"La Tancia2 DI Buonarroti al Teatro di Fesolec

"La Tancia2 DI Buonarroti al Teatro di Fesolec "La Tancia2 DI Buonarroti al Teatro di Fesolec Il nipote del grande Michelangelo Poeta e matematico Dal «Giudizio di Paride » alla « Fiera » •• Nel recesso della benigna fata Fesola ■ La n'esumazinne 200 coristi e 60 professori d'orchestra parteciperanno allo spettacolo Freme, 24 notte. Nei giorni 29 maggio e l.o e 3 giugno avranno luogo all'aperto nel bel Teatro Romano di Fiesole, sullo sfondo della Val di Mugnone, tre rappresentazioni straordinarie della Tancia, commedia rusticale di Michelangelo Buonarroti il giovine. Una di queste rappresentazioni, molto probabilmente, si svolgerà di notte alla luce dei riflettori sotto il cielo stellato della primavera fiorentina. La lieta novella è stata accolta con grande piacere dal pubblico fiorentino e straniero: 11 decoro «soluto dello spettacolo è garantito dai nomi del Segretario Federate Alessandro Pavolini che presiede il Comitato, e di Ugo Ojetti che presiede la giunta esecutiva. La compagnia destinata alla recitazione è quella diretta da Guido Salvini che viene apposta a Firenze dal Manzoni di Milano. L'autore Michelangelo Buonarroti 11 giovine, figlio di Leonardo Buonarroti, il quale a sua volta era figlio di Buonarroti fratello del grande Michelangelo, nacque il 4 novembre 1568, quattro anni dopo che il Grandissimo era morto « lasciando l'anima a Dio, il corpo alla terra, la roba al parenti » e non fu precoce come poeta: dedicatosi agli studi letterari e specialmente linguistici fu ancor molto giovane accolto nell'Accademia fiorentina e poi nell'Accademia della Crusca, nella quale fu attivissimo e divenne il famoso Impastato. (Ebbe per impresa una raschiatola che pulisce la madia, col motto, tolto da un sonetto petrarchesco. Quel ch'avanza). E non trascurò gli studi matematici cui ebbe la fortuna di attendere, seguendo gli insegnamenti di Galileo. Per molti anni si occupò della prima edizione del Vocabolario, acquistando una perizia di lingua pura, pae sana, viva e tradizionale che doveva servirgli nelle sue opere teatrali. Nel 1605 si manifestava buon poeta teatrale, con II Natale d'Ercole dedicato al Serenissimo Signore Don Alfonso d'Este, favola mitologica alternata da cori di pastori, di Muse, di Baccanti. Grazioso e vivace ne era l'andamento, consono al gusto del tempo e alle rappresentazioni sceniche della corte medicea, ma privo di quell'enfasi che andava conquistando in quegli anni il primato letterario e teatrale italiano. Nel 1608, per le nozze di Co simo, principe di Toscana, con Maria Maddalena d'Austria, fu rappresentato con regate magnificenza un altro lavoro del Buonarroti, li Giudizio di Po ride, favola anch'essa d'intonazione si mile alla precedente e stampata poco dopo dal Sei-martelli: ma un po' più fredda e che cede il luogo alle nuove espressioni dell'ingegno teatrale di lui, rivelatosi singolarissimo nella rancio rappresentata nel 1611 alla presenza dei Granduchi Cosimo II (salito al trono dopo la morte di Ferdinando I nel 1609), e Maria Maddalena,-e nella poderosa e complessa Fiera (1618). La Tancia fu stampata nel 1612 dal Giunti, senza nome di autore, e ristampata dal Landini nel 1638, col nomo di Michelangelo Buonarroti. Estremamente caratteristica fu la Fiera, divisa in 5 giornate e ciascuna giornata in 5 atti; un'infinità di personaggi reali e allegorici empiono questi 25 atti, che hanno per soggetto una fiera, netla quale la varietà dei vocaboli 6 degna dell'insigne compilatore del Vocabolario. Che questi per esercizio e in servizio di esso componesse la poderosa opera poetica, suol dirsi e ripetersi: ma simile lavoro non può essere solo un esercizio filologico: ben distinto dal macchinoso teatro spagnolo è una originale interpretazione di tutta la vasta scena del mondo, visto nella ristrettezza di una fiera, nei casi comuni di essa, e negli avvenimenti realistici e meccanici di una folla adunata in un luogo, durante una giornata. La Fiera fu rappresentata nel Carnevale del 1CIS nel teatro della gran Sala degli Uffizi, « luogo capacissimo per macchine e per comparse », e i soldati, i doganieri, i pazzi, i donzelli, i mercanti, i passeggieri, .li scolari, i cantimbanchi, gli schiavi, i marinari, le guardie, i pescatori, gli infermi, gli staffieri, i cittadini, i gentiluomini, i serventi, gli andatori di notte, devono avere sfilato e recitato le più bonarie cose con gran divertimento degli augusti spettatori. Via via che progrediva negli anni, il Buonarroti non si stancava. Garbata e fatta quasi di niente, è una veglia intitolata Le Mascherate, dove i vari incidenti di un festino di ballo e di giuoco danno luogo a svariate scene fra dame e cavalieri, maestri di sala e staffieri, a cori sentenziosi e morali, dove fa capolino sempre l'allegoria, cara al verseggiatore moralista ma non mai noioso. Da vecchio scrisse le Satire che spiccano per la loro bonarietà e nobilita insieme nel secolo delle gonfiezze el dette esagerazioni. Come i Grande prozio, sentiva la piena degli anni aggravargli l'anima oltre che il corpo, e un senso di delusione invadevagli la coscienza. L'uomo pieno di onori accademici, di agi, di comodità materiali cosi, al fine della vita, gemeva dal profondo del cuore. Segno della sua nobile incontentabilità di artista o della esistenza trascorsa quasi in una vana attesa del meglio e dell'eterno? Non sapremmo dire. E un'altra nota singolare ricorre nelle Satire: quella d'una certa fierezza nazionale, che spicca nella pavida uniformità degli scrittori accademici del Granducato. Certo questo simpatico autore nostro fu uomo di varia e ricca natura, e di lui una cosa fresca ancora vive, a segno delta perenne giovinezza della nostra arte ispirata alle pure sorgenti paesane: la Tancia. Mori il di 11 gennaio 1646 e fu se polto In Santa Croce nella sepoltura di famiglia. La commedia rusticale La Tancia ebbe gran successo come si vede dalle ristampe che si susseguirono e dal commento di Anton Maria Salvia! e dalla persistenza Che la let- tura e la conoscenza di essa ebbero nei secoli seguenti. Fesolla, fata benigna che diceva il prologo alla vivace e graziosa commedia rusticale svolgetesi nei luoghi sereni e luminosi delle colline Desolane e delle cave di Mai ano, mostrava la nuova ispirazione del Poeta che voleva esprimere le cose vive della sua terra, abbandonando gu artificiosi soggetti mitologici. Tradizione di poesia contadinesca, o classicheggiante,-o popolana, c'era stata sempre fortissima in Toscana, dai toni seri e bonari fino all'umorismo sottile: si potrebbe cominciare con quel Ninfale Fiesolano col quale sulle amene pendici le ottave boccaccesche intesserono il soave romanzo d'amore e morte di Affrico e Mensola, per continuare con la Nencia da Barberino, del magnifico Lorenzo, dove il pastore Vallerà si lamenta (come nella Tancia Ciapino o Pietro o Cecco) della indifferenza rustica della robusta e tarchiatotta Nenciozza. Ma la commedia rusticale propriamente detta, con gli intermezzi e gli accompagnamenti musicali, è cosa propria del '500 e del '600: e la Congrega dei Rozzi di Siena, ne dette bellissimi esempi, per restringersi alla sola Toscana, che in tutta l'Italia questa spontaneità di teatro, in varie forme e in diversi atteggiamenti di generi teatrali, si afferma non poche volte. Costanza e Niccolosa atincsntbaccdfrelcbttpvpPeemtelLNella Tancia c'è in minima parte una larvata contrapposizione, chi ben guardi, àeìl'Aminta, contrapposizione parodistica che si rivela in vari tratti, mentre lo spirito della composizione resta schiettamente rusticano e deriva da quelle rappresentazioni sceniche toscane di cui già il Berni nella Catrina in ottave aveva dato st festevole esempio, nel secolo precedente. Dopo il prologo a cui si è accennato detto da Fesola che appare col crine inghirlandato di stelle e il mantello ricamato di lune (stemma di Fiesole), nell'atto primo ci si presentano 1 due villani Cecco Zampi e Ciapino di Meo del Grigio (diminutivi di Francesco e di Iacopino) dei quali l'ultimo chiede il concorso del primo perchè si taccia inteirmediario fra lui e la Tancia (Costanza) la quale, ritrosa come è. non vuol sentirsi dire parole di amore, o Per rustichezza o perchè nasconde in cuore un'altra simpatia che non si sa però quale sia. Ciapino d'altra parte disprezza l'amore di un'altra villana, la Cosa (Niccolosa). Da questa situazione nascono i vari casi, rilevati e resi pittoreschi dalle annotazioni di umor paesano, dai tratti di colori, dagli episodi bizzarri e dalla arguzia piacevole. Alta Une di ogni atto vi sono vivacissimi graziosissimi intermedi, cantati e ballati e accompagnati da mu sica: alla fine del l.o l'intermedio dei Frugnolate-ri, dei cacciatori col frugnuolo: genere di caccia notturna che si faceva con una lanterna {frugnolo) a riverbero, e che messa davanti agli uccelli assopiti sugli alberi li abbarbagliava col lume; allora i cacciatori approfittando del loro impaccio li colpivano con una specie di pala detta ramata (ramatare - colpire con la pala). I frugnolatori descrivono nel loro furtivo incedere per la selva i tordi e le merle e pregustano le belle schidionate di arrosti. Alta fine del 2jo vi sono gli Uccellatori colla civetta, zufolando alle civette, ai pettirossi, e agli uccelli più grossi. Alla fine del 3.o I Pescatori e le PescatricI che cercano i tonfanl e gli stagni del Mugnone. e gettan l'amo, tendon la rete, porgon la zucca, frugano nelle buche del fiume. Quarto intermedio è quello del Segatori con le falci, che menan le mani per i campi ove il grano è maturo, e faranno un giorno, grazie a Dio. « come balle grandi i pani ». Le belle ottave toscano, le musiche, i balli rustici, gli intermedi graziosi e pittoreschi riecheggeranno ora, in quo* sta primavera fiorentina, nel Teatro Romano di Fiesole, proprio là dove la benigna fata Fesola aveva nelle buche misteriose il suo solitario recesso. Tradizione e poesia Un po' di adattamento è stato fatto ma che non altera affatto le linee della commedia rusticale:' si tratta di qualche taglio operato qua e là, ma sempre con molta circospezione e rispettosa pietà per la fresca poesia del Buonarroti giovine. Alcune allusioni a Cosimo e Maddalena e a Cristina di Lorena granduchessa madre sono sparite; giacchè non avrebbero ora significato più nulla, alcune lungaggini proprie della prolissità secentesca sono state eliminate: alleggerito il Finale. E- chi confronterà il testo originale, che per l'occasione anch'esso è riedito, con 11 lavoro rappresentato vedrà che si è trattato di abbreviamento necessario e doveroso ina uniforme e non eccessivo. Allo spettacolo prenderanno parte 200 coristi e 60 professori d'orchestra, il cui reclutamento e la cui istruzione sono affidati al R. Conservatorio Musicale di Firenze; 1 balli e i costumi sono curati dallo Studio Teatrale dell'Accademia dei Fidenti. Buonarroti il giovine ha transfuso nella Tancia una calda e profonda vibrazione dell'amore alla sua terra e alla sua gente, e ne ha resa viva la rappresentazione nello spirito e nella forma. La riesumazione, quindi, farà rivivere nel cuore degli spettatori, come una cosa nuova, le memorie antichissime e le glorie della tradizione fuse in una serena e riposante poesia. SVVTAAUs