Il Regno unito ungaro-romeno

Il Regno unito ungaro-romeno Il Regno unito ungaro-romeno ' (Dal nostro inviato) BUCAREST, giugno. Oggi parleremo di un sogno : il sogno della Romania che si unisce all'avversario detto irreconciliabile, l'Ungheria. Cosi è nella vita: qualche volta, toccandosi jjli estremi, si escogitano dei paradòssi, nella speranza di porre termine a situazioni, le quali sono notoriamente insostenibili. Bisogna che io dia un passo indietro: di questo regno unito ungarorumeno, di questa ancora più grande Rumenia, sentii parlare a Budapest già nel settembre del 1919, allorquando, rovesciato il regime bolscevico di Bela Kun, le truppe rumene agli ordini del generale Mardarescu si stabilirono nella capitale ungherese. Delegato del Governo rumeno era in quella occasione il ministro Diamandi, ora scomparso dalla carica diplomatica, perchè Re Carol, subito dopo il ritorno sul trono, l'ha telegraficamente richiamato da Parigi. Il Diamandi, infatti, durante l'intero periodo dell'esilio di Carol in Francia ha rivelato verso il futuro suo Re, che viveva a poca distanza da lui, sentimenti non ispirati nè a devozione, nè a simpatia. Può darsi che nel 1919 .a Budapest si parlasse di dare la corona di Santo Stefano a Ferdinando HohenzolIern-Sigmaringen, re dei rumeni, sotto l'influenza del ricordo bolscevico. E nuovissima l'idea non era' neppure quella volta: nel secolo scorso, l'aveva propugnata un gruppo di uomini politici, alla cui testa troviamo Eotvos. Al primo che mi parlò del progetto, rivolsi uno sguardo metà stupore, metà diffidenza.. Ma la persona insistè e dopo sull'argomento ritornarono altri, i quali tutti riducevano la faccenda ad una specie di matrimonio di convenienza fra esseri che sino al giorno fatale abbiano vissuto detestandosi Da parte rumena menava la danza il Diamandi, da parte ungherese il presidente del Consiglio, Stefano Friedrich. Si ragionava sull'identità degl'interessi economici, si metteva ini rilievo come, per l'Ungheria l'unione avrebbe significato salvataggio quasi completo dei possessi territoriali — o perlomeno dei più importanti — e garanzia di un'esistenza futura migliore di quella concessa ad uno Stato cuscinetto. Gli ungheresi consideravano infatti premessa indispensabile il rispetto della loro integrità territoriale e s'immaginavano il regno unito ungaro-rumeno come una Monarchia dualista, basata sopra uri compromesso sul tipo,di quello elaborato nel '67 da Deak e da Fran-> cesco Giuseppe. Rispettare l'integrità territoriale avrebbe perciò voluto dire riconoscere i diritti magiari! sulla Transilvania, nella quale però ♦1 rumeno sarebbe stato adottato come lingua ufficiale, e risolvere ai favore dell'Ungheria, in modo quasi automatico, la questione del Banato, dove 1 serbi sono in minoranza assoluta, col nove per cento della popolazione, mentre i rumeni vantano il quaranta per cento. Il vecchio ex-presidente del Consiglio Alessandro Wekerle — una' vittima contesa ai bolscevichi dall'energia del nostro colonnello Romanelli — era tuttavia del parere che un'unione doganale pura e semplice avrebbe ugualmente bastato; il Wekerle, oggi defunto, quando l'andai a visitare, mi espresse la sua profonda convinzione che un giorno Slovacchia e Croazia sarebbero ritornate all'Ungheria: «La Jugoslavia, disse, è una concezione artificiosa, che non potrà affermarsi, volendo i serbi, l'azza meno colta della croata e della slovena, sostenere in essa la parte principale. Quanto alla Slovacchia, spero di vederla restituita all'Ungheria, come desiderano gli slovacchi per primi». Risultava da tali parole che l'Ungheria veniva spinta verso i rumeni da czechi e serbi : dal fattore slavo. Persa la Croazia, che assicurava lo sbocco all'Adriatico, l'Ungheria si vedeva costretta a bussare alla porta dell'Austria tedesca, per schiudersi le vie dell'ovest, ed alla porta della Rumenia, per comunicare con l'est e giungere al Mar Nero. Ad un'unione con l'Austria tedesca era impossibile pensare, quindi bisognava decidersi per la Rumenia, unico paese confinante non slavo. L'Italia, mi dicevano, dovrebb'essere lieta dell'esistenza di' un blocco ungaro-rumeno, assieme al tedesco destinato ad opporsi allo slavo. Le cose sono poi andate diversamente e la Rumenia, sotto l'influenza di Parigi, che nel giorno della caduta dello zarismo si è eretta a paladina della causa slava, ha preferito legarsi con serbi e czechi, due popoli slavi che tuttavia le negano aiuto per il caso che il terzo slavo alle sue frontiere — il russo — ab-., bia a buttarsele addosso. Un ostacolo a quei progetti, peti fantastici e irrealizzabili che fossero, appariva Re Ferdinando e non se ne vedeva bene la ragione. Forse l'origine tedesca? Forse l'impegno da lui preso che i figli avessero ad abbracciare la religione greco-ortodossa, invisa nella cattolicissima Ungheria? Comunque, una via di uscita la si sarebbe trovata. Circa sette anni dopo, nel 1926, ì fautori del progetto ritennero la situazione matura al punto, da potersi oramai rivolgere a Re Ferdinando in persona. Nella lotta fra legittimisti e partigiani dnlla libera elezione del nuovo sovrano d'Ungheria, si presentò, in quell'anno, un terzo gruppo, che era una frazione dissidente degli elezionisti (è una parola nuova, ma in politica e in giornalismo se ntf coniano di continuo; si voglia scu* sarla od accettarla). Mentre la grande maggioranza degli elezionisti si pronunziava a favore dell'arciduca -Mbrecht (che un mese fa ha poi pre. irrito ritirare- definitivamente la propria candidatura), un gruppo di ari. stocratici di Transilvania riesumò l'idea di un'unione personale unga-

Persone citate: Alessandro Wekerle, Bela Kun, Deak, Eotvos, Re Carol, Re Ferdinando, Romanelli, Stefano Friedrich