Corse alla "francese,,

Corse alla "francese,, IN ATTESA DEL « TOUR » Corse alla "francese,, nostri corridori, riuniti in una ('tquadra di otto, vanno dunque a tenare la grande avventura nel Giro di rancia. Vanno ad affrontare avversa fortissimi, conoscitori del percorso, vvezzi ad esplicare una tattica di cora alla quale i nostri non sono abiuati. L'organizzatore del «Tour » a messo fuori della porta i costrutri e i loro rappresentanti, sostitueno alle squadre delle varie marche le quadre nazionali; ma queBto mutamento, siamo certi, non significherà ffatto che cambi il modo veloce e ombattuto col quale assi e gregari anno l'abitudine di gareggiare. Il reolamento della corsa consente il co detto • spirito di squadra » che permette — a dirlo in linguaggio correne — il sacrificio dei gregari a vanaggio del leader-, ciò fa prevedere elle tappe vivacissime, in cui i cordori minori si prodigheranno per mantellare le resistenze della squara e del leader per essi più minacosi. Nessun dubbio che la squadra aliana, che ha Binda in prima Ala, arà il bersaglio di questa offensiva, n cui si troveranno alleati gli otto rancesi con gli otto belgi. Allora averrà il cozzo delle due scuole alle uali ultimamente accennavo; allora edremo se il ciclismo italiano ha sauto dare un successore al compianto ottecchia, che, come si ricorderà, oposto in condizioni d'inferiorità ai coossi del ciclismo franco-belga, dopo oche battute seppe tener con essi un nguaggio da maestro. 34 all'ora come niente Tutti i corridori italiani che hanno assato il confine sono concordi nel «conoscere ai francesi e ad belgi le ualità sulle quali ci siamo sofferma. Si direbbe — mi confidava, un gioro GIrardengo — che ad essi importi oco il risultato finale della corsa, pur he sulla strada si vada il pili veloemente possibile, a furia di scatti e i volate come in una corsa traguardi u pista. Un corridore della vecchia uardia, Eberardo Pavesi, che di core francesi se n'intende, ancora quaantott'ore fa versava nel mio seno e impressioni1 di quelle «tirate di colo ». Insomma, o corse d'anteguerra on" atleti dei quali appena si ricor-r ano i homi, o corse della primavera ecente ò dell'ultimo « Tour a con atftrl gli uomini che la mattina del luglio partiranno per la prima tapa a Caen, la musica è sempre quela. E se per caso il tono tende ad bbassarsi — come è avvenuto nel reente campionato francese sulla pista i Monthléry — i giornali specialisti on hanno riguardo per nessuno e cricano acerbamente i corridori, chieendo subito modifiche al percorso o l regolamento. Le corse si ripetono e si rinnovao sul genero di quella Piarigi-Rouaix.d'anteguerra, auando.yltìi, vinceri Faber — » il gigante di' Colombes* — come lo chiamavano 1 giornali. Alega arrivarono sei'o -sette^nel gruppo i testa, e ricordo che appena scesi alle biciclette, i corridori caddero a erra esausti. Dovemmo sorreggerli per e ascelle, accompagnandoli alle auomobili delle loro case. Era stata, da Beauva.is (Km. 70 dalla partenza) fino lle porte di -Koubaix, dove una fo atura aveva appiedato il risorto Pas érieu, nient' altro che una colossale orsa a traguardi, una specie di Cri erium degli assi con classifica a puni... Dopo una volata un'altra, poi una erza, seguita da una quarta, fino a he di dietro si sentiva il respiro del- Éyyersario farsi rauco e affannoso,» ouff 1 » disperato, e una schiena ; rialzava e un uomo si .dichiarava E' vero che a far raggiungere Vjnedia totale di 35 Km. orari .cenuri po' di vento in favore; ma giorno pareva che tutti i oorrifossero impazziti, tanto andavai senza risparmiarsi, prodigandosi in etterati tentativi di fuga che lasciano sempre qualche vittima sulla da. Gli sfortunati che bucavano be una volta sola (e fra essi ci furono Boa-garello e Micheletto) riòn riVidero più il gruppo di testa. Pieci anni dopo, in un tentativo in flrée d'una squadra italiana, si ri*ÌdB qualcosa di uguale, coronato dalla vittoria del belga Dejonghe a 4 all'ora. Nel 1925 1 due fratelli PéHssier partirono in volata alla parenza con lo scopo crudele e preciso di far scoppiare quanti più avversari potevano; fu ' una corsa da matti per duecento chilometri, e all'arrivo il vincitore Delbecque risultava aver marciato a 34 all'ora. Due anni fa il erzo di questa famiglia di atleti i— Charles Pèlissier — con la sua estrema combattività dava un tono superiore alla stessa Parigi-Roubaix. Lo Spirito del Làpize, dei Georget, del Petit Breton riviveva in questa triade. Ricordo il Giro della Lombardia del 919, iniziatosi in una gelida mattina di novembre, sotto la pioggia dirotta, quando il primo dei tre fratelli — che era anche il più conosciuto, ma non il più amato, dei corridori francési in Italia — parti come una freccia facendo schizzare fango da tutte le parti. Fu un panciaterra solo fino a Varese, ove si giunse a una media,di 40 all'ora; ma i corridori erano stati fiaccati da quell'inizio spettacoloso e alle prime rampe del Brlnzio la se ezione avvenne in modo Improvviso e definitivo sotto il primo attacco di Girardengo. dtadmllamdqarebatrdEgdmgsGvfqdditfgtptcBadppelpLtltcdqactpnFgcctcIl precedente di Brunero Avviene la stessa cosa nel Giro di Francia? La lunghezza della corsa, il bisogno di trovarsi in buone condì zioni ai piedi della salite del Pirenei, non inducono forse i corridori a risparmiarsi nelle tappe piane lungo il Pas de Calais e le coste dell'Atlantico? Possibile che la « furia francese » non si esaurisca, lasciando i corridori in cospetto dell'inanità delle loro pazze rincorse? Oppure sono le minacele del signor Desgrange (partenze sepa rate a cronometro, dimezzamento dei premi) che agiscono da stimolanti? Se non bastassero le raccolte dei giornali ch'è sempre possibile sfoglia- fce, una conversazione col collega Orlandini che, risiedendo iti Francia, ha seguito innumeri • corse di lassù, sarebbe sommamente • istruttiva; ma io non voglio soffiargli il tema d'un articolo interessante ch'egli certamente scriverà. Ma l'opinione dei competenti è comunque assai conosciuta nei nostri ambienti, ed è' — salvo sfuma- ture di dettagli — la stessa che an- diamo esponendo in questi scritti. In questi ultimissimi anni I tentativi di italiani al « TSur » non, hanno avuto grande importanza ftU'lnfuorl di quella di Pancera l'anno scorso; ma si deve convenire che la personalità del campione di Verona non. era la più adatta per darci un esatto termine di paragone fra le due scuole e i due sistemi di corsa:, queìjp francese e quello italiano. Per fajBne un'idea abbastanza vicina alla realtà bisognerebbe riandare al tentativo di -Brunero e della sua squadra sei ftnrii fa. Ebbene, non-per fare dispiacere al mio amico GlOanin da Ciriè; ma unicamente per stabilire un confronto necessario per questo discorso, dobbiamo dire che la prova non fu tanto felice. E non soltanto perchè quell'anno il grande Bottecchia tutti sovrastasse dalle spalle in su. Brunirò era almeno da tre anni il nostro miglior grlmpeur. Dal giorno ih cui aveva staccato Girardengo sulle salito del Giro dell'Emilia, non aveva più rivali fra noi. Possedeva un fisico perfetto, che pareva creato apposta per questo genere di corse. Era l'uomo delle corse a tappe, regolare, tenace, di immediato recupero, Gii sembrava impossibile che Bottecchia, da lui battuto come voleva nelle nostre corse, fosse ritenuto all'estero il migliore degli italiani. I suoi amici lo spinsero a tentare. , , . . Brunero arrivò a Baiona, cioè ai piedi delle salite con un distacco di tre minuti dal leader, che era Bottecchia. Domani — pensammo tutti Brunero farà vedere quale magnifico arrampicatore egli è. I famosi rolli dei Pirenei parevano messi apposta per lui sul percorso per offrirgli la propizia occasione d'una affermazione eccezionale. Quale delusione! Sull'Aubisque a sul Tourmalet egli fu ap coanantecoramquciti mhchsedFdaBganmofidpdchlasoLg. spena un attore di secondo rango; ai Luchon arrivò dieci mmuu ftopo hot-: itecchia II «Tour» era perduto per lui! D'accordo: aveva sbagliato moltiplica all'attacco dei colli e s'era fiaccato le gambe spingendo un rapporto di 4 metri e venti dove ci voleva quello di 3 e sessanta. Quando se ne accorse, mise i: pignone più grande che aveva sulla ruota, ma era troppo tardi ancorché riguadagnasse due posti' di U all'arrivo. Cosi Brunero naeò la sua inesperienza del Giro di Francia. Come Bottecchia l'aveva pagata l'anno prima. Binda e i Pirenei Perchè ho ricordato Brunero? Perchè il tentativo della squadra italiana che comincierà fra, otto giorni presenta nel suo esponente maggiore parecchi punti "di somiglianza con quello del '24. Come Brunero, anzi più Tadicalmente di Brunero, Binda è considerato — ed effettivamente lo è — il miglior arrampicatore italiano. Egli è In tirtto Più COjapleto di Brunero, e — nonostante le., sue due ultime corse alquanto modeste — dobbiamo ritenerlo sulla linea ".dei. più reputati cracks europei. Se la linea della corsa di Adenau non fosse stata sovvertita dai ricordati insuccessi di Budapest e di Zurigo, si potrebbe anche dire che egli appare il più quotato alla vittoria del « Tour », ma non sappiamo se Fontan e Demuyser - che ad Adenau non c'erano — siano inferiori ai Ven Hevel, Souchard e compagni letteralmente lasciati surplae.e dai nostri rappresentanti quel giorno. Parecchi indizi, al contrario, ci lasciano credere che questi due siano d'una classe sensibilmente migliore dei succitati. E ne cito soltanto due, pel momento, sebbene l'esperienza. insegni che nelle tappe dei Pirenei avvengano le rivelazioni più sorprendenti alla barba dei pronostici più elucubrati. Chi ci pensava, l'anno scorso, al regionale Fontan? Eppure il corridore non più giovane che l'anno prima s'era acconciato a fare nel.CWro d'Italia il domestico a Binda, diede quel giorno una solenne lezione, di. ciclismo a tutti gli Assi famosi, mostrandogli come si scalano i Pirenei per salite quasi diritte in. piedi. 11 Giro -di Francia si svolge in condizioni e su percorsi talmente diversi da quelli delle nostre corse, che è doveroso prepararsi ad ogni sorta di soijr prese. Se noi mettessimo ai piedi di qualche talassica «alita italiana — le Coste di S. Eusebio, i Cimini, il Trebbio, il Ghisallo o che so io — l'Alfredo e 1 migliori grimpeurs francoJbelgi, anch'io sarei fra' quelli disposti a scommetterci la camicia che il nostro se ne sbarazzerebbe alla maniera del Nurburg Ring, ma le saline sulle quali da cinque anni Binda fa il Maramaldo non nonno niente di uguale con quelle '.djSJJe due tappe pireneiche su cui si vince, o si perde, il Giro di Francia..E non sono somiglianti, neppure, l'animo e il temperamento degli 'avversari ohe egli vi dovrà incontrare con quelli dei rassegnati che gli facevano scorta, nelle corse italiane. Tanto più'quest'anno, se le cose andranno come si spera, che non ci saranno ordini di padroni industriali a mettere il freno a qualche simpatico rompicollo in vena di affermazioni personali, la formula delle squadre nazionali escogitata dal signor'Desgrange sembrando la più indovinata per sbarazzare la corsa da tutte le influenze estranee che più o meno pulitamente 6i frapponevano alla vittoria finale dell'atleta migliore e più degno, qualunque marca montasse, di qualunque paese egli fosse. dpdqnthnrtmsgcncgddtnMlnlici l VITTORIO V^BALB. vrMpctnsprd