La torbida vita di un avventuriero

La torbida vita di un avventuriero La torbida vita di un avventuriero Un inizio mediocre e una rapida carriera — Tra suore ed educande sotto l'abito benedettino La conoscenza colla galera Milano, 14 notte. U singolare tipo di avventuriero e 'di mistificatore di cui si sono ampiamente occupate in questi giorni le cronache dei giornali, al secolo Achille Lampugnani, che per gabbare il mondo aveva scelto il saio del benedettino, nel suo aspetto esteriore aveva senza dubbio qualcosa di monastico. Esile, di colorito pallido, due occhi dallo sguardo mobilissimo sono una fronte ampia ed un po' conversa, il naso acquilino e la mascella inferiore alquanto pronunciata, egli, vestito della tunica, sembrava davvero uno di quei frati dimessi e umili ed al tempo stesso severi e autoritari che, forti della propria indifferenza verso le gioie effimere di questo mondo, sanno leggere nel volto del prossimo vizi e vanità, debolezze ed illusioni. Il parlare cordiale che portava presto l'interlocutore sul terreno delle confidenze, l'intuito psicologico che gli faceva scorgere subito il lato debole delle vittime, erano le armi che il falso monaco adoperava con successo pressoché costante; quando vedeva sorgere il dubbio in coloro che egli stava circuendo, scattava tempestivamente con una frase aspra, pronunciata con 1ono seccato, che raggiunva l'effetto voluto. Dotato senza dubbio di buona Intelligenza, se pure volta a fini disonesti, egli ha peregrinato di casa in carcere e di carcere in casa, preso nel gioco della sua stessa finzione; truffatore, oltreché per avidità di danaro, per spirito di mistificazione compiacendosi nel raggiungere una sempre maggiore abilità nell'accarezzare anime in pena, nel fugare sospetti e nel fare nascere la più accogliente fiducia, finché È ritornato ancora una volta — e speriamo per un pezzo — tra le mura della prigio ne a meditare sull'insuccesso che ha chiuso la lunga sprie di inganni. Nato a Milano il 17 ottobre 1901 da Carlo Riccardo Lampugnani, vetraio, e da sua moglie Antonia Di Dionigi, Uno all'età di venti anni, come risulta anche dalla voluminosa pratica che eEiste sul suo conto in Questura, ha frequentato con assai scarso profitto la Ecuoia, perchè arrivò solamente al secondo anno dell'Istituto tecnico. Aveva appena sette anni quando gli mori la madre; poco dopo il padre si trasferiva a Nizza e vi formava una nuova famiglia lasciando il ragazzo presso parenti a Milano. F.lno a vent'anni la storia del truffatore è quella di uno studente fannullone. A questa età evitato il servizio militare perchè da un occhio non ci vede affatto, il Lampugnani fu per qualche tempo impiegato in un Istituto di credito cittadino e quindi, subito licenziato, addetto a Un'impresa libraria. Giovinezza oziosa e irrequieta Neanche qui però fece fortuna, per cui. ancora una volta disoccupato, il giovane decideva di raggiungere il padre a Nizza e di tentar migliore fortuna in Francia. 11 suo ideale di vita era quello di campare a spalle del prossimo: è comprensibile quindi come neanche a Nizza, presso il padre, egli abbia trovato da far bene. Deluso anche da questa esperienza, il giovane credette a un certo punto, mentre era In Francia, di aver trovato al suo difficile problema di vìvere senza lavorare, un'ottima soluzione facendosi monaco, e riuscì, mostrandosi chiamato al raccoglimento del chiostro, a farsi accogliere come novizio nell'abbazia dei benedettini Cistercensi di Lérins. Sud soggiorno in monastero del Lampugnani poco è dato sapere; tuttavia, data la moralità dimostrata in seguito dal lestofante è lecito supporre che egli non abbia avuto dimestichezza con la regola che regge il monastero di San Benedetto sulla Costa Azzurra. Egli ha tuttavia affermato di avere pronunciato i voti. Sulla fine del '23 il truffatore trasportava le tende a Milano ove iniziava il suo soggiorno nel fiù brillante dei modi, cioè truffando albergatore che aveva avuto la mala ventura di ospitarlo. Malgrado il suo soggiorno in Monastero fosse stato breve, il falso frate aveva avuto modo di assumere tutte le apparenze di un religioso umile e devoto ciò che gli servi a maraviglia per svolgere l'attività truffaldina che So ha portato alia ribalta-della criminalità. Egli creava cosi un originale tipo di Imbroglione : quello' del religioso che per imprevedute circostanze si trova fuori del proprio ambiente e assillato dal bisogno, si rivolge a persone caritatevoli alle quali offre al tempo stesso i suol umili servigi. E' superfluo dire che lo scopo del gabbamondo era quello di sbarcare il lunario senza lavorare e disponendo anzi, a seconda che la fortuna lo favoriva nelle sue Imprese, di notevole somme di danaro da scialacquare. Db frate a capitano dei bersaglieri Nel 1934, tuttavia, il Lampugnani volle cambiare ruolo e abbandonò la dimessa' tonaca del frate per indossare la brillante divisa di capitano dei bersaglieri, auto-decorandosi, per sovrappiù, di numerose medaglie. L'amore dei contrasti, forse, aveva spinto il lestofante a cimentarsi con una nuova parte da recitare ai malcapitati che dovevano avere rapporti con lui. Il campo di azi.one del losco individuo questa volta fu Gallarate. Scoperto ed arrestato fu condannato nel marSo del pretore. Nel '27 egli è nuovamente arrestato per truffe compiute questa yoita con l'ausilio della tonaca e condannato il 3 novembre a tre mesi di carcere. Li ha appena scontati che viene colpito dall'ammonizione come ozioso e vagabondo e frequentatore assiduo di compagnie nient'affatto monastiche: ma il truffatore sta già preparando un nuovo colpo, scrocca denaro e ospitalità a un vecchio, conosciuto all'Ospedale, ove s'era fatto ricoverare per esaurimento, quindi trova modo di truffare varie persone nell'Asilo Evangelico di via Monterosa, al quale s'era presentato come don Carlo Bossi. -Fu scoperto, arrestato e condannato nuo vamente. Nel frattempo però, in stato di detenzione, egli era comparso per rispondere di un'altra truffa in danno questa del signor Vincenzo Menotti Vaccari del quale, spacciandosi come al solito per monaco, era stato ospite per una ventina di giorni senza pagare il conto, ostentando lettere di presentazione false e riuscendo anche ad indurre il Vaccari a fargli garanzia presso un sarto che gli confezionò un salo completamente nuovo. Per truffa continuata e falso, l'antico novizio di Lérins, è condannato ancora ad un anno e a 9 mesi di prigione e termina di scon tare anche questa pena proprio un mese fa, 11 14 luglio scorso, quando esce da san Vittore per presentarsi dopo alcune ore, indossando un abito grigio, senza cappello, alla portinaia dello stabile n. 10 di via Alessi. « Sono una persona seria... ho moglie e figli » Egli chiese alla donala, tale Virginia Vannini, maritata Tremaroli, di parlare a certa Clotilde Fontana per portarle i saluti di un fratello. La Fontana non era in casa e allora il Lampugnani chiese alla portinaia il iavore di tenergli in deposito alcuni pacchi. La Tremaroli rimase il, un po' incerta; l'atteggiamento dello sconosciuto era curioso e sospetto, ma questi la rinfrancò subito: — Non abbia paura di ihp, sa? Sono ima persona seria... Ho moglie e figli. Detto questo se ne andò. Ritornò la sera a riprendere i pacchi. Questa volta la conversazione con la portinaia fu più abbondante. Il Lampugnani confido alla donna di essere un frate: se vestiva da secolare, era per uno speciale permesso dei superiori dovendo trattare affari per conto dell'Ordine a cui apparteneva. Poiché la donna ed il marito, che era sopraggiunto, sembravano non del tutto convinti dalle dichiarazioni del monaco, questi aggiunse che aveva conosciuto il fratello della Fontana perchè — egli disse con tono confidenziale e misericordioso al tempo stesso — noi frati bazzichiamo spesso carceri e ospedali, dove c'è il dolore ». Questi sentimenti cristiani conciliarono un po' al Lampugnani l'animo dei coniugi Tremaroli, che sorrisero d'indulgenza quando egli chiese loro perdono d'aver detto la bugia d'essere ammogliato. Quattro giorni dopo il Lampugnani ricomparve in via Galeazzo Alessi. Ormai era di casa e l'accoglienza da parte della Tremaroli, se non cordiale, fu meno dividente. Il frate tornò sulla questione degli affari. Doveva trattare case e poderi in quel di Caravaggio, era ancora in borghese per un permesso del cardinale Schuster e aveva ancora i pacchi dell'altra volta. Ma questa volta spiegò che essi contenevano la tonaca, il crocefisso, i sandali, ecc. e aggiunse che cercava una pensione. 11 Tremaroli, uscito con lui, cercò presso due o tre famiglie una pensione, ma inutilmente. Risolse allora di andare da una sensale, certa Giulia Lomazzi, in via Cicco Simonetta, 17, che indirizzò il frate da certa Giulia Concorezzi vedova Frigeri, di 59 anni, che abita nello stesso stabile, al quarto piano, in tre camerette, col tiglio Bruno Frigeri fu Giovanni, di SSO anni, elettricista. La Concorezzi fu favorevolmente' impressionata dal tare dimesso e cordiale dell'avventuriero, il quale le confidò di essere un frate in incognito, e giustificò l'abito da borghese col già adottato pretesto di dover svolgere un'attività commerciale. Egli aggiunse che non voleva vedere donne per casa; anzi, questa era la condizione che poneva per prendere la pensione Avendo la Concorezzi espresso le sue meraviglie per il concetto che egli aveva delle donne, il falso frate aggiunse che, purché lo avesse desiderato, avrebbe avuto a sua disposizione quante donne voleval... La frase era indubbiamente da catechismo mondano, ma 11 pei lì non eb be seguito. Anche perchè in casa della Concorezzi il Lampugnani tenne poi un contegno esemplare. Egli tornò dalla Tremaroli, pregandola che gli stirasse un po' l'abito talare, che doveva indossarlo. La portinaia si adoperò alla bisogna, e quando, dopo un paio d'ore, il frate tornò a prenderlo, fu non poco meravigliata di sentirsi chiedere di indossare in portineria la divisa religiosa. — Vada di là — disse — In camera che c'é mio marito. Benedizioni e... occhiate alle belle ragazze C'era infatti il Tremaroli, e la... vestizione avvenne sotto gli occhi un po' attoniti del buon pipelet. Ripresi in un pacco gli abiti borghesi, il Lampugnani ringraziò la Tremaroli e le regalò, in compenso del lavoro, una sacra immagine della Madonna di Caravaggio entro una cornlcetta di metallo. Tornò poi dalla Concorezzi. Questa non ebbe il minimo sospetto sulla stoffa del frate, tanto meno quando, chiesto all'ospite come dovesse notificarlo sul modulo da inviare alla Questura, si senti rispondere in tono alquanto piccato: — Ma, signora, lei sa bene ch'io non sono un laico; sono un servo di Dio. Del resto — aggiunse in tono più pa cato, ma fermo — se non mi crede sulla parola, può accertarsi del fatto mio rivolgendosi all'Arcivescovado E cambiò discorso. Per più di una settimana il frate condusse vita esem piare nella casa che lo ospitava. Egli mangiava sobriamente, ricusando la carne, perchè la regola glie lo vietava; sedendosi a tavola e alla fine del pasto si faceva il segno della croce con grande compunzione; inoltre spesso si immergeva in profonde preghie re e meditazioni, che davano la convinzione alla Concorezzi di avere a che fare realmente con un sant'uomo Un giorno il Lampugnani chiese del barbiere per farsi tagliare i capelli. Fu chiamato, dal figlio della Concorezzi, un figaro della contrada, il quale rasò il frate e gli regolò la abbondante capigliatura. Il figaro, il mantovano Attilio Regazzinl, facendo onore alla furberia tradizionale del mestiere, esprèsse la certezza di aver servito un falso frate. Altri sintomi profani turbavano la visione serafica del frate: si notava che, rincasando egli osservava con uno sguardo non precisamente... rinunoiaturio certe fan ciulle del rione, ma l'occhiata era se guita da un saluto mellifluo e dal gesto della mano benedicente. L'ultima bricconata L'ultima bricconata del Lampugnu; ni è, dal punto di vista pittoresco, la più singolare di tutte. 11 falso religioso non si è accontentato di essere tale, ma ha voluto entrare in un ambien te religioso, con una audacia e improntitudine senza pari, è entrato in un convento-pensionato, ha esercitato le mansioni del sacerdote, confessan do e officciando... Tutto questo, naturalmente, aveva 10 scopo di gabbare qualouno. La vittima del falso frate è stata una ragazza che, essendole morta la mamma per spavento durante l'ultimo terremoto, rimasta soia aveva lasciato Napoli, la sua città natale, e si era recata a Milano, ove ha un fratello impiegato postale. Si tratta della signorina Bice Buonocore, di 17 anni, che a Milano prese alloggio, presso il fratello, in via Tiepolo 23 bis. Ma il fratello ha moglie e figli e la ragazza, per non essergli di peso, fece inserire un avviso su un quotidiano, offrendosi per un impiego. Il giorno dopo in casa del Buonocore si presentò il Lampugnani, vestito da benedettino, il quale annunciò alla signorina che aveva da offrirle un impiego che faceva al caso suo: un posto da contabile in un educandato femminile a Castel Canavese, presso Cuorgnò, condotto da suore tedesche, le quali accoglievano signore e signorine in villeggiatura Le condizioni erano ottime: 500 lire al mese; ma occorreva una cauzione di 5 mila lire. I Buonocore, che non disponevano della somma, riuscirono a trovare a prestito due mila lire, che il giorno seguente, 31 luglio, vennero versate al frate, nel mentre si stendeva da ambe le parti una specie di contratto. La partenza per il pensionato, di cui il frate diceva essere il direttore, avvenne 11 giorno Lo corr., in automobile da piazza.. Partiti da Milano di sera i viaggiatori passarono la notte il Ivrea, perché — diceva il Lampugnani — non era conveniente presentarsi al convento delle suore di notte. Difatti a Castel Canavese si recarono 11 giorno dopo. Prima però di entrare nell'educandato il Lampugnani si recò, con la signorina, dal parroco di Basissero, al quale presentò la Buonocore come una sua parente. Ciò meravigliò non poco Ja ragazza, ma la mossa entrava nei piano predisposto dal truffatore. Infatti, il Lampugnani giorni prima aveva scritto una lettera alla superiora dell'Istituto, a firma padre Achille Lampugnani De Dionigi, monaco della regola di San Bernardo, chiedendo se nel pensionato c'era posto per sé o per una sua parente. Stabilito da tempo in Francia, era stato colto da malattia, per cui i medici gli avevano consigliato di passare un po' di tempo in patria. La suora aveva chiesto consiglio al parroco, e la risposta era stata favorevole. Così al loro arrivo il frate e la parente erano già attesi, e la presenza della signorina non recò sorpresa. Nel convento-pensionato Sorpresa invece era e rimaneva la Buonocore, alla quale il lestofante aveva spiegato come fosse necessario, in uu primo momento, che essa passasse per sua congiunta, per farsi stimare e benvolere prima di prendere servizio. Intanto il falso frate, nel pensionato, la faceva in tutto da frate vero. Confessò e comunicò una suora ammalata; si dimostrava austero e religiosissimo, leggeva continuamente con compunzione libri di devozione. Ma la sua affettata umiltà cadeva nella untuosità, e questa finì per urtare lo stesso parroco, che gli richiese a1!TmvspsvqnzmdoopvldacNfpssmcucLclcaSIssergMgtfgnEsrdsrrotumpcscprdsdtetovvqdmrtepiti riprese i documenti attestanti la sua qualità di religioso, documenti che, secondo il rito canonico, un religioso deve sempre avere con sè quando esce di sede. Al che 11 Lampugnani rispondeva che era in attesa, e che i documenti non dovevano tardare. Fii precisamente questo punto dei documenti che costrinse il Lampugnani a mettere fine al gioco. Siccome tali documenti non li avrebbe mai avuti, penso che era prudente prendere il largo, e cominciò coll'annunciare che il Cardinale Schuster di Milano 10 aveva invitato ad andare da lui, dovendogli parlare d'urgenza. Ma egli voleva accompagnare la partenza con un'altra bricconata. Avendo una convlttrice manifestato l'intenzione di salutare una parente a Milano, egli, che già aveva telegrafato a Milano chiedendo un'automobile per sabato 9 corr., rimandò la partenza a lunedi 11, avendo persuasa la signorina a recarsi a Milano in automooile con lui, dato che la giornata di lunedì era più comoda per la convittrice. Ma Intanto già, al venerdì, la Buonocore, con l'animo pieno di sospetti, aveva parlato con la madre superiora, la quale a sua volta si era consultata col parroco. Si capi con che razza di frate si aveva a che fare. Tuttavia non si fece scandalo nè rumore. Il messere fu lasciato dormire tranquillo per quella notte; ma al mattino successivo fu messo bellamente nelle mani dei carabinieri di Castellamonte che, smascherato il filibustiere, lo tradussero alle carceri di Cuorgnè. Così questo bel tipo di truffatore In abito ecclesiastico, uscito di prigione 11 14 luglio, vi rientrava meno di un mese dopo. svaGdl'vcpccsdvtapnradaqPiassrlMdridEnscclmvidrprdltvestsagnt