Danton

Danton Danton Danton considerava l'incomprenfeione degli aristocratici, sentiva l'avvicinarei della tempesta, e così le beetialità della Corte, come l'inevitabile d'una rivoluzione, gli davano un malessere fastidioso. Pronunciandol'orazione latina, aveva lanciato isuo ammonimento, durante la provabe voluto ohe il Govtrno avesse camito ed avesse cercato di evitare unosconquasso, avrebbe voluto soprattutto non trovarsi nella necessità ddover un giorno entrare nel giuocoUna rivoluzione! Non sapeva chefarsene. Soltanto di clienti aveva biBogno, e per tutto il resto si fidavadi conquistare una colonia. Era beneincamminato. Non lo aveva detto anche il caffettiere, suo suocero, che unavvocato al Consiglio è uno che stavicino al trono? E poi era quasi comeun nobile, persino si chiamavad'Anton. Avvocato al Consiglio deRe, sposo di Antonietta Charpantier. la scienza del diritto pubblicol'amore e gli affetti, la buona tavolal'ascendente personale, la fama, unafortuna da costruire, erano la traceia per lui. Lo lasciassero fare1 Aqiiegli affetti, quel mondo, si sentivaattaccato col sangue e persino labuona Antonietta intorbidiva in luiqualche cosa di atavico. Quando, laSrima volta, per un subitaneo desierio, egli la prese fra le bracciaAntonietta vide, la prima volta, ilampo bestiale dei suoi occhi. Lo rivedrà dopo le stragi di settembredopo la condanna del Re, in una faceia d'animale sconvolto, ne anima-lerà, lei che del gran cuore di Dan-ton non può dubitare. La piena sale minacciosamente. Leelezioni, un dialogo con l'ignoto —pensava Danton — e tutti si scal-manavano, gli sembravano pazzi, edegli non aveva fretta, con l'istinto ela prudenza in allarme. Gli muore iprimo figlio, Danton è come se avesse un coltello nelle carni, circondaAntonietta d'una tenerezza che fapaura, fugge ogni altra personaNella febbre delle giornate di luglioai Cordellieri, osservava: la sua enorme testa, su quelle spalle, quella cor-poratura d'uomo delle prime epocheera più alta di tutte, d'un balzo eglsi piantò sopra un tavolo: libertàeangue, poche altre parole, ma queche propriamente percosse il popò-laccio fu una massa d'energia sonorae muscolare, lo scoppio d'una .-olontà che colpiva nei segno, un fra gore che non si poteva domare, un uomo- ch'era una sommossa. • — Sogno forse — gli domandò itrasecolato Lavaux — siete voi, così apprezzato per la vostra dolcezza e riservatezza, proprio voi che or ora avete gettato l'olio bollente sul braciere ? — Non è stato senza matura riflessione, -c.ar.o collega, rispose Danton. garej,,un .pazzo se mi schierassi dalla parte dei privilegiati che non sanno ciò che vogliono e quel che fanno. Ma neppure Danton sapeva que"ohe fosse da fare. Una repubblica — si domandava — che cos'è una repubblica? Con una filologia da giurista, abituato a citare Pothier, comprendeva eredità e tradizione,' ma non era buono ad immaginare, e non sapeva sottrarsi alla forza della re galità. La generazione' dei Luigis'era istupidita, ma gli altri eranosempliceniente dei pazzi. Come farea meno della regalità? E poi Cbo-derlos de Laclos non si lasciò sfuggire quel ch'era più d'un uomo edona occasione e Danton entrò nesegreti orleanisti. « E' di ottimoumore — racconta Roujon — conquei parecchi rotoli di luigi d'oro chegli pesano'nelle tasche, c raccomanda ad Antonietta di preparare almeno dieci coperti per il pranzo ». Quando, estraneo ed autorizzatoriuscì a penetrare nell'AssembleaNazionale, sorprese anche quegli uomim abituati alla voce di Mirabeaucostnnse i nemici alla discussione -se non lo avessero interrotto! — ricovette gli onori delle armi, rovesciòir Ministero. Non era bello, ma non aveva la ripugnante bruttezza di MirabeauQuando s'era presentato a chiederela mano di Antonietta : Non dovetegiudicarmi dal mio viso sfregiato —aveva detto — sono virtuoso ed ho icuore sensibile. Da bambino, untoro gli aveva sconciato la bocca, conuna cornata ; più tardi un torellocon cui giuocava, gli aveva schiacnto il naso con un colpo di zoccoloDalla collera eloquente ora il suovolto ritornava mansueto. E' tremendo — diceva la gente — ma èbuono. Ispirava sicurezza e la follagU si abbandonava. Era naturalech'egli diventasse padrone del suodistretto, capo dei Cordellieri, prosindaco del Comune, ministro dellaGiustizia, deputato. ______Al Ministero, vorrebbe "trattar colleghi come camerati, a bracciaaperte, ma quelli lo consideranocome il capo d'una banda. Danton srabbuia. Che cosa deve fare il Ministero? Quelli non lo sanno. NeppureDanton. Si è presentato ai colleghcol cuore alla mano e perchè quellio disprezzano ora egli sa quel chedeve fare Difendere ìa Francia contro l'invasione e la fame è cosa meno facile che sollevare il popoloEgh se ne infischia dell'esperienza dei colleghi : noi — dice — non potremo governare che facendo pauraScherma, dice oscenità, pronuncia furiosamente parole ignobili e massime di saggezza, e parla da padrone depopolo, sicuro di sè. Se i ministrnon hanno energia, sentono la forzadélla disperazione, sono brutalizzatisfiancati, intontiti. Danton esce conl'aria vittoriosa ed i giornalisti di cono che egli solo sa quel che vuole. Almeno avrebbe voluto conquistare Roland. Prenderlo per le spallo, scuoterlo affettuosamente, darglMa colpetto sulle spalle, un altro su ventre, non era valso a nulla. Roland s'era schivato, facendo la tossetta. Roland era madama Rolande Danton andò da lei, con Fabre, s'introdusse in quel salotto, come in casa propria. La bellezza di quelladonna non gli disse niente, si sentìinquieto, e la Roland che faceva ladistratta, non occupandosi che elilui, pensava: dove lo hanno pescato?Danton cercò in seguito di conque stare all'amichevole quell'essere chedi casa godeva a dar mortificazioni al palato fine di quell'orco, che le appariva spaventosamente volgare Madama Roland era una borghese moralista, osservante, diplomatica Danton non era un borghese. Nonera neppure un contadino, se non] per quel tanto per cui un contadino c un fuori classe. La sua figura smi- stirata era fìnanco elefante, coi suo jabots, il gilet di seta, quei sopra biti azzurri o scarlatti. Non conosce va condiscendenza, trattava tutti alla mano, tutti erano con lui, ad uno stesso livello cordiale ed umano e c'era della regalità in quel suo tatto. Noi siamo della canaglia — alla fine disse alla Roland, in tono di sfida — usciamo dal fango, la plebe ci ha poi-tato al potere e non immaginatevi di arrestare la rivolu zione nell'ora indicata dai vostri orologi. Adesso i clan Roland e Dan ton cozzavano sordamente, Le giornate di settembre, la Comu- ne padrona di Parigi. Mi seccheran no ancora coi loro detenuti? Le be stie selvaggie — gridava Danton — sono in furore e non ho sotto mano dei domatori abbastanza forti per far]e ritornare nelle loro gabbie, Verdun stava per cadere. Vieni al Maneggio — disse ad Antonietta — ed assisterai ad un curioso spettacolo Ve la trascinò. « E' bene, Signori — tuonò — per dei ministri di un popolo libero, annunciare che la patria sta per essere salvata... Una parte del popolo raggiunge la frontiera, un'altra scava le trincee, una terza difenderà l'ordine, con le picche... La campana a stormo non è segnale d'allarme, ma è la carica sui nemici della patria... Audacia, ancora auda eia, sempre audacia, e la Francia sarà salva »... Proruppe una immensa acclama zione. Vostro marito è stato straor dinario — dicevano ad Antonietta — quale artista! Ed ella tutta s"bat tuta: ascoltami Giorgio — lo sup piicava — sei state bellissimo, gran de, ma questo non è un mestiere; alla tribuna ti vedevo un momentommenso come un gigante ed un momento debole come un bambino, ti sbraneranno domani, quelli che ora ti acclamano, usciamo, non lasciamo in questo inferno la nostra felicità e la nostra vita. Intanto quelli ohe difendono l'ordine, con le picche, vogliono saziarssopra i detenuti. Resistere ad essi è cadere. Marat esige il sangue, bisogna darlo. Roland è in lacrime. Danton fa dell'impotenza una mostruosa necessità, la trasforma in una virtù spaventosa. Si parla di scannare i prigionieri — dice Prudhomme — e Danton gli risponde: « Sì, noi dobbiamo essere scannati questa notte, a cominciare dai più puri patriotti»Basterà il nuovo sangue a spegnere la sete ? Danton vuole curare il sangue col sangue, la ferocia con la ferocia, quell'omeopatico ora appro fitta della vittoria elettorale di tutti j suoi amici, per presentarsi sangui nario, non soltanto, ma più forteper poter pacificare la Francia, senza sembrare un uomo clemente. Ma l'idra non è sazia ed egli le abban donerà pure la testa del Re. Mi esporrò anche — aveva detto a Lameth — se vedrò una possibilità di successo, se no, non voglio far ca dere la mia testa cou la sua. Lascia il suo posto di rappresentante in missione nella zona di guerra, ove quel proconsole tiene tavola imban dita e belle ragazze, e corre a Parigi) ove ]o stanno minando, per i Luoi apporti col fornitore d'Espa „nac, Trova una lettera da Londra, X1 ministro emigrato de Molleville -li scrivo che possiede documenti delle somme che Danton s'è appro- priàfco sui fondi degli affari esteri: li farò stampare ed affiggere in tutta Parigi — aggiunge — «se nell'af fare del Re non vi condurrete come Un uomo che è stato così ben paigato». Antonietta non riesce a cai maro l'esplosione di Danton. La straì da della clemenza mi è chiusa — le • dice — poiché questi disgraziati igno rano che un uomo come me è impia! cabile. Ma ritorna a Bruxelles senza ! andare alla Convenzione. La diso ì nestà di Danton è un'accusa che si allarga bisbigliando per tutta Parigi, In 16 gennaio improvvisamente egli ! riappare alla Convenzione, la spinge a pronunciarsi immediatamente sulla sorte di Luigi, dicendo che" i re si oolpiscono solo alla testa. E nello I stesso giorno in cui cade la testa del :re, vuole ohe la Convenzione si pla'chi, che il popolo torni clemente: '« Vi sfido, voi che mi conoscete, a i dire se sono un bevitore di sangue», Per tutto il tempo di quella tra; gica carriera aveva comprato terre ej terre ad Arcis, fatto una comoda'casa di campagna, andandovi spesso,jconducendo la moglie, : figliuoli, gliZl'STmvi* ^Stódftecomoditàk casi di ParW oveuna buona tavola era 0»ni giornoimbandita per le numerose brisate.Ma quando non era più ministro, lisuo campo d'operazione era diven-ta o il Belgio e la zoni degli eserciti,ed ora trascurava persino Antoniettae i figli Tornando dal Belgio, unanotte, giunse alla casa | di Parigi, domandò della moglie e gli risposero|i singhiozzi della domestica. Morta Come colpito da una mazza. Dantonrimase in un'apatia immobile e si-lenziosa. Non riusci%'a a comprende-re. D'un tratto domandò dov'era se-polta. Il cimitero era chiuso, lo feceaprire, voleva vedere la bara. Andò , , n a a svegliare l'affossatore, lo trascinò, gli ordinò di scavare, lo aiutò a scavare. La bara apparve o la fece trarre dalla fossa, la schiodò, tolse il len zuolo, apparve quel pallido cadavere,e Danton si mise ad urlare. Poi nonì; volle vedere nessuno. Robespierre gli a scrisse una lettera d'una delicata af-ii fezione. Ma gli amici che bestemmia- ?', vano i Girondini p dicevano che que-esti avevano ucciso Antonietta, con lee; loro accuse, riconcLliarono Dantoni matrimoniale Quanto alle accuse, Danton credeva di distruggerle con la sola catapulta della sua voce. Sebbene il do¬ e , , .| lore lo avesse fatto rauco e più tra n;gico, aveva tale un'aria di conqui ni sta verso ogni specie di awenimen o ti, che gli sembrava assurdo che - qualcuno potesse colpirlo. Fra tali i risorse s'affacciavano le preoccupa- zioni, ma se pensava a Fabre ed a Desmoulins ' diventava allegro. Quei due gliene avevano combinato delle belle al ministero, prelevando centinaia di migliaia, come si t'osse trat! tato di bruscolini, ma per questo li considerava come due biricchini e lo mettevano di buon umore. Poteva rimproverarli 1 Non erano forse suoi amici? A lui piaceva vivere e lasciar i vivere, come piaceva cenare in com! pagnia. 1 Del resto, se non ci fosse stata la détta indulgenza, anche un'accusa di disonestà poteva mandare alla ghigliottina. Tale era la virtù di Robespierre. Chi odia il vizio — gli aveva detto Danton — odia l'uomo e per me il popolo è un ammasso di creature che m'ispirano tenerezze immense ed individuali, per te è una creazione dello spirito: come intenderci? Ma per quella volta la fece franca. La condanna nacque alla ta¬ vttARiMPvissfmp ola di Humbert. Mi accorgo — isse Robespierre a Danton — che u sei il capo degli indulgenti: fu questa la battuta concludente di tuta la conversazione, e la sentenza. Allora Saint-Just ebbe le note di Robespierre e solo, allora il falso ed vero delle relazioni di Danton con Mirabeau, i Lameth, la Corte, Brisot, Dumouriez, gli Orléans, il re di Prussia, servirono non per un regoare giudizio, ma per la condanna a morte. Sulla carretta, Danton .attraersò Parigi, cantando una canzone mprovvisata. Roujon .termina queto sommario abbondante, pieno di corci vivi, che è il suo « Danton », icordando le ultime parole al carneice del condannato: « Mostrerai là mia te6ta al popolo: ne vale la ena ». MASSIMO LEU. Jacques Roujon, Danton. Traduzione i G. Orsi e pto(. di m. Mazzucchelli Milano, Corbaccio.