Il Museo d'Arte francesein un magnifico parco romano

Il Museo d'Arte francesein un magnifico parco romano Il Museo d'Arte francesein un magnifico parco romano ROMA, giugno. Col prossimo Autunno Roma avrà un nuovo museo: quello di arte francese che lo scultore Denys Puech — direttore dell'Accademia di Villa Medici — sta costituendo e organizzando in uno dei locali della sua magnifica residenza accademica sul Monte Pinolo. Denys Puech — artista nobilissimo e di alto valore — è stato uno dei più singolari e dei più fattivi direttori di Villa Medici. Silenziosamente, senza ricercare e senza richiedere inutili richiami intorno ni suo nome e all'opera sua, egli, negli otto anni della sua amministrazione, ha ottenuto risultati quali nessuno dei suoi predecessori, a traverso molto più rumore e inolio più scintillio di quello che si chiama vita, mondana, era.no riusciti nemmeno a immaginare. Nominato Direttore, subito dopo la grande guerra, aveva trovato la vecchia istituzione franco-romana in un deplorevole stato di decadenza amministrativa e disciplinare. Scarsi i capitali assicurati per il regolare funzionamento di essa; insufficienti oramai le pensioni dei giovani artisti, rovinosi e quasi inabitabili i vari studi sparsi nel parco; rilassata la disciplina dei pensionati; sconvolto l'ordine primitivo con l'ammissione di studentesse e con l'accettazione di studenti ammogliati; un insieme di cose che avevano condotto l'Accademia a un grado di grande decadenza, decadenza aumentala dalle continue campagnp denigratorie della critica parigina e dallo spirito anttscolast.ico e ribelle delle nuovissime generazioni di artisti. I quali artisti volevano si usufruire dei vantaggi che quel premio offriva, ma avrebbero voluto che l'istituzione fosse stata trasportata a Parigi, perchè la maggior parte di essi, fra I roseti sempre in flore e i la-uri fragranti del bel parco mediceo, rimpiangevano le boltes à musique di Montmartre e i cenacoli d'ec cezione nei caffeucci di Montparnasse d Un dono magnifico Di fronte a questo stato di cose, De nys Puech non si scoraggiò e con la sua tranquilla tenacia alterniate si mise silenziosamente al lavoro per ricostruire quello che minacciava rovina. Il suo primo passo — che fu la sua prima vittoria — consistette nelT ottenere dal Governo francese il riconoscimento giuridico dell'Accademia. Divenuta ente morale e acquistata cosi una autonomia amministrativa che lasciava ai suoi dirigenti una più larga libertà d'azione, il Puech cercò subito di rinforzare le finanze dell'Istituto e di ottenere da privati quello che il Governo non poteva e forse anche non voleva dare. Il primo risultato di questa sua iniziativa fu veramente meraviglioso. Accanto a qualche mecenate che largì somme più o meno importanti, si ebbe un lascito di una importanza capitale: quello della Villa Strohfern. Lo Strohfem era un vecchio signore alsaziano che possedeva un vastissimo parco alle porte di Roma, chiuso fra la Villa Borghese e la Valle Giulia. In questo parco egli aveva co struito — sparsi fra gli alberi e 1 prati — una quantità di padiglioni, di palazzine, di edifici -solati, adibiti a studii d'artisti e che egli affittava agli scultori e ai pittori, che trovavano 1n quel luogo di pace, un'abitazione idea le per il loro lavoro e per il loro riposo. Amicissimo di Denys Puech, lo Strohfern, alla sua morte — che av venne, se non mi sbaglio, nel 1920 — lasciò il suo parco romano all'Accade mia di Villa Medici. Era un dono ma gniflco, sia dal punto dt vista morale che da quello finanziario e tale da permettere al Direttore dell'Accademia di intraprendere subito quel lavori che di anno in- anno divenivano più ur genti. Inoltre la costituzione dt Villa Medici in ente morale, produsse un altro benefico effetto. Era, proprietà dell'Accademia, una vasta zona di terreno che dalle pendici del cosi detto « Bosco » — la bella collinetta, selvosa, che Gabriele d'Annunzio ha cantato in elegie immortali — andava digradando a morire fino alla Porta Pinciana. Questo terreno, che costeggiava uno dei più eleganti quartieri di Roma — quello della Villa Ludovisl — era stato subito adocchiato da una quantità di speculatori che lo volevano acquistare per costruirvi case, alberghi, e perfino un teatro. A parte le considerazioni estetiche, vi erano le difficoltà finanziarie da superare. Perchè fino a quando la Villa dipendeva dall'amministrazione del Sottosegretariato per le Belle Arti, non poteva sfruttare a suo vantaggio quei terreni. I quali dovevano bensì essere venduti, ma per quelle disposizioni burocratiche dell'amministrazione statale che sono 11 vanto delle razze latine, il ricavato di quella vendita sarebbe stato incassato dal Ministero delle Finanze, il quale lo incamerava nel bilancio generale della Repubblica. Il che era come una goccia d'acqua dolce, perduta nell'amarezza dell'oceano. Vi fu un momento in cui pareva che la vendita fosse oramai decisa e già gli architetti prendevano le misure per le nuove strade, chiedevano l'autorizzazione di aprire nuove fornici nelle mura di Belisario; disegnavano i piani del futuro grande teatro che doveva avere due facciate, una sulla Trinità dei Monti e l'altra sui quartieri di Villa Ludovtsl, quando provvidenzialmente il Governo francese riconobbe l'Accademia di Francia, Istituto di pubblica utilità, con personalità giuridica propria e possibilità di amministrarsi per conto proprio. Immediatamente le speranze degli speculatori furono deluse: non solo 1 terreni non sarebbero più stati adibiti a nuovi quartieri, ma la Villa Medie non aveva nessuna intenzione di dts farsene e si disponeva ad usufruirne — molto giudiziosamente, come vedremo — per conto proprio. I pensionati e le mogli Ho accennato più su, a uno degli inconvenienti gravi dell'organismo amministrativo di questi ultimi anni: l'accettazione di pensionati che aves sero moglie. Questa innovazione — che è dell'ultimo ventennio — produ ceva una grave perturbazione discipli nare; perchè, o si chiudeva un occhio su quelle famigliuole che si stabilivano più o meno segretamente nella villa — e si andava contro il regolamento che non prevedeva un simile abuso—o s'impediva quella dimora familiare e allora si costringeva 1 pensionali a vivere fuori della villa, dove si recavano unicamente per usufruire itegli studi, e questo agravava il loro oilancio che le nuove esigenze della vita avevano reso abbastanza esiguo. Senza contare che — anche in questo caso — si andava contro il regola- mento, secondo il quale la permanenza nell'cdiftcio accademico era una delle regole fondamentali. Per ovviare a questi inconvenienti, il direttore puech ha pensato di far costruire tutta una serie di padiglioni, con piccoli appartamenti di tre o quattro stanze, forniti di tutte le comodità moderne, per quei pensionati che avessero moglie. E' un provvedimento gentile e — diciamolo pure — profondamente paterno. Un provvedimento che risolverà di un colpo due problemi della cui urgenza non è chi non vegga: riconduce i pensionati all'osservanza del regolamento tradizionale e ne facilita la vita alleggerendo il loro bilancio di una spesa — oggi, a Roma, veramente ingentissima — che con la borsa di studio usuale non avrebbero potuto sostenere. Ma accanto a queste innovazioni d'ordine amministrativo, un'altra ne sta organizzando il Puech che doterà Roma di un nuovo e mirabile museo di arte francese. Egli intende infatti raccogliere in appositi locali tutta una erie di lavori di quanti artisti studiarono e produssero opere d'arte fra le pareti dell'Accademia. I/origine di questa istituzione è abbastanza nota: fu l'I) febbraio del 1666 che il gran ministro Colbert firmò i primi statuti che istituivano a Roma una sezione delVAcadémie* Rogale de Beaux lirts. E mandò il pittore Evrard, che a Roma aveva dimorato a lungo e che di Roma conosceva tutte le meraviglie. Da allora, fino ai nostri giorni, l'istituzione non ha subito interruzioni — che vera e propria interruzione non si può chiamare la breve sosta rivoluzionaria quando, nella sua seduta del 22 novembre 1~92, la Convenzione approvò un decreto di tre articoli col quale aboliva il posto di Direttore dell'Acca demia a Roma; incaricava il Consiglio esecutivo di riorganizzare l'istituto « pour l'établir sur les principe* de linerie et d'égn.lité qui dirigent la Re publlque Francaise » e — finalmente — sospendeva fino a nuovo ordine la no mina di nuovi pensionati. Il relatore— era il convenzionale G. Romme — si vantava con questo decreto dt rea lizzare un'economia annua di cinquan (amila lire! Una mostra di 20 anni fa Ma — come ho detto — fu una tempesta passeggera ; 1' Accademia rinacque dalle sue ceneri, e poi venne Napoleone che trasportandola nel magni fico palazzo mediceo del Pincio e dan dole nuovi statuti, fa richiamava ad una vita che doveva essere altrettanto gloriosa quanto quella ttascorsa. Perchè di questa Accademia si è sempre detto male, e molti che hanno polemizzato su di essa, non si sono nè meno presi la pena di scorrere i nomi degli artisti che dal Monnier — la cui no mina risaie al 1665, un anno prima, cioè, della sua organizzazione a Roma fino a quelli dell'ultima promozione hanno onorato la storia dell'arte tran cese. Fu un poco questo pensiero che mi suggerì nel 1904 l'organizzazione di quella Mostra dei pensionati che tanto plauso raccolse nel grande pubblico romano. Un po' indignato che l'anno prima, nel centenario della sua rico stituzione napoleonica, si fossero fatti mo.'ti discorsi, si fossero tentiti tnolti banchetti e si fosse parlato un po' di tutto meno di arte e di artisti, io proposi al conte di San Martino •- allora assessore per le Belle Arti -- l'organizzazione di una Mostra che accogliesse le opere dei più grandi artisti francesi che a Roma avessero trascorso i quattro anni regolamentari del pensionato. Il conte di San Martino — con quella prontezza che era tutta sua e quella tenacia che gli derivava dall'origine piemontese — accettò subito la proposta e mi dette carta bianca, adoperandosi intanto — con la sua larga influenza personale, presso 11 Governo francese — perchè mi facilitasse il compito. Debbo dire che il Ministro delle Belle Arti di Francia — era, se non ricordo male, il Leygues — si mostrò libéralissimo, spogliando i musei e le gallerie francesi e inviando due intieri vagoni di statue e di quadri. Così che d'ogni artista potei esporre tre opere: quella con la quale aveva vinto li premio; una eseguita durante il suo soggiorno romano, e finalmente una terza — che direi della sua ultima maniera — fatta dopo il ritorno In Francia. Il successo di questa Mostra Tu grandissimo; tanto grande che il Municipio di Roma chiese ed ottenne dal Governo francese, che la Mostra potesse essere prolungata di un anno. E l'affluenza del pubblico fu sempre molto grande, non ostante che allora le cose d'arte non avessero pur anco acquistato l'interesse odierno. E si capisce. Nei saloni del palazzo di via Nazionale si videro quadri di Monnier, di Giacinto Rigaud, del tre Van Loo. del Boucher. del Fragonard, del Natoire, del Soubleyras, del Drouais, del Ménageot, del Suvée, del David, dell'lngres, dell'Hébert', del Lepneuveu, del Baudry, dell'Henner, del R'egnault, del Besnar, .del Chartraln — e sculture del Lemoyne, del Francln, del Cochin, del Monot, del Lesueur, dell'Houdon, del Marin, del Rude, del Carpeaux, del Falguière, del Puech del Landowslcy — e cito soltanto 1 più illustri ed i più noti al pubblico dei musei e delle gallerie. prstfmqtmtotgtlsunzfdn1mr—rmNmllapcUscscmgcl1zdrsufsstsdilaspnvcs Raccolta preziosa Ora quello che fu fatto temporaneamente ventisei anni fa, il Puech vuol fare in m'odo stabile. Nei vasti locali terreni che si aprono sotto il bosco della villa, egli sta creando un museo di arte francese dove tutti quegli artisti ed altri che io ho omesso, saran no degnamente rappresentati. Inoltre si potranno vedere, finalmente da tutti, i ritratti dei vari pensionati, al cunt dei quali sono squisite opere d'arte. Perchè è consuetudine — oramai secolare — che il pittore d'ogni promozione eseguisca un ritratto dei suoi compagni di corso — scultori e musicisti - ritratto il quale rimane all'Accademia. E' — come si vede — una raccolta preziosa, sia per gli artisti che hanno concorso a farla, sia per le indicazioni iconografiche; una raccolta che nè mono la_ Franchi pos siede nei suoi musei e che stabilirà in Roma un centro importantissimo per lo studio della storia e della cronaca dell'arte. Il che è nell'ordine naturale delle cose perchè Roma — a traverso tutti i secoli e tutte le vicende della storia — è pur sempre destinata a rimanere quello eh fu e che sarà sempre l'« alma mater >■ di tutto quanto spazia in una più nobile e più alta sfera del pensiero umano. DIEGO ANGELI