Franco Cattaneo e Giacomo Carracci rinviati alle Assise

Franco Cattaneo e Giacomo Carracci rinviati alle Assise Il delitto della "strada dei morti,, Franco Cattaneo e Giacomo Carracci rinviati alle Assise La tragica fine del Fleishmann ■ I suo! rapporti con l'uccisore della Riniti » - Cinque anni di indagini ■ Le prime rivelazioni - Testimonianze gravissime a carico del Caracci - Cattaneo ammalato nel penitenziario di Sorano nel Cimino • Il processo a settembre La sentenza della Sezione di Accusa che rinvia innanzi ai giurati della nostra Corte d'Assise Giacomo Caracci e Franco Cattaneo, chiude un fosco periodo di appassionanti vicende giudiziarie protrattosi per oltre cinque annii. 11 delitto infatti, del quale i due dovranno rispondere dinanzi alla Giuria popolare, risale ai primi giorni dell'anno 1925, quando essi, secondo che dice l'accusa, sulla strada vicinale di San Vito, delta « dei morti », sorprendevano il suddito austriaco Leopoldo Fleishmann e barbaramente lo trucidavano spaccandogli quasi la testa con colpi di accetta o mannarese. Benché parecchi anni siano da allora passati, l'eco del macabro fatto di sangue non si è certo ancora spento nella melile di alcuno; ed a ciò ha indubbiamente collaborato il l'atto che per più e più volte la tragedia è affiorala alla ribalta della cronaca, sempre infiorandosi di particolari nuovi e di vicende oscure. In un primo lempo le indagini della Polizia snll'u Affare Fleishmann » si erano spuntate contro una barriera fornata di silenzio e di omertà cosi forte, da separare totalmente gli autori del crimine dal resto della gente civile. Solo dieci mesi dopo, quando già l'opinione pubblica pareva avesse scordato la tragedia della « strada dpi morti «, un nuovo, sensazionale misfatto accadeva e riportava di punto in bianco nell'attualità della cronaca le vicende del primo delitto. La morte della mondana Brina Barbero, lo scempio fatto del di lei cadavere manifestavano tanta ferocia nell'animo dell'esecutore del deJitto. che la niente di ognuno ricorreva non senza un senso di terrore alla vicenda nella quale era rimasto vittima il viennese contrabbandiere di cocaina. Un tristo ambiente Molti dati di fatto, oltre che la lo gica del sentimento, parevano avvalorare l'ipotesi che una qualche correlazione esistesse fra i due delitti. L'ambiente frequentato dall'uno e dall'altra delle due vittime era, si può dire, lo stesso. Racchiudeva nei suoi due più lontani estremi : il grossista e la consumatrice di cocaina, quel mondo equ' voco che vive ai margini delia' società e forma — se cosi si può dire — la sentina dei grandi agglomerati urbani moderni. Spacciatori e consumatori di cocaina, donne di malaffare, ladri, ri cetia.tori, ogni sorta insomma di gen te priva di qualsiasi scrupolo e retta, non già dalle leggi sancito dallo Stato, ma da una serie» di convenzioni che hanno per base l'omertà più tena ce e la vendetta implacabile. I In HUeStO groviglio di malavita SI |tenIava di gjunge.i-e alla identificazione degli esecutori materiali e degli eventuali mandanti dei due reati. Per un seguito di circostanze si potevano poi raggiungere prove definitive con i a tro Franco Cattaneo ed il di lui amico Berlini-, quali assassini della « Rinin » cosi, come 6 noto, veniva chiamata la Erina Barbero. Solo più tardi, però, si pensava seriamente che lo stesso Cattaneo fosse autore del delitto Fleishmann. e si Iniziavano le indagini atte a stabilire le prove a suo carico per questa nuova delittuosa Impresa. Ora che gli assassini stanno per comparire innanzi alle Assise, una ricostruzione, sia pure a grandi linee, dei fatti, tornerà certamente utile per stabilire le posizioni degli imputati. rladnptasPtaipqmcndfi« pmpmpagloIilvfpsilabc..dcdstcsdgcedbdcssdAzinbccapsv Il delitto della « strada del morti » La mattina del 4 gennaio 1925Ì il conte Salino e certo Clemente Mughetti, scendendo dalla « strada dei morti» verso la città, s'imbattevano nel cadavere di un uomo di mezza età coricato nella cunetta rasente il muro; una chiazza ili sangue coagulato a terra ed il volto del disgrazialo ridono a maschera di color sanguigno, n-o-n lasciavano dubbi sulle origini della sua morie, Per ciò i due viandanii. appena gitimi al posto di guardia del da zio, al Ponte Isabella, si affrettavano ad avvisare della macabra scoperta latta, l'Autorità municipale e la Poli zia. In breve tempo sì recavano sul posto un sanitario municipale, un sostituto Procuratore del Re e alcuni funzionari di Polizia. Il cadavere presentava dieci ferite al. capo prodotte da arma tagliente, due delle quali ap pativano come mortali: una aveva recisa la carotide, l'altra aveva fracassato l'osso frontale provocando la fuoruscita del bulbo oculare. Una vasto echirnosi segnava l'altra cavità orbitale, facendo arguire che l'assassino avesse stordito con un pugno la sua vittima e quindi avesse infierito sulla persona ormai inerme, fino a procurarne la sicura morte. Sulla strada erano un cappello Hosc;o verde appartenente al morto ed un berretto da ciclista, probabilmente smarrito dall'aggres.-ore. La prima ipotesi che balenava alla mente dei funzionari raccolti intorno al cadavere era quella che il disgrazialo fosse stato ucciso a scopo di rapina; in le ipotesi cadeva immediatamente, allorquando una sommaria perquisizione faceva ritrovare un portafogli contenente duemila lire in biglietti di banca italiano più altro denaro in banca francese tedesco ed austriaco. 11 riconoscimento del cadavere si poteva fare grazie una tessera ferroviaria ritrovata nella tasca interna della giubba, intestata a Leopoldo Fleishmann, di anni 34. Si rinveniva pure un passaporto austriaco intestato allo stesso nome che recava l'attestazione di entrata nel Retino in data due gennaio dalla froniiera di Tarvis. Nelle lasche del morto era pure un biglietto ferroviario di terza classe per il pprcorso Bra-Torino. non ritirato alla stazione di arrivo. Nulla era stnto toccato ne asportato dall'assassino. Sul panciotto era tesa la catena d'Oro e nel taschino stava un rmitontoir pure d'oro. Dai documenti il Fleishmann risultava avere due recapiti : uno a Berlino e l'altro a Vienna. Una prima luce sul fallò si aveva alcuni giorni dopo la tragica scoperta, quando la Polizia poteva stabilire che il commerciante assassinato sulla ' strada del morti » era venuto in Italia recando con sè una busta di cuoio contenente cocaina. Stabilita così sommariamente la figura dell'austriaco conio un grossista del pericoloso alcaloide, le indagini miravano dritto a ricercare nell'ambiente dei consumalori di tale droga col-oro che avessero potuto compiere il rtoiHtto. Infatti con la morie del Fleishmann era seom parsa la busta di cuoio contenente un ingente quantitativo di droghe; si era accertalo che l'austriaco si era diretto verso la collina recando con sfe la cocaina; era d-unque per impadronirsi dplia droga che l'assassino aveva ucciso il commerciarne. l'in da allora si faceva strada una ipotesi, c cioè che il Fleishmann rosse stato atleso alla stazione da un individuo, con il quale egli si era poi , a a a a o a l i e o o a a d e recato in automobile fino ai piedi della «strada dei morti», e che qui i due si fossero incontrali con una donna. Da questo punto la indagini si perdevano nei buio, alla ricerca di un tale Kalmann che veniva arrestato verso la metà dello stesso gennaio dalla Polizia viennese. Costui però presentava un preciso alibi, che smontava le ipotesi fatte a suo carico, e per un qualche tempo dell'omicidio Fleishmann non si parlava più. i La barbara uccisione della «Riniti» La mattina del 3 ottobre 1925, il macchinista " di un treno operaio proveniente da Verolengo, faceva nel tratto di strada ferrata die correva allora a fior di terra di fronte alle officine « Diatto », una impressionante scoperta. Un involto lungo circa 80 centimetri veniva scorio dal macchinista presso la locomotiva che si era fermata per necessità di manovra. Il pacco conteneva due gambe di donna ancora calzate di calze grigie e di leggere scarpette di lela pure grige. La locomotiva nella sua marcia aveva Ironcatn uno dei piedi, rivelando cosi il macabro contenuto dell'involto. Avvertita l'autorità di Polizia, alcuni funzionari si recavano sul posto per il primo sopraluogo e, ordinato il trasporto dei miseri resti alla «Morgue», iniziavano lo indagini. Per due giorni le ricerche vagavano nel buio, rincor. ondo fantastiche ipotesi di assassina avvenuti loiUuni da l'orino e probabilmente sulla direttiva di Aosta. Il 5 ottobre accadeva l'inaspettato colpo di scena. Verso le ore 18 dalla ..Morgue» si telefonava alla caserma dei carabinieri dicendo die si era colà presentato un giovanotto, richiedendo di poter vedere i resti ritrovati sulla strada ferrata, asserendo che si trattava della propria moglie Dalla caserma si recavano sul posto il mare: sciallo Virdis ed il brigadiere Curzi della squadra investigativa in borghese. 11 giovanotto, che altri non era che il Franco Cattaneo, riconosceva effettivamente i resti e diceva che le due gambe erano quelle di Erma Barbero, detta « Rinin », sua moglie. Alle domande dei funzionari, il Cattaneo cominciava a dimostrare di non essere troppo sicuro di sè, e ben presto sul suo capo si addensavano i sospetti della polizia. _ Intanto si ritrovava in via Orazio Antinori, presso una casa in costruzione, un altro involto confezionato in modo similare al primo, e contenente il tronco della disgraziata Barbero. Gli avvenimenti in tal modo precipitavano e coinvolgevano nell accusa certo Lodovico Bertini di 24 anni abitante in via Giaeosa 4. Costui, appena avuta dai giornali notizia di tali sospetti, recatosi a Ceresole d Alba nella cascina » La Verona » di proprielà paterna, si sparava un colpo di rivoltella in direzione del cuore tentanto di uccidersi. Con ima barella della Croce Verde il disgraziato veniva trasportato al S. Giovanni accompagnato dal padre, persona distinta e danarosa. Cattaneo e Bertini alle Assise La figura del Bertini recava un eie mento nuovo al quadro generale prò spettato dalle indagini, in quanto dava chiaramente l'impressione di come la malavita, rappresentata dal Cattaneo, riuscisse ad attirare nel suo vortice anche persone di ben altra condizione sociale, quale il Berlini. Agli effetti delle indagini l'alto insano dei Bertini non faceva che portare un elemento di più a carico suo e del Cattaneo. Fin da allora si poteva quasi stabilire la colpabilità del Cattaneo e del Bertini nei confronti del terribile delitto. Alcuni giorni più tardi veniva ritrovata anche la testa della « Binin * lungo la sponda del Po in un pacco simile a quelli prece denti. Restando le cose nei termini sopraesposti, appare naturale quanto si èverificato nella realtà, e cioè che lagiustizia abbia raggiunto prima i col-fievoli del secondo reato che non quelli dei primo. 11 27 febbraio del 1927 la Corte Gl'Assise di Torino condannava alla pena di 30 anni di reclusione Franco Cattaneo, imputato di omicidio nella persona della moglie lirina Barbero ed infliggeva cinque anni della stessa pena a Lodovico Dertini ritenendolo colpevole di favoreggiamento. Così pareva definitiva-mente chiusa la triste vicenda giudi ziaria, ne del primo delitto-, nel quale aveva lasciata In vita il commerciante austriaco, pareva si dovesse mai più parlare. Molle persone appartenental losco ambiente di malavita frequentato dal Cattaneo e dalla ■Hinin» erano state a suo tempo « fermate »ma tutte erano state rilasciate, allorché avevano potuto provare la propria innocenza nel riguardi di tale delitto Indagini e colpi di soena In molti, tra coloro che avevano avuto modo di seguire più da vicino le due vicende giudiziarie, restava però il convincimento che gli autori del delitto della strada di S. Vito dovessero ricercarsi proprio nell'ambiente dove era germinato l'atroce uxoricidio compiuto da Franeo Cattaneo. Tra quelli che la pensavano in .tal modo erano il capitano Miozzi, comandante la compagnia interna dei carabinieri, ed il capo della squadra investigativa dei carabinieri, brigadiere Ugo Curzi. L'epilogo sancito dalla sentenza della Corte d'Assise non troncava le loro indagini che anzi riprendevano più serrale, quando, conclliusosi giudizialmente l'o affare Rinin » con la citata sentenza, le acque nell'ambiente della malavita avevano agio di calmarsi. Il nominato brigadiere, con perseveranza degna di encomio, raccoglieva per oltre due anni le fila di uria complessa azione poliziesca, fino a che, nel luglio seorso, metteva in atto il piano così tenacemente studiato, il giorno 10 di tale mese, egli « fermava », per misure di P. S., il Giacomo Caracci. l>agli interrogatori seguiti a tale fermo, dal cumulo di prove raccolte, si potevano mettere insieme elementi tali da giungere, venti giorni dopo, ad una regolare denuncia alla autorità giudiziaria. L'accusa eslesa anche al Cattaneo, cui il mandato di cattura veniva notificato nel reclusorio di Portolongone, dove allora egli si trovava in espiazione della precedente condanna, incolpava i due di aver ucciso il Leopoldo Fleishmann in correità con la defunta Erina Barbero, allo scopo di rapinarlo della cocaina che egli portava con sè, allorquando si era recato, la sera del 3 gennaio 1925, all'appuntamento fissato lungo la «strada dei morii ». La figura dal Caraeol 11 Caracci non era nuovo all'» aria» re Fleishmann », per il quale era flnanco già stato arrestato e quindi ri- a o a o o i l o a . o n l a tel ra el messo in libertà, per insufficienza di prove a suo carico. Correglonario ed intimo amico del Cattaneo, il Caracci appare come uno del peggiori elementi della malavita. Fannullone, sfruttatore, spacciatore di cocaina e cocainomane egli stesso, era stato notato più volte in compagnia dell'austriaco e proprio per questo era stato fermato. Le prove a suo carico non raggiunte allora, erano state raccolte era dai carabinieri e si basavano su molte deposizioni ed alcuni dati di fatto. Di questi, il pili interessante è quello rappresentato da una borsa di cuoio sequestrata poco dopo l'uccisione della « Rinin » in casa di certi Alarla, degni amici del Cattaneo. Tale borsa allora era stata fatta vedere al Cattaneo, il quale si era affrettato a dire che essa apparteneva non già a lui, ma al Caracci. Costui, interrogato a sua volta, aveva deposto che la borsa era di proprietà del Cattaneo. Ambedue facevano però risalire la proprietà dell'oggetto a parecchi anni addietro, e cioè a data anteriore al delitto della ■ strada del morti ». La borsa restava così giacente negli archivi della cancelleria, fino a che I carabinieri non l'andavano a scovare per mostrarla agli impiegati della ditta di Bra, dove il Fleishmann si era recato nel pomeriggio del 3 gennaio 1925. recando la borsa stessa. Gli interrogati non avevano difficoltà a riconoscere l'oggetto, ed anzi fornivano una prova assai convincente. Essi avevano in quel giorno consegnato all'austriaco alcuni stampati ed avevano avuto occasione di notare che entravano esattamente nella busta recata dal rappresentante.-Fatto la controprova, uguali stampati risultavano di esatta misura con la borsa sequestrata presso gli Alarla. Ora è noto che le borse cosidette « da legale » come quella in parola vengono dai laboratori di pelletteria. confezionate in serie in misure varianti dai 39 ai 41 centimetri, ma qualsiasi persona competente di tale lavorazione può con assoluta sicurezza e coscienza attestare che tali misure si riferiscono alle dimensioni esterne dell'oggetto, mentre all'interno la misura cambia da pezzo a pezzo della stessa serie, per necessità di fabbricazione, potendo essere le cuciture dei fianchi più o meno vicine ai bordi. Questo, dunque, per quanto riguarda la borsa che inoltre veniva poi riconosciuta dalla vedova dell'ucciso, 'Federica Dentelbann, e dal di lui suocero, signor Samuele Dentelbann, ai quali veniva mostrata per cura dell'autorità giudiziaria austriaca, interessata della cosa. Molte testimonianze venivano poi raccolte a carico del Caracci e del Cattaneo nell'ambiente da loro frequentato. Discutendo con parecchi figuri della sua risma, il Caracci non si peritava d1 minacciare « la fine che ho fatto-fare al tedesco n. A certo Giuseppe Bassino prometteva di togliere di mezzo due Individui dai quali questi era stato truffato alle boccie, dietro compenso di diecimila lire. Vedendo che il Bassino si mostrava sorpreso di una proposta così audace, il Caracci soggiungeva: » Non dubitare dell'esito: io sono quello che ha ammazzato il tedesco ». Uguali... vanterie il Caracci faceva con altri, salvo poi, in sede di interrogatorio, smentire ogni cosa, negando di aver mai parlato del Fleishmann e quasi di averlo mai conosciuto. Una grave deposizione era pure raccolta dai testi Arrobio e Rivoira, i quali avevano visto, la tragica sera del 3 gennaio 1925, il Fleishmann in compagnia di un tale, snello, più giovane di lui e notevole per la caratteristica andatura quasi saltellante; dati somatici questi corrispondenti in tutto alla persona del Caracci. Il Il «redde rationem» Queste e molte altre testimonianza sono state raccolte dall'Autorità e dal Procuratore Generale presso la Corte d'Appello presentate nella requisitoria rimessa il due maggio scorso alla Sezione d'Accusa, con la.richiesta di rinvio al giudizio delle Assise dei. due Imputati. La Sezione di Accusa, ritenendo accettabili le documentazioni del Procuratore Generale ha accolta tale domanda ordinando che Franco Cattaneo e Giacomo Caracci compaiano innanzi ai Giurati per rispondere dell'assassinio consumato in per- sona del Leopoldo Fleishmann. 11 processo si potrà svolgere soltanto In settembre o nella prima quindicina di ottobre, poiché il Cattaneo, che ora si trova non più a Portolongone ma al reclusorio di Sorano nel Cimino, con il numero di matricola 2361, si trova ammalato nò potrà rimettersi in salute prima di quell'epoca. Il dibattimento si presenta ad ogni modo interessantissimo, non solo per la memoria ancor viva in tutti dell'atroce tatto che lo ha originato, ma specialmente perchè, malgrado le prove accampate, esso appartiene ancora alla serie dei protessi indiziali. A questo proposito non è eseluso che nel lasso di tempo intercorrente di qui al processo, non si abbiano a verificare dei colpi di srena tali e di tanto momento da chiarire definitivamente la situazione.