.o agosto dello 6tesso anno il Tribunale dichiarò il fallimento dell'azienda. Richiamandosi a quanto ebbe a scrivere nelle diverse relazioni presentate in occasione delle adunanze dei creditori, l'avv. 'UiorcelH ricorda che le risultanze delle sue indagini sulla situazione patrimoniale della F.A.C, parvero fino dall'inizio della procedura dì concordato preventivo gravissime. Il passivo ascendeva a 27 milioni e l'attivo a tre milioni e mezzo. Il tesie si adoperò in tutti i modi per ottenere la conclusione del concordato sulla base del 40 per cento, insistendo presso gli amministratori aftinché ponessero a disposizione dei creditori quei quattro o cinque milioni che occorrevano per consentire il riparto minimo voluto dalla legge. Ma gli amministratori erano in lotta tra di loro e non versarono la somma. Essi si impegnarono bensì a garentire l'esecuzione dei concordaio ma la loro garanzia fu meramente formale. In mancanza di garanzia reale il concordato non fu possibile e si arrivò al fallimento. Id teste, esponendo e lumeggiando gli accertamenti eseguiti, rileva di avere notato un contrasto enorme tra le risultanze del bilancio al 31 dicembre 1926 e quelle della situazione contabile ohe gli amministratori delia F.A.C, presentarono con La domanda di concordato. L'azienda non aveva soltanto per scopo 11 commercio delle materie agricole ma manche l'esercizio di stabilimenti, tra l'altro di uno stai bilimento bacologico situato in Asti e che, valutato dai dirigenti in 400.000 tire, fu ceduto poi dal fallimento per una somma dieci volte minore. La F.A.C. in perdita sino dal '19 Nel settembre 1927 al curatore venne sotto gli occhi un deposito cauzionale che la F.A.C, aveva costituito presso la Società commerciale agricola pre> 'sle(luta dai Bonacina. per mez-w del j ^ico Agricolo Prov nciaie di Ales|5™«Si ^,STr? S.™,™?*?. r'. rente di 950.000 lire, dal quale il Bonacina avrebbe attinto fino alla concorrenza di 650.000 lire per eseguire dei pagamenti alla Ditta Henry Boclenheimer. L'avv. Glorcelli pur contestando che il Bonacina abbia pagato tale somma alla Ditta su citata, ani mette di avere iniziato contro di lui unti causa civile per avere la restituzione della somma. Il Bonacina non si fece vivo ed allora il teste l'il giù gno 1929 sporse contro di lui denuncia penai* ne di appropriazione Indebita contre il finanziere milanese. Prospettando i risultati delle sue indagini il teste afferma poi che fin dal 1919 la F.A.C, era in perdita. La sua situazione andò via via aggravandosi a causa di una enorme giacenza nei magazzini di solfato di rame invenduto Il valore della merce andò ridu, cendosi e questo fu cagione di nuove iperdite. Nel 1922 la Società decise ditrasformarsi in anonima e di elevare 11 capitale sociale a tre milioni, ma gli amministratori, che si erano impegnati di versare I due terzi dei capitale, non li versarono in effetto e rilasciarono delle obbligazioni con cui si assumevano I crediti di alcune Casse rurali verso la F.A.C. _ Queste obbligazioni chirograforie — aggiunge l'avv. Glorcelli — io me le sono trovate noi tra le proposizioni di credito ed ho ammesso al passivo le Casse rurali che insinuavano tali crediti, per non aggravare il disastro, cagionando la rovina di quegli Istituti Ed ha fatto male — interrompel'avv. Coire; — le Casse rurali eranocreditrici verso gli amministratori del-amministratori abbiano percepito dei dividendi sul capitale azionarlo da loro sottoscritto? Teste: — L'aw. Brusasca ed II con¬ te Calori non li hanno mai percepiti; altri amministratori, invece, come Don Capra e Don Bertana, li percepirono. Proseguendo nel tratteggiare le vicende della P.A.C., il teste rileva che le passività andarono di anno in anno aumentando con una proporzione clie si potrebbe definire geometricanel 1922 lo sbilancio era di due milioni, nel 1923 di quattro e cosi via, per raggiungere nel 19?? i ventitré milioni. Nel 1925, quando la P.A.C, aveva già uno sbilancio di dieci milioni, la situazione fu improvvisamente aggravata dal fatto i-lie la Banca d'Italia, la quale, alla chiusura dell'esercizio, era esposta verso la Federazione per sei milioni, le troncò il lido. (Ili amministratori si illusero di riparare alla situazione, assumendosi in proprio le passivila, mediante l'emissione dcambiali a favore della Società Pro Monferrato, elio le girava poi alla F.A.C. Senonchè 1 beni degli ammlnt stnaiori erano Insufliclentii a coprire le perdile. 11 patrimonio dei conti Calori era bensì vistoso e considerevolee pure quello del Brusasca, ma gli altri amministratori non possedevano nulla. Le speculazioni consigliate dal BonacinaE qui il curatore spiega che la fortuna ed il credito della F.A.C, poggiavano quasi essenzialmente su fattori d'.inrlole morale. 11 nome de! conti Calori, agli occlr dei contadini dquesta plaga, rappresentava una bandiera di onestà che li rassicurava sula sorte dei loro risparmi. Nel deposiare le somme presso la F.A.C, essi avevano poi un allettamento nell'aito osso di interesse che si offu-iva loro: persino del 7 per cento. Senonchè questa fiducia fu riposta male, perchè gli amministratori della F.A.C., allo scopo di turare le falle, s! buttarono nel vortice della speculazione, • operando col denaro altrui. Le specuHazionl volsero a male, salvo la prima che frutò circa 400.000 lire. Su questa china rovinosa essi si gettarono per istigazione del Bonacina, il quale li aveva, per cosi dire, suggestionati, magnificando loro la facilità e l'enormità del guadagni che si potevano ritrarre dale operazioni a termine sulia borsa merci. Al teste risulla che il Bonacina Intervenne più volte alle sedute del Consiglio d'amministrazione per Illustrare le speculazioni che egli proponeva di tentare. Dapprima il Bonocina propose fi contratto con la A.V.I.S. per la fabbricazione del soliato di rame e da questo contratto egli ricavò utili Ingenti perchè lucrava provvigioni da Qgn.l parte. Poi propose tutta una serie di altri affari che si risolsero tino più dell'altro catastroficamente. Nelcontreitto con la A.V.I.S. il Bonacinaingannò l'A.V.l.S. e ingannò la F.A.C.La deposizione del curatore è inframmezzata ora fin una parentesi: il presidente dà lettura di taluni dei vernali delle sedute tenute dal Consiglio d'amministrazione della F.A.C, daiquali risulta che il Bonacina intervenne più volte n tali sedute per propugnare combinazioni affaristiche e conclusioni di contralti. Nel verbale dela seduta del 13 ottobre 1922 — In cui si decise la trasformazione della Società da cooperativa in anonima — è dello: « La Società rimarrà tuttavia fedele ai principi! cooperativi, astenendosi da ogni speculazione che non sia estremamente necessaria ». Ciò fa'esclamare al Presidente-. — Che buone intenzioni si avevano allora! Nel verbale del 25 settembre 1923 sdà atto che gli amministratori assumono in proprio le perdite della Società ed i sindaci rendono omaggio allo spirito di sacrificio dei colleghdei Consiglio. Biprendendo la sua esposizione, icuratore si sofferma a parlare ancora delle operazioni che uccoinpagnarono l'aumento di capitale. A questo proposito la difesa spiega che si venne ad una cancellazione dedebiti che la F.A.C, aveva presso le Banche Burali, debiti che vennero assunti in proprio dagli amministratoriOra. essi sono debitori personalmenteverso questa vario Casse Burali odhanno provveduto a saldare i loro debili. L'avv. Brusasca, per parte sua ha versato alla Cassa Burale di Cantavenna 100 mila lire ; con le altre sono intervenute delle transazioni, ad onla che le Casse Burali abbiano giù percepito la quota di concordalo dafallimento. 11 comm. Bonacina, che non troia scia occasione per intervenire discutei!S^dand^ chiara a sua volta di non aver maavuto, nei contratti con la F.A.C., ur millesimo di guadagno oltre le provvigioni portate dal mandato. L'avv. Giorcelli è congedato e glsuccede il rag. Angelo Gagliardone, curatore della Società Pro Monferratocostituita nel 1916 dagli amministratori della F.A.C. I.a Pro Monferratoche doveva eseguire operazioni immobiliari, aveva, in effetto, la finalità daddossarsi lo passività della F.A.CA tale partita'che le veniva addossatsi contrapponevano gli effetti emessdagli amministratori, senonchè il patrimonio degli - amministratori dellPro Monferrato non arrivava a coprire che un quinto delle sommo pecui si costituivano debitori. Un battibecco tra il Bonacina e un contabile della F.A.C. Il rag. Luigi Bonelli, che era addettall'ufficio contabilità della F.A.C., spiega che la gestione commerciale de l'azienda era attiva, salvo che per ramo bacologico, mentre la gestion industriale, fin dai primi tempi, premiraggi clie faceva loro balenare. Glimpiegati, per conto loro, non divdevano questo entusiasmo del Bonacna, per il quale sentivano, anzi, un specie di diffidenza. Il teste aggiunge che fu sfavorevolmente impressionalo il giorno in cui ricevette dalla Società Agricola Commerciale, presieduta dal Bonacina, un addebito alla p.A.C. per interessi di 700 mila lire; ne parlò all'avv. Torchio il quale gli riferi elio gli amministratori avevano la maggior fiducia nel Bonacina. Avv. Farinelli. — sa se Brusasca di quello clie andava avvenendo quotidianamente nella società informava il presidente don Caroglio ed i colleghi del Consiglio? Teste: — So che telefonava ogni giorno a don Caroglio c che quotidianamente si incontrava con don Bertana, il quale usava trattenersi per lunghe ore negli uffici. — Insomma, il Brusasca, che era il consigliere delegato, non era il padrone dell'azienda, era un impiegato, insiste l'avv. Farinelli. Interviene ora nel dibattito anche il comm. Bonacina. — Siccome il teste — egli dice — ha sparato una cifra di 700 mila lire che può colpire sinistramente, devo dichiarare che io ho applicalo sempre i tassi normali in tutte le operazioni concluse con la F.A.C. Teste: — I tassi erano del 9 e del 10 per cento. Imputato: — Non è vero. Teste: — Il 9 per cento, oltre una provvigione di un quarto per cento sul massimo scoperto. Imputato : — Erano I tassi che applicavano i miei banchieri. La sfilata odierna è cliiusa dall'avv. Alessandro Priora, di Casale, che fu 11 consulente della curatela fallimentare. Egli dichiara, a domanda dei difensori, che le attività della F.A.C, avrebbero consoni Ito soltanto un riparto ai creditori del 5 per cento; 6i .■indù al 15 per cento mediante i sacrilici fatti dagli ainniinUirntori Colori e Brusasca. il patrimonio dei conti calori era valutato a 5 milioni; quello del Brusasca a 600 mila lire. Il testo riferisce poi ampiamente intorno a quanto emerse circa i rapporti col Bonacina e la causo che venne Intentata contro di lui prima della denunzia renale per la questione delle 950 mila lire. A domani il seguilo delle testimonianze. FRANCESCO ARGENTA.

Luoghi citati: Casale, Città Del Valicano, Occimiano, Olivola