Le Madonne dei lazzaroni

Le Madonne dei lazzaroni Le Madonne dei lazzaroni ? i a ¬ i . , e , A i i i a e e o i o o o e di a e e rle oodi rne ae nre a e ni; iol r no rgi e edi ir a era o NAPOLI, luglio. Il mese di luglio è sacro alle Madonne napoletane. La vecchia Napoli angioina ed aragonese è tutta una festa di lumi e di preghiere osannanti. Difficilmente questa zona della vecchia città è percorsa dal forestiere. Essa e compresa tra la via del Piliero che fiancheggia il porto commerciale e il Corso Umberto I che sventrò e risanò gran parte degli antichissimi quartieri popolari. In questo grande rettangolo sono le chiese di Santa Maria di Portosalvo e la Basilica di Santa Maria del Carmine; v'è, inoltre, la grande piazza del Mercato e tutti i vicoli, tutti i fondaci che rievocano pagina a pagina la storia della nazione napoletana. La patrona del marinai La più giovane di queste Madonne, quella dal culto più limitato, è'Santa Maria di Portosalvo che ha una minuscola chiesetta in prossimità di via del Piliero E' il taumaturgo dei marinai e, durante la guerra, fu protettrice dei combattenti napoletani. Madri d'ogni rione e d'ogni condizione traevano qui a deporre la loro supplica. La piccola chiesa settecentesca è tutta carica, tutta oberata dei doni e dei voti, del segni innumerevoli della gratitudine popolare. Ecco le grige casacche del fanti bucate dalle palle e bruciate dalla fiamma; ecco i herretli militari e le sciabole, le fotografie e i quadri ac canto ai voti del tempo di pace. Ora Santa Maria di Portosalvo è la patrona dei marinai che vanno ne' lontani paesi e dei pescatori della Ma rinella. Anch'essa, come la Madonna della Catena, fu tratta nelle reti dalle acque tirrene e nei primi giorni di lu glio i marinai la portano in solenne processione per le vie del quartieri popolari. Poche feste popolari, in questo paese esuberante, empiono di contenuto fervore come quella di Portosalvo. Lo spettatore vede e comprende d'un tratto tutta la quotidiana sofferenza, tutti gli oscuri pericoli durati da questi pazienti e silenziosi lavoratori del mare. Una squadra di giganteschi marinai solleva sulle spalle una scialuppa nella quale han messo l'im magine miracolosa; intorno ad essa non doni, non voti, non copia di lumi, ma I più piccoli figliuoli del marinai scampati nell'anno alle bufere. E' un gruppo di fanciulli mori, già dati al mare e al sole, al vento e alle intemperie, stretti nei vestitini nuovi, adunati intorno alla patrona. E segue la scialuppa votiva che ondeggia sulle spalle erculee la gente di mare, le donne, le madri, le spose. Ma la Madonna del marinai provvede anche alle maggiori sventure: le elemosine copiose hanno permesso la Istituzione di un ospizio per gli orfani del naufraghi. Il regno de La Bruna Poi v'è La Bruna. Nostra Signora del Carmine in onore della quale tante napoletane si chiamano Carmela. Abbiamo illustrato pei nostri lettori il culto di San Gennaro, che è di carattere nazionale, quello della Madonna di Montevergine, che appartiene al popolo grasso, quello del Monacone, che è dei quartieri periferici, dovremo, per visitar La Bruna, metterci nel popolo minuto, nella plebe ancora affondata nel fondachi angioini. Intorno alla piazza del Mercato le vie e 1 vicoli, serbano ancora i nomi del primo rinascimento: son le vie degli Azzlmatori e dei Giuhbonari, dei Calderari e dei Taffettà nari ; v'è la Loggia di Pisa e quella di Genova; il fondaco dei Greci e quello dei Turchi. Se oltrepassiamo la porta del Carmine, vedremo in via della Marina una fila di botteghe nello ■.ruali una tribù di artigiani fabbrica vasi di ceramica decorata e istoriata che molto spesso sono di notevole bel lezza. Questi modesti artigiani, limila particolare di una tumultuosa via com merciale. ci richiamano alla memori, 1 tempi di Federigo II. il biondo Hoens taufen che sdegnò il gelido impero pe. preferirgli il nostro sole e la nostra dolcezza meridionale. Lo svevo predilesse singolarmente gli arabi ed ebbe tra le sue truppe un corpo di valorosi e fedelissimi saraceni che presidiavano principalmente le fortezze della Puglia piana. Morto il sultano di Lucerà e i suoi generosi discendenti, il bigotto angioino confinò gli ultimi saraceni nel territorio di Nocera e in vicinanza del porto napoletano. Lasciate le armi, questi arabi presero ad esercitare l'arte della ceramica che già vevano introdotta in Sicilia. Di tali lontane memorie è popolato il regno della Bruna, immenso quartiere il cui presente è in gran parte consacrato al piccone demolitore, ma il cui passato è vanto non solo della storia napoletana, ma di quella nazionale. A metà luglio la piazza del Mercato si circonda d'un viale luminoso sotto cui passeranno le donne fasciate di raso al braccio degli uomini dall'aria smargiassa. Festa tranquilla fatta di sereno e pettegolo indugio nella cao fica piazza. Si entra e si esce dalla Basilica nella quale trionfa La Bruna Le due serie di cappelle laterali sono intercomunicanti attraverso un grande corridoio che ascende alle spalle dell'altare fin su al tabernacolo della Santa Immagine. La Basilica è stipata di fedelissimi, proni, oranti, sudanti, salmodiami, letteralmente perduti nella contemplazione mistica. V'è un grandissimo numero d'uomini: taluni ginocchioni, seduti sul talloni, con le braccia aperte in atto di supplica, le dita intrecciate di rosari francescani, le labbra in precipitoso moto di preghiera che di tanto in tanto baciano una medaglia benedetta. Altri ve ne sono, più giovani, che pregano sostenendosi con una spalla alla colonna, hanno una cera mezzo vergognosa e tracciano sul volto degli incompleti segni di croce. E l'afa, l'odore del ceri, il puzzo delle moltitudini umane mozza il respiro senza che il popolo della Bruna diminuisca nelle sere di luglio. Saliamo su su pel corridoio laterale che si slarga in prossimità del tabernacolo in una sorta di camera lunga dedicata agli ex-voto. Pareti letteralmente coperte, grappoli che discendono dal soffitto, voti virili e sanguinosi di decen ni e decenni di fede e di miracoli Ecco rivoltelle arrugginite e pugnali baionette e fucili, grucce e trecce di capelli, fotografie e quadri, oro ed argento, segni di amore e di odio, di orgoglio e di delitto rimessi e placati in quest'ombra di altare che è veramente fosca e drammatica come il cupo seicento spagnuolo dal quale sorge. Il campanile di Fra Nuvolo Il maggior segno della festa popolare è il simulacro d'incendio del campanile di Fra Nuvolo, che e il più bel campanile della città. La Basilica e-ldel Carmine è un tempio quattrocen tesco sorto su di una precedente cap¬psdlaacrnavtacfetapvfmdsnpcmcstencsbccpdsbspzezbdebdFtvslsmlncllnccdgigdsrdudmlscip o o e e i o a o a a a , a e i a l e à o e a a o o i a i a o e a a , n i e e ai ae a i o ea asi o a ofn i i di rdi ti ail e amù a np¬ pella di cui solo la leggenda attribuisce la fondazione ad Elisabetta madre di Corradlno di Svevla, che fu decollato nel campo del Moricino, l'area, appunto, ove poi sorse piazza del Mercato. Nel Seicento la Basilica fu interamente rifatta, come anche il campanile di sveltissima forma che si deve all'arte del domenicano Giuseppe Nuvolo. I fuochi artificiali, in cui i napoletani sono da gran tempo maestri, incendiano il campanile con mirabile effetto. Il popolo minuto si gode lo spettacolo di sotto le arcate luminose di piazza del Mercato ove trionfa non il vino, non l'alcool avvelenatore d'ogni folla, ma la rossa frescura dei primi meloni. Meravigliosi segmenti di sfera di tre decisi colori, verde, bianco, rosso, nei quali la venna appassionata non esita a immergere la bocca riarsa, per sentirsi dire dall'arguto monello che, con un sol gesto, nel melone si mangia, si beve e ci si lava la faccia. Munifico Dio di questa terrai Ma rechiamoci ad ammirare questo spettacolo di fuoco dagli spalti di Forte Sant'Elmo o, meglio, dalle solitudini campestri di Posillipo alto. Sotto un cielo limpido deterso da un vento insolito, sotto vivide stelle che sembrano bagnate dalla fresca pioggia, nella conca partenopea s'accende una torcia luminosa. Se ne illumina tutta la plaga sino ai velieri del porto che dormono con le vele abbiosciate. Come, però, questo spettacolo ci distoglie dalle idee religiose che dovrebbe secondare! Da! fervore che ci desta nell'animo noi sentiamo ch'essa è più una sagra civile che una celebrazione religiosa. La sagra dei lazzari.Già un giornalista battagliero ebbe ad ammonire taluno che pronunziava in tono di spregio questo vocabolo, ricordando le glorie lazzaresche del 'f)9. Ma non basta. Qualche vecchio e slombato rampollo cortigiano può ben parlare con spregio dei gueux e dei sans-cuiottes. eroi nazionali di Francia e di Fiandra; non è però lecito agli italiani, che non siano sopravvissute e centenarie cariatidi dei passati regimi, parlar senz'amore dei lazzari, nostro magnifico popolo, antesignani d'indipendenza. Gli italiani moderni non sanno cercare molto lontano I documenti del loro spirito nazionale e senza saper nemmeno essi che cosa siano propriamente questi lazzari, si affrettano a compiacersi della loro sparizione, se uno straniero li nomina nei suoi libri. Bisogna qui, nella Piazza del Mercato o in quella della Sellarla, rievocar gli spiriti di Tommaso Aniello d'Amalfi perchè testimonino dei travagli che 1 suol lazzari, i suoi vastasì i suoi compagnoni, dettero agli spa gnuoli del Vicereame. Tutto il secolo decimosettimo, politicamente oscuris simo per l'Italia, fu dominato dal furore del popolo napoletano che al gri do di serra, serra! traeva in piazza urlando fin sotto le finestre del Cardinale Borgia o del Duca d'Arcos la morte del mal governo. Brandivano tra le picche e le partigiane i vessili rossi e gialli del sedile d'i Popolo e non chiedevano solamente pane e sale, ma il privilegio di Carlo V, il diritto, cioèpel popolo di amministrarsi alla pardel nobili traditori che tenevano dalla parte di Spagna. E' ancora intatto nel lato meridionale di. Piazza del Mercato il balcone della casa di Masaniello, dal quale ipovero pescatore, nei suoi umili panni, seduto in terra con le gambe penzoloni fuor dell'inferriata, amministrava la giustizia ed arringava i suoi lazzari che l'avevan proclamato capitan generale. E nell'ombra della sua misera casa ghigna ancora lo spettro traditore di Don Giulio Genoìno che fu la mente direttrice della rivoluzionePresaga anima del popolo! Quando un ventennio prima il Cardinale Bor già venne & sedare la prima solleva zione del secolo, i lazzari cantarono Sfatte aliterò citatine ca è trasuto o cardinale nce ria sarvato da ogns male o cacciato Genolno. Tutti gli odii e i generosi furori dquell'oscuro Seicento lasciarono il segno su queste grige pietre. Allora pascolavano i porci sul terreno battuto della Piazza, ma sulle selci che la circondavano furono trascinati i traditorsquartati, il conte di Maddaloni e iduca Peppone Carata. Per questa piazza i birri trascinarono aggranfata peil petto, come scrive l'antico cronistaquella bella e giovane Bernardina Pische fu moglie di Masaniello. E la gettarono, la meschina Duchessa dellsarde, nel vortello a servir di ludibriagli alabardieri di Castiglia. Ombre del novantanove Quante ombre passano per questpiazza I Lungi il piccone I lasciate chil tempo compia lentamente la sua opera nel regno dei lazzaroni. Eccopassato un secolo, la bella e romantca rivoluzione del 1799. Qui son recisle vite generose di Gennaro Serra, dMario Pagano, di Vincenzo Busso, dEleonora Pimente Fonseca. Le cappnere, gli intellettuali, accolsero il trcolore repubblicano di Championnecome la fiamma della fratellanza umana, ma il lazzaro non comprese, nodoveva comprendere. Esso fu patriotin senso primitivo e si battette comun leone per il suo indegno re. Sentite come cantava durante la reazioneSignò suppenlmmo chi t'à traduto. prievete. muonece e cavaliere! latte echio ccà! fatte cchiù Hai cauce 'n!acc:a a la libertà! I lazzari non fecero distinzione trstraniero e straniero: più tardi, sulpendici'di Poggioreale, metteranno irotta gli austriaci del Maresciallo Santree a colpi di pietra, con la pelriutQuesti terribili popolani del Sud ebero un secolo di travaglio nazionache sembra modellato sulle rivoluzini parigine. Il 1799, il 1821, il 1831, 18-58, il 1860, gassando dalla repubblca giacobina, al regime napoleonicdalla restaurazione alle libertà costtuzionali, dalla gioia al dispetto dtradimento, dal lealismo per il Bobone alla Bivoluzione unitaria. Codai nemici di Championnet e di Santresi giunge alla Sangiovannara e ai lazari che accolsero Garibaldi. Dunque, forestiere che giungi iquesto frammento della Napoli poplaresca e rivoluzionaria, domandapiuttosto ove sia in Piazza del Mecato il monumento ai martiri del '9il monumento ai lazzari di Masanielo e" di Michele il pazzo, dove sianraffigurati i nostri eroi popolani icalzoni di dubletto, camiciola di lna e berretto frigio, armati della proccola e dell'immagine de La BrunE non sarebbe degno questo gruppd'una di quelle lapidi romantiche, cme le faceva Giovanni Bovio, sposado l'Ideale e la Libertà a tutti quegaltri idoli che adoravano i nostnonni? ALBERTO CONSIGLIO,