Avventure di italiani nei Giri di Francia

Avventure di italiani nei Giri di Francia Avventure di italiani nei Giri di Francia Adesso, gli organizzatori di quel grandioso carosello sportivo c speltacolistico ch'è il Giro dalla francia, fanno la corte ai nostri corridori, e li invitano, li vezzeggiano, varaniisconn Loro, per modo di dire, ponti d'oro: pur di averli in gara, e poter sbandierare la presenza degli Italiani contro le squadre delle altre Sazioni. Non solo nel calcio i nostri campioni sono considerali indispensabili a giusta ragione,- ed è un onore meritalo perchè oramai non si possono organizzare competizioni di carattere e d'importanza europei senza che anche noi vi partecipiamo. Sello sport come negli altri campi, gli italiani hanno qualcosa da dire. Il primo tentativo di Cerbi Venti e più anni fa era cosa ben diversa. Non esistevano ancora, da noi, le corse die più lardi invogliarono l'industria d'Oltralpe a far scendere sulle nostre strade quegli squadroni misti franco-belgi che ci tacevano reslare con la bocca spalancata. Venivano, correvano, vincevano. E' vero che, a furia di prenderle, imparammo a darle, e un bel giorno d'aprile del 1009 cominciò Canna a dare agli stranieri una lezione col flocchi, vincendo la Milano-San liano. Qualche anno dopo, a corridore-gentiluomo di acile, Mlchclelto, riportava in Francia, la prima vittoria italiana in una corsa in linea: aveva allora inizio la serie del successi italiani nelle gare internazionali, sia sulle nostre strade che su. quelle degli stessi avversari, che imposero anche all'estero i nomi di Boltecchia, di Oirardcngo, di Belloni, di Binda. Eravamo, si può dire, all'età della pietra... del ciclismo come sport quando un italiano ebbe l'audacia di recarsi in Francia per cimentarsi con quel corridori nelle prime gare su strada. Da noi non si disputavano che poche corse per dilettanti all'anno, e fu dopo averle vinto con dei vantaggi che salivano perfino a mezz'ora, che Cerbi s'indusse ad andare alto^rlccrca di nuovi avversari. Aveva appena diciannove anni, questo corridore astigiano, quando, senza aluti di sorta, munito di poche lire, si allineò alla partenza del « Tour » del 1904. Non era il coraggio, però, elle gli faceva difetto. Strano impasto di smisurato orgoglio e di sùbite debolezze, questo giovane doveva di li a poco diventare la bandtera dello sport ciclìstico italiano. Ma quando andò a quel Giro della Francia era scarsamente conosciuto. Il suo tentativo interessò poche persone. Le bastonate di St. Etienne la sera dell'S luglio 190ì, partono da Parigi ottanta corridori pel secondo ' Tour » organizzato dal giornale fondalo du Desgrange due anni prima. Sono fra essi I migliori routiers del tomento: t fratèlli Garm, Aucoutliner, Ilèaugendrc, Frederick, Cornei, l'ulliier, llorlignac. Al quattrocentesimo chilometro della prima tappa Parigi-Lione, il gruppo di lesta conta saliamo tre corridori: Maurice Garin, iothier e l'italiano I Due corridori all'apogeo della loro fama e della loro forma, e il terzo, ancora giovanissimo, quasi un. ragazzo, destinato ad emularli e ad offuscare un giorno la loro celebrità. Il vantaggio sugli inseguitori è cosi marcato, che Cerbi, sfinito pel digiuno, non avendo come gif altri, l'automobile di rifornimento, preferì rinunciare alia lotta pel primo posto e fermarsi in una cascina a mangiare un boccone. Mal aliene incolse, perchè al¬ o e . l , a , o , o i rn l¬ lora nelle corse ciclistiche s'usava anche... l'automobile. Mentre era fermo a riformarsi, tre o quattro corridori 10 sorpassarono camuffali, da automobilisti, e quando Cerbi arrivò a lione, invece di terzo si sentì classificare sesto o settimo! Il suo reclamo fu, naturalmente, respinto. La tappa susseguente era da Lione a Marsiglia, circa 400 chilometri. In essa, si produssero deplorevoli incidenti, che rnitero l'astigiano fuori corsa. Allora si diede dei tatti questa versione. Gli abitanti di ut. Etienne, sobillati da un corridore locale, avevano deciso di aggredire Garin. Costui, non riconosciuto perchè s'era tolto li numero, ai suoi... amici che al controllo chiedevano di Ini, rispose: — Garin è di dietro che viene! Chi veniva dopo ora Cerbi, che, scambiato per Garin, fu brutalmente percosso ed ebbe la bicicletta rotta. Che gravi irregolarità fossero avvenute quell'anno, lo dimostro la squalifica a vita che l'U.V.F. pronunciò contro t due primi arrivati Garin e Pothier. L'anno dopo. Cerbi ritentò ancora, ma dopo essere arrivato sesto nella prima tappa, si ritirò nella feconda. L'ammirazione di Desgrange Vn nuovo tentativo fu fatto nel 1907, stavolta da tre corridori milanesi. Accompagnali da un giornalista che t'era preso l'incarico di far loro trovare 11 rifornimento a un controllo lungo la corsa e. l'alio agio alla'Città, di tappa, Ganna, Gaietti e Pavesi s'imbarcarono nella orande avventura. Nelle prime tappe, nuovi com'erano a quelle strade e in quelle corse, stentarono a farsi luce; ma dopo una settimana sapevano già come comportarsi nella difficile compagnia che comprendeva celebri campioni conte Petit Breton, Trousscller, George!, Cadolle, Van Houwaert, Passerieu. Ho dinanzi agii occhi una copia dell'Anto di quel giorni. La prosa convincente e commovente di Desgrange descriveva su quelle colonne le peripezie d'una lappa faticosissima, da Lione a Grenoble attraverso u massiccio della Grande Chartreu- i se che si scoiava dal. versante di Cham-1 béru, diciatto chilometri d'estenuante trfudgl'datrcPdcpegnscfssalita: .... Nel momento in cuil telegrafo.\vl corridori avranno dlgla dimenticato \ ti martirio a cui sono stati sottoposti: fi non godranno che la gioia d'aver \superato la più crudele di tutte le tap- upe del Giro di Francia. Con mia gran-\vde sorpresa, l primi a cedere sulla sa-Uula furono Petit. Breton e Cadolle, poi \ Fabcr e Gaietti. Vn chilometro oltre, [per uh nuovo sforzo del primi, Pavesi]gfi staccato, poi Ugnon. Restarono in\presenza quattro nomini soltanto: E-\nule George!, Garrigou, Van Houwaert \ e Canna... ». ili .giornalista descrive con tocchi sobri ma pur coloriti la lotta fnribon-\da che si svolge sulle serpentine delhv.strada, sotto il solleone accecante: iliritorno inaspettato del gigante Faber,\la ripresa del piccolo Gaietti, la defaillance di Garrigou che si butta in una fontana per spegnere l'arsura che la faceva impazzire, e infine l'arrivo a Grenoble, ove 1. Ire italiani arrivarono terzo, quarto e quinto, acclamatissìmi. Altre peripezie di Gerbi Ma nelle tappe seguenti i nostri non furono fortunati: ''arie cadute, obbligarono Ganna e Gaietti al ritiro, e soltanto Pavesi potè portare a. termine l'aspra fatica piazzandosi al settimo posto. Al ritorno in patria molte feste furono falle al primo italiano che fini IX Giro della Francia; col ricavato d'una sottoscrizione popolare gli fu offerto un cronometro con quattordici medagliette d'oro quante erano stale le tappe del. * Towr •, e credo che sia quello uno dei ricordi più gradili che conservi della sua carriera di corridore l'attuale direttore sportivo della » Legnano ». Nell'anno dopo, 1908, si assistè alla prima partecipazione in. forze degli italiani. Due ditte francesi se il disputarono per rafforzare le loro squadre. Cerbi era il... Girardengo dell'epoca. Appena ritornato alle corse dopo una lunga squalifica, aveva riportalo tre vittorie consecutive. Della comitiva faceva ancora parte Canna, oltre a]runlolo, Bossinnoll, Cnneparl, Gaietti,\Pavesi e Chiodi. La classifica finale HÌvedeva a questi posti: Ganna quinto.'Hosslgnoli decimo. Canepart dodice Simo e Cerbi ventesimo. Ma si deve dire che. poco curali dai manatgers delle Case per cui correvano, gli ital'anì non avevano potuto difendere appieno le. loro probabilità: quando poterono regolarmente fare la loro corsa. Ganna e Cerbi — 1 migliori indubbiamente del lotto — furono pari agli avversari. Ganna fu secondo nella tappa di Metz: Cerbi sarebbe certamente arrivato primo a Nizza senza una caduta che, nelle vicinanze del traguardo, non avesse interi olio la. sua fuga. Con la bicicletta in spalla, Gerbi dovette percorrere al passo ginnastico gli ultimi chilometri. Ancora a piedi, l'astigiano fece il suo ingresso al Pare des Princes nella tappa finale, ultimo arrivato alla presenza, del cronome trista e delle tribune vuote, chilometri da Parigi egli formava con Petit Breton, Cornei e Faber il gruppo di testa, quando gli si spezzò la forcella e la ruota anteriore se n'andò per conto suo. Un tentativo fallito Se la. prova dì. Gerbi fu infiorala di episodi drammatici [in'una. tappa lungo l'Atlantico scappò con Petit Breton nella notte, ma cadde e rimase due ore svenuto sulla spiaggia senza che alcuno se n'accorgesse) quella di Ganna fu più regolare. Il Varesino si mostrava sin d'allora in possesso di quel- I venti podi aon Cfte ranno appresso gli dove \vano permettere di vincere il primo j fl\ Giro dell'Italia, vo: Quelli erano i tempi eroici, quando l sf \n0stri corridori armati sollanto di fi-;m uiucla nelle, proprie forze non teine- ,e\vano di andare a provocare. 1 francetl':*?Un cam loro. I nostri non erano abi \ tuaii ai\P corse a tappe e non ronosce [vano ,c malizie del mestiere. Dopo ]gualche giorno gii si gonfiavano le gì\nonnhJa e ,,. caviglie, 0 rrosegulre la \corsn significava un martirio per essi, \ Poriata „ termine l'anno dopo la iprinifl corsa a. tappe sulle nostre stra¬ de> gi pensò clie n momento era ve\mllo ver ritentare la. prova francese, v.che piv che mal eserCi,ava Kn in„e. inabne fascino sulla nostra folla. Non \ìma mn hcn ,ìue squad.re. vennero far¬ a e mate, scritturate e aiutale da due ditte costruttrici italiane: la prima era composta, da Ganna, Chiodi, Bruschera e Danesi.- l'altra da Gaietti — che aveva fluito il nostro Giro a sol due punti da Canna — Bossignoll, Caloni, Ca •■ pari. Marchese e qualche altro. Le speranze erano molle, ma sin dalle prime tappe la realtà s'Umpose in modo sfavorevole pei nostri corridori, che assolutamente non si ritrovavano su quelle strade e contro quegli avversari che li « prendevano » fn velocità sul passo. Ernesto Azzini vince una tappa La cattiva prova dei. 1909 non scoraggiò la. Casa — io; stessa che adesso consente, a Binda di tentare la grande avventura — che volle nuovamente essere presente al. « Tour » dell'anno successivo con una. squadra mista franco-italiana. Quella volta le cose andarono meglio, anche perchè i nostri non avevano nelle gambe i 30U0 chilometri del Giro d'Italia. Si erano ritirati in. blocco a Napoli, dopo l'episodio dell'avvelenamento colla salsa di pomodoro che qualche giorno raecon fero. Per ben tre volte un italiano fu a un pelo dalla vittoria di tappa: nella fieifnrt-T.ione il lungo Azzini coadiuvò Fnttcr nel. reiterati tentativi di fuga e a]fu battuto in volala per mezza ritota: ,\ nella durissima tappa dei Pirenei, 41. HÌMnl staccò tutti sulle salite, ma fu ap.'piedato a jiochi chilometri da Baiona i o a i i a l •ìa una. foratura che gli fere perdere. 11 primo posto sicuro- all'indomani, nella volala a lìordenn.r Crupeiandt tratteneva per la maglia l'altro degli Azzini, Luigi, impedendogli fìi vincere. La giuria squalificò quei prepotente, ma ormai la vittoria era andata a un terzo. Ma il successo netto, incontrastato, non doveva tardare. E si. verificò proprio nell'ultima tappa, in cospetto di cinquantamila persone radunatesi al {velodromo del Pare des Princes per stala ina e hforsaacteBdvsfBaoBnp«6ipnsZSbbbTbbbsl6666srptìLvrgzbbDds6nBTptAzb a i o , e o n o ò i attuterà alta decisioni del duello che, fra Lapìze e Faber durava da olio tappe, ditputato punto per punto con alterna fortuna. Dal gruppo dei primi che irruppe sulla pista si distaccò come una freccia l'Ernesto Azzini, per vincere fra la stupefazione generale. Fu quella la prima vittoria d'un rentier italiano all'estero, e la soddisfazione eh» ne provammo ci ripagò di tutte le delusioni fino allora provate. Finalmente, Bottecchia... Vittorie di tappa furono pure ottenute negli anni seguenti da Borgarello e da Micheletio; il modesto e tenace milanese Bertarelli si classificò primo nella categoria degli isolati; nel 1914 una spedizione in forze, di cui faceva parte Girardengo, talli interamente. Poi fu la lunga parentesi della guerra; il tentativo di Lucolti nel 1920 che tanto impressionò Desgrange brillò ad intermittenza e fece solo rimpiangere che il piccolo corridore di Voghera per troppo tempo ti fosse acconcialo a far da domestico agli assi. Era un atleta che avrebbe meritato mag gior fortuna. Le affermazioni parziali dunque non mancavano, ma la estre ma difficoltà della corsa che durava un mese tagliava le gambe a ogni faudace speranza per una vittoria fmale]1^e completa. Vincere il Giro della Francia, vedere un nostro corridore vittorioso nell'apoteosi dell'arrivo a. Parigi, pareva un sogno irraggiungibile. Finché, non avendo trovato in Italia una Casa che lo curasse, da Vittorio Veneto se ne parti Vcx-bcrsagllere ciclista Ottavio Bottecchia — medaglia d'argento, fratello di medaglia d'oro — a realizzare il. miracolo che lutti ricordiamo. Povero Boltecchia che ora dorme in pace nel cimitero bianco di Pordenone, in cospetto del monti sul quali combatti da prode. Aveva placato le ombre dei precursori, ma al ritorno in Patria trovò gli ipercritici che cercavano di sminuire il suo valore. i^rnstoro non avevano vissuto gli anni del primi tentativi, quando arrischiarsi nel. Giro della. Francia pareva temeraria follia, e l'arrivo d'un italiano nel gruppo di testa "era salutalo come un'affermazione insperata. Povero Bottecchia, fu la sua. amarezza, fra tanta luce di meritalo trionfo. VITTORIO VARALE iPgfitoVlaLSbfMinLB;LrGTdabcìctonndpw1 GERBI , e o e o a a a , n e - i -1 BOTTECCHIA | - 1 tl ! |[ BOTTECCHIA e ranno appresso gl