Il "pericolo tedesco,,

Il "pericolo tedesco,, Il "pericolo tedesco,, Vive preoccupazioni in Francia per la « rinascita » germanica, mentre la social-massoneria continua le sue manovre anti-italiane - Briand avrebbe presentato le sue dimissioni a Tardieu che le avrebbe respinte Parigi, 17, notte. Continua da parte della stampa moderala indipendente la campagna intorno al « pericolo tedesco ». L'annunzio del viaggio di Hindenburg in Renania con la scorta degli » elmi di acciaio », l'annunzio dell'applicazione dell'articolo 48 della Costituzione di Weimar, offrono lo spunto a commenti amari e a constatazioni preoccupanti. L' atteggiamento iiacco dei socialisti di Lierlino appare a molti la ripetizione di quel che la social-democrazia fece nel 1914. Uopo molte proteste verbali, in Germania le tesi patriottiche finiscono sempre con l'averla al di sopra sulle tesi della Seconda Internazionale. ■ In quanto al socialisti tedeschi — nota il Journal des Débats — essi hanno giuocala la loro partita in tutto l'affare. Essi sono stati al potere con Stresemànn, tinche si trattava di strapparci delle concessioni e sono scomparsi nel momento in cui sono stati inutili. Essi sorgeranno ancora quando lo Stato avrà bisogno di loro. Essi hanno amnistiato gli .elmi di acciaio», •essi protesteranno per pura forma contro l'applicazione dei decreti del Cancelliere BrUning. Essi saranno in generale docili e tranquilli. 11 gruppo socialista non ha detto nulla circa le rappresaglie di Renania. Un solo deputato ha fatto udire la sua voce nel deserto. Si possono leggere in una rivista socialista tedesca degli avvertimenti istruttivi. Lo scrittore non nasconde che i sentimenti del gruppo socialista, per quanto sinceri, non contano nella vita pubblica e che le disposizioni pacifiche del partito non hanno nessun peso. L'internazionalismo serve per indebolire la politica francese e per fortificare la politica tedesca >. Che la conversione della Germania a un sistema di governo, che in pratica equivale alia dittatura, sia un fatto gravido di possibilità incalcolabili è cosa che a Parigi oggi destre e sinistre riconoscono. Ma la situazione dei tre quarti della stampa che fin qui ha guidato l'opinione francese, è così falsa che nessuno, ad eccezione della stampa indipendente di destra, ha ancora trovato il coraggio di dire chiaro quello che pensa. La Germania « buona ^ • quella c cattiva > La stampa ministeriale, per non aggravare gli imbarazzi del Quai d'Orsay, si affanna a velare quanto più può il vero senso dei fatti. Gli organi social-radicali continuano ad aggrapparsi alla leggenda delie due Germanie, promettendo al pubblico che la Germania « buona » saprà mettere alla ragione quella « cattiva ». Qualcuno di essi, con la incoscienza o la malafede che distingue gli uomini della Seconda Internazionale, assicura che il solo modo di uscire dall'imbarazzo consiste nel mantenere in Germania mediante nuove concessioni di ogni gerbere l'ascendente della social-democrazia, ascendente dovuto unicamente ai risultati raggiunti dalia politica locarnista e che una politica contraria ridurrebbe a zero. I più, poi, preoccupati non tanto dalle nubi che si addensano dall'altra parte del Reno quanto dal pericolo che Parigi possa davvero, cedendo alla pressione delle circostanze, lasciarsi attirare in una alleanza o in qualche cosa di simile con l'Italia, si gettano senza nemmeno l'alibi di un pretesto, nella bestiale campagna contro il nostro paese, mobilitando triangolo e cazzuola perchè tengano ben strette le redini sul collo della diplomazia nazionale. L'Oeuure, non sapendo proprio che cosa dire nè cosa inventare, spiega ai propri lettori che Illudersi nella possibilità di fare assegnamento sull'Italia in caso dì pericolo è inutile e che la sola cosa che la Francia possa fare è di accordare la propria fiducia alla Germania locarnista, alla Germania « buona ». Su! Soir, un altro genio diplomatico della stessa risma finge di dedicare alle questioni del giorno un articolo di molte colonne per procurarsi l'occasione di riparlare della <t minaccia militare » italiana e ridare flato alle otri vuote che da vari giorni non permettevano più ai soliti zampognari di servirci i soliti concerti. Confusione • imbarazzo Insomma, la confusione e l'imbarazzo più pietoso paralizzano visibilmente l'azione dei nove decimi dei giornali parigini. Soli a rappresene tare una certa continuità di idee e un certo buon senso rimangono gli organi moderati, i quali intensificano la campagna contro la politica germanofila nella speranza di scalzare il terreno sotto i piedi di Briand. ]■ La liquidazione della guerra — di. ce per esempio il Journal des Débat* — la stravagante liquidazione di cui i francesi non hanno voluto vedere nè la natura nè la portata, ha restituito alla Germania lu sua libertà d'azione. Essa ne approtltta: è naturale. Ma tutia la politica di pacificazione e di internazionalizzazione di Thoiry crolla. Sarebbe pure naturale che la Francia se ne accorgesse. Uopo turni rapidi scacchi, tutta la concezione imposta al nostro paese dal Quai d'Orsay è rovinata. Gli apologisti dicono ancora il contrario, ina nessuno li crede più. L'intervento del Presidente Hindenburg nell'affare degli < elmi di acciaio > è stato un fatto impressionante che colpisce la l'olla e die bandisce ormai le illusioni ». Non è la prima volta che l'organo moderato tocca questo tasto. E poiché non c'è mai fumo senza fuoco, è lecito indurne che fra le quinte la situazione di firiund comincia ad essere discussa piuttosto seriamente. Secondo Bure, ii Ministro degli Esteri avrebbe offerto, almeno per la forma, le proprie dimissioni a Tardieu, U quale bene inteso, le avrebbe rifiutate, ma rifiutate senza entusiasmo e probabilmente più che altro per una ben comprensibile riluttanza a prendere in esame il problema di una successione che ormai non è facile. .-«ArtgMSg Briand —_ scrive 11 direte to te dell Ord re — deve rendersi conto che non ha più l'autorità necessaria per condurre a buon fine i difficili negoziati in corso e può darsi che a certo momento egli pensi che varrebbe meglio lasciare a un altro la cura di finire quello che egli ha cosi male incominciato. Allora potrebbe sempre dire, se questo ultimo non riuscisse a raddrizzare i suoi errori: «lo avre'fatto cedere all'ultimo minuto l'avver sano: ne avevo i mezzi». « Andrea Tardieu è troppo buon psi cologo per ignorare che lo spirito del suo Ministro degli Esteri non gli e favorevole per il momento, ma non può prendere in esame con tranquillità la partenza di costui. La sua popolarità fu tale che essa abbaglia tutt ora e come non si potrebbe temere 1 eloquente potere della sua affascinante personalità? Si consiglia al nostro Presidente del Consiglio di rimaneggiare il Gabinetto, di prendere il portafogli degli Esteri e di mettere Pierre Lavai agli Interni dopo avere ringraziato alcuni dei suoi Ministri troppo affaticati». Qualcosa di vero in tale rumore cè di sicuro; e poi essi rispondono troppo al carattere della situazione per non meritare credito. Senonchè le ragioni che il Bure fornisce della perplessità di Tardieu non ci sembrano complete. Bure è un amico di rardieu per ragioni di politica interna e si capisce quindi che egli consideri con simpatia l'eventualità di una successione di quest'ultimo a Briand. Ma una simile soluzione della crisi sarebbe -essa logica? Da un anno la politica estera di Briand non è stata essa munita dell'avallo del suo Presidente del Consiglio? L'accordo Young, l'evacuazione renana, la promessa di trattative anticipate, sulla Sarre non sono tutte concessioni che Briand ha fatto col beneplacito espresso o sottinteso di Tardieu? Non si è anzi sempre detto sin qui che una delle maggiori abilità di Briand fosse consistita negli ultimi tempi nell'assicurarsi di fronte ai patrioti l'alibi della collaborazione di quel .padre del trattato di Versailles? Come potrebbe, dunque ora Tardieu prendere il posto di un Ministro degli Esteri di cui deve, a rigor di logica, essere considerato solidale? Gli imbarazzi di Briand sono in questo momento anche quelli di Tardieu; ed in considerazione di ciò è forse più prudente concluderne che la cosa più abile che la Francia possa fare, sarebbe di modificare la sua politica estera, 6enza mutare gli uomini destinati a farla. G. P.