Le rondini rondini italiane

Le rondini rondini italiane L'Impero di una Repubblica democratica Le rondini rondini italiane -( T> A I- 1VOSTRO INVIATO )- ALQERI, agosto. Portami, o treno, lontan lontano Bovo Firenze, dov'è Milano... Dalla finestra spalancata, un triangolo celeste sulle facciate gialle della Place Duquesne, strozzata come un cortile di prigione, e lo scampanare dei tranvai di Bab el Ued, il mugghio lento delle sirene nel porto donde fra poco risalperò alla volta di Marsiglia. — Continua tu, Muraccioìi. Venti paia d'occhi neri accompagnano Muraccioìi fuori del banco, verso la predella del maestro, li sotto quella misteriosa carta all'I : 500.000 che di quando in quando costa lagrime e sangue anche ai più bravi (Quali sono gli affluenti di destra del Po? Dove nasce il Tevere? Parlatemi delle Alpi Cozie!) ma che è pur dolce da guardare, quando non bisogna rispondere, attaccata in mezzo alla parete bianca, tra il Crocefisso e il quadro dei Pesi e Misure, di fronte alla carta di Francia, con quella strana corona di isole e tutti quei dischi neri a due o a tre galloni come berretti da ufficiale, che sembrano niente, a vedérli, eppure sono grandi città, stanno nel testo di storia, ti. parlano meglio di dischi di grammofono: Romolo e Remo, Pietro Micca, Masaniello, l Vespri Siciliani, Il Carroccio, Il Bucintoro,- Corredino di Svevia era il suo-norw; Quel ramo -del lago di Como, V^e. tu ammazzi un uomo morto. La carta d'Italia, in¬somma, ... eba l cuori ammalia Gemme più fulgide non lia l'Italia. E dopo Muraccioìi, Torrisi; e dopo Tortisi, Crisafulli. Prima la poesia, poi la prosa; il dettato, quel terribile dettato dove par tanto logico aver scritto, in bel corsivo con filetti: Que bella jornata, e invece il signor maestro ti ci pesca dentro due erro ri, due fotte, come dicono i francesi, ma loro scrivono fautes. Diavo lerie della pronuncia! O come vuoi scrivere bene l'italiano, quando da mane a sera non senti parlare che francese? Pazienza ci vuole. Sbagliando si impara, e Roma non fu fatta in un giorno, come dice quell'altro prò verbio nato sul Tevere (o dove nasce il Tevere?). Arrivano alla Scucia che non ti san neanche dire Sissignore, con una voce tutta rrr, tutta nnn, chiusa e arrochita in gola da giurare che non ti verrà mai fatto di aprirla, di risciacquarla come va: ma di li a qualche mese, dalli e dalli, compitano chiaro, scoprono il tono giusto, cedono alla persuasione musicale della lìngua. Vorresti non imparare una lingua tanto bella, la lingua del papà, la lingua del nonno? E poi, via, con maestri cosi buoni e cosi giovani bisognereb be proprio averci una rapa al posto della testa o una patata al po sto del cuore per non sentire subito che dove ti insegnano a parlarla sei nel tuo vero elemento, al sicuro, in confidenza, quasi in una seconda famiglia. Giovani b una vecchia caia Giovane persino il direttore, quel bravo signor Bracciotti, con la sua faccia imberbe spirante l'argento vivo e lo zelo dell'apostolo. Giovane la direttrice, la buona Fabiola Crocco, serena, materna, tenacissima. Giovani tutti, pare impossibile, in questo quartiere cosi vecchio, in questa casa cosi vecchia. Vecchia, già, ma pulita, ma allegra, col suo cortile a porticati, grande quanto un fazzoletto da naso, con le sue aule in ordine, col suo refettorio su per aria, dove a mezzodì la cuoca, puntuale, li scodella la minestra fumante e ti affetta il pane mentre i ragazzi recitano la preghiera. La Scuola italiana d'Algeri! Non sarebbe per avventura U frutto di un miracolo? Nel 1926, quando Fabiola Crocco, auspice la Società Dante Alighieri aperse la prima aula, a due passi di qui, in un angusto alloggio del la rue de Constantine, la scolaresca conlava in tutto in lutto due alunni. L'anno appresso, in rue Duquesne, gli alunni erano cresciuti di numero ma la Scuola non offriva ancora alle famiglie timorose e tilu1 banli se non le modeste attrattive di n a o l e ò o ù ? o a l a o l n ¬ o , r r i a e i n a a a o e i o o a i o i n a l a o e a , n , o n e r a n , i a i a un asilo d'infanzia. Fu solo nel 1928 che, grazie agli sforzi del Patronato Scolastico presieduto — ma la parola non dice abbastanza — dalla signora Sabetta Pestalozza, nobile cuore di italiana, si potè costituire una prima classe regolare e, di fronte al crescente favore delle famiglie, prendere in considerazione l'apertura di quel corso elementare completo che, intitolalo alla Principessa di Piemonte, aduna oggi nel palazzotto di Plaze Duquesne centonovanta alunni, e più potrebbe adunarne, se lo spazio non si avverasse già insufficiente. Chi ricordi in quale abbandono vivessero fino a pochi anni or sono gli italiani di Algeri, non può non ammettere che un risultalo simile tenga del prodigioso. Ritmo nuovo Ma molti prodigi del genere si sono prodotti in Algeri dopo il 1925, cioè dopo l'arrivo del console gene-rale Sabetta. Ricco, sebbene anche lui senza un capello bianco, della esperienza acquistata nei lunghi soggiorni fatti iti^Tunisia e in Marocco, patriota ardente eppur cauto diplomatico, perfetto conoscitore cosi delle responsabilità del suo stato come del difficile carattere francese e delle necessità speciali della situazione, assecondato, oltre tutto; per quanto a diffama, dalla stima affettuosa del maresciallo Lyautey, che di uomini se ne intende, Ugo Sanètta ha saputo, nel volger di un. quinquennio, ristabilire magnificamente il morale dei dodici mila connazionali della colonia, e dovrei dire dei trenta mila, giacché il benefico influsso della sua presenza non si è fatto sentire soltanto nella capitale e nella zona limitrofa, ma è giunto, pel tramite dei vice-Consolati di Costantana, di Orano e di Bona, a imprimere un ritmo nuovo alla vita italiana anche in quei dipartimenti, il primo dei quali assorbe da solo, essendo il più vicino alla Tunisia, una buona metà del contingente totale della colonia. Ieri in balla della sorte, gli italiani di Algeri dispongono oggi, mercè sua, di un inquadramento di prim'ordine, assicurato loro, oltre che dalla scuola, da una Camera di Commercio Italiana, fondala nel 1916 ma solo da poco assurta a feconda attivita, dalla locale sezione della Dante, dal Fascio Benito Mussolini e dal Fascio femminile, dall'Associazione Nazionale degli Ex-Combat* tenti, dall'Unione Sportiva Pietro Ceresa, da un Dopolavoro con Biblioteca Circolante, dal Patronato Scolastico e da delegazioni della Croce Rossa, del Touring Club e della Lega Navale. Anche nella lontana Algeria, i figli d'Italia cominciano insomma a non sentirsi più figli di nessuno. Ma questo savio lavoro di organizzazione non avrebbe forse ottenuto tutto il risalto desiderabile ai fini della sua stessa solidità e delta propaganda, se alle altre proprie buone idee il coasole. Sabetta non avesse aggiunta quella di concentrare tutti i sodalizi in una unica sede che fungesse da focolare spirituale della colonia, voglio dire nella Casa degli Italiani. La Casa degli Italiani Come sorse questa Casa degli Italiani merita di esser narrato, giacché l'episodio è caratteristico esempio di quel senso pratico, di quella risolutezza e di quel coraggio che distinguono il Far West mediterraneo, alla cui creazione fortunata la nostra gente ha avuta, modestamente, la sua parte, da quando il. conte d'Attili della Torre, console di S. M. Sarda, assumeva la tutela degli interessi francesi in Algeria, in seguito alla rottura dei rapporti diplomatici risultala dallo storico colpo di ventaglio al suo collega Duval giù giù sino ai di nostri. « / sodalizi italiani di Algeri, si disse il moderno successore del diplomatico piemontese, pagano oggi complessivamente trertlaseimila franchi di pigioni. Con trèntaseimila franchi l'anno, potrebbero comodamente ammortizzare in capo a tredici anni trecentomila franchi. Facciamo dunque una buona emissione di seicento obbligazioni da cinquecento franchi'al quattro per cento. Essa darà loro modo di acquistare un'area e fabbricarvi su una casa che li ospiti tutti insieme, mentre con trentamila franchi Vanno procederemo al graduale rim- clvrborso delle obbligazioni e gli altrilpseimila serviranno a costituire, lusso supremo, un fondo di riserva ». Il ragionamento, semplice ed elegante, del console ebbe il dono di colpire subito gli italiani di Algeri, tutta gente sveglia che sa fare i propri conti anche senza penna e calamaio, e i trecento mila franchi del prestito si trovarono. A trecentoventicinque franchi il metro, l'acquisto di quatirocentocinquanta metri di terreno nella centrale rue Denfert-Rochereau, a due passi dal popoloso corso Michelet, fu solo quello un ottimo affare, il valore essendone oggi beli'e triplicato. Ma i centocinquantamila franchi che restavano non sarebbero bastati alla costruzione dì. un edifìcio degno e adeguato, se a questo punto non fosse \intervenuto, deus ex machina —mai a i * "On. sta forse scritto che chi si aiuta Dio Vajuta? — il governo di Roma. Arrotondata generosamente la somma sino a toccare i quattrocento mila franchi, cui la colonia ne ag giunse, all'ultima ora. sessantasette .dmila altri del suo, la Casa degli Ita-\gliani sorse, solido e chiaro palazzot-ì g10 di tre piani, nostro di genio come\dd'opera, comprendendo, in una con | ple sedi'dei vari sodalizi; perfino1 un\hteatro di seicento posti atto a servi-]cre, oltreché da strumento di sana-dpropaganda, da accessoria fonte di\sreddito, più una biblioteca e una pa- ' ìestra ginnastica, il tutto fronteggiato da un sobrio e nobile prospetto di graniglia di travertino in mezzo al quale ammonisce e vigila un'Italia di schiette membra, il capo rivolto sull'omero a richiamare nel proprio solco le sparse rondini d'oltremare. Riconoscimenti / giornali parlarono, a suo tempo, dell'inaugurazione di questa Casal avvenuta il primo giugno scorso tra commozione e gioia quali può comprendere unicamente chi vive o visse lontano dalla patria: un particolare non trascurabile dell'avvenimento fu che accettarono di assistervi — per interposta persona, è vero, ma erano fiiorni di tempestosa polemica franco-italiana — Governatore Generale, prefetto e sindaco di Algeri, le tre maggiori autorità francesi del luogo. Che l'apertura di un foyer italien abbia saputo strappare un onesto saluto anche all'Algeria ufficiale, prova meglio di molte disquisizioni non solo il tacito riconoscimento da parte di questa delle benemerenze che gli italiani si sono guadagnate nel paese grazie al loro lavoro e alle virtù della loro razza, ma sopra tutto il senso di opportunità e di misura, la felicità di atti e di parole con cui i nostri interessi in Algeria, sono stati, negli ultimi anni, amministrati e difesi. Giacché non bisogna credere che 11 compito sia facile. L'Algeria conta, nel numero di. quei seicentoventinove mila francesi di cui s'è discorso altra volta, i rampolli, più o meno assimilati, ma giuridicamente ormai irreperibili, degli ottomila italiani riconosciuti dal censimento del 1847 nonché dei quarantaquattro mila riconosciuti dal censimento del 1891, rampolli i quali debbono es sere parecchi — a meno che i loro padri non si siano astenuti dal prolificare — se teniam conto che oggi, a distanza di tanti anni, la cifra degli italiani riconosciuti non supera di molto la trentina di migliaia. Due terzi, a dir poco, dei no stri fratelli, nati, o immigrati in Algeria portano appiccicata in fronU' l'etichetta francese. Sulla costa non esiste forse una Chifalò, borgo di pescatori fondato da siciliani di Ce falù, dove si parla ancora il puro dialetto di Giovanni Meli? Parlano siciliano, ma sono tutti francesi, a cominciare da quel Domenico Mer curio che funge da re locale del tonno e del pesce spada. E nella stessa Algeri, a quanti siciliani non danno riretto le vecchie case della Marina, il quartiere della scuola a Principessa di Piemonte », a due passi dal vecchio porto popolato dalle loro barche? Dovremmo chie- |derlo a padre Picardi, parroco detta'nvndatrtcFSgtcarmdggtgTspprcuttcdvsigtnccfsucmrtnirgrvqcgqssdedtuc cattedrale e siciliano egli pure, che li conosce un po' tutti ed è la provvidenza di tulli. Non difesi né indirizzati da nessuno, rondini che la palria non si era m.ai voltata a ri di pesce fritto e di cocomero per erigere al suo posto un quartiere di grattacieli borghesi significherebbe dare lo sfratto ai tre quarti della popolazione italiana e maltese che \ha sempre vissuto qui, sul potto, ]composta guai'è quasi unicamente di uomini di mare, e disperderla Dio sa dove, dal parco Hgdra al Telemly, zbslpgmmssnella'speranza 'che'"la sme~tterd7>\vivere agglomerata e che, smarrita nel mare magnum della città, perderà anche la voglia di bazzicare alla Casa degli Italiani, di frequentare una scuola italiana, sia pur con refezione e assistenza medica gratuita. Il progetto Brunel ha avversari che possono parlar forte, quali la Federazione dei Commercianti e il Sindacato Commerciale. Ma è un grosso pericolo sospeso sull'orizzonte. E allora? chiamare nel proprio solco, a poco a poco la Francia li assorbe, li digerisce. Difenderli, indirizzarli, chiamarli a raccolta è un gioco sottile di pazienza, di persuasione e di dignità, le cui strette regole sono segnate dai limiti angusti delle leggi, Manovre insidiose Gioco mai finito, purtroppo. Quanti tentativi non vengono fatti ogni giorno per distogliere Muraccioìi, Torrisi, Crisafulli dal frequentare la scuola italiana! Quante manovre per ottenere la chiusura pura e sem plice dei corsi! « L'edificio minaccia rovina... L'edificio non è igienico... ». 0 non si rimugina adesso un aggiramento in grande stile di tutta la posizione, con quel progetto di sventramento della Marina che il sindaco Brunel, quello stesso di cui la Casa degli Italiani ricevette la visita putativa, ha preso sotto il suo alto patronato? Buttar giù questo popolare rione olezzante Resistenza e coraggio Allora, resistere, serrare i gomiti, in silenzio, senza inutili scalmane, rispettando le leggi, salvando la cordialità dei rapporti con tutti, facendo fìnta di nulla, proprio come si fa oggi in Algeri. Ma resistere; e, se occorre, ricostruire la scuola in un altro quartiere. E restare concordi, tutti un'anima sola, fermamente decisi a non cadere negli errori che straziano, in condizioni pur tanto migliori, la colonia di Tunisi. L'Italia di casa, l'Italia immusonita e cipigliosa, dovrebbe cavarsi il cappello davanti all'esempio di resistenza, di serenità e di coraggio datole dalle poche migliaia di rondini algerine. Ah, se chi non viaggia potesse intendere il sale di quel verso del Poeta sul pane altrui, capile l'insegnamento della lontananza! Portami, o treno, lontan lontano Dov'è Firenze, dov'è Milano... Bravo, Crisafulli : dieci con lode! CONGETTO PETTINATO.