La Santa Spina e un pezzetto della Croce trafugati a Linguaglossa durante una furiosa tempesta

La Santa Spina e un pezzetto della Croce trafugati a Linguaglossa durante una furiosa tempesta La Santa Spina e un pezzetto della Croce trafugati a Linguaglossa durante una furiosa tempesta L'origine delle reliquie - Il terremoto del 1809 e il miracolo di Sant'Egidio - Il furto e la rivelazione di una bambina • Un piano della polizia perfettamente ria scito - Il pianto dell'arciprete Catania, 27 notte. La cittadina di Linguaglossa è esulante per il recupero di una preziosa venerata reliquia che i ladri aveano tempo addietro asportato da uella cattedrale. Per vero dire. 1 lari avevano trafugate due reliquie che ormano l'orgoglio di quella isolaone e il patrimonio spirituale della attedrale — alcuni pezzettini della roce che vide il martirio di Gesù e na spina della corona — solamente reliquie della Croce sono state riuperale, mentre si ignora la sorte ella santa spina. Ma i fedeli sono gualmente felici e il primo ritrovamento è per essi di buon augurio per secondò. Nella notte dal martedì al mercoledì anto del 1929, durante una furiosa empesta. Ignoti sacrileghi s'introduevano nella Chiesa Madre della citadina asportando nella sua quasi toalità 11 prezioso tesoro, composto di umerosi e rari oggetti d'argento ceellato, tra cui era precisamente il requario contenente i tesori. Il furto sacrìlego I ladri, mediante chiave falsa, aveano aperto la porta del deposito di arbone sito in un vicoletto retrostane alla chiesa e, penetrati nel magaznetto, avevano praticato, mediante ivella, un largo foro nel muro delì-t agrestia, entrando poscia nella chiesa essa. Qui essi facevano man bassa i tutto quanto era a portata di mao, ed asportavano, fra gli altri preosi oggetti, una sfera d'argento alta ettantacinque centimetri a doppia aggiera, artisticamente incisa, e una isside d'argento, tratta da sopra un anco della sagrestia. Dal tabernacolo el Sacro Cuore toglievano un'altra isside d'argento cesellato e dal taberacolo dell'altare maggiore sottraevao il reliquario d'argento, alto cinuanta centimetri e nel quale, in due istinte teche chiuse da un vetro e uggellate, erano custodite le reliquie. Poi," scassinando i cassetti della sarestia, involavano pure cinquantacinue lire, frutto delle collette. I ladri, erò, trascuravano la base del reliuario, del peso di circa sette chilogrammi, e che da solo avrebbe supeato tutto il valore degli altri oggetti asportati. Grande, come si può immaginare, fu 'emozione dei parrocchiani per il sa crilego furto, e specialmente per la scomparsa delle reliquie, venerate con profondissima feoe. Queste reliquie hanno, del resto, una storia, che è utie ricordare. Nell'autunno del 1612 giungeva a Ro ma, reduce da un pellegrinaggio ai uoghi Santi, il padre cappuccino Giuseppe Stella da Messina portando con sè uno dei più preziosi tesori cui un religioso possa ambire, e precisamente due pezzettini della Croce e una spina della corona di Gestì Cristo. Le sacre reliquie gli erano state donate come pegno di fiducia e di riconoscenza da un confratello domiciliato a Gerusaemme da molti anni e che, sapendosi alla fino della sua esistenza terrena, aveva voluto ch> I preziosi ricordi ve nissero portati in Balia. Le sacre reliquie Padre Giuseppe stella aveva accet ato il sacro legno e chiusolo in una custodia di cuoio legata al petto era giunto a Roma. Numerose furono le richieste di varie organizzazioni catoliche e di molti Capitoli che ambivano al possesso, ma, felice della sua ricchezza, padre Giuseppe Stella non a cedette a nessuno. Alcuni anni dopo, destinato dai suoi superiori a reggere il convento di Linguaglossa, egli, come segno di riconoscenza all'affetto che i suoi fedeli gli avevano sempre ributato, donava II ricco tesoro a quel Senato che ne curava immediatamente a conservazione nella chiesa Madre della, cittadina dopo averlo fatto racchiudere in un prezioso reliquario di argento massiccio. D'allora, fino al 8119, la più solenne festa di Linguaglossa era stata quella della Santa spina verso la qual? s'innalzavano le preghiere di tutti i fedeli della conrada. Nel 1809 accadeva un fatto per cui nella venerazione dei fedeli si aggiungeva alla Sacra Spina Sant'Egidio. A quell'epoca una delle più terribili eruzioni dell'Etna poneva in pericolo l'autato di- Linguaglossa ormai a pochi metri dalla spaventosa fiumana di fuoco. Nonostante le preghiere e le processioni pareva che il destino della ridente cittadina fosse già segnato, quando una vecchietta paralitica che, impossibilitata a muoversi e dimenticata, era rimasta a pochi metri dalla rrompente marea di lava, (tettava un disperato urlo d'invocazione a Santo Egidio da lei venerato, e il santo, apparso in una luce d'oro e circondato da una schiera di angeli imponeva alIn lava di fermarsi. La popolazione accorsa gridando al miracolo, non tardò in segno di fede ad erigere sul posto l'ancora esistente chiesa di Snnt'F.gidin, eleggendolo subito a proprio santo patrono. La fede per la Santa Spina e per le reliquie della croce non si è però mai smorzata. Così centoventi anni le generazioni di Linguaglossa alimentarono la profonda fede versj II santo patrono e verso le sacre reliquie, finché nel. l'anno scorso l'Impressionante furto non doveva sconvolgere per lungo tempo la tranquilla pace della laboriosa e fedele popolazione. Il racconto di una bambina attivissime. s1 svolsero tosto le indagini per rintracciale il religioso tesoro; e 1 carabinieri furono in moto notte e giorno, al comando del marescial. lo Andronico. Dal canto suo l'arcipree tutto preso dal desiderio di riavere le reliquie, dispose che la Chiesa fosse lasciata aperta e' incustodita notte e giorno, divulgando la voce che Lin te depositarle nel tempio. Ma tutto fu vano; prediche, esortazioni, minaccio di taglie tutto fu inutile. Ci fu un momentc però nel quale si credette ch'essi stessero per cadere nelle mani dell1 Giustizia. Un giorno, infatti, una bimba di 7 anni, trovandosi In Chiesa e sentendo ancora parlare del furto e degli oggetti si lasciò sfuggire : « Ma io so dove sono. Quella notte vidi portare in casa queste cose ! ». Naturalmente la bimba fu subito condotta in caserma e interrogata e mentre suo padre, Cerra Mariano di Francesco, veniva immediatamente fermato e chiuso in camera di sicurezza, essa ripeteva la dichiarazione dicendo che la notte del furto, merrtre pioveva, suo padre era rincasato con un altro portando un sacco pieno di cose lucide e le aveva fatte vedere alla moglie. Si era accorta di tutto questo perchè si era svegliata e c'era la candela accesa. Inutile dire che, orientate le indagini in tal senso, il maresciallo Andronico non ebbe più un istante di riposo. Ma interrogatori, perquisizioni, pedinamenti tutto fu vano, ed egli fu costretto a ordinare il rilascio di lui di un altro arrestato come sospetto di correità. Mentre la popolazione già stava perdendo la speranza, ecco che a quindici mesi di distanza, una inaspettata rivelazione metteva sull'avviso il co mandante . della nostra Squadra Mo bile, che già si era a suo tempo occupato della cosa. I ladri, sopite le voci Intorno al furto, avevano pensato al collocamento della refurtiva e si era no dati un gran da fare per smerciare l'abbondante « bianchetto » del quale erano venuti In possesso. Cosi giorni or sono, il capo della SquadTa Mobi le, cav. Gimprè, apprendeva che un argentiere di Catania aveva ricevuto delle offerte da Linguaglossa per l'ac qii'isto di una ingente quantità di argento. Il ripostiglio nella lava Immediatamente il commissario di sponeva indagini e, coadiuvato dagli ottimi suoi sottufficiali, stabiliva un mirabile piano d'azione per la sorpresa de» responsabili. A Linguaglossa capitarono due individui per... ragioni di commercio, i quali vi si soffermarono alquanto, riuscendo a guadagnarsi le generali simpatie. Il primo passo era fatto. Poi, costoro, con moflta abilità presero contatto con gl'indiziati e precisamente il settantaduenne Vadala Salvatore fu Filippo, varie volte pregiudicato per furto, e con il di lui figlio adulterino Mai-ano Filippo di Carmelo, d'anni 20. Una volta stabilita la relazione e stretta la prima maglia della rete, i due sottufficiali della Squadra Mobile travestiti raggiunsero in breve l'epilogo. In una casetta di proprietà del Vadala, sita a pochi chilometri da Linguaglossa, si svolse l'ultima fase del lavoro. Il Vadala, avendo abboccato all'amo, aveva condotto con sè quei due tali e proprio nel momento in cui esibiva loro il sacco contenente i sette chilogrammi d'argento tolti da un vicino nascondiglio mascherato nellla lava, si sentiva esplodere accanto un colpo di pistola e un'arma si puntava sui due ladri sacrileghi, mentre l'intimazione: «mani in alto!» completava il loro sbalordimento. Contemporaneamente Il resto della squadra, che aveva seguito i primi e si era appiattato nelle vicinanze, si precipitava nella casetta avendo udito la convenuta detonazione. Subito tradotto a Catania, il Vadala Insieme al figlio non cessò le sue proteste d'innocenza, affermando di essere venuto in possesso di quegli oggetti preziosi per averli rinvenuti una notte in mezzo alla strada. Lo stesso giorno, l'arciprete di Linguaglossa, invitato negli uffici della Questura, poteva piangere di commozione nel ritrovarsi in possesso dei pezzettini sacri della Croce. La Santa Spina però non si è potuta ancora rinvenire. Il reliquiario, tulio ammaccato come gli altri oggetti per essere più facilmente asportabile e più acconcio alla fusione, lasciò certo sfuggire dal piccolo ven.ro rotto la preziosa reliquia per là quale, però, non sono ancora perdute le speranze e per cui la religiosa popolazione di I/nguasrlossa eleva an Cora le sue fervide preghiere.

Persone citate: Andronico, Cerra Mariano Di Francesco, Giuseppe Stella, Vadala Salvatore