Vestigia imperiali

Vestigia imperiali Vestigia imperiali CASSINO, aprile. Interessantissima e ipoco conosciuta in Italia è la Villa in Cassino di Terenzio Varrone (116 a. C.-2S a. C), che fu lo scrittore più erudito e fecondo della latinità: egli scrisse ben 620 libri; il dottissimo fra 1 dotti, che nacque da una delle famiglie più autorevoli che ai tempi remoli vissero in Cassino sul cadere della Repubblica, e che nello stesso tempo ebbe parte precipua nella cruenta lotta combattuta tra la Repubblica decadente e l'impero, che sorgeva come una maravigiiosa aurora. Tenne Varrone nella sua dimora di Cassino una fiorente scuola di filosofia, cenacolo di eminenti studiosi. Amico di Giulio Cesare, ebbe da questo altissimi onori ed incarichi: fu odiato a morte dai triumviri Ottaviano, Lepido é Marco, i quali, dopo che Cesare fu trucidato alle idi di marzo, gli proscrissero e confiscarono i beni. Varrone possedette, dunque, in Cassino, una celebratlssima villa: sorgeva questa sulle rive incantate del Garigliano silente, vasta per territorio, coltlvatlssima, con costruzioni e decorazioni interne di lusso principesco, con una ucceliliera gigantesca, con degli alveari (apiario), con una Peschiera e con le Terme, pregevoli per stile e ricchezza d'addobbo. Questa villa al tempo della proscrizione di Varrone fu confiscata, assieme agli altri beni, e fu occupata da Marco Antonio, che aveva sguinzagliato le sue soldatesche in cerca del sommo filosofo. Ma per buona ventura Varrone tornò in possesso della sua villa, e vi passò gli ultimi anni, intento a scrivere quel monumento di somma sapienza industre ed agricola, giustamente dal Regime oggi riportato in onore e tenuto a modello: intendo accennare al Dk tu rustica, che è contro d'urbanesimo e che esalta la (pace feconda della campagna. In questo libro l'autore accenna ampiamente a Cassino, l'antica « Casinum », oasi di riposo e di pace in mezzo al trambusto vertiginoso della quotidiana vicenda, e descrive la sua villa sontuosa nella pianura fertilissima del Liri, ricordata poi da Orazio: Pura quae Lirls quieta Mordet aqua tacitumus amnis. Gli edifici che costituivano, tutti assieme, la villa, erano costruiti in ■ opus reticulatum ». L'edificio delle Terme fu adibito, nel terzo secolo d. C. a tempio cristiano. Cicerone celebrò Ila Villa di Varrone e Imprecò contro lo scempio che di essa fecero le soldataglie di Marco Antonio. Di questa villa, che giace sulla riva sinistra del Garigliano, rimangono dei ruderi: ì'atrium corinthinm, il pavimentum muslvum (a mosaico), le parictes, i cui affreschi ancora possono percepirsi, e Vimpluvium, con due piccole cisterne. Ora stanno in corso scavi per il dissotterramento completo della villa. L'Amphitheatrum Ottaviano Augusto, dopo aver sconfitto Marco Antonio, si diede ad opere grandiose, e Cassino, antichissima città tosca, sentì il fervore della rinascita imperiale; Umidia Quadratala, discendente dalla famiglia degli Umidii, che visse nel primo secolo dell'era volgare, donna facoltosissima, oltremodo amante del fasto e" della pompa principesca ed orgiastica, costruì a Cassino un anfiteatro in onore di (Jiove, che è tuttora visibile ai piedi dell'Abbazia di Montecassino, sulla destra della strada nazionale che po^ta a Roma. Plinio il Giovane parla diffusamente di questa matrona romana, presso la quale pare avesse dimorato, e nelle sue lettere particolarmente si intrattiene sui costumi e sulle sconfinale ricchezze della grande signora. Pochissimi in Italia conoscono il bel monumento della gloria di Roma che giace a Cassino: esso pare sia stato costruito negli ultimi anni della Repubblica o ai primissimi dell'Impero, di guisa che, particolarmente interessante per gli archeologi e per gli studiosi, è di gran lunga più an tico dell'anfiteatro Flavio di Roma. .Nel 1757 alcuni operai, scavando le pietre nell'anfiteatro, trovarono, in luogo di un sognato tesoro, una iscri zione lapidaria che suona cosi: Umidia C. F. Quadratala Amphitheatrum et templum Caslnatlbus Sua pecunia tcclt. L'anfiteatro di Cassino, innalzato, come abbiamo detto, dalla munificenza di Umidia Quadratili», è un edificio tutto chiuso, a muro reticolato, senza ornati, senza colutine, al contrario degli anfiteatri di Capila e di Pola e anche di quello di Ruma, con cinque porte ad archi girati sopra grosse picare impugnate, che dista circa un chilometro da Cassino. All'intorno del circo si osservano le mensole su cui posavano le travi di bronzo che servivano a sostenere il velario. Le mura sono quasi intere, inolio all'estremità. La forma è una ellisse perfetta, la cui corda maggiore ó di m. 160, la minore di m. 45. All'intorno giravano i gradini su cui sedevano gli spettatori. Oggi qualcuno ne rimane e degli altri si vedono le impronte sui muri che 11 sostenevano. Come pure rimane traccia del pudio ietto chiudeva l'arena. Ad un lato si vede la porta della salute, io « s-poliarium » jja cui vengono fuori i combattenti, dall'altro la mmtvs'dgNvdrginldt mortuaria da cui son portati via i morti: v'è traccia di qualche • voraiorium », ossia ingresso del popolo. Scene e costumi Grandiose erano le fesie che si tenevano nell'Anfiteatro, degne della mae sta del popolo romano. L'arena veniva ricoperta di polvere di carminio perchè non vi si scorgesse U colore del sangue, e grandi tende d'Oriente mitigavano la luce, Nei corridoi e negli ambulacri arabi che essenze bruciavano nelle profu miere, mentre adatti strumenti dovevano spruzzare sugli spettatori acqua di verbena e di croco. Fra lo schiamazzare della moltitudine e il suono delle trombe comparivano nel mezzo dell'anfiteatro i gladiatori divisi in vari ordini: gli essedarl che guidano carri dipinti di verde, i mirmllloni che sii nascondono dietro scudi di ferro rotondi, da un lato dei quali mostrano coltelli affilati ; i reziari che vestono un abito smagliantissimo e che portano i tridenti, i bestiari, scelti fra i più belli, tutti nudi, salutai! dal popolo con maggior frenesia, gli equestri che vanno attorno al circo con grande agilità sui loro cavalli con le tuniche screziate di vari colori e con i caschi dorati. Lo spettacolo cominciava con una lotta di antiuomi, che erano gladiatori dall'elmo chiuso, per cui combattevano alla* cieca tra le risa della moltitudine. I mastigofori, ossia i maestri del circo li spingevano gli uni contro gli altri per mezzo di lunghe forcine. Su apposite tabelle che erano una specie di moderni totalizzatori si scrivevano i nomi del gladiatori favoriti e la somma dei sesterzi scommessa. I senatori, le vestali, i sacerdoti, i patrizi, il popolo, tutti scommettevano, delle volte persino Cesare. 11 popolo salutava con gran frenesia i combattenti che sull'arena si avviluppavano e scagliavano a cruentissima lotta. Se qualche gladiatore preso da paura per sé, o tocco da compassione pel suo avversario si fosse tirato in disparte, il maestro del circo gli conficcava nelle carni nude una lama di ferro. E membra nMJHOate, vernar! sdraici ti. grida di rabbia disperate, singhiozzi di agonia nell'arena, mentre sui gradini il popolo urlava, applaudiva, fischiava, s'inebriava alla vista della grande corrida... II più antico castello d'Italia A cavaliere di una rupe scoscesa surge la Rocca Janula dai guelfi merli, monumento nazionale, presso Cassino. Prevedendosi numerose invasioni barbamene, nel U-i'J d. C. l'aibate di Montecassino Alligerao pensò a costruire for-tifìcoziuii. Cosi, prima del Milite, sanse il fortilizio o castello turrito che oggi si ammira, detto Rocca Janula, perchè ivi, nei tempi del paganesimo, si rendeva onore e sacrificio a tiiano bifronte. Mentre si stava ultimando la mirabile fortezza, Atenolfo, signore di Aquino, assali la Rocca e fece prigioniero l'abate Aligerno, coprendolo di pelle di orso e abbandonandolo ai veltri. Ma Landolfo, principe di Capua corse in aiuto del venerando abaie, sconfisse e trucidò il predatore, circondando di forti mura il mastro centrale della fortezza. Uopo un periodo di lotte tra gli abitami di Cassino e i monaci di Montecassino che si contestavano il dominio della fortezza, nel 1223 Federigo li di Hohenstaufen, coronato imperatore da Onorio III, promulgava un ediuo per la distruzione dei nuovi castelli, e la Rocca venne in parte abbattuta. Però l'Imperatore se ne penti, e nel 1226 ne ordinava la ricostruzione con lusso di fortilizi. Nel 17tì la Rocca Janula fu tolta al Monastero di Montecassino e incamerata nel dominio dello Stalo. Con l'indi pendenza italiana passò al nostro Denta nio. La Rocca Janula è uno dei più belli e pittoreschi castelli d'Italia: è forse il più antico, avendo un millennio di vita. Ha camminamenti sotterranei per vari chilometri. Un ipogeo pelasgico Di meravigliosa fattura è Pure una colossale tomba dell'epoca etnisca che si trova a circa un chilometro da Cassino, su un ridente poggio, vicino al granile Anfiteatro romano. Questa tomba, di costruzione pelasglca, a grosse pietre calcaree impugnate e sovrapposte senza alcuna traccia di qualsiasi malta, è un'opera addirittura ciclopica. Grandi massi monolitici, alcuni della lunghezza di tre moiri, squadrali con perfezione mirabile, formano il tempio elio ha forma di croce, e che ha sfidato — secondo calcoli storici — per circa due millenni le furie del tempo. E' quotidiana méta di turisti e di archeologi. La sua costruzione rimonta all'epoca in cui gli etruschi si impadronirono dei Vazio e della Campania. Caduti gli Etruschi, la città di Cassino fece parte della Confederazione dei Volscl, popoli derivati dagli Osci. Questa confederazione lottò con i romani per più di un secolo, ma in ultimo fu sottomessa. E' comune trovare nelle vicinanze di questo grande ipogeo capitelli, anfore, vasi e antiche tubature di piombo appartenenti a varie epoche storiche. B. 8.