La febbre dell'oro

La febbre dell'oro La febbre dell'oro Per conto mio, ho intervistato l'avvocato Antonio di Palma, nella sua residenza a Bari in via XXIV Maggio, 65, per avere notizie recenti sul suo difeso Emanuele Messeni. Il giureconsulto pugliese, che è uno dei più valorosi del foro locale, chiama il suo cliente «gentiluomo», giovane di grande ingegno, coltissimo, che ha al suo attivo molte benemerenze politiche, che ha moltissimo viaggiato e imparato, che è un autentico signore nei tratti, nell'aspetto, nell'anima e pertanto egli è convinto che il vecchio zio Onofrio gli abbia voluto un bene particolare e lo abbia lasciato erede universale, essendo questo ultimo un ni potè che con la sua indiscussa autorità e importanza fa onore alla famìglia Petruzzelli-Messeni, e non Eolo alla famiglia, ma anche alla città. Ciò che ha grande valore, secondo l'avvocato, è l'album fotografico di Emanuele Messeni che a Montecatini si è fatto spesso fotografare al braccio dello zio milionario. Non c'è dubbio, a parere del Di Palma, che Emanuele sia stato in questi ultimi anni il beniamino dello zio Onofrio, il quale, commosso dalle tenerezze del nipote, pare abbia vergato il testamento a favor suo. « Siamo così sicuri del fatto nostro che al cliente stiamo anticipando tutte le spese ». Parla Emanuele Messeni Eccolo il protagonista, Emanuele Messeni, al volante della sua automobile. E' un uomo sui quarant'anni bruno, dalle linee marcatissime, dall'aria disinvolta di chi ha molto vissuto. Mentre ci porta a spasso per le vie di Bari a bordo della sua macchina, egli ci dice con accento esotico: « Della mia vita americana vorrei che non se ne parlasse affatto, perchè oggi 10 non la vorrei più rivivere sebbene mi sia molto ma moito divertito: ho buttato via parecchi miglioni, svariati miOlloni, che mio zio Onofrio mi man clava perchè io vivessi una vita prin cipesca. Infatti io venivo chiamato « principe », ed avevo servi in livreacarrozze, cavalli, automobili e motoci elette. Vivo miseramente, poverissimo ora, pur essendo il legittimo erede d mio zio Onofrio, e non ho nemmeno i soldi per pagare il latte della mattina per i miei figli » Lo si ascolta con interesse. Egli stesso ci fa sapere che l'ambasciatore Macchi di Cellere quando seppe a New York di questo italiano che si diceva di «sangue reale», gli fece sapere che avrebbe fatto bene a smentire queste voci. Ma allora era troppo tardi, porche il Messeni aveva suggestionato perfino se stesso e si credeva non una, ma cento volte principe, e non esitava a far pubblicare sui giornali ameri cani la fotografia dì non si sa quale anello che gli avrebbe regalato un ail tissimo personaggio. « Non ero io, era 11 titolo nobiliare che a New York fu careggiava». Tanto che tutte le porte delle case più elevate gli si aprivano dinanzi, e il Messeni, abusando di un principato che non aveva, viveva una vjia molto spensierata. Si presentava alle feste da ballo nelle uniformi più pittoresche, decorandosi copiosamente senza averne diritto. Una lettera del vecchio vecchio zio gli scriveva alle sue II continue richieste di denaro: « Tu hai da pensare che hai da parlare con tuo zio il quale non è uno stmpido, e non intendo di essere preso per stupido da te, se mi hai preso in giro lino adesso è slato per la mia troppa bontà e per non dare dispiacere alla tua povera mamma la quale trovasi gravemente ammalata. Le chiacchiere de! buon affare e quelle della tua malattia non esistono affatto, vuoi divertirti ancora qualche altro mese a spese di chi sta buttando il sangue dalla gola dalla mattina alla sera nell'età di 70 anni, e questo è un vero delitto, che io debba lavorare e tu che hai da stare a rar la vita del bellimbusto e del vagabondo. Sono già passali quindici anni che stai a divertirti a spese di noi stupidi ». Il 23 dicembre 1926, Emanuele telegrafava da New York : « Vivo facendomi prestare denaro con falsa promesse Più tardi scriveva al padre.: «ednuftocscn«cN«rdstndm « La mia fidanzata sa che tua madre era una principessa e che tu avresti il diritto al titolo ma non lo porti perchè non ci tieni. Per conseguenza io sono un principe, non riconosciuto. Qui preferisco che tu ti fai una risata, più osto che credere che io sono senza cervello. Tutto va bene e andrà benissimo. Essa mi ama ed io l'amo, ancora un po' più di amore ed un giorno riceverai un cablogramma cosi: « mi sono sposato », e tutti saremo contenti ». Il signor Joseph Vaselli scriveva da New York alla famiglia di Emanuele: « Ho saputo che egli (Emanuele) era ricercato dalla polizia americana per diverse azioni indegne della sua rispettabile famiglia, del suo nome e del titolo con cui si compiaceva di adornarsi, ed ho per questo atteso che il « principe » si facesse vivo e mi mandasse il denaro, sapendo egli benissimo il mio indirizzo ». « Io mi sono molto divertito — egli ci ripete — ed ho sciupalo un patri monto ». Mentre nella nativa Bari i genitori, i fratelli, gli zii sfacchinavano da mane a sera, conducendo una vita di sacrificio, di astinenze, risparmiando il centesimo, non concedendosi il più piccolo divertimento, egli si divertiva. Beniamino Messeni viaggia in seconda classe da Milano a Bari e.si compera il cestino da viaggio e la bottiglia dell'acqua minerale e fa a meno dei cuscino per spedire i dollari al fra tello Emanuele che nei grandi alberghi di New York conduce vita sfarzosa.La parsimonia dei Messeni e dei Petruzzelli è giustificabile in quanto che essa è una conseguenza delle ingenti fatiche con cui essi guadagnano il de naro. Quando essi accumulano i milioni comprano feudi e palazzi ed il loro desiderio è quello di tramandare la loro formidabile industria in buo ne mani, perchè il nome della loro ditta rimanga e fiorisca in avvenire. Ma Emanuele Messeni, il presunto erede universale, ti dice freddamente che lo zio Onofrio ha lavorato per lui, perchè « il giovane sciupasse il denaro faticosamente guadagnato nel fondaco di via Melo, da coloro che stanno in piedi da mane a sera a misurare stoffa, da-anni ed anni». Secondo Emanuele, pare che lo zio Onofrio sia stato felice di veder godere il nipotedi vedergli sciupare i milioni con le etere. E' mai possibile che un uomo l:osì equilibrato, come Onofrio Petruzzellis, abbia avuto di tali capricci? Epossibile che pochi mesi prima di morire abbia voluto bruciare con due righe di testamento i suoi milioni? Dritorno dall'America, l'Emanuele avrebbe detto ai suoi fratelli Onofrio e Antonio: « Se mio zio Onofrio non fa quanto dirò lo, lo prenderò a revolverate ». Padre contro figlio « La sua megalomania -— racconta suo padre — giunse a voler iTeatro Petruzzelli per crearsi un posto nella politica, tanto che un giorno egli disse, a un personaggio politico« Per voi ci sono centomila lire, purché mi facciate mettere in lista politica ». Quel personaggio, sdegnato, lo mise alla porta. Le stranezze, pericolose del maggiore dei fratelli Messeni sono di dominio pubblico. Non si vedrebbe altrimenti un padre tanto accanito contro il suo stesso sangue, come lo è l'ingegnere Angelo Messeni, l'ideatore e icostruttore del Teatro Petruzzelli, un cittadino esemplare. Questo padre che dal giorno in cui morì Onofrio Petruzzelli, non ha più pace, oggi si trova con la spada della giustizia nelle mani, e da cittadino integerrimo giudica, dimenticando di trovarsi al cospetto dei &uoi figli, egli giudica a 80 anni e condanna la condotta del figliocosciente del dovere che il momento gli impone. La sua sofferenza è grande, per quanto egli sia un uomo eccezionalmente forte. Ma nessuno meglio di lui può conoscere i suoi figli; Onofrio e Beniamino soldati, cittadini, lavoratori Instancabili; Emanuele, vagabondo e squilibrato. E intanto vediamo Emanuele che se ila spassa in automobile con In pugno il famoso testamento di due righe, e vediamo Be l ù . a a a i . e i l e a e o o n faa e, e o zE' oe i ae a la l oo : rio oiio eil n e eoe uo0 o, o neo oaaau¬ niamino e Onofrio in carcere da circa sei mesi imputati di furto, dallo stesso Emanuele accusati, costituitosi, quest'ultimo, come si sa, parte civile, con tro i propri fratelli, che a varie riprese lo assistettero e lo beneficarono nella sua avventurosa vita all'estero. Sembra che fatti stranissimi si siano verificati in questo affare, tali da persuadere i magistrati a spiccare mandato di cattura contro i due fratelli, tali da persuaderli a trattenerli in arresto, tali da persuaderli a non concedere a loro la libertà provvisoria. In quest'anno di torture mai un attimo di tenerezza ha attraversato la mente dell'accusatore dei propri fratelli. Egli si sente signore dappoiché è stato allevato ed ha vissuto in centri intellettuali e moderni, e la sua istruzione è molto al disopra del livello di quella dei fratelli che sin dalla più tenera età fecero l'abitudine al lavoro. I suoi sono « plebe ». Ma che cumulo di contraddizioni è nella sua animai Egli che ha giralo mezzo mondo vivendo nel gran mondo, finirà più tardi per convivere ccn una fantesca dalla quale ha parecchi figli; egli che vanta «sangue reale» nelle vene, si abbassa a tanto, ma qui non è il caso di criticare l'amore che si possa sentire per una creatura umi le, è il principio che si discute, è la assurdità che si incontra nella vita di questo ambizioso. I filibustieri di marca sono Cagliostro e i conquistatori di donne sono Casanova; il primo dalla estrema povertà con i propri mezzi, con la propria intelligenza, giunge alla ricchezza e al fasti principeschi; il secondo con il proprio fascino giunge alla conquista delle donne più singolari. Cagliostro e Casanova da strapazzo Ma Emanuele fa il Cagliostro con 1 soldi di un onestissimo vecchio che da mane a sera suda a misurar stoffa dietro il bancone, e fa il Casanova con le serve, fingendosi « altezza reale». Ma è anche convinzione generale che egli sia sempre « riuscito ad abbagliar tutti », e in primo luogo 1 suoi più stretti parenti, ottenendo sempre i eoidi che chiedeva. Perchè non doveva riuscire col vecchio zio Onofrio, ottantenne, che dava segni manifesti di rimbecillimento e accusava 1 mortali acciacchi della vecchiaia, allo scopo di indurlo a vergare il testamento in suo favore, totalmente a danno degli altri legittimi eredi? Questo suo piano appare probabile quando sì legge negli atti giudiziari delia stessa accusa come Emanuele si sia mostrato, a Montecatini, a tal punto devoto e premuroso presso lo zio infermo "tta volergli perfino « lavare i piedi e tagliare le unghie». Negli atti si parla, senza che. gli avvocati temano di cadere nel ridicolo, di un perfetto idillio vissuto per parecchi anni tra il vecchio decrepito e il giovine nipote Emanuele, a Montecatini Non ci sarebbe nulla di strano se lo zio Onofrio abbia in un momento di tenerezza permessosi il capriccio di lasciarlo erede. I vecchi, come i bambini, sono talmente suscettibili agli affetti I Ma si ammette anche un'altra ipotesi e un'altra versione del fatto Pare che Emanuele abbia un giorno dato a intendere allo zio che era fidanzato con una ricchissiima signorina r-mericana. Per la qual cosa egli desiderava abbagliare i genitori di lei, dando Ioto ad intendere che era erede universale dello zio Onofrio. Per ciò pregò il vecchio a volergli rilasciare quelle due famose righe, che gli avrebbe riportato subito dopo che il padre della fidanzata ne avesse presa visione. Naturalmente, si suppone che Emanuele al ritorno abbia trattenuto il testamento ed abbia restituito allo zio una copia con somigliante calligrafìa. Questa potrebbe essere l'ipotesi più vicina alla realtà, ma gli eredi, tutti, dal fratello del defunto agli altri nipoti, vogliono ammettere la falsità completa del laconico testamento, materialmente e intenzionalmente: 1°) dalla brevità dello scritto; 2°) dal fatto che la busta in cui era racchiuso manca di ogni indirizzo o indicazione; 3°) dtU paragone degli altari dAaicdGpèabgdp i a , l e 1 e a a e n a , a a a o i i n i o i i i a o o a , e ò e a autografi del testatore ; 4°) dalle prove testimoniali. Sono stali a tale uopo nominati tre periti, di cui due hanno affermato la autenticità del testamento e fra essi è l'illustre prof. Ellero; un terzo ha negato recisamente,, affermando che il testamento è a meta vero e a metà falso. Non è facile quindi mettersi d'accordo quando il disaccordo è tra periti di fama indiscussa. Se 11 testamento è stato falsificato ci troviamo nel caso di dover scoprire un falsificatore di una valentia straordinaria e tanto da farla ih barba niente di meno che al prof. Ellero. L'arresto per falso dèi principale accusatore Beniamino Messeni si recò a tale uopo a Napoli per la ricerca del presunto falsificatore, essendo stato messo sulle tracce da confidenti: però non approdò a nulla: non solo, ma questa sua gita a Napoli fece credere ai suoi accusatori che la sua intenzione fosse stata non quella di cercare il presunto falsificatore del testamento dello zio sibbene chi gli potesse procurare un timbro falso della « Begia Pretura di Bari », timbro che gli sarebbe dovuto servire per riporre la ceralacca ai nastrini della famosa cassaforte violata. Coloro che hanno denunciato alla Questura i due germani per furto in danno del presunto erede universale sono un certo Bomita e un tal notaio Miraglino; contro quest'ultimo ora è stato spiccato mandato di cattura per falso in cambiali. Questo notaio proprio stamane tratto in arresto, spinto non da altro che dal desiderio di far sapere « la verità di come stanno le cose », provoca con le sue assurdità la seguente dichiarazione di uno del due germani, Onofrio: «L'accusa di furto che si muove a me, che ho fatto la guerra e sono stato ufficiale di Aviazione, è un assurdo morale ed io protesto con tutte le forze della mia anima ». Quando in due giornate consecutive il Giudice istruttore accedette nella casa Petruzzelli-Messeni per l'incarico di perizia dato al signori Tassalìni e Grimaldi, nominati di ufficio, e per procedere al rilievo fotografico dei suggelli, nulla assolutamente si ebbe a rilevare d'Irregolare, affermano gli avvocati, anzi il cancelliere Tondi dichiarò, e risulta dal verbale, che i sigilli apparivano per quelli da lui applicati. Nel verbale si legge: « SI dà atto anzltutto che non si può accedere alla cassaforte in quanto si dice che essa è racchiusa nel vano, la cui porta è anche essa sigillata con una fettuccia bianca, portante allo estremo due sigilli di ceralacca rossa con l'impronta della locale Pretura. I suggelli della porta sono tutto — dicono gli atti — in quanto che risulta dalla perizia che essi non furono nè falsificati nè manomessi; di furto assolutamente non si può parlare, perchè sappiamo che la finestra del balcone fu trovata chiusa sbarrata con cugni di legno, e l'unica entrata quindi era la porta, ed lntat ta la porta, vuol dire che nessuno era arrivato alla cassaforte». L'accusa che condusse all'arresto dei fratelli Dopo un anno, con un ritardo davvero inesplicabile, spunta in scena Paolo Miraglino e con le sue dlchia razioni decide il mandato di cattura contro Onofrio e Beniamino Messeni. 11 7 gennaio scorso egli infatti dichiarava al Procuratore del Be: « Quello che io so è che la cassaforte del fu Onofrio Petruzzelli e che trovavasi in casa Messeni-Petruzzelli, venne aperta in una notte della fine di gennaio dal Beniamino Messeni in presenza di Luigi Messeni, Onofrio Messeni ed Antonio Petruzzelli: — da essa venne sot tratta la semina di oltre 14.000.000 tra monete di oro e biglietti di banca. Vennero inoltre sottratti alcuni docu menti relativi alla causa pendente fra gli eredi. La cassaforte venne aperta con chiavi in possesso di Beniamino Messeni ed i suggelli furono tolti con una cordicina metallica arroventata da Onofrio Messeni e rimessi a posto dopo averli riscaldati a fuoco. Non vi fu bisogno del timbro fatto fare apposta a Napoli dal titolare del chiosco a destra dirimpetto al Municipio, da Be niamino e Luigi Messeni che verso il 15 gennaio si recarono apposta in questa città, donde tornarono verso la fine del mese ». Il Miraglino afferma che la confessione del furto gli sia stata fatta dallo stesso Beniamino Messeni durante una gita a Santo Spi rito. Ma gli atti provano che il Miraglino incontrò allora appena per la seconda volta in vita sua il Messeni. E allora, si chiedono i difensori dei Beniamino, come mai può darsi che il Messeni si sia avventurato a confes sare una cosa tanto grave a un indi viduo che ha visto per la seconda volta in vita sua? Su siffatta confessione, che ha tutto l'aspetto di una invenzione completa, si basa l'ormai famoso processo; in tiase alla deposizione del Miraglino, Beniamino e Onofrio continuano a rimanere in galera. Paolo Miraglino, in seguito, preso evidentemente da grave rimorso « attenua le tinte per Anto nio Petruzzelli, dicendo.che egli pre senziò all'apertura della cassaforte in maniera tutta passiva, quasi per sem- pptocvAsqssdcLptlPddnlpncclcetsv—eqdcn5vvttcOmdgimmpqtàrazbodhmfcrpdtMz a a è a a a — e i a a a t a a a a i. ao u n ro di nt a a. u a a o n a o vi oa e il ea a a o i aa i. ei il s i lo a, n o, in ao e n m- plico curiosità, perchè è un abulico, e, per affetto ai nipoti, non avrebbe osato mai elevare alcuna protesta. Ma certo è sacrilego — concludono gli avvocati — questo di osare di mettere Antonio Petruzzelli, uno dei due instancabili fattori della grandezza di quella cassaforte a muro nella modesta stanza da letto, — ad assistere al saccheggio dei suoi averi, e per parte di due suoi nipoti, mentre un estraneo, che tale si deve e si può considerare Luigi Messeni, parente lontano, deve presenziare, senza necessità, a questa' tragedia famigliare che travolge tuttei le tradizioni nobilissime della Ditta Petruzzelli ». Nella cassaforte, scrive la dilesa del due fratelli Messeni, c'era la sommai di 14 milioni soltanto perchè Miraglino l'ha saputo, nientemeno, da chi l'aveva sottratta: e questo è tutto III processo per rispetto alla dimostrazione della preesistenza della somma, che si dice involata. « Ora se nella: cassaforte di Onofrio Petruzzelli valori a milioni si potevano trovare —* chiariscono i periti — questi dovevano; essere titoli, non denaro, giacché 1 titoli producono di per se stessi interessi, mentre il danaro contante s'impolvera solamente. Se Onofrio PetruzzellS — homo aeconomicus — tesaurizzava, e se questa era la sua mania, secondo' quanto si legge nei numerosi esposti della parte civile, se Onofrio Petrus zelli era un commerciante tanto ao« corto come la fama lo ricorda, non; poteva tenere inoperosi del milioni, che a fine di anni, impiegati in titoli, creavano meccanicamente altri milioni di interessi. Quattordici milioni al 5% interesse del consolidato, frutta* vano 700 mila lire di rendita all'anno, vaJle a dire la bellezza di cinquantottomila lire di rendita al mese, senzal tasse da pagare, e senz'altro incomodo' che quello di tagliare le cedole. Ed Onofrio Petruzzelli, che lesinava U millesimo, che risparmiava la carta; da imballaggio, che conservava lo spago ed i suoi residuati, aveva milioni infruttiferi in cassaforte? Eppure è di« mostrato dal movimento ineccepibilmente certo del titoli, tutto vergato di pugno dell'Onofrio Petruzzelli, che quest'uomo, appena aveva disponibilità, le invertiva in acquisti di titoli peB renderai fruttiferi « Bisogna credere — concludono gli avvocati Alfredo de Marsico, Raffaele Bovio, Carlo Guarnierl, Pietro Capruzzi — ai risultati delia perizia contabile dei professori Garrone e Lorusso, o alla deposizione di un Miraglino? Il dilemma è questo, e lo equivoco non è possìbile. Se nella cassaforte, come hanno dimostrato i periti contabili, i milioni non c'erano, è falsa di sana pianta la deposizione e l'asserita confessione del Miraglino; se i milioni c'erano, la perizia è insincera ed errata. Per giungere alla erroneità della perizia — essi concludono — bisogna dimostrarlo, e non è possibile; per ritenere falsa a priori la deposizione del Miraglino non occorre la dimostrazione, che pure in precedenza abbiamo resa esaurientissima e completa: basta sapere chi sia costui. La Corte di Ap* pello lo ha definito in una sua sentenza, il cartellino penale e quello de£ carichi pendenti dice il resto ». Oltre a tutto ciò un'altra causa è Ini corso tra Emanuele Messeni e lo zio Antonio Petruzzelli perchè 6i avvalori o si smentisca la società di fatto che esisteva, come si è detto al principio, di queste note, tra il defunto Onofrio, e il fratello Antonio, e quest'ultima ò una lite di straordinaria importanza in quanto che si vorrebbe privare lo; zio Antonio dei guadagni accumulati in sessanta e più anni di lavoro al fianco del fratello Onofrio nell'industria del tessuti svolta durante tutto; questo lungo periodo di tempo in perfetta armonia sotto il nome e la bandiera onoratissima di Onofrio Petruzzelli. Se Emanuele avesse ragione ini quest'altra lite e se il testamento si convalidasse, egli diventerebbe « toull court » signore di un patrimonio di circa cento milioni, ricchezza che lcj zio Onofrio, « homo aeconomicus »t avrebbe, secondo il famigerato testamento di Montecatini, lasciato total, mente a lui « perchè si divertisse ancora con le Etere .. Messeni contro Messeni Messeni contro Messeni! La febbre dell'oro, che minaccia di abbattere totalmente la più cospicua e la più glo-i riosa famiglia di Bari. Ora che la città! adriatica, la perla del Mare Nostro prò. dlgiosamente si sviluppa e si affianca alle più importanti città italiane, ora che Bari conquista il primato della espansione commerciale politica in' Oriente, ora che essa è davvero il ponte che allaccia il Levante alla nostra fertile terra, i suoi artefici primi che rispondono al nome di Petruzzelli e di Messeni, non partecipano a tanta festa di lavoro e di progresso. Ecco la Fiera del Levante che leva le sue guglie lucenti sul mare. Il vecchio Onofrio Petruzzelli l'avrebbe salutata con slancio giovanile e con lacrime, pensando che i suoi ottant'anni di lavoro 6on valsi anche a questo utilissimo scopo civile. Onofrio Petruzzelli, che palmo a palmo ha edificato una gran parte dell'avvenire di Bari, non è più; e sul suo nome gli eredi si accaniscono e si dilaniano dando spettacolo poco degno del nome che portano. L'oro; li ha acciecati, l'oro li ha sconvolti,l'oro li tiene in piedi l'un contro l'altro armati, terribilmente feroci, contro il proprio sangue. Messeni controMessenil Divisi in due fazioni si combattono fieramente, ed eccoli questi uomini massicci, dalla volontà dura come l'acciaio, che sfidano il carcere, la miseria, il disgusto e la più acerba critica popolare per difendere l'oro accumulato. Il popolo di Bari protesta e chiede che 1 fratelli depongano le armi presa contro i fratelli, e che la prospera paci? ritorni nella famiglia. ANTONIO ANI ANTE,