Nella terra d'Alfieri

Nella terra d'Alfieri Nella terra d'Alfieri 11 primo autor comico che abbia ato il Piemonte è un astigiano: il Mobile Giovan Giorgio Àlione, il quale visse tra la fine del secolo XV e Ri principio del XVI... Anzi, un libro Biecente, con la data del 1929, contienine, per cura del prof. Maranzana, le Canzoni francesi dell'Alione «_puJiliées à l'occasion du IV centenaire 'de sa mort »; ma ò un centenario in senso lato, giacché i pochi documenti tohe si conoscono su quell'antico sprit•itore non vanno oltre il 1521, e i suoi biografi più autorevoli suppongono lehe morisse in quell'anno. Ne, ad immaginare che quel centenario fosse autentico, il miglior modo di celebrarlo sarebbe stato quello di rinverdire la fama del rimatore francese ; difenderlo ai potrà, nella sua fedeltà allo straniero, come il Grajano d'Asti d'una letteraria disfida di Barletta; ma il suo giudice più severo e proprio un critico francese, Enrico Guy, che, passando in rassegna la 'Scuola dei ritori, non ha risparmiato all'Alione le accuse ed i frizzi più aspri e ne ha delineato un ritratto, specialmente morale e politico, così fosco da riuscire persino ingiusto, quando si ricordi che la città nativa 'del poeta — la futura patria del MiBogallo — da più d'un secolo era in signoria dei duchi d'Orléans. Sotto tutti gli aspetti, le poesie francesi dell'Alione (ripubblicate con troppo scarsa perizia nel libro cui accennavo) son povera cosa ; e delle sue Opere gioconde, quelle che meritano ancora un po' di attenzione e di studio sono lo l'arse carnovalesche in dialetto. Ci serbano — ed c il loro pregio [essenziale — l'eco d'una parlata paesana, di un'età così remota, che sorge dall'ombra, lustra e familiare, come i rami di una vecchia cucina ; e ci serbane l'abbozzo di un teatro popolaresco, che, senz'esse, sarebbe ignoto nella storia delle lettere e dei costumi piemontesi. Bona, rtles, e anca a vu, e anca a mi: fe' larg, ola. dia facclòn qui l'èrvor forcù... Il pagliaccio apre con i suoi lazzi la scena, su cui si rappresenta la storia di Nicola e di Sibrina sua sposa, che gli die' un tìglio in capo del mese. Cintine per cinque, vint e cinque, sei per sei, traina e sei... Questo saiebo onesto pacto cento per cento a guadagnare: |B questo è l'oste lombardo che alloggia il Franzo*, e vuol farne guadagno, e rimane scornato. C'è Zona zavatino e Nicolao Spranga caligarlo, con Prina e Margarina e Frigioriu ; Gina e 'lie/uca, « doe matrone repolite quale voliano reprcuder le zovene i> ; il hanVernerò e le buone comari... i temi Consueti, e lubrici, dei giullari e dei novellieri, che l'Alione rinnova Ira le risa del suo pubblico. E, s'io non sbaglio, proprio perchè mirava ad un pubblico volgare, l'Alione — che pure non era un cantastorie o un cerretano, ma uji signore, e ch'ebbe a coprire uffici pubblici abbastanza elevati — si compiaceva d'aggravare, jquasi per beffa, la volgarità delle sue farse, trattandole veramente come giuochi di piazza e di carnevale. Dunque, fu Asti a dare il primo Scrittore al teatro subalpino in quella che letterariamente si può dire la fine del medio evo ; in pieno Cinquecento, fu d'Asti il conte di Canterano, gentiluomo di Emanuele Filiberto, l'autore della tragedia li Tancredi prin'cipe; nel Seicento... Ora abbiamo anche il drammaturgo B-stense del Seicento: ai chiama Federigo della Valle. Il suo nome era deitutto dimenticato, e dimenticati gli stessi titoli delle sue tragedie, stampate a quel tempo: una giovanile A'delnnda di Frigia, una Giuditta, una 'Ester, e La Reina di Scolla. Questa, ■Benedetto Croce ha prescelto* per una edizione ri vendicatrice (apparsa ora nella « Nuova scelta di curiosità letterarie inedite o rare » dello Zanitohelli), additandola « come una delle opere più notevoli, o addirittura la più notevole, ispirate in Italia e fuori d'Italia, tra la fine del Cinque e la prima metà del Seicento, alla figura della tragica regina di Scozia, che ha preso il cuore e l'immaginazione dei poeti e degli storici fino ai giorni nostri ». Il fascino di Maria Stuarda, della Bua bellezza e della sua sventura, ayeva destato, mentr'essa era ancor yiva, una prima fiamma di poesia, (che traluco ancora entusiasta fra le •rime del Ronsard... I moderni, i romantici, tornarono quasi per una nostalgia d'amore, a quell'ammirazione per la donna bellissima, fatale a se ed ai suoi schiavi: e chi più d'ogni altro si spinse, e ai esaltò in questo pogno, fu lo Swinburne. Intorno al Seicento, dopo la restaurazione degli Stuart sul trono d'Inghilterra, la figura di Maria assumeva piuttosto la grandezza di una vitifaima, o di un'eroina, .politica c religiosa: la memoria del suo sacrificio consacrava i diritti della sua stirpe e della atta fede. La tragedia del Della. Valle (venuta in luce nel 1628, con dedica al papa Urbano Vili) evoca la fine di Maria Stuarda come-quella della Regina « con destin di serva, Rapita, catenata »: d'intorno a lei, « sola che non spera, sola in aspettazione del peggio che le incombe », come av verte giustamente il Croce, si avvolgono le speranze e le illusioni del Coro, del piccolo drappello femminile, che attende dalla sorte, e anche soltanto dal sorriso e dalla serenità della Regina, la sorte propria, ed una ragione di vivere. Consolaci, ti. prego, con la visn bramitili Di fwute consolala. Tu nòstro sol .u nostra speme sei: Se. "ii in la.luce e la speranza è sgombra, Noi «olii niènti siamo Disperatine- pi ombra. All'aria. ;il cielo « che sì raro ve». giani ». ''inora libra talora, co- e o e n i i o o i o me un canto, la sua furtiva fiducia in un più mite avvenire: O se fla mal ch'Io giunga A riveder 1 campi Do la mia patria amata... Vedran questi occhi gli occhi Di tante amate genti a sé rivolti 12 la letizia mia Partita in mille fronti, In mille cori... Perdonerò; tornerò 11 seggio a molti De la prima fortuna... Alti, opre lungamente tralasciate, Como in lieve speranza Or fra dolci et acerbe A l'alma mi tornate) All'avvenire, il coro delle fanciulle chiede (o chiama, come scrive qualche volta il buon Della Valle, alla piemontese) conforti più amabili e festosi : Torneranno lo perle A le neglette min squallide chiome... Mirerò rimirata... Tosseromml ghirlanda al dolce suono DI voce Innamorala, Cho cantando m'adombri l suol desiri; E a me flen dolce riso, Misti fra "1 conto, 1 languidi sospiri. Ciò che nuoce alla tragedia, e ohe l'assimila (più che non voglia il Croce) a molte altre del tempo, è il lan¬ guore, la povertà, quasi l'assenza d'azione; ho riletto, in provai, YEcosmisc del Montchrestien e, corno dramma, schiettamente, non c'è un gran divario. Sino al momento terribile in cui il Coro riconosco Se ben tinta di morie E senza occhi la fronte la testa recisa della Regina di Scozia, la guaina del verboso dialogo letterario fascia di Un tedio opaco il lento fluttuare dell'ansia e della speranza. Ma che fra quel dialogo a quando a quando rifulga, rompendo la corteccia monotona^ un'espressione calda, soave, immediata; che, seguendone ]ungo_la lettura la traccia, di tali espressioni si componga l'immagine di un poeta rude, d'un carattere e d'una tempra faticosa, ma salda, 6 quanto basta perchè salutiamo con onore l'ombra del nuovo tragico mentre se ne torna al suo Piemonte dal limbo dei poeti. FERDINANDO NERI. Uoudridtlsic