L'Italia e la Polonia

L'Italia e la Polonia L'Italia e la Polonia per il riavvicinamento ungaro-iomeno Roma, 10. notte. Contemporaneamente al viaggio del Ministro Grandi a Varsavia è avvenuta la proclamazione a Re di Homania di Carol II. Non si creda, por carità, die riteniamo i due fatti siano comunque collegati; un tale ardito volo della fantasia non passerà per l'anticamera del cervello neppure a un redattore del Paris Midi o della Vossiche Zeitung. Noi intendiamo soltanto considerare sotto una particolare visuale l'attuale momento politico in quella zona dell'Europa orientale che potrebbe essere individuata nel triangolo Varsayia-Bucarest-Budapest. Con la soluzione, all'Aja ed a Parigi, di tutto quel groviglio di problemi che impropriaimente andavano sotto il nome di riparazioni orientali, soluzione, ricordiamolo, che fu raggiunta soprattutto per l'azione della politica italiana, ci «era sembrato subito che le condizioni diventavano più propizie pei la maturazione di un nuovo orientamento nei rapporti tra gli Stati del bacino danubiano. Qualche Indizio, ed anche qualche felice awe nimento, non sono mancati per con-1 yalidare tale previsione che, del testo, era sul terreno della logica politica, anche se questa è sempre un poco bizzarra. Il fatto più importante è stato costituito dal Ravvicinamento e dalla collaborazione sempre più stretta fra l'Italia e la Repubblica austriaca, con la conseguenza che il sig. Schober ha potuto svolgere un'attività internazionale più intensa ed autonoma: le relar zioni austro-ungariche in primo luogo se ne sono avvantaggiate. Co6ì pure è indiscutibile che fra l'Italia e la Romania, specialmente riferendosi al periodo di Governi liberali, si è avuto un miglioramento di rapporti,che ha avuto la sua prima conferma nella stipulazione del trattato commerciale, il quale aveva subito precedentemente continui rinvii. Però il nodo più complicato," si, ma di valore decisivo, per impostare tutto un nuovo indirizzo nella vita dei popoli danubiani è sempre tra Bucarest e Budapest, tra la Romania e l'Ungheria. Su questo settore dovrebbe avvenire quel riavvicinamento fecondo e sincero che darebbe una fisionomia diversa alla situazione attuale e servirebbe ad un tempo, ottimamente, la causa della stabilità e della pace in un più adatto equilibrio di lorze. Già l'esperienza di un anno e mezzo tli governo nazional-zaranisla ha mostrato come Maniu ed i suol collaboratori avessero una comprensione più aperta dei rapporti sia con l'elemento ungherese all'interno, sia con lo Stato magiaro; ma il timore di incorrere in una critica troppo severa dei liberali, che non concepiscono una politica estera romena se non orientata solo verso Parigi e nell'ambito, ormai angusto e negativo, della Piccola Intesa, insieme con la situazione di incertezza che colpiva tutta la vita romena, hanno impedito che le migliori disposizioni tendenziali si esprimes sero in qualche atto più concreto Il ritorno di Carol, con l'eliminazione di ogni incognita dinastica, la disfatta irreparabile del clan liberale, eventi che il Quai d'Orsay ed i Governi di Praga e di Belgrado stanno osservando con estremo so-' spetto, potrebbero affrettare quel riesame delle direttive internazionali romene che risponderebbe meglio alle mutate condizioni. Due sintomi confortanti possono essere nati nella stessa solenne seduta in cui Carol è stato proclamato Re: l'adesione entusiasticamente espressa dal capo del gruppo ungherese, che è il più forte gruppo di minoranza al parlamento di Bucarest, e la frase con cui Carol ha affermato la sua intenzione di collaborare coi popoli vicini per risanare le ferite della guerra, frase che, pur nel suo carattere generico, ha dato l'impressione di essere rivolta verso l'antico avversario occidentale. Non 'corriamo troppo nè facciamoci soverchie illusioni; permangono gravi ostacoli, residui principalmente di uno stato d'animo di eccitazione; ma la via da noi indicata è quella maestra; al di fuori di essa ó la continuazione di un'atmosfera di lotta che non potrà non avere le più temibili conseguenze. La Romania, come in fondo l'Ungheria, non può aver nemici di fronte e alle spalle: la prima ha dinanzi, sul Dnieper, un colosso che costituisce l'enigma più formidabile dell'avvenire la seconda ha sempre esercitato da un millennio la funzione di indebolimento e di separazione della massa slava stanziatasi nell'Europa centrale e nella Penisola balcanica',' non si possono rinnegare queste posizioni storiche fondamentali senza andare incontro alla decadenza e al vassallaggio. Quale apporto dà la Piccola Intesa alla Romania nella difesa verso oriente? Nessuno; le simpatie verso la Gran Madre sono soltanto sopite nella Jugoslavia che conta 600 mila romeni fra i suoi sudditi e nella Cecoslovacchia che aspira ad un'egemonia industriale ed economica; ne sia la prova il rifiuto opposto da Praga nel 1920 al passaggio dei carichi di munizioni verso la Polonia invasa dai bolscevichi. L'alleanza veramente granitica, per solidarietà di interessi e di sicurezza, è quella conclusa fra la Romania e la Polonia e la Polonia, come è noto, ha legami secolari di amicizia sincera col popolo magiaro. Sono appena di un anno fa le calorose accoglienze di Budapest al ministro Zalewski, di cui sappiamo che nutre la nobile ambizione di avvicinare sempre di più l'alleata Romania con l'amica Ungheria. Su questo punto le direttive polacche convergono con le direttive italiane; tale concordanza di finalità non deve dar luogo solfato ad una constatazione casuale bensì può essere la base di un'attività diploma tica saggia, illuminata e solidale. Cosi l'amicizia italo-polacca, tanto felicemente rievocata a Varsavia da Zalewski e da Grandi nelle sempre vive origini religiose, artistiche, sen timentali, avrebbe, anche oltre il campo economico dove vari Interessi vanno strìngendosi, un terreno politico in cui potenziarsi. ALFREDO SIONORETTI.

Persone citate: Zalewski