L'arte della prudenza

L'arte della prudenzaL'arte della prudenza uomoperetto,il vir, il savio dei gesuita aragonese Baltasar Gracian, e il suo Oracolo manuale e arte di prudenza (1), che Gherardo Marone, giovane e colto ispanista, traduce con potenza e con giusta misura, non potevano venirci, con il loro volto macro e splendente, che dalla terra di Spagna. Terribile e disumana Spagna, straniata tra cielo e terra, tra realtà e fantasia ! L'imprudente idealismo dui cavaliere Don Chisciotte, il misticismo impregnato di terrestrità di Santa Teresa — il critico Tomàs Navarro Tomàs, commentando La» Morati a» per le edizioni della Lectura, vi noterà quanto « la Santa concierta convenientemente lo espkitual y lo positivo » e, più ancora, « lo admirable sentido practico», — la spiritualità sensualizzata di El Càntico Espiri tua!, di San Juan de la Cruz,' e quella di Fray Luis de Leon, di Malón de Chaide, di Juan de Torres, del Quevedo e d'ogni altro mistico, teologo, poeta e sognatore della Spagna, valgono a introdurci in quella specie di stoica voluttà, ch'è l'ascetismo casigliano. Arturo Farinelli, studiando nel primo libro di La Vita è un Sogno, i preludi spirituali al dramma di CaHeron, nota con acu tezza che a non è forse popolo come Jo spagnuolo che si affezioni alla sua dura e amata terra, e la fìssi ancora con tenerezza quando lo chiama il cielo, e l'ammonisce l'eterno. L'ideale è tutto penetrato dalla realtà visibile e tangibile ». Fuori dal cerchio affocato di codesta ascesi, l'uomo perfetto del Gracian non è concepibile; ne avrebbe significati. Egli è spagnuolo ; e in lui s'incrociano e si fondono le apocalittiche visioni, che della umanità ebbe la mistica catalana e castigliana, dal « doctor iluminado i> Raimundo Lulio a Juan Luis Vives. L'autitcsi inconciliabile fra realtà e 6ogno, fra realtà e fantasia, substrato fondamenta^ di tutto il pensiero Bpagnuolo e dell'arte, è base, assieme a una sete di assoluto e di eterno, .alla vita intellettuale di codesto eroe di una trascendenza non mai smemorata delle terrene realtà. L'uomo del Gracian non è mai santo; nè sappiamo nemmeno s'egli sia davvero un esemplare cristiano. Lette le sue trecento massime, o regole, o sentenze, comprendiamo che la sola cosa che valga, nel mondo e che, per codesto]iatetro fantasma, possa portarci versoi dla perfezione e verso la vittoria, è lajm« ragione ». cEppure chi lo creò e ne fece una|cglaciale incarnazione di una più già- ; amri6esal'vbfrstasugnOmla« toimdtocrzi(atubqdripresebmilvnsofetudplaglapclurmdtstlauaciale idea, non poteva appartenere che alla Compagnia di Gesù, e vestire sino alla morte i panni del gesuita. Nato nel 1601 in Belmonte, a poche lege da Calatayud, Gracian entrò novizio nella Compagnia di Gesù - a. diciotto anni, e a trentaquattro i lece solenne professione dei quattro 'Voti"religiosi. Dopo due anni (1637), pubblicò El Héroe, ispirandosi sopra tutto alla lettura di Omero, di Seneca, di Aristotele e di Castiglione, e assumendo come tiipo d'eroe la figura di Filippo IV. Ma la personalità e il pensiero nuovo del Gracian non si rivelarono nè in questa nè nelle opere posteriori — El politico Fernando (1640), El discreto (1646); — rifulsero invece pienamente, cou caratteri autonomi, nel libro di teoria estetica Arte de Ingenio (1642), ristampato uel 1648 cou il titolo di 'Agudeza y Arte de Ingenio, nella raccolta di massime di El Oràculo pvsftrqdtvscgnmcdGciIb, rmanual y arte de prudencta (1647), ne sopra tutto nelle tre parti del «e* vconto filosofico El Crittcón (1651-53- s"il , _ . IcEsteticamente, il Gracian, posto tra culteranesimo e concettismo, cioe,Lfra il preziosismo erudito e metaforico del Gòngora e le sottili stravaganze concettose del Quevedo, nella Acutezza e Arte, di ingegno e in varie parti del Criticali, pare propenda, nonostante il suo naturale buon gusto e l'armonia della sua prosa, sopra tutto verso il concettismo. Di ciò è palese conferma la regola 253 dell' Oracolo: Xoii chiarire troppo il proprio concetto. « 1 più non stimano ciò che comprendono, e ciò che non intendono venerano. Le cose, perchè siano apprezzate, debbono costare. Sarà glorificato chi non sarà compreso. Sempre bisogna mostrarsi più saggio e prudente, di ciò che richieda colui col quale si tratta nell'esprimere i propri concetti, ma con accortezza piuttosto che con eccesso ; e sebbene con gl'intelligenti valga molto il senno in tutto, con i più è necessario elevarsi ». In questa regola, per cui l'astrazione viene valorizzata come mèta, d'arte, può notarsi per lo meno il profumo d'uno dei più noti Conceptos espirituales (1600) di Alfonso de Ledesma, iniziatore e capintesta dei « conceptistas.». Tuttavia, con .Gracian, e con la 6ua 'Acutezza e Arte di ingegno, s'ebbe un progresso sulla Rettorica aristotelica. Il Marone giustamente confuta l'idea del Croce (Problemi diestetica e contributi alla stona dell'estetica italiana), per cui la teoria estetica del Gracian i rimase sostanzialmente quella che era stata nei secoli precedenti », <t rimase cioè fondata su la dottrina dei retori dell'antichità, e specialmente sulla Rettorica aristotelica ». Tuttavia il Gracian, pur impregnato di aristotelismo, attribuì allo stile e all'arte un valore di elevazione morale, e diede, per primo come vuole il Borinski, una determinazione estetica del « gusto », autonoma e modernissima. Ma il gesuita Gracian non poteva essere un teorico assoluto di una estetica pura, pur superando quanto ancora ai suoi tempi esisteva di trascendenza nel pensiero spagnolo. Egli teriveva con l'anima, come in proposito si espresse Menendez y Pelavo; ma il suo pensiero non poteva abdicare alla pratica per l'estetica, alla jnoralità per l'arte; scrittore senten- irgsrtmru«p«bn«sdrsc ia %,'«trono defia ragione», untesi di vero e di certo, di vichiana memoria.. La sindèresi «consiste in una connaturale propensione verso tujto ci0 cne e piu conforme a ragione, accoppiato sempre con quanto ve di zioso e precettista, osservatore minuto e realistico, come lo sono la maggior parte dei pensatori spagnoli. Per lui lo stile è « coscienza », fatto morale, espressione eroica dello spirito. E, più ancora, siffatto stile 6erve per la conquista della virtù : salvazione umana. In questa luce, si agita e non vive l'uomo perfetto del Gracian. Non vive, diciamo, perche codesto a hombre » è già al di là della vita, nella fredda sfera degli schemi. Le parole stesse, con cui il Gracian lo delimita attraverso l'asciutta rigidezza delle sue trecento regole, non sono che spogliati schemi. Nulla in lui vive chu non sia n sindèresi » : la dea ragione. Ogni altra legge umana, o sentimento, o istinto, è abolita. Persino la saviezza, e fors'anche la santità, è « il ragionar diritto ». Uomo perfetto, ma spettrale. Attorno a lui, tutto si fa deserto, cima impassibile. La sua prudenza, o arte di vivere, pur di giungere alla vittoria, assomiglia talvolta alla ipocrisia, o per lo meno alla dissimulazione. Lo leggiamo in due sentenze (179-181): Il /renard è suggello di abilità e Senta mentire, non dire tutte le verità. «Le cose che si debbono fare non si debbono dife ; e quelle che si debbono dire, non si debbono fare ». <t Non c'è cosa che richieda più accortezza della verità, perchè è un cavarsi sangue dal cuore». E' un uomo quindi che, per sete di perfezione o di salvezza, non bada ai mezzi, e nemmeno ai sentimenti. Agli altri uomini non crede; il destino non esiste al di fuori della volontà umana; e per crearselo è necessario osservare aspro; concepire sottile, dedurre rigoroso. La sua perfezione consiste in una primitiva naturalezza o nuda e schietta come la divina barbarie». Così, liberatosi dagli uomini, dalla pietà, dall'amicizia, dall'amore, dalla paternità, e da qualsiasi altra legge umana, quest'uomo perfetto s'isola in se stesso, splendido ma atroce, per una virtù che non sappiamo ove conduca. Il suo sistema etico, tanto lucido quanto superbamente solitario, non conosce altro dio che la taumaturgica usindèresi»: questa specia di toccasana d'ogni terrena volgarità. Ma che cosa 6 codesta «sindèresi» per il Gracian? Non è più, certo, la a sindèresi » della Scolastica : la conoscenza di Dio come bene; è un po' «freno della fantasia» e più ancora, come leggiamo nella lego l'itobivavenepacioSeseGnasicle qudiquninebitigegiriè stcofìadiporedrUnitetoriplqulee Mpoinfinnal'Atrqucispdinedepiù certo ». Su questa via, la saviezza, come la virtù, è nell'uomo perfetto un puro schema ideale. Diventa apparenza, forma, proprio come il Gracian sentenzia per le cose. «Le cose non sono ritenute per quelle che sonò, ma per quello che appaiono». La liberazione dell'umano verso il misticismo, attraverso il perenne battagliare della volontà e, per il Gracian, della coscienza, allo scopo di una vittoria che consiste nello sfuggire il dolore generato dalla sovrapposta civiltà e nel ripristinare in noi uno stato elementare di natura, conduce a una concezione tetramente pessimistica della vita. In fatti, il misticismo di Gracian è tetro, senza luce, soffocante, di una rigidità sistematica e inerte, come un paesaggio lunare. Il suo Dio è un'astrazione, impassibile e inumana, tanto alta che per , raggiungerla è necessario anzi tutto negare noi stessi e con noi £tessi la vita, ]a morte! tutto che cosa st6( Rifatti, nella nostra esistenza Iche non sia degna di disprezzo? La ioia, (Ci mo iu ^0Tui che ÌQÌe, ,La cortesia? Essa a è una specie di a e ia n , , l a i ; a - cuinganno». La passione? a Mai opera re con passione, perchè tutto si sba glierà». La vita? «A venti anni si sarà pavone, a trenta leone, a quaranta, cammello, a cinquanta serpente, a sessanta cane, a settanta scimmia, e a ottanta niente». 'La sincerità? «La schiettezza è veramente una sciocchezza ». Modo di vivere ? « Grande sottigliezza del vivere sapere vendere l'aria». Gli uomini? «Sono sciocchi tutti coloro che sembrano tali e la metà di quelli che non lo sembrano». La sciocchezza? «Nacque col mondo la sciocchezza e, se c'è qualche poco di saggezza, essa stoltezza in confronto di quella del cielo». E ancora gli uomini. «Si ritenga colui che sempre ' ride uno sciocco, e colui che non ride mai un falso. Si stia in guardia contro colui che sempre interroga, come contro un uomo leggero o criticante. Si aspetti poco di buono da chi ha qualche difetto fisico, perchè sogliono vendicarsi della natura codesti : e poiché quella li onorò poco, essi poco la onorano ». Si cammina così sulla strada della disperazione. Più che del regno dei cieli, l'uomo perfetto del Gracian parla dei regni della terra, degli uomini, della società, e, infine, di una potenza tutta terrestre. Eppure, chiuso nella sua armatura dialettica, la sua impassibile saviezza finisce per isolarlo, vagante morto fra una fol la di vivi. In lui vivrà una maestà biblica ma atrocemente solitaria. E' l'Unico, ma maledetto come l'ebreo errante. E la sua macerante ascesa verso la santità — « In una parola, santo. Che è dire tutto in una volta. E' la virtù catena di tutte le perfezioni, centro della felicità. Rende l'uomo prudente, vigile, sagace, sennato, saggio, valoroso, sereno, integro, felice, plausibile, verace, e universale eroe» — non può considerarsi che come un'adorante superstizione, un cieco trasumanamento. Opera, questa del gesuita Gracian, d'infinita potenza; ma, più che le chiarezze del cielo, essa spalanca i neri abissi della follia. La sua lucidità dà le vertigini; la sua aria rarefatta l'annichilamento d'ogni nostro umano operare. Come un imma nugtosudofaglinmseauainmridpceuvosfrcosesepcoblescsecdsipsacoginmptegditGpdBl'gcsssscdfrLsrlramftCsdletslvcasnNgpmtfrgrttlvtne feticcio, s'alza dalle sue pagine a 'imperiosa figura dell'uomo perfetto, Superuomo spagnolesco, arido abitante di un mondo, dal quale invano il trono della ragione s'innalza verso le stelle. Egli è solo, senza carne, senza anima, senza istinti, spolpato, dissanguato, macerato dal cilicio di codesta fredda, stoica ascesa. Se nei lo fissiamo, vediamo in lui il selvaggio adoratore del fuoco. E, simile all'uomo, è lo stile del Gracian. Solenne, ieratico, senza ornamenti, senza flessuosità, senza musica. Stile da salmo e da codice. Stie talvolta ermetico, da Sibilla: di quell'ermetismo, a cui il Gracian diede un valore magico, illuminante, quasi teosofico, chiamandolo <r arcanità ». «Quest'opera — scrive Marone — è tutta composta in un terribile spagnolo asciutto rigido e sintetico che allega i denti e consuma l'ingegno». Tradurla, dando il senso giusto del testo, era fatica immane; ricrearla, come ha fatto il Marone, è opera di lunghi anni d'amore o di studio critico più che filologico. Unico appunto, l'insufficiente bibliografìa; o per lo meno la dimenticanza di alcuni studi sul Gracian assai importanti, come quelli di Liùàn Heredia: fì. Gracian, 1G01-1658 ("Madrid, 1902), di J. Lopez Landa: Gracian y tu biògrafo Costcr (Calatayud, 1922), di F. Maldonado: B. G. come pesimista y politicò (Salamanca, 1916), e quelli ancora di F. Rabola y Tremols. di M. Pareja y Navarro, di E. Ovejero y Maury. nulla, o ben poco, tolgono alle quali fra dello studioso. Rileggendolo ora in lingua nostra, e sentendone tutta la maestosità, triste d'una tristezza sperduta, non ci meravigliamo dell'influenza che l'Oracolo manuale ebbe nei secoli. L'ombra sua, tetra e gelata, scese sulle « Maxime» » di La Rochefoucauld e su «Le» C'arar ter est di La Bruyère. Voltaire, pur credendo il Gracian un ironista, ne 6entì la grandezza. E così Goethe. Schopenhauer, infine, nutrì il suo disperato pessimismo con la disperata saviezza del gesuita aragonese. GIUSEPPE RAVEGNANI.

Luoghi citati: El Càntico, El Oràculo Pvsftrqdtvscgnmcdgciib, Madrid, Salamanca, San Juan, Spagna