Come si vive tra i ghiacci al di sopra dei 4000 metri

Come si vive tra i ghiacci al di sopra dei 4000 metri Nelle regioni inesplorate del Tibet Occidentale Come si vive tra i ghiacci al di sopra dei 4000 metri 3° Campo sul Siàcen, 20 giugno. Grazioso, col suo laghetto, e di buona memoria, con la sua relativa abbondanza di legname, il 2.o Campo sul Siàcen. Ma non era certo nel mio programma di starci Quattro giorni. Due giorni di più del necessario e del previsto, vuol dire turbare tutti i piani fatti per il mese di giugno, che erano piuttosto complicali. Se potessi spiegare ai miei uomini che, obbligandomi a star fermo un solo giorno di più dello stabilito, essi rischiano di rimanere poi senza vettovaglie o con vettovaglie scarse, eseguirebbero certamente con puntualità maggiore ì miei ordini. Per la cronaca della vita interna della carovana ricorderò come, durante il primo giorno di fermata al 2.o Campo, gli uomini avrebbero dovuto scendere al campo precedente e portar su la metà dei carichi lasciativi: l'altra metà, il giorno successivo. Non è dubbio che è un lavoro molto pesante: faccio, d'altronde, tappe brevi apposta per non appesantirlo oltre misura. Uoa ribellione da operetta il primo gtorno di fermata al 2.o Campo 1 portatori partirono, ma non tornarono-, tornarono U giorno successiva. Li rimproverai, ma senza dare grande importanza ai miei rimproveri, perchè il topografo mi aveva chiesto un terzo giorno di permanenza per completare i suoi calcoli. Ma in questo terzo giorno gli uomini, non tenendo conto dei miei ordini, traccheggiarono tanto nella partenza verso il l.o Canv po, che era evidente la loro intenzione di ritornarne soltanto il giorno successivo. Allora la mano dolce fu so stituila dalla mano dura. Li inveita malamente con le poche parole indostane a mia disposizione e con poche altre, italiane, delle Quali il tono diceva il significato. Rispose una specie di coro di rivoltoti da operetta. Allora credei venuto il momento di individuare il sobillatore: un ragazzotto di Nubra, che avevamo ala notato come facile mormoratóre. Andai verso di lui con atteggiamento minaccioso; ma la sua fuga lo portò vicino a Cectoni, che potè acciuffarlo a volo... pel codino. E garantisco che l'acciuffò e lo tenne sodo. Effetto magico: che s'accrebbe Quando tirai fuori una corda pur legare il ribelle. Probabilmente molti crederono che fosse giunta" proprio Vuliimo momento di sua vita, perchè si posero a pregarmi, strisciando per terra fino.a toccarmi lievemente le gambe con le mani che poi portavano alla fronte. Conclusione : - ho chiamato ciascun gruppo, ed a ciascuno ho detto che chi voleva servirmi doveva ubbidirmi ciecamente; chi non voleva, se n'andasse subito, restituendomi però viveri e stipendio che avevo loro ' anticipati. Ogni gruppo rispondeva in coro che voleva soltanto servire i miei ordini. Al ragazzetto di Nubra non ho però concesso scelta: tre giorni di viveri, cioè lo stretto necessario per arrivare a Panàmik di buona gamba, e ordine di restituire al vuasir la paga non meritata. Cosi è finita una scena, più di farsU che di tragedia, che avrebbe divertito un mondo chi ne avesse potuto essere spettatore. Io stesso non so come 'ho. fatto a contenermi. Quando il ragazzotto sobillatore faceva tutti i suol sforzi per sfuggire alla sicura mano di Cecioni, col grave rischio di perdere l'onore del codino. Labirinto di crepacci e abissi Notti fredde, al nostro 2.o Campo, ma calme. E le giornate, nel complesso, belle anche se minacciose. Solo ieri notte non fu freddo; e nevicò per un'ora buona: senza però attaccare sul terreno, se non sopra le superflcl del Siàcen che non fossero troppo densamente ricoperte di morene, si che il ghiacciaio ne asiunse un insolito can dorè. Stamattina, alla levata — più sollecitici del solito per lutto il campo — nevicava nuovamente ed il cielo era da agni parte inesorabilmente chiuso e grigio. Son erano ì presagi migliori per spostare il Campo, come era net miei progetti. Ma d'altra parte non vi era altra via da prendere: ogni indù aio accresce, in modo impensato, le difficoltà. Agli uomini ho fatto lascia re le cose loro personali ed i 'giorni di viveri che ho già distribuito, per poter essere ben sicuro che tutto quanto il campo fosse spostato-, in più ho dato a ciascuno una piccola provvista di legna, come misura precauzionale. Non è stata, nemmeno quella di og's i, una tappa lunga. Già, U tempo tesso non era certo invitante: meglio tarsene chiusi nella propria tenda, he cercare il cammino sopra il ghiaciaio immenso, sferzali dal vento e al nevischio, con limitata, visione di monti chiusi dietro una cortina arigia i nubi e di nebbie. Dopo quattro ore di cammino, quai s£mpre accompagnalo rial vento, da evischio e da uh completo grigiore monotono e pesante del cielo, un bree respiro-, breve, perchè niente, prorio niente Invitava n prolungare la ermata. Dopo la quale, ho giudicalo i dovere avvicinarmi nuovamente al anco della grande ralle ghiacciata, per cercarvi i soliti tre requisiti neessari ad un buon campo: riparo dal ento, acqua e combustibile. E come qui la valle descrive la sua ultimai rande curvatura — la (/rande quinta/ ardita delle Jorasses f uià. raggiunta) ulla nostra sinistra — non ho piega-* o bruscamente, ma ho soltanto oblU quoto dolcemente svila destra, dirU gendomi verso un punto, o meglio uni ratto, del fianco, dove, presso a poco} avevo dato appuntamento ai due lo-» pografl., . Ahimè, ahimè! In V'eio. subito, nela fascia marginale ulta rotta: qui, anzi, per la curvatura della valle, ben più ampia e ben più rotta di prima. Ma ci vuol pazienza, e bisogna andare avanti, trovandosi la via in mezza a quel perfetto labirinto, che diviene empre più complicalo: crepacci, proondi valloni, buche e fosse, laghi ramificati. E su e giù, continuamente, ch'è una disperazione; e poi, senza niente vedere, perchè ci è sempre almeno un nuovo montlcolo che ti para a vista sul dinanzi del tuo cammino Ne ho adocchiato uno più allo degllìaltri- subito alla sua conquista, per\„. ,' ; \ jL.v, ' , *studiare meglio la via e decidere la.'mèta. Fuori, subito, i cannocchiali: il ianco, non più lontano, scendeva con dirupi di rocce u con liscioni di deriti, senza mostrare, non dico alberi, ma nemmeno la burze, la piccola ino, desta pianticella che con le sue radici egnose costituisce la maggiore risora per i viaggiatori. Rapida decisione: nutile ingolfarci ancora nel mare tumultuoso dei monticoli di ghiaccio, veramente estenuanti; inutile raggiungere il fianco della valle. Ho adocchiao una piccola incisione in una zona più aita del ghiaccialo — le bassure, per quanto invitanti, sono da evitarsi per i pericoli che possono nascondere, pel caso di svuotamenti improvvisi di qualche lago glaciale — abbastanza iparata dal vento, acqua a volontà; un po' di legna, per precauzione, l'ho portata: questo, a 4471 metri di altezza, è divenuto il nostro 3.0 Campo sul Siàcen. Come dormono i coolies 4.0 Campo sul Siàcen, 23 giugno. La carovana, l'altro giorno, fu solecita ad arrivare: alcuni degli uomini furono meravigliosi nell'adattae, con una velocità sorprendente, il erreno per accogliere le nostre tende : poi, via, dietro i compagni. Il nuovo istema funziona alla perfezione-, facio lasciare al campo precedente viveri e bagaglio personale dei coolies; questi, cosi, non hanno impedimento: portano di più del mio campo, porano per una minore distanza ì viveri he via via vanno mangiando, e, con 'idea di dover rifare il cammino del itorno fino al campo precedente dove i aspetta il pasto, sono più svelti nel a marcia. Non si creda che le impedimento proprie dei coolies sieno poche. Il solo atto che per due giorni continuino a mangiare nel campo più basso, mi liera di cinque carichi di più, ch'essi ovrebbero trasportare fino al campo uccessivo, il mio, se il facessi perottare qui. Ma è difficile farsi una satta Idea di quello che è il bagaglio eramente personale di questa gente uando viaggia in carovana. Ho ditribuito loro delle piccole tende mi itari, nelle quali potrebbero passare e notti, già abbastanza fredde, suffiientemente al riparo. Le hanno araile, ma non, le adoprano. Loro sono biluati a dormir fuori, e continuano a dormire fuori. I teli delle ende hanno servito come pollaio, come copertoni per la farina o pel buro o per la legna-, ma come rifugio gli uomini, ancora no. Ora. è evidente che, per dimostrare uesta sovrana indipendenza"dal luso delle tende, i miei uomini devono vere la risorsa di consuetudini loro, he permettano una tale indipendena. Il costume ladaco è, indubbiamene fatto apposta per difendersi dal freddo: una specie di grosso camice di lana, pantaloni della stessa stoffa bianca e pesante che le donne tessono nelle case in lunghe strisele di piccolissima altezza, alti gambali di feltro avvolti intorno alle gambe mediante solidi nastri di lana, poi un'ampia gabbana che si sovramelte sul davanti, tenuta solo dalla fascia stretta alla vita. Questo è l'abito consueto. Ma quando viaggiano, si portano, generalmente, una seconda gabbana, e poi, immancabile il postin, una grande pelliccia, lunga fino ai piedi, col pelo dalla parte interna, il cuoio da quella esterna. E la notte, quando un qualsiasi altro mortale infilerebbe una maglia o una giacca sopra l'altra, i Ladachl si spogliano completamente e poi si avvolgono nel loro ricco guardaroba ambulante di gabbane e di postin. E cosi si distendono per terra. Può piovere, può nevicare, può gelare. Loro, impassibili: le tende militari che ho portato possono servire per i polli e per la legnai Le mille voci della vita del ghiacciaio Il nuovo funzionamento adottalo nella marcia di avanzata sul Siàcen ha avuto altri vantaggi: tutta la carovana non avrebbe trovato posto al 3.0 Campo. Il grosso dei carichi, trasportato nei due giorni successivi al nostro arrivo, l'ho fatto depositare sulla zona facile, presso la diga di ghiaccio bianco, anche per evitare la inutile deviazione nella zona difficile dei monticali tutti rolli; e presso il deposito anche i coolies, ieri sera, si sono fermati. Altro e non disprezzabile vantaggio: la carovana ha potuto godere, per ì. ~.~ : ., .. . , .. r\aue °torm al ael '"°\rnnP , * ginepro, cosi relativamente abbondante . , _r ' , , . 'al 2.o Campo, mentre, al successivo. n a i a ; l l ; o i o a e più che un po' di burze non è stata raccolta dagli uomini che ho mandato ad esplorare, a questo scopo, il fianco delle montagne. ' Miserabile campo, se si vuole. Il nostro 3.0 Campo sul Siàcen: le nostre tende si allineavano irregolarmente, nel fondo di un piccolissimo avvallamento tra i cumuli di ghiaccio ricoperti di morena. Si è dovuto spianare alla meglio il terreno e costruir del muretti, per trovare lo spazio sufficiente a ciascuna. Ed una serie di crepacci attraversava la piccola vallecola: ve n'era uno che passava giusto dove si sono sistemati i dieci coolies che sono con noi, e un altra che passava dove Cadlr ha piazzato i suol fuochi. Naturalmente erano riempiti di pietre e di massi; ma sarebbe bastalo che si fossero allargati un poco, perchè la cucina nostra e le pentole degli uomini corressero il rischio di andare a far conoscenza delle profondità inesplorate del Siàcen. Non si creda che il rischio fosse completamente imaginario. Di notte [cattivi sonni al 3,o Campo) ho ben « sentilo » come il ghiacciaio vive. Tonfi sordi di grossi massi icadutl in qualche lago; rotollo di pietrisco in qualche crepa, che sembrava non dovesse finir più; poi, improvviso, quasi sotto il mio letto, un colpo cupo e profondo-, una fessurazione nuova nella massa del ghiaccio. E pur di notte: quando ogni vita, anche quella del ghiacciaio, sembra sospesa, sembra fermata dal freddo e dal gelo! Ma di giorno, bastava allontanarsi un poco dal campo — chiacchierìi del servi, sommesse preghiere di gualche portatore, petulante cantare dei galli — fermarsi in cima ad un monticalo, e mettersi ad ascoltare: quanti rumori, quanti suoni, insospettati! Sono le mille voci per le quali si manifesta la multiforme vita del ghiacciaio. Due cime al disopra degli 8000 metri Afiserao»e campo, si, il nostro 3.o Campo sul Siàcen-. ma cosi pittoresco nella sua miseria! E poi, ci ha posto più direttamente a contatto con questo immenso mondo glaciale, et ha messo più pienamente in mezzo alla montò* ona alta, grandiosa, inimmaginabile E' una beatitudine saltre uno o l'altro del più alti monticoli dai quali siamo circondati; e mettersi il a godersi là montagna. E' il fianco dì fronte, sopra tutto, che ci attira. E' cosi vicino — non ce ne separa che l'ampiezza del Siàcen, pur già di alcuni chilometri che non ce ne sfugge alcun dettaglio. E' rotto da alcune valli, che sarebbero già grandi nelle Alpi, ma appaiono cosi piccole qui, occupate da ghiac- dal precipitanti di caduta in caduta, e chiuse al lati da pareli, il ancora di granito, che si levano su dritte, come prodotte da tagli netti nella roccia, e in alto si rompono in creste sottilissime, dalle quali sorge una serie di guglie veramente sottili e slanciate ed acute, in modo da giustificarne il nome e la similitudine. Anche le Jorasses, viste di qui, hanno cambiato completamente aspetto: appaiono come una unica gigantesca guglia, che dalla mediocre base a livello del ghiacciaio si levi sempre più sottile fino alla vetta inverosimilmente acuminata. E a settentrione di essa si apre una grande valle, il cui ampio ghiacciaio alterna cadute di seracchi ed ampi riplani tutti nevosi, che poi risalgono quasi dolcemente verso una lontana linea di cresta, che è tutta quanta un candore rilucente sotto il sole. Poi guardiamo verso l'alto Siàcen: la piramide alta e regolare del Rose è sparita; se ne vede solo la estrema punta affacciarsi dietro una quinta montuosa tutta nereggiante. Ma in fondo, in fondo, è un vero trionfo di monti: la catena di Re Giorgio che, diretta nella nostra stessa direzione. sovrappone una contro l'altra le. sue massime cime: ve ne sono due arditissime, ben individuale : dietro le quali si leva la massa polente del K 23, l'Hldden Peak, superante gli 8000. Questi, si, che son giganti! Questa mattina abbiamo ripreso la marcia di avanzata. Solito meccanismo-, tutto il campo si sposta in avan ti : solo dieci uomini lo seguono in modo permanente; il grosso torna subito indietro per far avanzare, nei due giorni successivi, i depositi. Torrenti e laghi in mezzo ai ghiacci Marcia bellissima, in una giornata radiosa di luce. Dal campo abbiamo raggiunto rapidamente la fascia morenica grigiastra che si dilunga accanto alla zona mediana di ghiaccio bianco. Però, mano mano che avanzavamo, la nostra via maestra sembrava inalzarsi a poco a poco e, nello stesso tempo, abbassarsi il livello delle dighe e degli argini del ghiaccio scoperto. E più neve conservata anche sulle superflci occupate da morene: il Siàcen tende a unificarsi nelle forme, nell'aspetto, nel colore, via via che lo risaliamo. Cosi, almeno, ci appare: che se lo potessimo vedere dall'alto, la sua grande zonatura apparirebbe ancora presente, ed evidente. Verso le 3 del pomeriggio ho ritenuto opportuno chiudere la marcia-, sono sceso un poco dalla'via maestra, sopra un piccolo ripiano limitato dall'ansa di un torrente. Vn torrente sul ghiacciaio? SI, e tanto largo che non lo si può passare. Abbiamo ghiaccio da ogni parte : che si rileva bellamente in pareti, in pinnacoli, tn argini, in grandi dighe. A tratti si deprime in grandi tosse, occupate da laghi: e dove l'acqua, dei torrenti a dei laghi, ha sottoscavato le pareti, ne pendono lunghi festoni di ghiaccioli, che sembran frangie luccicanti e iridescenti. Affossati un poco, come siamo, del ghiacciaio non vediamo che un candore apparentemente senza fine-, e giganti di monti da ogni parte. I due topografi sono arrivati tardi: il sole era già calato, e la incerta luce che succede al rapido crepuscolo invadeva già tutta la valle. Sono salito sopra il culmine della prima diga di ghiaccio della grande fascia mediana: nessuno in vista; non una risposta alle alte voci lanciale nel silenzio solenne della sera incombente sul ghiacciaio. E vento, là su, e freddo che intirizziva. Sono rientrato, mandando invece un uomo con lanterna. Ma poco dopo i due compagni sono comparsi, accompagnati dal canto giocondo del loro particolari portatori. La duplice traversata del ghiacciaio aveva offerto serie difficoltà, con i suoi fiumi e con le sue pareti, e quindi richiesto molto tempo. E dire che proprio vicino al campo la grande diga mediana ha una larga apertura da parte a parte, una specie di grande breccia, per la quale la traversata di ritorno sarebbe stata facile e breve. Ma sui ghiacciai come il Siàcen, spesso molto dipende dalla fortuna di imbroccare il passaggio buono. Stanchi, l compagni; ma entusiasti di questo 4.o Campo, in pieno mondo glaciale! Siamo accampati, oggi, a 4591 metri. GIOTTO DAINELLI,

Persone citate: Cecioni, Giotto Dainelli, Grazioso, Re Giorgio

Luoghi citati: Tibet Occidentale