I gloriosi artefici della Vittoria intorno al Duce

I gloriosi artefici della Vittoria intorno al Duce I gloriosi artefici della Vittoria intorno al Duce L'offerta del bastone di comando nel Tempio della Vittoria -- L'appassionato discorso di Carlo Delcroix L'abbraccio di Mussolini e il discorso: « Per me questo è il bastone della mia obbedienza allo spirito della Vittoria e alla volontà della Patria » L'adunata dei combattenti -- Nelle officine Milano. 22, notte. Oggi la giornata del Duce è culminata nella celebrazione del sacrificio eroico. Oggi l'entusiasmo popolare, che accompagna travolgente le manifestazioni milanesi di questa settimana, come ha. accompagnato Quelle toscane della settimana scorisa, ha assunto un fervore quasi religioso, mentre la cerimonia si svolgeva con il carattere, veramente, Icon la commozione e la solennità di jn.n rito. E' stata la sagra del sangue sparso per la Patria, la rivenIdicazione del dolore per virtù del iquale fu meritata e conquistata la (vittoria, l'esaltazione dell'olocausto. E come dal rito religioso, appunto, |1 credente attinge rinnovato, indicibile conforto, di più accesa fede e idi speranza sovrumana; da questa (cerimonia si è sprigionato un senbo irresistibile di passione nazionale, e tutte le più grandiose speranze di avvenire hanno arriso al toostro spirito, trionfalmente. QuanHo il Duce ha suscitato la fiamma palla bronza lampada, davanti alla Cappella votiva che Milano ha eretfto monumento ai suoi caduti di guerra, la folla si è inginocchiata, pon con la materialità dei corpi, thè la pressura della calca non_ (avrebbe concesso nè quello nè altri rovimenti, ma con l'anima pura si prosternata a pregare per quei hostri Morti indimenticabili, le migliaia e centinaia di migliaia di giovinezze, falciato dalla mitrotrlia, [trafitte dal ferro, divorate rlaorli fecoppi, soffocate dai gas, nell'i nfer tio vampante e tonante dello hatta glie, dal Carso alle Alpi, dai Monti Macedoni alle colline di Francia. Ma quando il Duce ha impugnato Il fulgido «bastone di comando», (che i mutilati di Lombardia gli hantno offerto, simbolico ed augurale, la frolla si è levata subitaneamente, titanicamente, come trasportata al sommo dell'onda gonfia del suo stesso entusiasmo; ed ha levalo le mille e mille braccia nel saluto romano, ed ha gettato dalle sue mille mille bocche il grido romano: — buce. Duce. — Ed era atto di fede Incrollabile, ed era giuramento. Ed era l'auspicio del domani, che i Iati promettono, assicurano all'Italia. Sul mareggiare tumultuoso Bella folla, nello strepitoso uragano Belle acclamazioni, allora, dalia Cuspide della cappella, un némbo di (colombi balzò su e si spiegò a volo, |p tempestarono le salve delle mitragliatrici, a festa. L'aristocrazia della Vittoria T mutilati, che affluivano a gruppi! feti a schieve dalie nove provinole' ideila Lombardia, sono arrivati a Milano tra le 7 e le 9, la maggior parte con treni speciali, altri con 8 treni ordinari e con le tramvie interprovinciali. Schiere e gruppi si raccoglievano dietro le loro bandiere ed 1 gagliardetti; ciascun mutilato portava sul petto, insieme col distintivo del sacrificio, le decorazioni di guerra, tra cui spiccavano | nastri azzurri del valore, l'orgoglioso segno dell'aristocrazia militare e guerresca. Alcuni gruppi terano preceduti da musiche e fanfare che suonavano inni patriottici, riempiendo le vie cittadine di squilli e di gioiosi clamori. E si incolonnavano per convergere a Piazza del (Duomo, dove era indetta l'adunata, (e dove avveniva il conrr-ntramonto. OPer i grandi Invalidi e por i ciechi |era disposto un servizio di nutobus. Ma stamane il tempo non fu benigno. 11 cielo era coperto di nuvole fosche: ricordava il cielo plumbeo, incombente, esso stesso avverso e minaccioso, di corte autunnali mattine di combattimento, ricordava .l'impazienza febbrile e la snervante attesa di certe piovigginose mattine tehe si attendeva o si preparava l'attacco, nelle trincee fangose; e si scrutava il giorno incerto avanti a be' e non trasparendo raggio di sole, qualcuno rimormorava nel suo cuore; chi sa, se contemplerò il sole mai più... Di tratto in tratto, brevi scroscianti raffiche di pioggia. E Queste costrinsero i mutilati a raccogliersi sotto i portici, a mezzogiorno e a settentrione della piazza, invece che sul Sagrato del Duomo, intorno al monumento di Vittorio Emanuele, come era già prestabilito, u , , Verso le nove 1 portici e la galleria sono gremiti. 1 gruppi recano ciascuno insieme con la propria bandiera un bianco cartello con scritto il nome della città o del paese onde proviene. Sfilano gli eroi Quei di Brescia sono una schiera imponente: 1200. E nel cartello che è alzato in testa alla schiera è figurata a vivi colori una leonessa e si legge la scritta: « T mutilati della Leonessa d'Italia ». Ma i portici e la galleria non bastano più a con tenere questa folla di eccezione, questa adunata immensa di minorati gloriosi. E poiché la pioggia da una temporanea tregua, molta parite di essa si riversa nella piazza, la iquale è già invasa di popolo eh? ammira con reverente ossequio, e Che di tempo in tempo prorompe in applausi, salutando il nome di una pitta sui cartelli indicatori, salutando un vessillo da cui pendono più numerosi i nastri azzurri. Agii applausi si unisce, si confonde la mu sica degli inni che le fanfare In Itonano. Nella piazzetta reale dal lato del Suomo ha luogo il concenti-amento ei grandi invalidi. E oltre agli autobus già adibiti al loro trasporto, sono a loro disposizione innumerevoli macchino offerte ti ti ''itti, da associazioni e da privati. Molti di tjuesti hanno voluto l'onore di condurle essi stessi, e tra questi con¬ duttori si notano anche una gentildonna e una signorina, la marchesa Ma Corsi-Visconti di M od rene e l'attrice Mimi Aylmer. Comincia l'incolonnamento e lo stillamento del corteo, che da piazza Duomo muove verso la piazza Sant'Ambrogio, dove accanto all'antica chiesa do! Santo patrono milanese sorge la cappella votiva dei Caduti, v dove si svolgerà la cerimonia. In testa al corteo marciano i mutilati milanesi, con la loro banda, i «Martinitt» con il labaro della Federazione, attorno a cui si raccolgono i dirigenti della sezione di Milano. Subito dietro il labaro vengono nelle loro carrozzelle alcuni mutilati delle gambe, tra cui quelli di Arosio, dell'Istituto Vittorio Emanuele 111. Il corteo si incanala per via Orefici tra due fitte ali di popolo che saluta al passaggio lo bandiere, che plaude commosso alle carrozzelle e automobili dei grandi invalidi; mormorii, di più accorata pietà, parole ripetute di ammirazione e reverenza si levano al passaggio dei ciechi, quali raccolti a gruppi sulle automobili, quali che marciano a braccia di un commilitone, le cave occhiaie senza più sguardo, ma un sorriso di compiaciuta fierezza sulle labbra. La permanente atrocità di certe ferite orrende che deformano un volto in cui la plastica medica non è riuscita più che a sommarie suture informi, suscita nel popolo un'altra manifestazione commossa con espressioni di commiserazione e insieme di più alta a Limi razione. Mutilati del prede, di una gamba, camminanti con arti artificiali, col bastone o la stampella, tentano tuttavia di dare al proprio passo una fermezza sicura di marciare al ritmo marziale che le musiche scandiscono. E la sfilata prosegue interminabile. Di schiera in schiera, di gruppo in gruppo, fra l'ondeggiare delle handiere e la selva bianca e nera dei cartelli indicatori, si inframmezzano nel corteo musiche: quella dei tramvieri e dei dazieri milanesi, quella dei ferrovieri, quelle delle sezioni di Abbiategrasso, di Brescia, e quelle di altre varie sezioni. Il corteo, che da Piazza del Duomo defluisce f. nza cessa per via Orefici al Cardusio, prosegue per via Marav'srli sorpassa il corso Magenta, raggiunge via del Fascio, e da via Santa Valeria sbocca in piazza Sant'Ambrogio. La vecchia piazza, cosi raccolta e austera, è ben degna di ospitare questa adunata augusta. Gli edifici che la contornano hanno carattere reli"io*o o di sedi militari, o di sedi di stùdi. Dall'un lato, il Tempio di Sant'Ambrogio - il «Sant'Ambrogio di Milano», come lo ricorda il Giusti in una poesia famosa; — e presso alla Chiesa, entro i colonnati severi e le sculturate mura di grigia pietra del recinto, la marmorea' Cappella votiva dei Caduti milanesi, che alza l'eccelsa cuspide con il faro in cui la luce mai non si estingue, come non si estingue mai la memoria del sacrificio glorioso. Di rinipetto, la Caserma Garibaldi, dove ha sede il óO.o fanteria. E da un altro lato, l'edificio della cattolica Università dei Sacro Cuore, con la sua torricella e la campana dell'orologio. L'omaggio dei commilitoni inglesi Stamane, contro la facciata della Caserma Garibaldi, a fronte della Cappella votiva, è stata eretta una fila di tribune, adorne di drappi, di decorazioni tricolori. Dal centro delle tribune sporge un palco, anche questo decorato del tricolore, sormontato da un alto baldacchino di velluto frangiato d'oro, che è sostenuto da due antenne imbandierate. Lo stemma del Littorio grandeggia sul prospetto della balaustra. Da vanti al palco, da questo al prospi ciente colonnato e all'ingresso della Cappella votiva, è tenuto sgombro il passaggio, attraverso la piazza, da cordoni di truppa, del 5.o Alpini e del 27.0 Artiglieria da Campagna, e di militi. Un'altra tribuna è eretta di Ranco alla Cappella votiva. Mentre la piazza, in cui l'enorme folla del corteo si immette a flussi sempre più vasti e ingenti si va così straordinariamente affollando, davanti alla Cappella votiva si svolge una breve, significativa cerimonia, ti colonnello inglese Fred Abot, giunlo per presenziare a questa adunata dei Mutilati lombardi, depone davanti alla Cappella, dove grandeggia la bronzea statua d' Sant'Ambrogio, dove è la lampada votiva, una corona di rose, inviata dalla Federazione interalleata dei Combattenti. Sul nastro grigio è. la scritta in lettere d'oro: «Agli Eroi caduti per la Patria e por la civiltà ». La piazza è ormai lulla gremita. Sulla distosa delia folla, di questa inverosimile folla, di invalidi e di minorati, biancheggiano i cartelli con i nomi delle città lombarde, sventolano stendardi e bandiere e gagliardetti, li gremite di invitati sono le tribune. E gremite le finestre della Caserma Garibaldi, le finestre e i balconi dell'Università Cattolica. Nel recinto della Cappella votiva, in giro alla quale montano la guardia d'onore rappresentanze di tutte le Ann: e Corpi di stanza a Milano, fanti, bersaglieri, alpini con le baionette inastato, i lancieri con la lancia, gli artiglieri con la sciabola sguainata; nel recinto, dunque, si raccolgono i grandi invalidi e i ciechi. R intanto, nella piazza, alla folla dei mutilati si aggiungono altre rappresentanze : de: Gruppi rionali fascisti, con i gagliardetti, delle Associazioni patriottiche, studenti del Gruppo universitario, studenti della Università cattolica. Sul palco d'onore viene portato l'ormai storico gagliardetto del primo Fascio di Mi¬ lano e quello della Federazione Provinciale Fascista, e l'azzurra bandiera dei Mutilati. Sono presenti anche le maggiori autorità e personalità cittadine della provincia, generali dell'Esercito e della Milizia, la Consulta comunale e il Rettorato provinciale al completo, senatori, deputati, dame del patriziato lombardo. Si notano i senatori Alberici, Primo Presidente di Corte d'Appello, i senatori Botlet-ti, Resta Pallavicino, Sorniani, Greppi, Quartieri, i deputati Amilcare Rossi, medaglia d'oro, Presidente dell'Associazione Nazionale dei Combattenti, gli onorevoli Benni, Verga, Maggi, Lanfranconi. Motta, Tosi, il generale Santini, comandante la Divisione, con i generali Squillerò, ispettore dei Reali Carabinieri e Scimeea comandante il Presidio, Manni e Bosio comandante l'Aviazione, il Questore De Cesare, i membri del Direttorio Federale, il Procuratore Generale Albertini, il comm. Omodei-Zorini, Procuratore del Re, i membri della Commissione federale, il Corpo consolare al completo, rappresentanze di Istituti di cultura, presidenti e rappresentanti di Enti vari e di Associazioni cittadine. Si notano fra le dame le Medaglie d'oro madri e vedove di Caduti: donna Margherita Sai-fatti, le signore Marocco, Cozzi, Paselli, Riva, De Bernardi; le dame di palazzo di S. M. la Regina, la Principéssa Lena Trivmlzio, Segretaria del Fascio femminile, le signore Siragusa e Fabbri. Le musiche intonano inni e marcie patriottiche. Lo spettacolo della folla, nella Piazza, è di una imponenza impressionante. Scoppia un coro immenso e vivissimo di alala, di acclamazioni. Arriva il Duce, accompagnato dal fratello Arnaldo, dall'on. Landò Ferretti, capo dell'Ufficio Stampa della Presidenza del Consiglio e dal segretario dott. Chiavolini. Ad attende rio all'ingresso della Basilica — l'ingresso principale, nel settore della Piazza verso San Vittore — sono il Segretario del Partito S. E. Turati, S. E. Dino Alfieri, Sottosegretario alle Corporazioni, il Capo di Stato Magg. della Milizia, S. E. Teruzzi, il Prefetto gr. uff. Siragusa, il Podestà Duca Visconti di Modrone, il comandante del Corpo d'Armata generale Cattaneo, 11 Preside della Provincia avv. Fabbri, il luogotenente generale della Milizia Carini; l'on. Gorini delegato regionale dei Mutilati lombardi. La solenne Messa di suffragio La Milizia presenta le armi, mentre echeggiano i tre squilli di attenti. Il Duce scende dall'automobile, passa in rivista il picchetto e la Milizia, riceve l'omaggio delle autorità, e muove a entrare nel tempio. La grande porta della Basilica incorniciata di gramaglie frangiate d'argento, è aperta. Si vede, in fondo, l'altare maggiore sfolgorante di luci. Sulla porta, due canonici in veste corale si fanno incontro al Duce e gli porgono l'omaggio dell'abaie del Capitolo, poi lo guidano nell'interno della Basilica. Nel centro è eretto il catafalco, coperto dal Tricolore. A lato, è l'inginocchiatoio per il Duce. I cantori, che sono 1 bambini dell'Istituto della Provvidenza, intonano un canto gregoriano. A questo punto i canonici della Basilica escono dalla sacrestia in corteo, preceduti dall'abate monsignor Roncari, il quale inizia la celebrazione della messa in suffragio dei Caduti di. guerra. Durante la messa, poco prima dell'Elevazione, entra nel tempio Delcroix, e si unisce alle autorità raccolte in gruppo dietro il Duce. Terminata la funzione, il Duce, guidato da monsignor Roncar!, scende nella cripta, dove sosta davanti alle reliquie di Sant'Ambrogio e dei Santi Gervaso e Protaso. Quindi risale nella Basilica, dalla quale subito riesce; e attraversando il cortile bramantesco, raggiunge la Cappella votiva dei Caduti. Qua, sulla soglia, lo ricevono il sen. De Capitani d'Arzago, Presidente del Comitato del monumento, e 1 membri tutti dal Comitato. I Grandi Invalidi e i ciechi, raccolti nel recinto del monumento, acclamano al commilitone Mussolini Questi li passa lentamente in rassegna. Parla con i Grandi Mutilati d' Arosio; per tutti ha parole di incoraggiamento, di conforto, di plauso, ilmmobilàzzati sui loro veicoli, i Mutilati delle gambe levano entrambi le braccia in un atto di dedizione e di saluto, e gridano ininterrottamente: «Duce, Duce» perchè eg'i si volga a ciascuno di loro, perchè ad ognuno egli rivolga il suo sorriso, un cenno affettuoso. I ciechi tendono anche le braccia, verso dove sentono la sua presenza, verso il suono della sua voce, e lo invocano. Uno, quando il Duce gli pass* vicino, si protende verso di lui; ed egli lo accoglie fra le braccia, lo bacia sulle gote. Compiuto il giro del portico circostante la cappella, votiva, compiuto il giro del recinto, salutati ad uno ad uno i Grandi Invalidi, il Duce sosta presso la lampada votiva di bronzo, collocata davanti alla grande statua di Sant'Ambrogio, dalla parto del monumento prospiciente la piazza, dirimpetto alla Caserma Garibaldi. Il Duce versa lo spirito nella lampada e accende la fiamma. La folla dalla piazza prorompe in un urlo formidabile. Le bandiere sono levate alte e sventolale. Le musiche suonano l'Inno al Piave. La folla acclama « Duce! Duco!». Dalle finestre della caserma Garibaldi e dall'Università cattolica signore gettano fasci di fiori sulla folla dei mutilati. II Duce passa per il corridoio, aV traversa la piazza in mezzo alla fol-dla trattenuta da cordoni di solda-| tti e di militi, e giunge al palco d'o-!pnore- accomnaenato dall'ori fiori- sni rli l'on Pnltooix e rbu' corteol{ni aall on..Delcroix e dal corteo rdelle autorità, fra le ovazioni egli I (sale sul palco. Ancora tutte le ban diere si agitano a lui incontro, ancora la folla gli urla il suo amore e la sua devozione. Egli appare visibilmente commosso, fa cenno perche l'applauso cessi, perchè la folla, si taccia. Quando finalmente si ristabilisce un relativo silenzio, il delegato regionale dei mutilati lombardi, on. Gorini, dice: « Duce! Da tutte le città e dal borghi della terra lombarda, questa notte in colonne serrate, sono partiti migliaia e migliaia di mutilati eli guerra: l'alba li ha trovati in lieta attesa alle porte rli Milano. A loro nome e per la memoria di quanto avete compiuto, per la fede in tutto ciò che ancora farete, vi offro il segno che consacra questo nostro legamo, questa nostra ferie, nel chiaro simbolo materiato dall'arte dell'orafo italiano. Sarà esso, ed è, un premio ridia riconoscenza al Restauratore della Patria, perchè quando altri cedeva le chiavi per il baratto di una vita vile, voi iettaste attraverso la porta i nostri corpi e 10 nostra anima contro tutto un mondo crollante. Quel mondo, fu da vot rovesciato e l'Italia fu salva; novellamente sacra fu per tutti gli italiani la Vittoria, e intorno all'idea della vittoria troviamo oggi un popolo che lavora e che sale concorde nella nuova libertà. 12' giusto che noi che per la gloria e la vittoria della Patria abbiamo dato 11 nostro sangue e siamo pronti a seguirvi nelle battaglie cui vi piacerà di chiamarci, ò giusto che noi vi consegnamo con ijesto di orgoglio e insieme di riverenza questo segno di potere e di conferma. Ve lo consegnamo qui dove intorno a Carlo Delcroix, che parlerà per tutti noi, sono presenti i vostri più vicini e devoti compagni d'arme; qui dove è presente tutta l'Italia, dai capi ai più umili gregari, che vi adorano come un eroe de! mito e come una Idea. « Camerati, alzate le vostre handiere. presentate le armi, levate la mano. Al Duce consegnatilo questa insegna di comando con la promessa — che ha la forza di giuramento — di seguirlo nel nome d'Italia ». L'invito dell'on. Gorini è un co mando per la follia : tutte le braccia si levano, scoppia ima acclamazione strepitosa. .11 Duce impugna e alza il basto ne di comando the l'on. Gorini gli tia porto. Il bastone, pregevolissima opera d'arte, eseguita da Alfredo Ravasio, è di malachite decorata alle due estremità di motivi archi tettonici in oro cesellato e adorno di pietre preziose. La parte di sta porta un'aquila romana in oro a cesello, tutta incassata in diamanti e incorniciata da uina corona di alloro formata da smeraldi calibrati. L'aquila posa su due saette d'oro striate di rubini. Da parte di fondo del bastone termina con un grosso smeraldo inciso a festoni, chiuso da un brillante nero. La colonna, for mata da un'unica magnifica mala cinte, è decorata in alto di 6 rostri in oro cesellato. Il discorso di Delcroix Già applausi dilla folla si rinno vano quando accenna a parlare l'onorevole Delcroix. Questi con alta voce squillante, dice: « Duce, Voi non avevate bisogno di investitura. Dio ve la impose quando vi fece vasta la mente e il cuore. 11 Re ve la diede quando vi chiamò a sanare le piaghe e a compiere i voti del suo popolo (applausi). Voi non avevate bisogno rli sanzione perché dove vi presentate si rinnova il plebisci-1 to con una spontaneità d'amore [ap. plausi). Questo atto si ridurrebbe quindi ad una constatazione se il no stro ardore non lo facesse assurgere alla dignità di un rito. Noi siamo un poco 1 notari del popolo, e nei nostri segni non cancellabili, traduciamo le sue volontà, avendo per testimoni i morti, come su questa piazza, dove l'antichissima pietà di Milano si ravviva al ricordo dell'ultimo sacrificio. Voi siete il Capo: voi nasceste per il comando, voi ne riceveste la dignità e 11 mandato dalle mani del nostro grande Re e noi, espressione viva e verace del popolo, aristocrazia del suo antico sangue e della sua nuova storia, ve ne abbiamo rimesso l'insegna. L'offerta fu voluta dai Mutilati di questa Milano che giustamente considerate la vostra seconda città, perchè più che la vita vi dette le forze e gli eventi che non vi faranno morire. Ma qui, dove sono adunate le più belle ferite della gente lombarda, io vi dico che tutta la nostra milizia che tutto il popolo combattente furono Interpretati ne! dono. « Voi sentite che questo non è un qualunque dono, ma una fattiva insegna per l'idea che rappresentate e per la potestà che vi compete, per le giustizie che avete compiuto e per le vittorie ebe avete promesso. Nel consegnacelo noi intendiamo riconoscere che sta a voi di comandare e a noi di ubbidire {Un grande unanime applauso. Grida di: «Si! Si!»). Questo riconoscimento non ci umilia, anzi ci esalta, perchè noi sappiamo che co mandare è un'arte, ma ubbidire è una virtù; che l'ubbidienza è di chi crede e di chi dona, che sottomettersi è da forti e ribellarsi è da schiavi (Applausi fragorosi e prolungali). Tutta la storia insegna che i popoli più indipendenti furono quelli che ubbidirono di più. Lo stesso si può dire degli uomini, perchè anche nella felice libertà del pensiero. 11 problema è di sottomettersi, di accettare, di credere. Il problema è di ubbidire contro le tentazioni della superbia come contro gli istinti del disordine, ubbidire fino a conoscerne la .-'ioia. fino a sentirsi liberati nell'atto stesso dell'ubbidienza : liieslo si chiama fede, questo si chiama disciplina, e ogni verità discende iall'eterno nella vita: questo sì chiama senso di Dio, questo si chiama ••eliso della legge e l'uno 0 l'altro sono venuf agli uomini da noma (Vivissimi ■ 'usi). « Duce ! nche voi avete la vostra ubbidienza che è la più dura perchè dovete rispondere a tutti o a nessuno, perchè più non vi appartenete, perchè siete il servo della vostra missione e la vittima del vostro destino: la vo scuenigvcspacmcsbcancrv1vstra ubbidienza *i chiama responsa-!bilita. Nessuno può invidiare la sorte dei capi: essi sanno che la storia è un tribunale che non si inganna e il pop°lc un giudice che non perdona; essi sanno che tutti sono pronti a otvl{ierne le fortllne ma semPre Un0 S?l° rimane sotto a pes0 delle avversità, (Grida di « E' verol è vero! •). Essi 1 sanno di avere un solo presidio nella coscienza, una sola arma nella virtù, una sola gioia nel sacrificio. Votarsi e spesso immolarsi a una vittoria che non sempre potranno vedere: questo il destino dei capi, e non basta seguirli, ma bisogna amarli. 11 popolo vi segue e vi ama per questo: egli sa che voi siete superbo per lui, ma che siete umile davanti a lui, perchè, appena salito al potere, appena giunto a Roma, vi vide in un giorno piovoso cadere in ginocchio sulle scalee del monumento dove il suo Aglio giace che ha perduto anche il nome per non separarsi dalla vittoria. (interminabili ovazioni). Anche oggi, prima di ricevere le insegne della più alta dignità avete voluto pregare per i morti e chinarvi sull'ara ad accendere la lucerna che senza tempo arderà; cosi arda perenne la fede che avete accesa nel popolo, guidandolo con giustizia e servendolo con umiltà, pronto a ripetere 11 gesto di Decio romano, per farvi la vittoria sicura ». Una immensa ovazione corona la fine del discorso dell'on. Delcroix. Parla il Duce Ouindi il Duce, nel silenzio che subito si fa quando egli accenna a parlare, dice: « Camerati Mutilali! a Non è per la inclemenza della stagione, che noi abbiamo imparato a sopportare nelle trincee, via è per l'imponenza e il carattere stesso della vostra manifestazione che il discorso mio deve essere necessariamente breve e deve avere uno stile tipicamente militare. Il camerata. Delcroix ha già espresso, con la sua eloquenza fascinatrice, il significalo di questo rito. Io vi considero, 0 mutilati e invalidi di Lombardia e di tutta Italia, come i miei fratelli più cari. (Grida di bravo, applausi) E abbracciando, come faccio in questo momento, il vostro Capo, che vi guida da dieci anni con tanta sag gezza, con tanta abnegazione, con tanta intelligenza e con tanto amo re, io intendo di abbracciare spiritualmente tutti i mutilati e gli invalidi d'Italia. (Il Duce abbraccia Delcroix fra le ovazioni della folla) « Voi avete udito i miei discorsi di Livorno e di Firenze. Quesli discorsi hanno avuto tra V altro il merito di far strepitare tutte le oche che si sono messe a difendere i Campidogli pacifondai dei diversi paesi d'Europa. Mai sì vide spettacolo pia lampante di umana ipo crisia. (Bene). Parrebbe che solo in Italia ci siano degli aeroplani, perchè altrove evidentemente ci sono soltanto degli innocenti aquiloni di carta velina. (Risa). Solo in Italia esistono dei cannoni, perchè altrove non ci sono che delle canne da passeggio! (Risa). Solo in Italia ci sono delle caserme, mentre altrove ci sa rebbero soltanto degli ameni luoghi di svago e di raccoglimento. Solo l'Italia avrebbe la tracotanza di possedere una Marina da guerra, mentre le altre nazioni avrebbero soltanto delle navi da pesca o da diporto. Ora voi sapete che la realtà è profondamente diversa e che se tutti i Paesi sono armati o si armano, non si capisce perchè solo l'Italia dovrebbe essere disarmata e non dovrebbe giustamente armarsi. « Camerati Mutilati! u Voi mi avete offerto questo bastone, che avete definito « bastone di comando ». Ma per me questo è il bastone della mia obbedienza allo spirito della vittoria e alla volontà della Patria! ». Un'unica ovazione, strepitosa, interminabile, accoglie l'alta parola del Duce. Dall'alto del monumento ai Caduti sono liberati a volo, d'un subito, cinquecento colombi. E due mitragliatrici, postate sulla balconata che gira intorno alla cuspide, reiterano le fragorose salve. Il Du1 l scende dal palco e torna, attraversando la pia-zza, al monumento, e visita minutamente la Cappella votiva. Fra i combattenti E' mezzogiorno preciso quando egli, salutato ancora da interminabili applausi, lascia la piazza di S. Ambrogio, per recarsi al Castello sforzesco, dove, nel grande cortile, ha luogo l'adunata dei combattenti, dei soci del Nastro Azzurro e dei volontari di guerra. Quando la tromba squilla l'attenti, annunziando l'arrivo del Duce, echeggia nel cortile un formidabile «A noi!», mentre le musiche intonano «Giovinezza». 11 Duce si arresta un attimo ad ammirare il quadro che appare veramente imponente. Bandiere e gagliardetti sono alzati in alto in segno di saluto. Vicino all'ingresso si trova un piccolo gruppo di camicie rosse con la bandiera dei reduci garibaldini e schierata su di un lato la sezione del Mastro Azzurro con i generali ('■abbiati, Taddei, lo madri e le vedove di medaglie,d'oro caduto, Bossi Gallizzi, D'ondui e Cerati, la signo¬ rina Do Vecchi, decorata ossa, stessa della medaglia al valore. E' pure!Prese11 te il gruppo delle patronesse 1 de Illa mutua combattente. Sulla par- te del Castello è un plotone di Carabinieri in alta uniforme. Il Duce, seguito dalle acclamazioni e avendo ai lati le gerarchie combattentistiche milanesi, con la medaglia d'oro on. Rossi, percorre lentamente l'immenso fronte, salutato dai vaiti gruppi al suo passaggio. Quando passa davanti ai volontarli guerra — cremisi, dal colore della cravatta che portano a.l collo del nastro deile loro decorazioni Duce scorge il sen. Antona Traversi. Si ferma e lo saluta con deferente affettuosità. Allora l'illustre volontario, interprete del desiderio dei camerati, chiede al Duce l'onore di volere sciogliere i nastri che tengono avvolti i nuovi gagliardetti delle sezioni e di volerli con questo atto inaugurare. Il Duce accondiscende. Il presidente dottor Baglia Bambergi gli nomina a uno a uno i gagliardetti. Quando dice: «Gagliardetto Gruppo Corridoniano » il Duce, che aveva to mano una rosa rossa, la presenta all'alfiere dicendogli: « Per questo gagliardetto una rosa ». Mentre il Duce avanza, acclamato, una fanoiulietta ili divisa di piccola italiana sguiscia attraverso il servizio di ordine e corre a porsi dinanzi al Duce offrendogli un mazzo di rose bianche, che Mussolini gradisce. Indi accarezza l'ardita piccina. Il Duce sale quindi al primo piano della Torre Umberto I; all'appassionato richiamo dei combattenti si affaccia al balcone. Dal basso sale formidabile, scandita, una invocazione: « Duce! Duce! ». Questi accenna a voler parlare. Allora, come ad un comando si ristabilisce sull'istante un religioso silenzio. Egli, dopo aver salutato romanamente, pronuncia poche parole" esprimenti 'a sua simpatia per i combattenti. Tra grandi acclamazioni il Duce lascia quindi il Castello Sforzesco. Dopo l'adunata al Castello, il Capo del Governo si reca direttamente al palazzo municipale, Palazzo Marino, dove attendono il Podestà Duca Visconti di Modrone, i due vice-podestà prof. Gallavresi e commendatore Degli Atti, il gruppo dei consultori, mons. Cavezzali in rappresentanza di S. E. il Cardinale Schuster, tutte le dame di palazzo di S, M. la Regina, altre autorità e rappresentanze. Uno squillo di tromba annuncia l'ingresso nel cortile del gonfalone municipale della città. Un altro squillo di attenti annuncia l'arrivo del Duce in piazza della Scala. Questi entra a Palazzo Marino accolto da una frenetica ovazione. Salito al loggiato superiore, porta il suo omaggio alla lapide dei djjpendenti comunali caduti in guerra, e firma l'albo d'onore. *?i interessa quindi alla mostra dei progetti del piano regolatore della città. Quindi il Duce col Podestà ritorna nel cortile. Dopo la visita al palazzo è accolto da un coro improvvisato. Sono i mutilati della sezione di Padova, i quali intonano 11 canto: «Dio potente salute al Duce». Il Capo del Governo ascolta in nieui sull'attenti, poi si avvicina al gruppo dei cantori ed esprime il suo compiacimento. Fra rinnovati applausi degli invitati nel palazzo e della folla che gre misce piazza della Scala, il Duce la scia Palazzo Marino. « Abbiamo imparato da voi a lavorare bene » Nel pomeriggio il Capo del Governo si è recato a visitare, senza avere dato precedentemente preavviso, le officine dell'Alfa Romeo. Là il Duce ha sentito ancora vibrare fremente, l'anima del popolo dei lavoratori. Erano le 14,10. Nulla nello stabilimento faceva presumere la visita imminente. Improvvisamente, una automobile ha varcato il cancello dello stabilimento, fermandosi nel vasto cortile d'ingresso. Il Duce, che era al volante, ha fermato il motore e disceso dalla macchina si è avviato verso gli uffici. Indossava un abito da passeggio. Il portiere lo ha riconosciuto subito, e urlando « Il Duce! Il DuceH » si è precipitato verso un gruppo di tecnici fermi nel cortile per avvertirli. I dirigenti sono corsi incontro al Capo del Governo, mentre la notizia del suo arrivo si diffondeva nei vari reparti, accolta con alte grida di esultanza. L'on. Gianferrari, consigliere delegato dell'Alfa Romeo, è andato incontro al Duce. La notizia della visita giungeva intanto fino alle più lontane sale ove le maestranze interrompevano il lavoro avviandosi verso il cortile. Ma bastò che fosse comunicato agli operai il desiderio del Duce di vedere tutti al lavoro, perchè ognuno ritornasse subito alla propria officina. I! Duce è accompagnato dall'ori. Gianferrari attraverso i vari reparti fra l'entusiasmo degli operai. Viva il Ducv, viva il primo operaio d'Italia — gridano essi. Dopo di aver visitato le sale delle presse idrauliche, il padiglione delle forgio e quelli delle fonderie di alluminio e bronzo, Mussolini assiste alla prova del funzionamento del motore di 225 e 250 cavalli che porta il nome augurale di. Dux. Applausi, al«là, invocazioni degli operai, sorrisi aporti del Duce. Ritornato nella mezz'ala centrale Mussolini, attorniato dai dirigenti, ò stretto dalla folla degli operai — 2300 -- che continuano ad applaudirlo calorosamente. Operai giovani e vecchi, esperti ed apprendisti, lo accerchiano urtandosi, premendosi per farglisi vicino. Lo zelo e la volontà dei dirigenti non bastano a jcreare un cordone di protezione, sia I anche lieve. 11 Duce appare commos sodi tanta schietta letizia, della ma¬ ssppb l è nifestazione cosi spontanea; c felici sono gli operai della visita che è considerata prezioso premio alle loro fatiche. .Dei sentimenti della maestranza si fa interprete il fiduciario del gruppo aziendale, il quale esprime con parole commosse di gratitudine dei lavoratori per questa ambitissima distinzione. Il Duce poi intavola una affettuosa conversazione con gli 0perai, dichiarandosi contento del loro lavoro e della manifestazione tributatagli. Un operaio grida: Abbiamo imparato da voi, Duce, a lavorare ben*. Mussolini sorride. Poi entra nella sala del consiglio di amministrazione, ove esprime all'on. Gianferrari il suo compiacimento. Risale quindi sulla macchina, si rimette a.l volante per ripartire. Ma la massa lo accerchia., mentre alcuni spingono a braccia la. vettura. Lo spettacolo è indimenticabile. La dimostrazione si snoda per il viale Certosa e per il corso Sempione. Finalmente l'automobile si può1 mettere in marcia, Liberata dalla stretta e prende la corsa par il viale. Ma gli operai non sono ancora paghi e iniziano cosi, in 2500, una) fantastica corsa negli abiti da lavoro. L'inseguimento evidentemente è vano. Pure è continuato per centinaia di metri, mentre la popolazione sorpresa non si rende conto di! quello che acca.de. Gli operai rieu* frano quindi allo stabilimento, do-> ve hanno la sorpresa di apprendere che il resto della giornata la-> vorativa in ricordo deU'a.weniinen-> to memorabile era concesso in vacanza e che 25 mila lire venivano! offerte dal Consiglio di Amminsitra-' zione a favore delle opere di assistenza interne del gruppo azien* date. Nella serata, il Segretario del Partito S. E. Augusto Turati ha visitato i vani grappi sezionali congratulandosi con 1 dirigenti per it perfetto funzionamento. MARIO BASSI. il ■ ■ f Sanguinosi episodi della rivolta in Indocina] Parigi, 22 notte. Al principio di questo mese un laconico telegramma sul quale il Ministro delle Colonie si è rifiutato di fornirà particolari complementari, aveva annunciato che dei sanguinosi evanti si erano svolti il primo maggio a BenThuy sulla costa del Mar di Cina, pòi si è fatto il silenzio. Venti morti, quaranta feriti, tale era la sola indiscrezione ricevuta a Parigi. La Libertà pubblica oggi, secondo lai narrazione dei testimoni, in qual modo si è svolto il doloroso evento che non è se non un tragico episodio della propaganda nell'Indocina. Scrive il giornale: « Ben Thuy, situata ad una distanza' pressoché uguale da Hai-Phong e da' Hue, è un centro di agricoltura e dì industria abbastanza importante. Lai città non è priva di incanto e il viaggiatore conserva il ricordo delle sua' larghe banchine. Qui il primo maggio ben 1500 ammutinati si avanzarono verso lo stabilimento ove vengono fabbricati i fiammiferi e dove sono occupati 700 operai. « Non era una manifestazione spontanea, essa era stata, per contro, preparata con molta cura. Da parecchia settimane gli operai arrivando al lavoro erano avvicinati da' emissari misteriosi dalla tuniche scure, che consegnavano loro opuscoli incitanti alla rivolta « Rivoltatevi — dicevano loro — t vostri salari non vi permettono di vivere. Rivoltatevi contro le imposte che vi schiacciano! ». ■ Si poteva dunque sperare che gif sforzi dei sobillatori sarebbero stati vani e infatti all'apertura dell'officina il primo maggio alle 6 del mattino, nessun uomo mancava. Però la notte precedente varie riunioni erano stata tenute nei dintorni, e, approfittando dell'oscurità, i dimostranti si erano raggruppati nei boschi circostanti aspettando il sorgere del giorno. Invano distaccamenti di polizia avevano battuto le risaie « Ma quando l'alba sorse, 1 cospiratori, in numero di circa 1500, incolonnatisi, avanzarono verso lo stabilimento. « Senza grida, senza • bandiere, nel più alto silenzio, sotto la direzione dei loro delegati, i dimostranti avanzavano verso Beu-Thuy. Altri più numerosi ancora — circa 2000 — avanzavano contemporaneamente e nello stesso ordine verso il villaggio di Cat-Gnan. • Le misure di sicurezza furono prese frettolosamente. L'ispettore Petit, che dirige la polizia locale formata da militi indigeni, prese risolutamente il comando di un gruppo di 50 uomini, armati di fucile, e, accompagnato dai Mandarino-Amministratore si recò incontro ai dimostranti. « L'incontro fra i due gruppi ebba luogo a meno di due chilometri dallo stabilimento. Una prima intimazione, tradotta dal Mandarino che serviva da interprete, rimase senza risultato. Sempre silenziosi i dimostranti continuavano la loro marcia in avanti. « Preoccupandosi di evitare Incidenti sanguinosi, il signor Petit fece ripiegare le sue truppe a 500 metri Indietro. Colà una nuova intimaziona non ebbe miglior successo. La marcia ininterrotta di quella massa di uomini continuava in mezzo a un silenzio implacabile più Impressionante che non tutti i canll e tutte le grida. Infine si giunse in vista dello stabilimento dietro ai cui cancelli gli operai e i commercianti francesi della città erano riuniti. - Una decisione si imponeva per, evitare 11 rinnovarsi di tragici scontri; occorreva ad ogni costo arrestare l'orda, minacciosa. Dopo un'ultima intimazione, riuscita anche questa volta vana, la milizia indigena sparò: cinque morti e quindici feriti rimasero sul suolo. Al rumore delle detonazioni i dimostranti si sparpagliarono e scomparvero sempre nello stesso silenzio. « A Cat-Gnan 1 fatti si svolsero m modo identico. Sedici morti e 25 feriti pagarono quella pazza impresa, la cui responsabilità incombe assai più sui comunisti seminatori di rivolta, che non sui disgraziati indigeni, tropi [io creduli, che la subirono.