Drammatica udienza al processo Rean

Drammatica udienza al processo Rean Drammatica udienza al processo Rean Sfoghi e accuse della signora Réan contro l'abate Blanchet - Il cui atore del fallimento annuncia 52 milioni di « deficit » - La difesa rinuncia a oltre 40 testimonianze - Continua la sfilata delle vittime Aosta, 25 notte. Lamenti di parti lese, affermazioni concordi di testi, risultanze di accertamenti periiali vanno confermando che le sorti della Banca Réan erano segnate da tempo, ed a renderle irreparabili contribuirono i folli tentativi spiegati dai fratelli Réan per salvarla. Ma se da un lato il dibattito porta a queste constatazioni, non viene meno in risalto, d'altro cauto, l'estensione e la gravità dello sfacelo che la rovina della Banca cagionò tra queste popolazioni. Il denaro accumulato con facilità o con fatica, ma il più delle volte a prezzo di economie e di sacrifici che avevano dell'eroico, ed affidato ad una Banca riposante su tradizioni antiche di onestà e di rettitudine, si è dileguato e sfumato. Alle vittime non rimane che portare in Quest'aula l'eco delle loro sventure. Iniziandosi l'udienza il curatore del fallimento, avv. Anselmo, a coronamento dell'esposizione fatta sullo scorcio dell'udienza di ieri, presenta al Tribunale una relazione intorno ni risultati degli ultimi accertamenti, intesi ad ottenere la determinazione della situazione contabile e la ricostruzione della destinazione data dai falliti ai molti milioni che costituiscono il passivo. Due milioni finiti misteriosamente Rassegnando i risultati di queste sue Indagini, il curatore osserva, per altro, che nel caso concreto la ricostruzione del bilancio si è presentata assai difficile ed imprecisa. Numerose sono le contestazioni sorte sull'entità delle cifre indicate dai Réan per la determinazione complessiva delle usci te, e non meno numerose sono le contestazioni sorte circa la natura e l'esistenza di svariati ed ingenti crediti. Per limitare la esemplificazione ad un solo caso, basterà ricordare che certo Carano, di Milano, il quale figura debitore di due milioni e 300 mila lire, contesta l'esistenza di questo suo debito verso la Banca. Il curatore fissa in 52 milioni in cifra tonda il passivo reale del fallimento. Esso e dato per la quasi totalità dalle spese e dagli oneri che i Réan incontrarono nella sbalorditiva serie delle intraprese con le quali si Illusero di rialzare le sorti dell'istituto dissestato. Di alto interesse appare la elencazione di tali intraprese, tra le quali si conta persino lo sfruttamento delle saline del Mar Rosso ed una larga partecipazione alla Società costruttrice del canale destinato a congiungere Anversa con Liegi, c che per la più parte ebbero esito rovinoso. A 13 milioni e mezzo sono ammoniate le perdite di Borsa ; a 3.300.000 lire l'onere per l'intervento nella sistemazione di una Banca romana ; a 300.000 lire lo sborso effettuato .per una pretesa Società che doveva assumere la ricostruzione di via Roma a Torino, ecc. Ma le somme che danno il passivo reale non trovano tuttavia la loro giustificazione e spiegazione. 11 totale delle somme, per cui appare accertata la destinazione datale ' dai Réan, è appena dì 49."90.000 lire ; sono cosi più di % milioni il cui impiego appare inaceertato e misterioso. E' questa la somma che i falliti secondo le accuse — avrebbero messo jsl sicuro nell'imminenza del fallimento? I fratelli Réan lo negano ad una voce, affermando di avere speso imo all'ultimo centesimo, negli sfortunati ed illusori tentativi di salvare l'azienda, tutte le somme che costituiscono 'egei l'ingente sbilancio. Anche oggi Giacinto Celano rimane lontano dall'aula. L'indisposizione da CUI è sta.to colto perdura. Sono presenti Invece tutti gli altri imputati e ira questi la signora Réan-Frassy, che siede al suo posto nell'atteggiamento Stanco e dolente che le è abituale. Un'enigmatica figura: l'abate Blanchot L'avv. Quaglia, per la difesa dei fraitelli Réan, annunzia di essere venuto In una. determinazione che gioverà ad affrettare l'epilogo del dibattimento. Egli aveva richiesto la" citazione di ?uaranta testimoni a. difesa degli untatati; a tutti questi testi ora dichiara di rinunciare, chiedendo solo l'audizione di un teste a discarico, i) ragioniere Segre. Anche l'avv. Caron, difensore della signora Réan, riduce da 14 a 6 i tasti a discarico di cui chiede la citazione. Naturalmente il patrono della signora non rinunzia all'audizione dell'abate Blanchet, l'enigmatico personaggio la cui ombra si profila ad ogni istante ed in maniera così misteriosa in questa vicenda. L'avv. Caron rinnova, anzi, le premure perchè la deposizione dell'abate Blanchet non abbia a mancare. Ma è assai dubbio che l'abate venga a deporre- Attualmente egli si trova all'estero, a Nizza Marittima, donde non ha più dato segni di vita. E dubbio che egli non intenda venirca rendere la sua deposizione è condiviso, da tutti ed il P. M., che non so lo dissimula, chiede: — Non si è fatto più vivo con la famiglia Réan l'abate Blanchet? • — Appena avvenuto il dissesto — risponde Lorenzo Réan — interruppe te visite che era solito farci. — L'abate Blanchet — interviene la signora Réan, la quale si agita e si trasfigura ogni qualvolta deve parlare di questo sacerdote, a cui, come è noto, fa risalire la propria rovina — andò dopo il fallimento a far visita ad una nostra zia, che conta 8fi anni. La povera, donna piangeva e l'abate Blanchet si dispose a confortarla. Ma la zia non volle sentire le sue parole e Ho allontanò. « E' lei, disse, che ci ha rovinati. Tutti 1 torti sono suoi. Se ne vada •. Il P. M. vuol sapere ora da Lorenzo Rean in quale occasione abbia conosciuto l'abate Blanchet. L'imputato spiega di averlo conosciuto negli anni della fanciullezza. Entrambi, durante l'estate, si recavano all'» Alpe Pola > a villeggiare. I rapporti furono sempre mantenuti e l'abate Blanchet si interessò sempre vivamente all'andamento della Banca. — Nella primavera del 192T, quando •la crisi attraversata dalla Banca apparve in tutta la sua gravità — aggiunge l'imputato — io esposi all'abate la situazione e non gli nascosi che i! passivo ascendeva a 40 milioni. Avv. Farinelli: — E alla sua signota espose la situazione? Il sogno della signora Rean E' la signora Réan che risponde a questa domanda. E la sua risposta costituisce nell'udienza un intermezzo che ha un tono quasi drammatico, — Io — dice — non ho mai cono 6CiutO la situazione della Banca. Fu solo un giorno dell'estate del 1927 che mio marito mi fece qualche accenno alla crisi. Mi disse che difettava di circolante, a/ì alla mia meraviglia aggiunse che le cose in Banca non andavano punto bene. Rimasi come pazza dal dolore — esclama la signora Réan, che parla concitatamente, 'come dominata da una profonda emozione. — Ora, a trovarmi in quest'aula come Imputata, soffro assai meno di quello che ho sofferto allora, nel sentire che gli' affari della Banca non andavano ene. Ne parlai subito con l'abate Blanchet, il quale mi confortò. Ma in quella tristissima circostanza, il solo motivo di conforto e di consolazione era da ricercarsi nella preghiera. Insieme a m.ia sorella iniziammo una Bovena. Eravamo certe che le nostre nlfltnmsdszdlLclit•! fi'dirttIn'f preghiere avrebbero valso ad ottenere un miglioramento della situazione. » In quei giorni — prosegue la signora — la mia fantasia era ardentee feci un sogno. Nulla più che un sogno; ma un sogno curioso. Vidi la immagine della Madonna, alla quale io cercavo accostarmi. Ma per avvicinarmi dovevo passare attraverso una siepe di spine. Il giorno appresso, incontrato.l'abate Blanchet, gli raccontadi quel sogno. Egli mi disse solennemente: « Lei non ha sognato, ha avuto una visione ». E poiché io obbiettavo che si trattava semplicemente di un sogno, di un sogno qualunque, egli insistette che si trattava di una visione« Lei doveva avere questa visione, soggiunse. In ' questa visione è l'indice della salvezza. La Banca sarà certamente salva. Sì, io vedo l'avvenire e posso garantirle che la crisi sarà superata. Anni sono ho svelato alla signorina Réan delle, cose che ella non si immaginava neppure. Perciò, creda alle mie .parole; non badi ad altro e ritorni in Banca. Questo b il suo dovere, la sua missione ». L'imputata ha raccontato tutto ciò agitatamente, studiandosi di far comprendere fino a qual punto l'opera di suggestione esercitata su di lei dall'abate sia riuscita. Quindi, dopo avere accennato alle sofferenze ed ai patimenti piovati dopo il suo ritorno in Banca ed in tutto il periodo che precedette il crollo, conclude: — Venga ora a negare, Blanchet, questa sua opera ! Io non lo rimprovero per avermi condotta su questo baiiLo, non lo rimprovero per avere cagionalo la distruzione del patrimonio della mia bambina ; lo rimprovero per avere ingannato me e mio marito, cagionando la sventura di tante famiglie e facendoci apparire come dei delinquenti. — Ma quale interesse — domanda il P. Mi — aveva l'abate Blanchet per tenere in piedi la Banca ? — Non ho mai capito quale interesse lo legasse alla Banca — risponde l'imputata. — Prelevava forse qualche milione? — domanda l'avv. Farinelli. — Il Blanchet era debitore di 1 mila lire. E la signora riprende : — Dopo avermi indotta a tornare in Banca, ci ha mandato il conte Celano, presentandocelo come un individuo onnipotente. Ma se il conte Celano ci ha ingannati, Tinganno usato dall'abate Blanchet nei miei riguardi è infinitamente diverso. Egli mi ha infuso la certezza morale che la rovina non era possibile. Così fu tanta la mia certezza nelle sorti della Banca che avrei sacrificato anche me stessa. Un giorno un cliente voleva scagliarsi contro di me. Io non arretrai. Avrei sacrificato anche la vita per i clienti della Banca. Anche la camicia al Galano... La signora Réan, estremamente commossa dopo questa esplosione contro l'abate, siede, ed il Presidente chiede a suo marito perchè abbia conferito al Celano la procura generale. Lorenzo Réan risponde che il Celano pretendeva che la procura l'osse amplissima, tale da autorizzarlo, cioè, alla trattazione di qualunque affare ed alla conclusione di qualunque operazione nell'interesse della Banca. A ciò l'imputato accondiscese nella persuasione di agevolare lo svolgimento del piano che il Celano assicurava di adottare per il salvataggio della Banca. Non ebbe esitazioni, nè incertezze, ed il notaio che redasse l'atto gli osservo alla fine: «Ora che lei ha ceduto al Celano anche la camicia; cosa gli può dare ancora? ». JJ curatore Anselmo intanto avverte che dalle verifiche compiute appare che l'abate Blanchet è creditore verso la Banca di 15.711 lire, depositate in conto corrente. Per tale somma egli ha fatto l'insinuazione di credito, che non è stata contestata. Si riprende la sfilata, dei testi e delle parti lese. Anselmo Frassy, già impiegato presso la Banca, riferisce intorno allo svolgimento di talune operazioni, dalle quali è conseguita per Lorenzo Réan l'accusa di abuso di fogli in bianco. 11 teste rimase addetto alia Banca anche quando venne ad insediarsi il Celano; ma non vide mai il « conte t occuparsi di alcunché. Sa soltanto che il Celano lece installare nella filiale di Chàtillon l'impianto del termosifone. — Siccome la Banca era in auge, egli faceva l'are quella piccola spesa — commenta con sarcasmo il Pubblico Ministero. Simeria Chentre, una popolana di 50 anni, aveva depositato tremila lire presso la Banca, e non le riebbe. Ma per avere la rievocazione del suo caso occorre l'aiuto di un interprete : la buona donna non conosce l'italiano, parla soltanto il francese. Pregato, funge da interprete un patrono di Parte civile, l'avv. Dagasso. Si apprende così che la Chentre si recò più volte a chiedere il rimborso del suu denaro; la invitarono a ritornare, di otto in otto giorni; quando si recò l'ultima volta gli infici erano chiusi. Era stato dichiarato il fallimento. Alberto Ducly, di 2S anni, ex-fattorino della Banca, riferisce che i titoli depositati dai clienti venivano spediti di volta in volta a Milano ed a Torino. Filomena Besenval aveva versato alla Banca seimila lire. Si recò più volte a chiederne il rimborso. Dapprima le risposero con dei pretesti; poi, per tacitarla, le offersero un acconto di 500 lire. Ma la buona donna voleva interamente il suo denaro che aveva depositato. « O tutto, o niente », dichiarò all'impiegato che le aveva fatto quella proposta. 11 risultato fu che non ebbe le 500 lire, e cosi perdette anche queste. La «via crucis» di una oliente Anselmina Cerisey, di Etroubles, nel 1928 affidò temporaneamente in custodia alla Banca dei titoli di Consolidato per seimila lire. In quattro anni, dopo infiniti tentativi, riusci ad ottenere una parziale restituzione dei suoi titoli. 11 suo danno.è rimasto di duemila lire. Assai più complicato e significativo e il caso di Clementina Groieacques, maestra di Etroubles. Il 24 dicembre 1926 ella consegnò alla Banca un Buono del Tesoro da mille lire per la conversione in Prestito del Littorio. Le si disse che. sarebbe occorso un anno per l'operazione. Tornata dopo un anno, fu rimandata con l'assicurazione chele avrebbero spedito ad Etroubles il tiolo ottenuto dalla conversione appena fosse pervenuto dalla Banca d'Italia. Ma poiché il titolo non giungeva mai, la teste venne altre volte ad Aosta a richiederlo. * 1! Cassiere Cuaz, col quale parlò, le dichiaro che aveva tutti titoli di gros so taglio. Di fronte a questo insuccesso la Groieacques si diresse verso l'abitaczione dei fratelli Réan anche per ri-] chiedere ai banchieri un rimborso di duemila lire sul deposito di 60 mila ire che ella aveva presso la Banca. L'accolse Emilio Réan. Con molta sin cerila ad onor del vero, il banchiere e dichiarò che non poteva a.ccontenarla perché si trovava in istrettezze • Torni fra un mese», le disse, e le fissò anche il giorno in cui avrebbe dovuto ripresentarsi. Ma alla vigilia li questa data, la teste ricevette un elegramma in cui le si diceva di riardare la venuta ad Aosta. Sette giorni dopo si aveva la dichiarazione di allimento. Faustino Philippot. di 60 anni, da verrayes, racconta: Per mia disgrazia, il 17 febbraio 1925 consegnai alla Banca Réan due titoli di rendila francese da 10 mila lire ciascuno. Non sono più riuscito ad averli. Non diversamente accadde a Giuseppe Borney, di Aosta, il quale consegnò alla Banca un buono del Tesoro da mille lire per la conversione in prestito del Littorio, insieme con la somma che occorreva per lo svolgimento dell'operazione. Un bilancio che non viene spiegato Poiché non sono presenti altre parti lese, l'avv. Farinelli, di Parte Civile, approfitta di questo scorcio d'udienza per muovere alcune contestazioni agli imputati. — La signora Réan — chiede — ha mal coadiuvato il marito nella compilazione del bilancio? — No, mai risponde, la signora. 11 marito interviene: — lo tenevo celala la situazione contabile. Non volevo che alcuno la ve desse, uè che mi si interrogasse in proposito. Ma queste risposte non acquetano il patrono di Parte Civile, il quale ricorda che in una lettera spedita il 4 agosto 1027 dalla signora Réan al Celano è detto: ■■Abbiamo ultimato il bilancio, che verrà presentato domani ». E l'avv. Farinelli incalza: — Mi si vuol dare una spiegazione esauriente? Poiché il bilancio non è stato trovato, sarebbe interessante conoscere a quale bilancio alludeva la signora in quella lettera. Le spiegazioni che vengono fornite dagli imputati sono quanto mai incerte ed imprecise. La signora Réan non sa a quale bilancio alludesse in quella lettera; suo marito, per contro, afferma che doveva trattarsi del bilancio della situazione contabile presentato alla spile di Torino della Banca d'Italia, in omaggio alla prescrizione fatta dalla legge sugli Istituti di Credito. Ma egli contesta che la Banca avesse compilato, allora o prima, il bilancio. — 11 bilancio non l'abbiamo mai fatto. E questa è una delle cause della mia rovina. Emilio Réan per conto suo ribadisce: — Il nostro tormento più grande è sempre stato quello di nascondere a tutti la situazione in cui eravamo. L'udienza è tolta. A domani l'escussione di'un altro gruppo di parti lese. FRANCESCO ARGENTA.