I coniugi Rean volevano riparare all'estero?

I coniugi Rean volevano riparare all'estero? I coniugi Rean volevano riparare all'estero? Quello che avrebbe detto l'abate Blanchet e A o i à ò i e e n n i o à i a o a l e a i i ro e a o e l r a e e e a e on à el u o i e p i a u r a a ta l a s. Aosta, 3 notte. Il proposito di piantare in asso ogni cosa e di trovare riparo in terra straniera, l'estremo proposito, cioè che balena nella mente di tutti i finanzieri e i commercianti allorché gli affari volgono a male e la situazione si presenta disperata e insostenibile, piroettò anche nel cervello dei coniugi Béan, quando compresero che le sorti della Banca erano compromesse senza rimedio? Ma ecco: l'ipotesi che appariva assurda e contrastante con le risultanze sinora acquisite, è affacciata oggi come un proposito accarezzato e meditato da Lorenzo ed Eugenia Béan. Ce lo rivela la deposizione di un sacerdote che già conosciamo: l'abate Giovanni Jaccod, il quale, riferendoci questo elemento « à sensation », si fa eco dell'abate Blanchet, il personaggio leggendario che non vedremo al dibattimento. Cosa c'è di vero nel racconto dell'abate Blanchet, pervenutoci attraverso la deposizione di don Jaccod? Nulla, ha dichiarato vibratamente Loren-, zo Hean. Nulla, ribadiranno i suoi difensori. Ma la circostanza oggi rimane acquisita e accresce, se fosse possibile, la complessilo e la nebulosità di qualche aspetto della vicenda. Una vìttima rassegnata La giornata si apre con la deposizione di un monsignore, Emanuele Gal di Aosta, una delle infinite parti lese. Ma prima il Presidente avverte che taluni testi importanti hanno telegrafato annunciando che nqn potranno venire a deporre, perchè indisposti. Hanno telegrafato tra gli altri In tal senso il comm. Ottorino Fragola e il rag. Amerigo Bianchini di Homa. Mons. Gal, presentandosi nell'emiciclo racconta di avere depositato presso la Banca dei titoli industriali per 16 mila lire e su un libretto a risparmio la somma di 250 mila lire. Ha perduto tutto, naturalmente, ma il monsignore non se ne dimostra rammaricato. S Inchina alla volontà divina che na voluto riserbargli questa disavventura... Presidente: — Lei, che conosceva la famiglia Réan, ritiene che la signora fosse al corrente della situazione disperata della Banca 7 11 teste pensa che non lo fosse, perchè in caso contrario avrebbe cercato di salvare dal crollo la sua fortuna Pe/son-ale. che poteva ascendere a 200 mila lire. Cosi pure ritiene che le reali condizioni dell'istituto fossero ignote al direttore Herln. Avy. Quattrocolo: — Il teste ha fre quentato la casa Réan durante 1 tre ?„n "JLm6"! ""'a"!» del padre. Sa che L=«P.?22 ?,eraflna sì fosse dedicata ad n?S m ìJÌ Pi"!? e non sl occupasse più di affari della Banca? «=™„;n ette"" I? signorina Réan era padre a' al eapezzale del c^fli, Q7attr°colo: _ E ritiene che Seraflna Béan fosse all'oscuro della situazione bancaria dei suoi fratelli? i>.^Hr£-men.te,.: ella non conosceva 1 andamento della Banca. Non poteva conoscerlo, anche perchè i fratelli non ne parlavano con alcuno t« nbriitì„°„Mini?.ter0: ~ Ha conosciti, può drref? 6 6 Blancnet? Cosa . ~, 5e' Celano sentii parlare molto ?,?i" B'anR^et' 11 «u«le aveva in lui molta fiducia e affermava che avrebbe sistemato la Banca — Ma l'abate Blanchet che tipo è? E un ingenuo T — domanda 11 P M - Un. buon uomo e un buon religioso, che non si intende affatto di af fan di Banca — risponde il teste. *.M2£?- Gal conferma poi che il mutuo di 800 mila lire accordato dal clero valdostano al padre dei Réan per to gliere la Banca dagli imbarazzi fu propugnato dall'abate Blanchet e accenna poi, dichiarando di non avervi prestato fede, a talune voci che corre vano in Aosta. Una delle voci era questa: che a Torino un signore avesse rivelato che i danari della Banca erano stati posti in salvo da un ini piegato. — Perchè non vi ha prestato fede? — chiede il Presidente. — Perchè non credo assolutamente che i Réan abbiano messo al sicuro dei denari. Per salvare il loro onore essi avrebbero fatto qualunque sacrificio. Avv. Quattrocolo: — Le risulta che Seraflna Réan abbia sacrificato tutta la sua fortuna per riparare alle conseguenze del dissesto? — Ella ha perduto effettivamente tutta la sua fortuna, che può essere valutata a 350 o 400 mila lire. — Ma anche la sua, monsignore, è stata una perdita non indifferente — osserva il Presidente. —E' stata una fatalità — risponde il teste con. tono di evangelica rassegnazione. — Oh, è stata più che una fatalità! — conclude il Presidente. La clientela genovese Sl presenta poi Giosuè- Pignet, che era impiegato presso la filiale di Chatillon. Aveva un deposito presso la Banca di duemila lire e quando sopravvenne il dissesto risultò creditore anche di undici mensilità di stipendio. Per reclamare il pagamento degli stipendi si era recato più volte aila sede dove fu accolto dalla signora Réan che lo esortò ad avere fiducia. Ed ebbe tanta fiducia che lasciò giungere il giorno del fallimento senza avere' incassato un centesimo. Giuseppe Torre, di Genova, era addetto a quell'ufficio della Banca Réan. Vi fu assunto nel 1922, quando la filiale venne aperta e vi rimase fino al fallimento. Racconta che tra la clientela genovese i danneggiati sono stati pochissimi. La filiale, del resto, funzionava quasi esclusivamente per il pagamento degli « chèqttes » emessi dalla Banca su quella piazza. Presidente: — Conobbe iJ Celano? — Venne a Genova un'giorno e mi disse che, per mezzo suo, la Banca ascfidpvgdispGmfclcntlsmdtcnAcvlqpftsepslavlrvlt avrebbe assunto un nuovo indirizzo e si sarebbe ingrandita. Egli volle, anzi, che mi interessassi per ottenere in affitto altri locali attigui all'ufficio, per dotare la filiale di Genova di una sede più ampia. Infine, poiché non osservavo il sabato inglese, mi invitò energicamente a seguire questa consuetudine. P. M. : — Nelle sue soste a Genova, in quale albergo scendeva il Celano? — Non saprei. Ma un giorno mi disse che voleva comprare un'ottomana per collocarla in ufficio. Giungendo a Genova di notte sarebbe andato a dormire in ufficio. — Non sapevamo che il signor conte facesse di queste economiel —• esclama con sarcasmo il P. M. Presidente, al teste: — Gli stipendi le vennero sempre pagati? — Ero autorizzato a prelevarli. Perciò non sono rimasto in credito di nulla. — Bravo! Continui a fare cosi con tutte le Banche! — gli dice il P.,M. Fausto Guillet, l'ex-procuratore della Banca Rean, che abbiamo già inteso nelle scorse udienze, è stato richiamato per dare degli schiarimenti. Egli dichiara che le chiavi della cassaforte erano affidate, durante le ore d'ufficio, a lui e all'Hérin, e alla sera venivano portate in casa dei principali. Al teste vengono ora contestate le circostanze rivelate dall'ex-impiegata Elvira Boch, colei che, attaccando violentemente la signora Béan, accusò quest'ultima di avere tenuto una doppia contabilità e di essere ricorsa alla falsificazione delle cartelle della contabilità in occasione della verifica disposta dalla Banca d'Italia. — Escludo — afferma il teste — che esistesse una doppia contabilità, lo poi non ho mai visto la signora a falsificare le cartelle degli schedari. Et la aveva unicamente 1 registri delle assicurazioni sociali, sui quali dove va applicare' le marche della previdén za degli impiegati. Tale lavoro ella se lo era riservato, per non far conosce re a noi gli stipendi degli impiegati La « via crucis » di due sorella E il teste dà una spiegazione della veemenza manifestata dalla Boch nell'accusare la signora Béan. Ella ne è vicina di casa e ha ragioni di dissenso che trovano le loro origini non soltanto nella perdita toccata alla sua famiglia per il crollo della Banca. — Tuttavia — aggiunge 11 teste — queste ragioni non dovrebbero indur re la Boch a fare delle affermazioni su fatti che non sussistono. Tutti 1 nostri parenti hanno avuto delle perdite nel dissesto. Una mia zia mi aveva affidato, per depositarle alla Banca 25.000 lire; io le depositai e non rlu sciì piti a ricuperarle. Durante un un no sono riuscito appena a ottenere il pagamento degli interessi. Anche il Cuaz afferma di avere tra le vittime del dissesto alcuni suoi pa renti, e l'avv. Martinet chiede al teste di confermare. Ma il Guillet non ne è al corrente. La cosa è conferma ta però dal curatore avv. Anselmo: — Realmente il Cuaz ha una seque la di parenti tra 1 creditori; sono una ventina quelli che hanno fatto la proposizione di crediti, per un totale di 50.000 -lire. — Ha una parentela assai estesa, 11 Cuaz — osserva il P. M. Cuaz, intervenendo: — Ho due fratelli, tre sorelle, degli zìi, del cugini e dei cognati (ilarità). La signora Angela Galeazzo e sua sorella Sella, il 2 dicembre 1926 affidarono alla Banca Réan, perchè ne curasse la vendita, un Buono del Te soro di 50.000 lire. Il 22 settembre 1927 depositarono un altro Buono da 10.000 lire per la conversione in Littorio Per avere 11 danaro ricavato dalla vendita del primo Buono si recarono più volte alla Banca, ma Inutilmente. Si diceva loro che la pratica era assai lunga e che 11 signor Rean avrebbe dovuto effettuarla a Milano. Infine 11 direttore Herin le consigliò di rlvol gersi alla signora Réan. — Andammo a casa della signora ma essa non sl presento. Dopo più d mezz'ora di attesa giunse invece Emi Ilo Réan, il quale ci prego di pazien tare ancora. La teste, stanca di attendere, incaricò infine nel febbraio 1928 l'aw. Ottolenghi di Torino di scrivere alla Banca in termini perentori. Per tutta risposta la tèste ricevette una visita della signora Rean, che la pregò di non dare corso agli atti, perchè la Banca doveva ottenere In quel giorni del versamenti cospicui e avrebbe quindi fat to fronte alle richieste di rimborso. « La situazione è ottima — aggiunse in quell'occasione la signora Rean — e se lei vuole Informazioni più precise non ha che da rivolgersi al prefetto •. Avv. Martinet: — E loro si sono rivolte al Prefetto? — Non l'abbiamo latto per non di sturbarlo. Ecco ripresenta:sl ora l'abate Giovanni Jaccod. Il Presidente gli ricorda che in una lettera diretta al giudice istruttore egli ebbe a riferire queste parole dettegli dall'abate Blanchet allorché era scoppiato il dissesto della Banca Rean: « So che 1 Rean dicono molte cose sul mio conto. Dovrebbero però lasciarmi In pace, perchè se par lassi io e dicessi quello che so non uscirebbero tanto presto di prigione » Il teste ammette e il Presidente do manda: — A quali fatti voleva alludere l'a bate Blanchet? — lo non so precisamente. Egli mi accennò soltanto a un episodio, que sto: nell'inverno del 1927 Lorenzo Boati accompagnò a Beaulieu sulla Costa Azzurra la sua signora che era ammalata e abbisognava di un clima temperato. Colà ess. si incontrarono coll'abate Blanchet, al quale finirono col dichiarare che non sarebbero tornati in Italia. La Banca era perduta ed pssI l'abbandonavano alla sua sor te. L'abate Blanchet li rimproverò « Voi dovetp lottare -r disse — per si stemare la situazione. Il vostro dovere èziBaLilcdefsizebvsBGcqttsgC è questo «. Fu In seguito alle esortazioni e alle insistenze dell'abate che i coniugi Rean, secondo mi racconto il Blanchet, si decisero poi a ritornare ad Aosta. — Smentisco tutto questo — insorge Lorenzo Rean. — E' una delle tante invenzioni dell'abate Blanchet. — E quale interesse poteva avere l'abate Blanchet a inventare di queste cose 7 — domanda il P. M. Imputato: — Doveva scusarsi per il disastro che aveva causato alla Banca e ai creditori col suo intervento nefasto. , , — Ma l'abate Blanchet è un ministro di Dio — ribatte il P. M. — Il ministro di Dio che ci ha dato il conte Celano e tutte le altre afflizioni — esclama Lorenzo Bean. Ancora l'abata Blanohet L'abate Jaccod ora rievoca un altro episodio. Nella primavera del 1928 l'abate Blanchet fece firmare dal clero valdostano una petizione, con la quale si chiedeva che alla direzione della Banca Rean fosse posto d'autorità dal Governo il conte Giacinto Celano. — E lei non ne sapeva nulla? — chiede il Presidente o Lorenzo Bean Imputato: — Il Blanchet comunicò questa sua iniziativa a me e a mio fratello, in un incontro che abbiamo avu to a Torino. Mi pregò di scusarlo e spiegò che, nell'interesse della Banca, o non dovevo più figurare. Il teste dichiara che l'abate Blanchet gli è sempre apparso come un buon saerdote. ed esprime la persuasione che lon abbia ricavato alcun profitto dal suo interessamento verso la Banca. Che il « Basputin della Banca Bean ■ non abbia avuto vantaggi economici e anche l'opinione di Lorenzo Rean. Ma l'avv. Martinet solleva un dubbio. — Nei giorni che precedettero immediatamente il fallimento — domanda — l'abate Blanchet non si -è trattenuto 40 mila lire che dovevano essere impiegate per dei pagamenti? La domanda genera una lunga e agitata discussione. Lorenzo Réan racconta che in quel giorni la Banca aveva avuto delle cambiali protestate a Torino. Necessitava di pagarle per evitare che la situazione precipitasse, -mentre più laboriose fervevano le pretese trattative vr.inane. All'abate Blanchet, che si recava a Roma, Emilio Réan affidò una somma — 100 o HO mila lire — che in parte doveva essere consegnata al Celano e in parte avrebbe dovuto servire per l'estinzione degli effetti cadmi in protesto. Ma l'abate Blanchet non si fece vedere a Torino, nft ne! viaggio di andata nè in quello di ritorno. Cosi, assicura oggi Leonida Celano, 1! quale, come addetto all'ufficio torinese, avrebbe dovuto proceder? al pagamento degli effetti ed era appunto in attesa dei fon di necessari. In difesa del cassiere Cuaz L'oscuro episodio che è venuto affiorando accentua gli attacchi che dalla difesa partono all'indirizzo dell'abate lontano. 11 P. M.. nei constatare ciò. osserva rivolgendosi al testimone: Adesso, come vede, si fa il processo all'abate Blanchet. Teste: — L'abate Blanchet ha 11 grave torto di non venire a deporre, ma se venisse, è probabile che le cose sarebbero diverse per lui. Noi gli abbiamo scritto ripetutamente, esortandolo a venire, ma senza risultato. E d'altra parte persino il Tribunale non ha la possibilità di farlo venire... L'abate Jaccod affermando che gli si spezza il cuore nel vedere un sacerdote oggetto di tante ' discussioni e di tanti attacchi, dichiara: — Sono convinto che 1 abate Blanchet ha fatto sempre l'Interesse della Banca Réan e non il proprio. — Venga a dircele lui, queste cose esclama l'avv. Bardanzelhi. All'abate Jaccod succedono alcuni testi dedotti dalla difesa Cuaz. Il milite Pietro Gnicalirdaz. guardiacaccla al Parco Nazionale del Gran Paradiso, afferma che il cassiere della Banca Réan si faceva vedere rare volte a Cogne, suo paese natio. Non lo Intese mai fare opera di propaganda a favore della Banca; intese, per contro il parroco fare l'apologia della Banca. Il teste aveva depositato presso il disgraziato istituto una certa somma; a furia di piccoli rimborsi Tluscl a r cuperaria quasi interamente e non ri mase in credito che di L. 35,40. Clemente Perret, assessore comunale di Cogne, afferma pure di non avere mai inteso il Cuaz fare opera di prò pagando in favore della Banca Béan Presidente: — Lei ha perduto qual che somma nel dissesto? — Disgraziatamente non ho mal a vuto danaro da depositare alle Banche. — E allora, si chiami fortunato — esclama 11 P. M. . Luigi Gerard, di Cogne, racconta che 1? Cuaz ha sempre fatto vita modesta e ritirata; mentre Evaristo Thomasset, segretario comunale di Pré S. Didier, ricorda che la più attiva propaganda n favore della Banca Réan venne fatta dai parroci della vallata. Tutti ritenevano la Banca sicura e la propaganda tra 1 fedeli venne fatta ancora nejrli ultimi periodi di vita dell'istituto. Il teste rievoca un episodio di onestà dell'imputalo Cuaz. Un giorno egli a veva smarrito una borsa contenente duemila lire. Il Cuaz la rinvenne e gliela recapitò prontamente. Pietro Castagnerl afferma che 11 Cuaz sl recava assai raramente a Cogne e non vi si tratteneva più di tre o quattro glomt. Francesco Vettlcoz. con cui si chiude la laboriosa giornata. eTa preposto alla succursale di Morgpy. Venne assunto 11 Lo dlcem bre 1919 p rimase In servizio fino al domo del fallimento. B teste, che e un hpl finn di vegliardo, racconta che Lorenro Béan <=i recò tre volte a visiti re la sua filiale. La fiducia' nella Hinca ptrli non li perdette mai. tanto '■tip ancni-i ti 2 cennaln 1928 vi deposito seimila lire e naturalmente le perdette. FRANCESCO ARGENTA. gecaadcinastraanPugnnosi lammil civeTfalanantaridiLerraspvaI nteBchstasustnml'dapqnscpapszsrmusmussgtvccvvnTPfsnldvpzsdrABgcda1EBcptnnvacIipitfvdp