A tavola con l'ombra di Valdrighi

A tavola con l'ombra di Valdrighi A tavola con l'ombra di Valdrighi o a a i a e si a o, ò oindi di E te ue n ui oi li 1 ve no l¬ modena, maggio. Là, verso dove fu la porla ili San Kr-ancosco, e prima ancora nominata di Ba zolla in, o Raggi uvara, dal castello per cui indi si procedeva, camminando poche miglia, — e net-la campagna intorno al castello s'insediò già e prosperò una colonia di Bavaresi; ma questo, dai tempi di Bosmunda e di Alboino; — senz'andar tanto lontano, devo termina il eorso di Canalcliia.ro, oggi anzi corso Trento r. Trieste, e l'amica chiesa di San Francesco leva in ro.-so laterizio e grigia pietra la nobile umilia del suo gotico romanizzalo e disadorno, e da tergo, il campanili; arguto; io mi so lù una pizzicheria, doviziosa di ghiotti prodotti in bella mostra; e nel retrobottega, all'uso ti ore'mi no, vi servono da mangiare e da bere. Cucina casalinga, vino di privati: cene tagliatelle e certi tortelli, toi'tc.iliiii e tortelloiiii, certo zampone, certo lambnisco, che a ridirne fa mestieri la Musa, dopo che s'è ben mangialo, e se n'ini la sua bottiglii.-i in corpo, o piuttosto 1" mùltiple bottiglie. Quella spuma porporina del vino, sussurrante odorosa frizzante, v'c. allora sai-itn tutta ad cervello, sottilissimo gii> esilarante, depurati-simo Idrogeno all'aerostato della, fantasia, e con il fiammar d'uro del Sale che maturò i bruni grappoli, (prèvi daii testoni di pampini tra gli olmi, d'argine in. argine, lunghesso il Panaro e la Secchila. O oui, o in altra di queste pizzicherie-osteria, caratteristiche di Modena come di Firenze, e cui il genio di l'aiitagmel intreccia coroide, il Carducci veniva, con qualche scelto amico, espressamente da Bologna, dove l'ure it vanto della buona cucina succulenta e antico e perenne; e arrivati sulla porta, con propositi adeguati, e per il mangiare e tanto più per il trincare, s'abbracciavano commossi e si salutavano: — Addio, addio. Chissà? Ci rivedremo a Bologna... — Che non si sapeva come finirebbe; ma per il ritorno ognuno s'affidava già al suo santo patrono. Vecchia Modena biella stanza bassa e un po' allumi caia, che ricorda le taverne del Nord rivestiti i inuri in giro, lino a mezza iliezza, d'uno zoccolo di legno, con le panche infisso, con allineate davanti 10 rettangolari tavole, di lucido noce, pesanti, cui ricopre il candore della grossa tovaglia, e sopra odora, ancora caldo, il pane; siamo in tre, adesso, a tavola: con me, la negra bottiglia discretamente panciuta, soffusa per il collo d'un grigiore diafano di polvere, e l'ombra amica del conte Luigi Francesco Valdrighi, questo appassionato ed eludilo raccoglitore di storie e aneddoti e curiosità modenesi, t cui libretti, modesti neUMateiMo divulgativo, accolgono tanta ricchezza di notizie, e oggi sono diventati preziosamente- rari. Ecco: se levo il capo, dalla flnest re-Ma Inquadra contemplo, oltre il portico, un lato della piazzai e il fianco dalla chiesa di San Francesco, con l'annesso convento, trasformato in se de del Seminario vescovile. E mentre l'oste-pizzicaignolo ci affetta il prò sdutto, rosato e tenero come- te carni rubiconde d'una femmina coneggesca, e l'arietta non con la macchina americana, Dio ne liberi! che guasta tutto, profumo e sapore, ma a mano, con 11 coltello flessibile, come solo si conviene ai buongustai, tagliando sapientemente la foglia sottile con unti successione appena percettibile d'on dicelle, che accompagnano l'andamento della fibra carnosa, e susciteranno poi al palalo tanto più intenso e fine il gusto; nell'attesa, l'ombra del con te Valdinght ci parla discreta, sussurrando un po' roca di tra le pagine del suo originale e dilettoso Disio/ia rio storico-etimologico delle contrade e spazil pubblici di Modena, con relative Appendici e noie, e VAggiunta; accennando, dalla biquadra, chiesa piazza: « ... Scrostiamo per un istante dal tempio di San Francesco quell'intonaco borghese...: torniamone il campanile alla sua svelta ed elevata statura: si rifabbrichi la mole merlata di Porla Bazohara, colle sue torri, casseri, palizzate: imagiiiu-moci le case dei Frodi tutto sporti e pinelTe; aggiungetevi, rasentante il Canal-chiaro scoperto, disegnala in sfumatura la confusa marcia di un drappello d'uomini d'arme, dallo maglie d'acciajo, dalle lunghe picche, dai minuscoli scudi rotondi, dalle quadre o tondeggianti celate: mescoliamoci un po' di chiaro di luna: e per incanto ava-assi una scena di Modena medioevale, a consumo degli archeologi romantici e forse atta a fermane i eataswèptici più arrabbiali... ». Ha un po' il vezzo dot tu'i nari o di liuttleho l'orimi arcaica o delle parole arzigogolato, il buon Conte dell'Ottocento : — qne' cutustrciitici, se li chiamava pianamente, verbi-grazia, distruttori, non dava fuori forse tutto, esattamente, il suo pensiero; ma si avanzava, e ci avanzava, oh contraddizione in pertenbitletdiorabpiode pacodcondedemevaEMdemile Fracomseslroziovai goIli Aliniprsi gupabidestapzavimgiad fapodsccouiVsuunsiteanerdpgovcMfarjqrmmpictnrnbodactSusrgdcds e e n te-mundi -;i greco barbarismo. Ma er informato e preciso, c un porento: degno di riattaccarsi, con le deite proporzioni, nel tipo suo di diettarne, alla sovrana tradizione stuiosa modenese, del Muratori e del Tiabosciii. Quella descrizione, per esemio, del drappello d'armati, corrispone a verità, con impeccabile cura dei articolari; come si può constatare dal odice dell'Archivio Capitolare, che ontiene la. relazione della costruzione el Duomo, e da cui si ricavano gl'ientici dati, del costume e dell'armamento delle milizie modenesi medieali. Educande travestite da paggetto Ma ancora — rievoca ancora l'ombra el Valdrighi, mentre io vo mescendomi lambnisco sul prosciutto, e attendo e faglia te Ile, — questa, di piazza San Francesco, e la scena prescelta nella ommedia di un Anonimo del decimoesto secolo, dell'Accademia degli Inrollati, di Si'a-na, macchinosa e liceniosa commedia, intitolata Gl'inganati, arieggiuntc, nel gusto dei tempo, litui della (Mandria, della Mandraola, ina di lontano, c della Clizia, e li it dappresso i tipi dell'Aretino e di Alessandro Picoolomini — per citare ni altro cognitamente da Siena. « ... Vi si nomina Porta Bazohara, presso il convento de' Frati Minori, si fanno allusioni ai loro beato padre guardiano e al padre predicatore, che paga la lavandaia con fiaschi di tribiano. In essa sono assai vivamente descritti i disordini de' nostri monasteri, specialmente di monache, da ciò apparendo ch'erano veri reclusori forzati, e che una seria questione sociale vi si agitava: escivano bene spesso le monache e le educande vestite a foggia di eleganti paggetti, e prestavansi d tiruvestimerrto a vicenda, per cosi far* i fatti loro. Conseguentemente diporta vansi in parlatorio; e leggendo d'Ingannati sembra di assistere alle scene monacali dei conventi del secolo scorso » — l'ombra parla com'uouio dell'Ottocento, — « di Genova e Venezia, descritta dal Casanova nelle sue Memorie. ° 11 nostro Bellerofonte Castaldi, in una capitolessa satirica delle sue poe sie bernesche inedite — del diciasettesimo secolo — allude pure a fatti anco peggiori... \e-0l'Ingannati sono eroine di queste scene suor Amabile de' Cortesi e Lelia Beltencina. C'è proprio da ridere quando si odono cene geremiadi sulla, corruzione dei tempi odi orni. Gherardo, un vecchio rubizzo e verde, mette in burla certi sbarbatelli clic andavano facendo il, bravo per Modena col pennacchio ritto alla guelfa, con la spada alla coscia, col purjnal di dietro, con la cappa di seta-. questi bellimbusti non duravano pure un anno ad amare una sola, e un mese davano la berta a questa e un mese a quell'altra. Lelia Bellencina poi, quantunque vestita da paggetto in traccia del bel Fabio Carandino, recita una specie di ballata da contralto contro la scorretta gioventù modenese, che ha tali disonesti costumi, da rapire persino lo ragazze che uscivano sole nel mattino... ». E non facean da burla, que' bellimbusti sbarbatelli. Cosi, con le donne; o al giuoco? O non fu proprio un M» denese che volle giocare una partita a' zoni — cioè ai birilli — nientemeno che col Diavolo?... Modenese del contado, di Sassuolo. « ...Certa cronaca racconta che in Sassuolo, nel 1(116. si trovò appiccato uu giovinotto di diciott'anni. Appassionato giocatore agli zoni, aveva boriosamente sfidato il Diavolo a quel gioco : il Diavolo gli comparve per davvero, gridandogli, con voce chioccia, il — sono qui — di Metistofele al dottor Faust. Non si spaventò il Sassolese: e pattuissi, a proposta del Diavolo, che il perdente fosse strozzato e appeso dal vincitore, li cronista scrive che il Diavolo fu vincitore... o tenne là parola... ». Storia dello zampone Jl garzone porta in tavola lo zum pone fumante. .E l'ombra del conte valdrighi, ecco, pronta a istruirci: « ...Un certo Tamanini, al principio del secolo » — sempre il suo secolo, secolo scorso, — « aveva il monopolio di questa specialità tutta modenese, lenendo sull'entrata del suo negozio duo belle statue di moretti di cartapesta, che presentando su guantiere il salitine di bocchia — come allora dicevasi la mortadella — servivano di richiamo alle vendite del negozio. La fabbricazione delle carni insaccate di maiale è antichissima in Modena: Plinio parla delle eccellenti nostre razzo porcine, ben pasciute colle ghiande delle interminabili foreste dquerele, che attorniavano questa vetusta colonia dei Romani. Celebri orano le salcizze e. i salciccionl modenesnel secolo XVI. Quando veramente fosso creato il zampone, non è finora accertato; ma si può argomentare chealil mCodie sepmststchvemincrupdstdtrvbadddtnlmntvtggccqcpqBvS« gn a , e i e , , e e ie aò re e gsi si io e eo e e n e tti o le one pi e li er elua-. uun un na to realdeda vame; M» ita no onal principio del secolo scorso » — cioè il -Settecento — « fosso ili già in com marcio; perchè il marchese Alfonso Coccapani, nelle sue stanze sulla Fièra di Sant'Antonio, parla di ,< ...salcicce e znmpon collo... ». — Già: le allegre ottave del marcite se Coccapani datano appunto dalla prima metà del secoli" XV'IU. Ma l'ombra, con dignitoso stissiego1 mi ribatte: «... Costante sempre nelle ricerche storiche anche su questa curiosità gastronomica locale, potei assicurarmi che, prima della data risultante dai versi del Coccapani, era di già costume modenese, in pieno secolo XVlt, insaccare le carni porcine nell'involucro delle zampe del majale : perchè in un dipinto a olio rappresentante la piazza dì Modena nel detto secolo — dipinto che sta nel Musco Civico nostro, molto osservabile pei costumi dell'epoca, — veggono appesi all'architrave della bottega d'un salumiere, verso la contrada del Castellare due ben delineati zamponcini, unitamente a saturni, eccetera. E' una vera scena di genere fiammingo, quantunque d'ordinario pennello, questa piazza di Modena del 1600. Bravacci con tanto di trombone, soldati da-!le rosse casacche, notar! in neri sajoni e con bianche lattughe al collo, cantimbanchi, charmeurs des serpents, l'erbette colla donnetta che lo. guida, venditrici di vèntole, dentisti, a cavallo, operanti 1 vallami, signori in sfarzosi costumi, tutto, ripeto, v'c degno di studio per gLi usi del tempo... ». — Tornando allo zampone... « ... Nel ISjO... il Zibaldone di un gastronomo modenese, edito dal Vincenzi, ha parlato in" genero delle specialità gastronomiche nostrane, fra le quali il primo numero è dedicato al cotichino, e alla di lui variante il zampone, e il secondo alla salsiccia, della quale — scrisse Alessandro Tassoni — Brune-Ilo Sabatini da Modena fu inventore... ». — Questo ricordo: primo canto delia Secchia rapita: « ... L'oste del Chiù, Zambon de! Moscadello. Facea tra gli altri una crudel mina: Una zazzera avea da farinello. Senz'elmo In tes'a e senza cappellina. Si riscontrò con Sabatin Brunello, Primo lnventor de la salciccia fina: Che gli tuffilo 'niella testacela riccia Con una pestarola da salciccia... ». L'ombra prosegue e conclude: »... L'episodio, poi, della vita d'un barbiere Moderine in ritiro, che altro non è che l'Oca rapita del fu capitano Magninolo, stampato in Modena, cita due versi della Salameide del Frizzi di Ferrara, contemporaneo al nostro Coccapani. Que>ii così cantano: Col nostro eotichin, come fratello, Di Modena il zampetto al par cam- [mina... « In fine Norberto Bosa, nelle sue sestine iu lode del porco, dice i zampetti di Modena -'ssere, essi soli, degni d'un poema in dodici canti... ■>. Grassa cucina squisita, ed esultante vino, vezzose e gajé donne — e di queste riuscirebbe cosi lunga la lode, ch'è meglio la rimandiamo ad altra volta, e baJili a scapestrati giovani, dotti studi e geniali, e matta poesia ridanciana, salrvcl città della Bonissima e del Patta, della Ghirlandina e del brisa, del lambnisco e delio zampone... — Garzone, bisogna idrogeno all'aerostato: un'altra bottiglia. MARIO BASSI lanuptarecebsmnaptenldsceDlSbcgrtsM1