L'appassionante dramma della camorra

L'appassionante dramma della camorra L'appassionante dramma della camorra Verso la revisione del processo Cuocolo ? - Le disperate voci di protesta dai reclusori d'Italia contro l'accusatore - Protagonisti della fosca vicenda che tornano alla ribalta - La cavalleria di Erricone nel racconto dell'oste dì Mimi a mare Roma, 1S notte. Mentre la domanda di grazia inolrata dai condannati del processo Cuocolo, per sollecito interessamento del Guardasigilli on. Rocco, è stata sottoposta all'istruttoria prescritta dai regolamenti, taluno si è domandato se non sarebbe stato più opportuno chiedere senz'altro, in base ai nuovi elementi acquisiti, la revisione del processo. Si sa che questo è stato il costante desiderio espresso dai condannati nelle oro lettere ai difensori e specialmente all'avv. Hocco Salomone. Un precedente di domanda di revisipna Ora è evidente che la domanda di grazia non esclude affatto il diritto di chiedere anche, in un secondo tempo, la revisione, quantunque i tentativi precedenti possano consigliare i difensori ad andar cauti su questa via. E noto infatti che, ' con ricorso del settembre '22, i difensori dei condannati di Viterbo, vista preclusa la via per un'azione penale contro i falsi testimoni nei riguardi dei quali era sopraggiunta una declaratoria di amnistia, formularono istanze per la revisione del processo, chiedendo che (a Corte, prima di provvedere sull'istanza di revisione, disponesse le indagini opportune per completare il materiale probatorio già acquisito nel processo di falsa testimonianza e in altri precedenti. Dalla requisitoria del Procuratore del Re e dalla semenza di rinvio a giudizio, redatta dal giudice istruttore de! Tribunale di Viterbo, risultava in modo non dubbio la colpevolezza dei testimoni querelati per falso. Per alcuno vi era infatti la confessione giudiziale, per altri, e precisamente per l'incisore Arsenio, quella del famoso trucco dell'anello, la confessione extra-giudiziale, e per gli altri ]a prova documentale o la quasi confessione e il cumulo schiacciante di prove. A sostegno della domanda di revisione erano stati esposti altri elementi di convincimento, in contrasto evidente con la sentenza di condanna. E' sorta posteriormente a questa, fra l'altro, l'assoluzione dell'imputato Rapi dall'accusa di ricettazione, il che veniva in gran parte a lar cadere la causale dell'assassinio Cuocolo, cosi come era stata consacrata nel verdetto di Viterbo. E' interessante rilevare al riguardo che nenia sentenza della Corte di Appello di Napoli in data 26 gennaio 1913, che assolveva appunto il Rapi dall'accusa di ricettazione, l'Abbatemaggio è definito come « il perfetto simulatore che seppe ingannare i giudici in tanti processi, immorale e bugiardo fin da giovanetto, al punto che. per evitare la responsabilità di un furto da lui commesso, permette che siano processati non solo la sua amante ma fin anche i suoi genitori ». Sènonchè, nonostante questi elemen ti e nonostante che con requisitoria del giugno 1923 il Procuratore Generale della Corte di Cassazione concludesse per l'ammissione della revisione, con sentenza del 14 dicembre 1923 la Corte, pronunziando in Camera di consiglio, dichiarava senz'altro inammissibile la istanza. Il « fatto nuovo » » Questp precedente, come dicevamo deve avere consigliato i difensori a fare appello direttamente alla grazia sovrana, onde non prolungare io stato di detenzione di coloro che essi ritengono vittime di cosi grave eri ore giudiziario, non rinunziando con questo ad inoltrare istanza di revisione, specie nella ipotesi che il ricorso di grazia fosse respinto. Si deve riconoscere che la situazione per una eventuale domanda di revisione, dal '23 ad oggi è notevolmente modificata, essendo intervenuto il fatto nuovo che meglio di qualsiasi altro potrebbe corroborare la domanda stessa. Il secondo capoverso dell'art. 538 del Codice di Procedura Penale prevede infatti, per la revisione, il caso: « se dopo la condanna sopraggiungono o si scoprono fatti nuovi, elementi di prova 1 quali, soli o uniti a quelli già esaminati nel procedimento, rendessesero evidente (die il fatto non sussiste, oppure che il condannato non l'ha commesso o non vi ha concorso", questo capoverso potrebbe evidentemente confarsi al caso in esame, assai più dell'articolo che contempla l'ipotesi di una falsa testimonianza, in quanto sui processi per una falsa testimonianza, per i quali è intervenuta la declaratoria di amnistia, non si può più tornare. Nè si potrebbe procedere per lo stesso reato contro Abbatemaggio, essendo l'azione penale nei suoi riguardi prescritta. Nell'attesa della domanda di grazia, lo stato d'animo degli imputati è documentato da alcune lettere dirette al loro difensore avv. Rocco Salomone. 11 Di Gennaro scriveva il 31 dicembre scorso dal reclusorio di Lecce la seguente lettera che oggi, dopo le rivelazioni dell'Abbatemagglo, non si può leggere senza commozione: Lettere d'oltre tomba... « Pregiatissimo avvocato. 23 anni d) pellegrinaggi ppr tutte le galere d'Italia, 23 anni di sofferenze e di dolori non hanno ancora spento in me ia speranza che forse un giorno mi sarà resa giustizia. Mi sono aggrappato a questa speranza con tutta la mia disperazione. Ho fatto il possibile per poter trovare uno spiraglio ove la giustizia potesse intravvedere il nostro martirio. In questi anni ho inviato due lunghissime e particolareggiate istanze di grazia. A una ho avuto risposta dalla Regia Procura di Viterbo, ma naturalmente essa non aveva nulla a che vedere con ciò che io avevo esposto. Della seconda attendo ancora l'esito. Oggi la sua lettera mi ha dato la gioia di non sapermi dimenticato, e sento il piacere di trovarmi ancora in forze e in biloria salute, per potermi domani sdebitare degnamente ». u Purtroppo vi sono magistrati clic sanno la nostra innocenza meglio di noi stessi. Non voglio imprecare ne maledire i responso hi li di tanta sventura, perche sono troppo contento 'in vpftimEtfmcqdqc questo momento, poiché sento tutta la bellezza di sapere che Ella mi sa innocente, che Ella ha lavorato indefessamente per tanti anni al Une di illuminare la giustizia e di rendere alla4 vita e agli affetti della famiglia tanti poveri tribolati. Ilo il presentimento che Idia abbia trovato la giusta via per arrivare a far conoscere tutte le infamie elio si sono comiaesse a danno di pochi e innocenti sventurati f ». Caratteristiche e interessanti sono pure le lettere di Giuseppe Rapi, che si trova nella casa penaie di Spoleto dove lavora come ebanista. Egli ha circa 75 anni e mantiene il suo buonumore, che del resto non perdette nemmeno durante il lungo dibattilo di Viterbo. In una prima lettera, sempre diretta all'avv. Salomone e che porta la data del lo marzo ultimo scorso, si legge fra l'altro: « Siate benedetto per la gioia che mi avete data dopo 22 anni di prigionia, lo sono sicuro di rivedervi per dirvi tante belle cose che vi faranno piucere. Vi prego di darmi qualche buona notizia. Pensate al vulcano scoppialo con quelle duo vostre verità, e avrete pietà del mio cervello. Figuratevi che leggendomi mi accorgo di non sapere più scrivere. Povero maestro elementare I Chissà che non venga il giorno in cui potrò comporre un poco me gliol Insomma: del turlupinatore ini mondo Gennaro Abbatemaggio che cosa ne dite? che cosa ne farete? « Io mossi due anni or sono querela contro questo falsario, indicando un testimonio al quale il ribaldo, per mostrare tutta la sua audacia, confessò in presenza di tutta una camerata di detenuti, come lo aveva confessato a lui. che tutta la sua deposizione era stata un geniale parto della sua fantasia, e si vantava di essere stato cosi abile, che dal primo all'ultimo gli avevano creduto. Però aggiungeva tcstualmcn te: «Mi dispiace solamente per quel povero Rapi, che veramente non ha niente a vedere in tutta quella sto ria di Mille e una notte ». Un vecchio tenace In un'altra lettera il Rapi scriveva: « Qui acclusa una mia domanda di grazia. L'inoltrai tempo la. Mi si rispose da Viterbo su un pezzo di carta: « Non vi sono motivi sufficienti ». Al-' lora ho creduto bene di aggiungere altri motivi. Certo la mia domanda non fu letta. Quel bravo impiegato, cui fu trasmessa la pratica, duta una occhiata alle prime righe e visto « processo Cuocolo » pensò bene a quel tale lavacro e rispose nel modo esauriente anzidetto. Sarà questa la povera logica di un povero maestro di scuola di Napoli: non si sa. Eaccia la carità di farmi sapere qualche cosa. Non è crudele di far morire in carcere un infelice che non sa neanche che cosa significhi il delitto Cuocolo? Però sono sicuro che ci rivedremo ». Un'altra lettera è recentissima, scritta quando il recluso sapeva della presentazione .della domanda di grazia: « Che cosa ne sarà dell'Abbatemaggio? lo mossi querela di calunnia contro costui. Afrermai con prove esaurienti le sue-falsità; bastava del resto dare uno sguardo ai fascicoli 22 e 23 per vedere a chiare note che non aveva detto una sola verità, come lo provai a S. E. Miraglia della Corte di Appello. Non una data esatta. 11 più infelice cretino non avrebbe scritto tante castronerie quante se ne leggevano in quella carta processuale. Poveri mocciosi di seconda classe elementare! Ebbene, nnif la querela dicendo a lettere cubitali: « Abbatemaggio ha confessato il suo reato » e citai dei testimoni, ai quali, per quella spavalderia che gli è propria, aveva raccontato la sua invenzione e tutto il resto. La querela fu accolta dal magistrato. lino dei testimoni, Giuseppe Villa Marra, qui detenuto, fu interrogato. Ma sono trascorsi più di due. anni e tutti dormono il sonno del giusto. Nessuno si commuove per un disgraziato condannato a 30 anni di reclusione, cioè a morte (perchè avevo 50 anni di età; senza conoscere una virgola del processo Cuocolo. Insomma, 8000 notti di insonnia e di agitazioni. E che ce ne importa.' dicono a Napoli! ». « La ritrattazione non è oompleta » Uno dei principali imputati del processo Cuocolo, Giuseppe Salvi, si trova internato nel manicomio criminale di Montelupo Fiorentino, iin dal 1923, affetto da una forma di paranoia. Una corrispondenza da Empoli al « Giornale d'Italia » riferisce che ieri, quando, oltrepassate le quadrate e tetre mura del manicomio, la notizia del colpo di scena che può preludere alla liberazione di tutti 1 superstiti condannati di Viterbo, è giunta Ano al Salvi, questi ha esclamato: « Finalmente 6i è deciso a dire la verità; la ritrattazione di Abbatemaggio non è però ancora completa ». Nuovamente interrogato, ha soggiunto: « Slamo Innocenti. Se il TJemarinis potesse parlare! Lui, sì, sapeva! Ostinato non volle mai dire nulla. ». Il Demarinis, come si ricorda, fu protagonista di primo piano del delitto Cuocolo e mori nel 1017 nel manicomio di Reggio Emilia, dopo una lunga permanenza all'Ambrogiana. 11 corrispondente del « Giornale d'Italia » ricorda che poco prima di spirare volle riaffermare la propria innocenza e disse: « Muoio innocente. Altri come me scontano una ingiusta pena, ma sono sicuro che, o prima o poi, la «verità finirà per trionfare ». tqisddnpr (( Erricone » e i gioielli della Fougez Napoli, 13 notte. Anche « Mimi a Mare », l'oste di Torre del Greco presso il quale ebbero a banchettare Alfano, Rapi e compagni nella serata tragica in cui \enne ucciso Cesare Cuocolo, ha avuto l'onore di una Intervista. Egli ha detto che l'Alfano e i suoi amici andavano spesso a pranzo nella sua trattoria e si comportavano da galantuomini. Dell'Alfano ricorda un episodio poco noto. Un giorno un vetturino ebbe a consegnargli la valigia che una signora aveva dimenticato nella carrozza. Era la Fougez. a Erricone » si fece dire dove la signora aveva preso alloggio e dopo che gli ebbe regalato due lire, si recò di perspna a consegnare alla proprietaria la valigia, che conteneva brillanti e. oggetti di abbigliamento per un valore di circa 40 mila lire: somma non indifferente per quei tempi. Eppure « Erricone » nulla volle dalla signora, che voleva regalargli quattro mila lire. Il famoso banchetto — La sera del delitto l'Alfano — disse l'intervistato — era venuto per una delle solite scampagnato in compagnia del fratello Ciro, ora defunto, del Rapi Ibello, e di un giovanotto, certo Jacovitto, il quale aveva quella mattina stessa comprato un biroccino con due magli ilici cavalli, e al banchetto aveva condotto anche il vetturino, che conosceva solo da quella mattina. Fu per me, questa, la prova migliore che nessun complotto si era tramato nel mio locale, altrimenti la comitiva non avrebbe condotto seco un elemento estraneo, che avrebbe potuto facilmente parlare e svelare tutto. Essi ritornarono a Napoli col biroccino del Jacovitto. Anzi, prima di proseguire per Napoli, si recarono al caffè Palumbo, a Capo Torre, dove sorbirono un gelato. Siccome I fanali erano sprovvisti di lumi, diedero incarico al cameriere certo'Carminello, di procurare l'occorrente e dopo avere acceso i fanali si allontanarono alla volta di Napoli. « La notizia dell'omicidio si seppe il giorno dopo. Ricordo che fui anche interrogato da un agente s? il mio locale fosse stato frequentato da gente equivoca, e risposi di no, perchè non conoscevo nemmeno la mostruosa accusa, che poi fu fatta sul conto di « Erricone » e i suoi compagni. 1 sospetti su costoro eadde.ro otto giorni dopo, quando « Erricone » in compagnia della fidanzata, signorina Esposito, e degli altri, si portò nuovamente nella mia trattoria. V'era stata l'eruzione del Vesuvio, ed erano venuti a Torre per osservare la lava. Ma quando si portarono al caffè Palumbo il cameriere Carminerò corse a avvisare il commissario di Pubblica Sicureza, cav. Ventimiglia, che la stessa comitiva era stata notata al caffè il giorno del l'atto e si era ripresentata. Si procedette allora a! fermo di tutti, e ci fu un confronto fra il cameriere del caffè Palumbo e i fermati. Ma dopo questo confronto costoro furono rilasciati e proseguirono per Napoli. oMi consta anche che il commissario fu richiamato per non avere trat tenuto in arresto l'« Erricone », che a Napoli aveva fama di camorrista. L'oste termina le sue dichiarazioni, dicendo che il Cuocolo non si era mai recato nella sua trattoria. 15 domande (ti grazia E' stato avvicinato anche il signor Edoardo Sonino, proprietario di un elegante salone in via Chiatamone, fratello del condannato Corrado, attualmente detenuto a Regina Coeli. L'Edoardo Sonino dice che in ogni tempo, a principiale dall'epoca del verdetto di condanna, suo fratello ha detto di essere innocente, e di essere mmctpnfnètavFslctcaègtsdcsipbdtcalrrslcpvlzrgspeestato vtttaTdeldeS maVescTalìo Ìmotivi e con importanti documenti ha avanzato 15 domande di grazia, di cui l'ultima, tre anni fa. II parroco di Santa Lucia, monsignor Alessio, ora vescovo, e S. E. il cardinale Ascalesi hanno per il Sortino fatto domanda di grazia. E pure al Papa il condannato di Viterbo, proclamandosi innocente, avanzò domanda dì grazia. Nell'epoca in cui fu commesso il delitto Cuocolo, Corrado Sortino lavorava da barbiere con i signori Maugini e De Crescenzo, in via Santa Lucia. Il giorno 5 giugno con gli amici si recò alla festa dei vini, a Noia, il giorno G ritornò al lavoro dai principali, in via Santa Lucia, restando nel negozio sino quasi alle 21. Il De Crescenzo e il Maugini furono testimoni al processo di Viterbo. Essi prima del dibattimento furono avvicinati e chiamati dai carabinieri, perchè negassero che il giorno G il Sortino era stato nella bottega Ano alle 21. Tale dichiarazione essi rifiutarono di farla, ma malgrado la loro testimonianza il Sonino fu condannato. "