La distruzione della selvaggina

La distruzione della selvaggina Questioni venatorie La distruzione della selvaggina Ogni anno all'apertura della caccia, tutti i devoti di s. Uberto, calcolando sulle lanciate fatte dalle C.V.P. e dalle loro società, si cullano nelle più rosee speranze di carnieri abbondanti; ma dopo un mese e mezzo, ail più, ricadono in un profondo sconforto. La •selvaggina è scomparsa e si frugano invano campi e boschi... Non la si trova perchè non c'è più, perchè è già andata tutta distratta. Non sono i veri cacciatori che l'hanno distrutta, ma i bracconieri, e gli animali da rapina. Il cacciatore col fucile, contrariamente a quello che crede il volgo, non è quello che stermina la selvaggina. Egli non-uccide che pochi capi, e quando inizia il suo sport prediletto, deve accontentarsi delle briciole che gli altri gli hanno lasciato, perchè sono stai;- incapaci di tutto distruggere. Baccoglie il rimasto e per lo più si riduce a cacciare attorno alle riserve : è il solo mezzo per poter fare qualche buon colpo. Le ragioni delUa scomparsa della selvaggina sono parecchie, ma assai facili da individuare. La coltura intensiva e le moderne macchine agricole sono nemici della selvaggina; nessun dubbio si può sollevare al proposito, ma è un male necessario e sarebbe ridicolo il pensare che fosse possibile anteporre la caccia all'agricoltura, che deve essere una delle ricchezze del nostro Paese. Ma per quanto danno possa fare la coltura intensiva alla selvaggina, essa non basterebbe a con'durci ed a mantenerci nelle attuali condizioni. Sono i contadini che portano con un entusiasmo senza pari la loro opera distruttiva. Quello che non disturba la coltura intensiva, CrueHo che non guastano !e macchine falciatrici lo fanno loro. Il contadino ha per eccellenza, nei confronti della selvaggina, sviluppatissimo il senso della distruzione. I leprotti cadono nelle sue mani, e nell'attesa che meritino l'onore del salmy. li confina al fondo -di un barile, dove il 90% trova la morte; se trova uova di fagiani, di starne... è bontà sua se si accontenta di porle sotto una chioccia nella speranza di vederli nascere c cederli poi a qualcuno. A caccia chiusa... lavora con lacci, trabocchetti ed anche col fucile, che tiene nella cascina naturalmente a solo scopo di difesa personale e 'delle cose sue. I bambini impiegano il loro ozio alla ricerca dei nidi. Vi sono naturalmente delle eccezioni, ma checché dica e strepiti la maggioranza, le cose stanno cosi come noi le esponiamo. Ma non basta l'opera di distruzione dell'uomo; ad essa si aggiunge quella dei cani che il contarlino si trae dietro per la campagna, sp?sso senza alcun plausibile motivo, o che libera di notte dalla catena magari senza essersi ricordato che anche il cane ha uno stomaco da riempire. Ne consegue che in povera bestia cerca, prima di assolvere al suo compito di buon guardiano, di sfamarsi. Ma non basta: acani si aggiungono i gatti, e questi sono dei formidabili distruttori di selvaggina; si danno alla campagna e di giorno e di notte, specialmente di notte, fanno stragi della piccola selvaggina e di leprotti. Generalmente si attribuiscono alla volpe ed ai quadrupedi da preda infinite malefatte che sono opera esclusiva del gatto, il quale per istinto, non solo per fame, è portato ad attaccare ed uccidere tutto quanto di vivo capita alla portata delle sue unghie. La volpe è certamente dannosa alla selvaggina, ma per il suo ridotto numero non può assolutamente fare quevuoti che le si attribuiscono. I rapaci portano anch'essi un contributo negativo, ma distruggono assai meno di quello che si crede. Sono battuti di gran lunga dalle gazze alle Cuali, contrariamente al vero, non viene attribuita quella nefasta opera che compiono. Le gazze, uno dei pochvolatili che sono piuttosto in aumento che in diminuzione nelle nostre campagne e che si incontrano in ogni dove, sono una vera peste per la selvaggina e per i piccoli pennuti. DotaBe di una vista eccezionale, furbe ed astute quanto mai, sempre all'erta contro una possibile imboscata, robustissime, insensibili al caldo, al freddo, alle intemperie, incominciano la loro opera predatrice col distruggere He uova di cui sono ghiottissime, pocontinuano coi piccoli nati, coi qualcibano 1 piccoli; perseguitano le nidiate fino al momento in cui sono sufflcentemente sviluppate per fuggire a volo. Anche 1 leprotti cadono assaspesso sotto i colpi del loro robusto hecco. Un uccello malato, ferito, incapace al volo, finisce tosto o tardi nello stomaco di una gazza. La gazze, dotate di una voracità Incredibile, non sono inai sazie; appena finito un pasto ne iniziano un altroogni cosa è buona per il loro stomacoma preferiscono la carne. Ai primaccenni dell'alba sono già sull'ali; itramonto è già sceso da un pezzo chancora sono in cerca di qualche boccone prelibato. Si fa in genere, già lo abbiamo detto, colpa al cacciatore della attualscarsità di selvaggina; si dice che munito di' armi moderne e perfezionatetinto distrugga. Si citano casi di cacciatori che quando capitano su un volo di starne, tutto lo annientano, sia esso composto di individui sviluppatod appena capaci al volo. Non neghiamo questo fatto che purtroppo sverifica specie quando la preda non è matura, ma il cacciatore è ancora il meno colpe vele di tutu. Le cause vere della diminuzione dselvaggina non si devono imputare alucile, anche se questo è maneggiat'da tiratori d'eccezione. Prima di tutt1 tiratori scelti sono in numero assaminore di quello che volgarmente screda; alto è il narrare, altro lo sparare. La selvaggina, malgrado la coltura intensiva, potrebbe e dovrebb«ssere relativamente numerosa se noConcorresse la distruzione delle nidiate da parte dei bracconieri a due ea quattro gambe e da quelli alati. Dagli organi competenti istituiti daHegime si è iniziata una campagnattiva per la protezione della selvaggina e per la repressione del bracconaggio. 11 compito è ossa! più gravo so e difficile di quello che sembra, e malgrado la indiscussa e proficua opera di questi Enti non è possibile che in un anno e mezzo di attività se ne possano vedere 1 frutti. L'opera loro cozza contro difficoltà di ogni genere, e soprattutto contro certe mentalità, che non vogliono persuadersi che la selvaggina è patrimonio dello Stato e non privato, e che non è 'lecito trattare un fagiano, una starna, una lepre come un pollo, un colombo, un coniglio. Concorre anche a rendere più ardua l'opera di repressione l'omertà generale che in fatto di caccia si riscontra nelle campagne ed anche nella massa dei cacciatori. Il contadino che sa molte cose non parla; in un paesino di poche centinaia di anime non è possibile mantenere il più piccolo dei segreti; si può però essere sicuri che gli agenti che dovessero compiere qualche sopraluogo non sarebbero certamente aiutati nelle loro investigazioni. Anche 11 più onesto, che nel cuor suo condanna le malefatte del vicino, tace. Vi sono cacciatori che assistono alle malefatte di colleglli e che si fanno scrupolo di tacere. Si lagnano pubblicamente del poco rispetto che taluni hanno delle leggi e dei regolamenti sulla caccia, ma a nessun costo vogliono servire da testimoni e tanto meno da accusatori per qualche salutare esempio. Costoro sono per noi quasi* altrettanto colpevoli quanto i loro disonesti colleghi, perchè ne diven tano in certo qual modo complici. La cooperazione sincera e coraggiosa, specialmente da parte di tutti gli onesti cacciatori, dovrebbe sempre essere data incondizionatamente a tutti quegli Enti che si curano della caccia e della ricostruzione del nostro patri monto avifaunico. G. L. DEL.LEANI.